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Autore: Touch the sound    14/02/2016    1 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20 -  Rage and lies.
Ricky uscì dalla sua classe e in quel mare di ragazzini scalpitanti riuscì ad intravedere Martha che usciva dalla sua classe insieme al suo gruppetto di false amiche dai capelli platinati. Non riusciva a capire perchè lei dovesse essere sempre al centro, perchè lei dovesse essere così diversa dalle altre. Gli dava fastidio quel suo atteggiamento da ragazzina viziata. L'aveva conosciuta con i capelli ricci, del suo colore castano che splendeva alla luce del sole, con le unghie mangiucchiate e un paio di occhiali che riflettevano la sua ingenuità e dolcezza. Dopo poco, però, era cambiata radicalmente. Tentava di essere diversa dalle altre lisciando sempre quei capelli nero corvino che contrastavano col colore cadaverico della sua pelle, vestiva alla moda ma non metteva mai qualcosa che possedeva qualcun'altra come se conoscesse a memoria il guardaroba delle sue amiche, era dimagrita tanto da sembrare più magra delle altre ma mai troppo scheletrica. Non era assolutamente brutta, ma tutti quei cambiamenti non le avevano giovato; il suo carattere docile era scomparso e, provando ad apparire diversa, era caduta nell'oblio trasformandosi nella terribile copia di una ragazza frivola.
Si accorse che anche la ragazza lo stava guardando e allora corse fuori e fortunatamente Angelo e Ryan erano già lì. Si sentì al sicuro perchè Martha non lo avvicinava quasi mai quando era in compagnia. La sera prima infatti era stata una delle poche eccezioni.
«Ehi, hai visto l'uomo nero?» gli domandò Angelo notando il suo sguardo pensieroso e l'espressione seria. Ricky però non rispose, prese solo il suo panino dalla borsa e cominciò a mangiare mentre altri ragazzi uscivano nel cortile per la ricreazione.
«Nha, lo so io cos'è successo» mormorò Ryan indicando con lo sguardo Martha che era appena uscita. Ad Angelo sfuggì un sorriso divertito.
«Ricky, lo sai che non ti mangia, vero? E poi te l'ho insegnato tanto tempo fa che se ti attacca, la cosa più semplice da fare è darle una testata sul naso» disse scatenando la risata di Ryan.
«Esatto, così tu potrai dire di esserti difeso, ma non l'hai sfiorata nemmeno con un dito» continuò ridendo ancora. Ricky sospirò. Quei due a volte lo irritavano così tanto.
«Salve gente, perchè ridete?» si intromise Devin comparso dal nulla.
«Angelo tenta ancora di offrire al mondo le sue tecniche di autodifesa»
Devin alzò gli occhi al cielo stanco di quella storia dell'autodifesa, ma ricevette lo sguardo truce di Angelo.
«Ti spacco la faccia, ragazzina» gli disse poi scherzoso sapendo quanto a Devin desse fastidio essere chiamato in quel modo.
«Con o senza le tue tecniche ancora in fase di sperimentazione, la ragazzina qui presente ti può spaccare il culo... in ogni senso»
Ricky a quella frase non riuscì a trattenere un sorriso e Ryan di fianco a lui continuò a ridere mentre quei due cominciavano a battibeccare. La conversazione cadde nell'osceno quando si misero a parlare di lunghezze e diametri. Dopo un pò li raggiunse anche Josh, come al solito aveva un sorriso per tutti tranne che per Ricky. Il ragazzo non riusciva a capire perchè mai ce l'avesse così tanto con lui. Josh non era mai stato così rancoroso e poi non credeva di avergli fatto qualcosa di tanto terribile da meritarsi quel trattamento.
«Dovresti parlargli» gli sussurrò Ryan notando la tensione fra i due. Ricky lo guardò con uno sguardo sconfitto.
«Non saprei cosa dirgli»
«Infatti non devi essere tu a parlare» disse Ryan. Si guardò intorno sperando di poter parlare ancora indisturbato.
«È fatto così, davanti a tutti non ti dirà mai quello che gli gira per la testa, dovete essere soli»
Ricky sospirò annuendo. Probabilmente Ryan aveva ragione, doveva chiarire quella situazione una volta per tutte. Aspettò che tutti rientrassero e camminò appena dietro a Josh, quasi come se fosse la sua ombra. Quando anche l'ultimo era rientrato e i corridoi erano ormai quasi vuoti, Ricky pensò che fosse il momento giusto, ma Josh lo anticipò.
«Perchè mi segui?» gli domandò annoiato voltandosi verso di lui. Ricky deglutì innervosito. 
«Ecco, io... volevo sapere se oggi ti andava di vederci»
«E ci voleva tanto?»
Ricky abbassò lo sguardo. Quando ci si metteva sapeva essere davvero stronzo.
«Comunque oggi non posso, devo studiare per il compito di matematica» disse riprendendo a camminare verso la sua classe. L'altro lo seguì.
«Ma, Josh, io vol-»
«Senti, se non prendo almeno una sufficienza questa volta quella troia mi fa ripetere l'anno»
Ricky rimase in silenzio. Avrebbero potuto parlare anche un altro giorno, ma ormai Ryan gli aveva messo quel pensiero nella testa.
Josh sbuffò pesantemente.
«Facciamo così, io conto di finire per le otto, vieni tu da me e portami una ciambella glassata»
Ricky sorrise, poi però pensò che probabilmente Chris quella sera gli avrebbe chiesto di vedersi.
«Puoi, oppure quel tizio ti tiene per il guinzaglio?»
Ricky sussultò quasi spaventato dalla durezza della sua voce. Non poteva nemmeno credere a come gli aveva letto nel pensiero. 
«Ci vediamo alle otto» disse velocemente allontanandosi da lui per raggiungere la sua classe.
  
Mandò giù l'ultimo boccone e poggiò la forchetta nel piatto. Gli sarebbe piaciuto potersi complimentare con la cuoca per l'ottimo pranzo, ma l'unica donna seduta al tavolo era sua madre che probabilmente in tutta la sua vita non aveva preparato nemmeno una tazza di latte. Stava per alzarsi e andare dritto in camera quando sua madre lo fermò.
«No, Richard, stai seduto»
Il ragazzo ubbidì.
«Oggi ho ricevuto una chiamata dalla scuola, era la professoressa Stevens»
Ricky si accigliò, quel giorno nella sua ora non era accaduto nulla di strano.
«Si è lamentata della tua condotta, insieme a lei anche altri professori dicono che ultimamente sei troppo distratto» disse con un tono accusatorio.
«Non è vero, le ultime interrogazioni sono andate bene» si difese lui sperando di trovare una via di fuga.
«Non mi importa, tu hai sempre avuto ottimi voti e un comportamento impeccabile, se la Stevens dice che sei distratto deve pur significare qualcosa»
Fu in quel momento che Ricky capì a cosa stesse alludendo. Il suo sguardo cattivo e minaccioso non lasciava spazio ad altre interpretazioni.
«Mamma, io...»
«Non inventare scuse inutili, sappiamo entrambi di chi è la colpa»
Ricky scosse la testa, era stanco di sentire discorsi stupidi ed infondati. 
«Chris non ha nulla a che fare con-»
«Quel bastardo ti rovinerà la vita» urlò la donna sbattendo una mano sul tavolo di legno. L'acqua nei bicchieri tremò, le posate produssero un suono metallico muovendosi nei piatti di porcellana. Per qualche istante nessuno dei due si mosse o disse nulla, poi la donna si schiarì la voce e aggiustò accuratamente la fede che le fasciava l'anulare.
«Richard, tu sei molto intelligente, sai cos'è la cosa migliore da fare»
«Perchè devo essere io a cambiare idea? Perchè non vuoi che sia felice?» le chiese sentendo le lacrime bagnargli gli occhi.
«Io voglio che cambi idea perchè so che quel ragazzo ha visto in te un'opportunità che non gli capiterà mai più nella vita, è solo un approfittatore»
Ricky si alzò incapace di ascoltare ancora quei discorsi. Per lei Chris lo stava solo raggirando ma allora, in base ai fatti, avrebbe dovuto passare il resto della sua vita a preoccuparsi delle intenzioni di ogni persona a cui era legato.
«Tanto vale farmi fregare da lui adesso che da una puttana qualsiasi domani» disse lasciandola da sola. Si chiuse in camera sua e si buttò a letto. La rabbia e la frustrazione lo assalivano sempre di più, ad ogni secondo che passava aveva sempre più voglia di urlare. Voleva ribellarsi, non gli piaceva essere così tanto sottomesso a quella donna da sentirsi oppresso, senz'aria.
Prese il cellulare dalla tasca e avviò una chiamata al cellulare di Chris.
«Alla buon'ora, Ricky, che fine hai fatto? Ti ho chiamato tre volte stamattina»
Il ragazzo sorrise non appena sentì la sua voce.
«Scusa, stamattina ho fatto tutto di fretta e sono arrivato anche tardi a scuola»
«Va bene... Hai una voce terribile, è successo qualcosa?»
Ricky rimase in silenzio. Perchè l'aveva chiamato? Per dirgli che sua madre l'aveva irritato di nuovo parlando male di lui? Non poteva, eppure sentiva il bisogno di ascoltare la sua voce.
«Mi ami?»
«Certo che ti amo» rispose Chris con scioltezza e sincerità, sempre più stranito.
«Dove sei?»
«Ho appena finito di lavorare, sono sicuro che mia sorella si senta abbandonata quindi da oggi pranzerò a casa... ma mi spieghi cos'hai?»
Ricky sospirò. Aveva lo stomaco contratto dalla rabbia e la tristezza, non riusciva a calmare il tremore improvviso alle gambe.
«Posso venire a casa tua?» gli domandò di getto. Chris sembrò pensarci, ma in realtà stava solo valutando il suo grado di disperazione. Ricky non gli aveva mai chiesto di incontrarsi con quell'urgenza, quindi era accaduto qualcosa senza alcun dubbio.
«Ehm... okay, ti aspetto»
Si salutarono e Ricky non ci pensò due volte prima di correre giù per le scale e uscire di casa, senza degnare sua madre nemmeno di uno sguardo. Nel vialetto, suo padre stava scendendo dal suo bel macchinone comprato pochi mesi prima. 
«Dove vai così di fretta?» gli chiese l'uomo seguendolo con lo sguardo.
«Da nessuna parte» 
Suo padre decise di lasciar perdere, i suoi cambiamenti improvvisi di umore non gli facevano più nessun effetto. Ricky, però, prima di poter mettere piede in strada si voltò verso di lui.
«Papà» lo chiamò.
«Dimmi»
«In ospedale dovrebbe esserci un ragazzo di nome Trevor McKinley, è stato portato in ospedale due sere fa e credo abbia subito un'operazione, potresti farmi sapere come sta?»
«Richard, non posso parlare dei pazienti dell'ospedale con te»
«Ti prego, oggi non ho tempo di andare da lui, devo studiare altrimenti domani prenderò un voto insufficiente in tutte le interrogazioni e poi tu dovrai venire a scuola e-»
«Okay» disse l'uomo.
«Va bene, fra poco ritorno a lavoro e ti faccio sapere»
Ricky gli sorrise gentilmente, lo ringraziò e poi si diresse verso casa di Chris.

Quando Chris aprì la porta di casa, Ricky lo abbracciò tanto forte da togliergli il fiato. Gli bastò quell'abbraccio per sentirsi meglio. Socchiuse gli occhi per qualche secondo, poi alzò lo sguardo su di lui tenendolo ancora stretto.
«Mi mancavi tanto»
«Sì, me ne sono accorto» gli sorrise Chris portandolo in casa. Ricky camminò timidamente dietro di lui e quando entrò in cucina salutò con un sorriso appena accennato. Rimase però stupito quando vide la madre di Chris seduta accanto a Betsy e dall'altro lato del tavolo una ragazza dai capelli corti e un sorriso smagliante. Non la conosceva e, per quanto riguardava la madre di Chris, gli sembrò davvero troppo strano vederla lì. In realtà Chris non si era mai sbottonato molto sull'argomento, ma gli aveva fatto capire che lei era praticamente inesistente nell'ambito familiare.
«Ricky, lei è Sheryl» disse Chris facendogli spazio vicino al tavolo.
«Trattala bene, è la figlia del mio capo» 
La ragazza rise stringendo la mano a Ricky che, in imbarazzo, si sedette e rimase in silenzio.
«Ah, stavo dicendo, stamattina Chris stava per perdere le dita» esclamò Sheryl. Tutti guardarono il ragazzo curiosi di sapere cos'era accaduto, sua madre sembrò preoccupata. Chris però accolse quella sua piccola apprensione con una smorfia che non sfuggì allo sguardo di Ricky.
«È tutta colpa sua, è arrivata all'improvviso e stava per farmi saldare una mano ad una lastra di acciaio» disse poi, volgendo lo sguardo verso Betsy che rise alla difesa creata da suo fratello.
«Ti avevo chiamato già prima, ma tu evidentemente hai bisogno di farti controllare l'udito» ribattè Sheryl.
«Il mio udito funziona alla perfezione»
Ricky li guardò mentre cominciavano a litigare e raccontare aneddoti accaduti giorni prima. Non capiva dentro di lui cosa stesse succedendo, forse era geloso della purezza di quelle risate e della semplicità dei loro discorsi. Sapeva di non aver avuto quasi mai momenti come quello che stavano condividendo Chris e Sheryl, forse aveva portato solo problemi nella vita già troppo complicata di quel ragazzo. Gli piaceva vederlo ridere in quel modo, ma stava male perchè a farlo ridere era una bellissima ragazza dall'aspetto fresco e gli occhi limpidi.
A distrarlo dai suoi pensieri fu un continuo bussare alla porta d'ingresso. Chris si alzò per andare ad aprire e quando tornò da loro si portò dietro un uomo barbuto e maleodorante.
«Se resti più di dieci minuti ti sbatto fuori, chiaro?» gli disse Chris sedendosi al suo posto. Ricky capì che quello doveva essere suo padre solo perchè lo ricordava vagamente dalla prima volta che l'aveva visto. Quando li vide vicini potè notare quanto poco Chris gli somigliasse.
«Non essere sempre così antipatico, ricorda che ho donato qualcosa di me per crearti» borbottò l'uomo rubando del pane dalla tavola.
«Grazie, Michael, ora sì che ho una buona ragione per suicidarmi» disse Chris fingendo un sorriso. Suo padre scosse la testa e si avvicinò a Sheryl guardandola bene, poi spostò lo sguardo su Betsy. Si sentiva confuso.
«Michael, è quella tua figlia» si intromise Chris indicando sua sorella. 
«Ma certo... è ovvio, pensi che sia stupido?»
Chris scosse la testa. Ormai si era rassegnato agli stupidi comportamenti di suo padre. Gli sembrava ancora impossibile che anni addietro non avesse veduto uno dei suoi figli per un pò di crack.
Dopo pochi secondi di totale silenzio, le conversazioni ripresero tranquillamente. C'era Betsy che parlava con Chris, Chris che quel giorno sembrava troppo allegro e faceva battutine che mettevano di buon umore anche Sheryl, sua madre che tentava di far mangiare a Betsy ciò che aveva lasciato nel piatto, Michael che cercava di attirare la loro attenzione in qualche modo. In tutto ciò, Ricky riuscì a vedere Sheryl avvicinarsi a Chris e sussurrargli qualcosa all'orecchio, poi lui scoppiò a ridere. Quella cosa lo fece imbestialire. Si alzò dalla sedia e corse fuori. Sentì lo sguardo di tutti addosso mentre usciva di casa, ma non gli importava della figura che stava facendo. Era andato lì per stare con lui e invece lui stava con Sheryl, non gli aveva nemmeno rivolto la parola.
Pochi secondi dopo sentì una mano introno al suo braccio, ma si liberò e continuò a camminare nonostante avesse capito bene chi fosse. 
«Cazzo, Ricky, ti fermi per favore?» gli domandò, ma Ricky lo ignorò. Dopo qualche passo Chris riuscì ad afferrarlo di nuovo e questa volta anche a fermarlo.
«Mi dici che ti prende?»
Il ragazzo non lo guardò, incrociò le braccia al petto e sospirò, arrabbiato. Chris gli prese il viso fra le mani ripetendogli la domanda con un tono più calmo.
«Che ci fa lei a casa tua?» gli domandò Ricky ancora innervosito.
«Ah, è questo... senti, Sheryl è così, si è autoinvitata»
«Oh, Sheryl è così» disse Ricky scimmiottando la voce dell'altro e liberandosi dalle sue mani.
«Perchè tu la conosci molto bene, a fondo, non è vero?»
Chris lo guardò senza parlare. Non sapeva davvero cosa dirgli, nonostante avesse la coscienza pulita.
«Ti piace lei?» gli domandò Ricky tentando di non piangere. Era terrificato. Temeva una risposta indesiderata, o che si arrabbiasse per quella sua mancanza di fiducia.
«Ricky, riflettici, se avessi avuto qualcosa da nascondere avrei lasciato che tu venissi in casa mia quando sapevo bene che c'era anche lei?»
Ricky aspettò qualche secondo, poi scosse la testa.
«Ecco, allora hai la risposta che ti serve»
Il ragazzo sospirò ancora, stavolta meno furioso. Come poteva pensare che lui potesse fargli qualcosa del genere? 
«Scusami» mormorò.
«Non devi scusarti, va tutto bene» disse Chris, sincero. Non riuscì a stargli lontano, sentì il desiderio di baciarlo e lo fece senza troppi preamboli.
«Dai, ho ancora qualche minuto, dimmi il vero motivo per cui sei venuto qui» gli disse dopo. Ricky abbassò lo sguardo.
«Te l'ho detto, mi mancavi»
«Certo... ehm, hai litigato con tua madre?» 
Ricky lo guardò accigliato.
«No, cioè... io... sì, però... come l'hai capito?»
Chris sorrise.
«L'ho capito dalla tua voce che diventa simile a quella di Regan quando dice a Padre Karras che sua madre succhia cazzi all'inferno»
Ricky rimase un attimo interdetto. Cos'era quello? Un insulto?
«Okay, farò finta di non aver sentito, comunque... sì, abbiamo litigato»
Chris, dal modo timido ed impaurito che aveva usato Ricky, capì che qualcosa era accaduto ma che lui non voleva raccontarglielo.
«Ricky, se non mi spieghi il motivo del litigio io non posso aiutarti»
Il ragazzo abbassò lo sguardo senza sapere cosa dire. Non poteva ripetere le sciocchezze dette da sua madre. In effetti non sapeva nemmeno perchè si era arrabbiato tanto visto che sua madre sapeva sparare solo cavolate. 
«Oh... credo di aver capito» mormorò Chris sospirando. Ricky lo guardo con un misto di preoccupazione e tristezza negli occhi.
«Puoi dirmelo, dai, non mi arrabbio» 
Tentò anche di mostrargli un sorriso dolce, che potesse rassicurarlo e dargli la forza per confidarsi con lui. Avrebbe voluto vedere quella donna morta, ma di certo non se la sarebbe presa con lui. Non era colpa sua se aveva una madre troppo rigida.
Ricky ci mise un pò a trovare il coraggio per confessargli tutto, ma alla fine ci riuscì e Chris lo ascoltò in silenzio. Mentre parlava, non potè fare a meno di pensare a quando fosse tenero lo sguardo comprensivo di Chris.
«Sei arrabbiato?» gli domandò in fine Ricky mordendosi le labbra.
«Ehm... no, ma credo di non poter venire a cena a casa tua» rispose l'altro lasciandosi sfuggire un sorriso.
«Ho paura che tua madre possa usare i miei occhi come contorno»
Ricky rise, poi gli prese le mani e si avvicinò di più a lui puntando lo sguardo nel suo.
«Invece ci verrai, altrimenti ti lascio» disse serio.
«Okay, ci si vede» disse Chris fingendo di allontanarsi, ma Ricky lo tenne ben stretto.
«Non ti azzardare a fare un altro passo» sussurrò, minaccioso. Chris rilasciò un mugolio appena udibile.
«Quando mi parli così mi viene duro»
Ricky gli diede uno schiaffo su un braccio e lo guardò male.
«Io non ti ho mai parlato così» esclamò.
«Infatti l'ho capito solo ora»
Ricky scosse la testa. Forse avrebbe dovuto lasciarlo davvero. Rise a quel pensiero, poi Chris gli rubò l'ennesimo bacio. Non riuscì a tirarsi indietro, nonostante fosse su un marciapiede e tutti potessero vederli. Lì, lontano da casa sua e soprattutto da sua madre, si sentiva libero di poter essere se stesso. La sensazione che provava era talmente piacevole che non avrebbe mai voluto lasciarlo andare.
«Potrei ricattarti» disse dopo Chris senza allontanarlo troppo. Ricky si incuriosì.
«Vengo a casa tua ogni volta che vuoi, ma visto che rischio la vita, in cambio tu dovrai essere il mio schiavo sessuale»
Il viso di Ricky diventò di un porpora intenso che la luce evidenziava ancora di più. 
«Chris...»
Il ragazzo rise e lo abbracciò forte.
«Tanto ci verrò lo steso, anche se mi mandi sempre in bianco»
Ricky avrebbe voluto ribattere oppure svanire nel nulla, ma Sheryl era appena arrivata in strada e aveva chiamato Chris ad alta voce.
«È già tardi, mio padre ci fa il culo se non ci muoviamo» disse la ragazza avvicinandosi ai due già pronta ad avviarsi verso la fermata dell'autobus.
«Come se dovessi andarci tu a lavorare» 
«Non fare storie e muovi quelle gambine»
Chris roteò gli occhi e poi li portò su Ricky che aveva osservato quella scena con gelosia. Provava a fidarsi con tutto se stesso delle parole di Chris, ma non conosceva Sheryl e non sapeva quali erano le sue intenzioni.
Tutti insieme si incamminarono verso la fermata dell'autobus. Dovettero aspettare qualche minuto e Ricky rimase lì con loro. Non li avrebbe lasciati da soli anche quando non era costretto dalle circostanze. Cercò anche di camminare vicinissimo a lui, di abbracciarlo appena poteva e toccarlo il più possibile. Si sentì come un animale che fa di tutto pur di difendere il suo territorio. Chris però non si divincolò, ma allo stesso tempo non gli saltò addosso come era abituato a fare di solito. Sheryl salì sull'autobus appena si fermò davanti ai loro occhi e Chris diede un bacio velocissimo all'altro sulle labbra.
«Vai dritto a casa, mi raccomando» gli disse, premuroso. Ricky annuì guardandolo salire sul bus e sedersi accanto a Sheryl che subito prese a parlargli. Si morse le labbra sospirando. Non aveva sentito quella sensazione nemmeno quando Chris abitava con Jane.
L'autobus tardò a partire perchè un paio di ragazzi decisero di salire all'ultimo momento, ma Ricky si stava già avviando verso casa. Sentì in lontananza le porte che si chiudevano, poi una vibrazione in tasca. Prese il cellulare e sullo schermo c'era il nome di suo padre.
«Papà, sei già in ospedale? Hai notizie di Trevor?» gli chiese ansioso. Senza una ragione vera e propria si sentiva preoccupato per quel ragazzo. Non voleva che il migliore amico del suo ragazzo stesse male, si ripercuoteva tutto su Chris e non poteva sopportare di vederlo sempre stanco e preoccupato.
«Sì, Richard, l'ho appena visitato» 
In un primo momento Ricky pensò che stesse bene, ma poi qualcosa gli saltò alla mente. Fu come un una doccia gelata.
«No... no, papà, non è possibile» disse sconcertato, qualcosa non gli tornava.
«Cosa?»
«Papà, lui non dovrebbe essere in oncologia, sono quasi sicuro che sia finito in ospedale per una rissa»
L'uomo dall'altra parte del telefono rimase in silenzio qualche secondo, come se stesse riflettendo.
«Richard, ho appena ricontrollato, è nel mio reparto e l'ho visitato pochi minuti fa... non posso dirti altro, mi dispiace»
Ricky deglutì a vuoto. Non riusciva a capire cosa fosse successo.
«Ehm... ci vediamo stasera, grazie» mormorò riagganciando. Ripose il cellulare in tarsca e ritornò lentamente a casa con la testa piena di mille pensieri. Chris gli aveva detto che era in ospedale per una rissa, non potevano averlo sistemato nel reparto di oncologia. Gli risuonava nella testa la voce di suo padre che sembrava fin troppo seria. Provò a respingere quel pensiero, ma la mente lo trascinava al tono vago di Chris quando gli aveva dato la notizia, a come aveva cambiato subito il discorso senza sprecare qualche parola in più sulla situazione dell'amico. Non voleva, ma arrivò a pensare che Chris gli avesse mentito su tutta la faccenda. La ragione di quella bugia non la conosceva, forse era stato proprio Trevor a chiedergli di non dire nulla a nessuno. Quella era la spiegazione più plausibile e alla quale voleva aggrapparsi disperatamente.





Ed ecco un altro capitolo che non so quanto sia bello, ma mi sono divertita a scriverlo quindi spero che piaccia anche a voi. Credo sia più breve degli altri, ma è fondamentale per lo svolgimento della storia. Abbiate pazienza u.u
Alla prossima e grazie a tutti :3


  
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