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Autore: i1976    22/03/2009    4 recensioni
Anche una semplice influenza può sconvolgere la pacifica cittadina di Hazzard, dove tutto, ma veramente tutto, è possibile.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Enos Strate, Daisy Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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storia

Capitolo 1

 

Nel suo letto, finalmente sola, Daisy chiuse gli occhi e cominciò a pensare agli avvenimenti dei giorni precedenti…… in particolare ad uno.

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Era una giornata piovosa, una di quelle giornate invernali in cui è meglio starsene chiusi in casa.

Ma gli impegni giornalieri, purtroppo, non permettono di chiudersi in casa a proprio piacimento, e così, quel giorno, Daisy si stava recando in centro a fare compere.

La giornata era tersa, ma nonostante il sole nel cielo l’aria era fredda a causa di un fastidioso vento, che però aveva fortunatamente allontanato le pesanti nuvole.

"Come odio questo vento", stava dicendo Daisy a se stessa mentre guidava la jeep, "mi fa venire mal di testa, ma almeno non piove più".

Finalmente giunse a destinazione e parcheggiò l’auto; la piazza centrale di Hazzard, nonostante il freddo, era attraversata dalle persone che si stavano recando nei vari negozi che facevano da contorno alla piazza stessa. Nessuno si fermava più di tanto a parlare, e tutti si affrettavano per raggiungere l’interno dei vari negozi, senza per questo dimenticare le buone maniere e salutare cortesemente i concittadini.

Anche Daisy si avviò verso il panificio, salutando le varie persone che incontrava.

Vide l’auto di Rosco frenare bruscamente di fronte alla stazione di polizia.

Lo sceriffo scese dall’auto, e come prima cosa finì con i piedi in una pozzanghera.

Daisy ridacchiò, e Rosco la riprese subito, "Non c’è nulla da ridere, Daisy Duke", poi Rosco si diresse verso l’interno dell’edificio, "Accidenti. Le mie scarpe nuove, tutte inzaccherate. Tutta colpa di quell’idiota di Enos. Così adesso devo fare non solo il mio lavoro, ma anche il suo, e correre di qua e di là".

Daisy, che era ormai arrivata alla soglia della panetteria, non si lasciò sfuggire le parole di Rosco e corse dietro allo sceriffo, fermandolo, "Enos? Dov’è Enos? Perché non è al lavoro?"

Rosco si voltò accigliato, "Enos è a casa sua, sotto le coperte. Io invece sono qui a lavorare anche per lui. Il dottor Petticord gli ha ordinato di starsene a riposo per qualche giorno".

Daisy, ragazza testarda, non era ancora soddisfatta dalle parole di Rosco, "A letto? Sta forse male? Cosa gli è successo?"; del resto era nella natura di Daisy essere molto premurosa, soprattutto quando si trattava di Enos (nemmeno a lei era chiaro il motivo di un tale affetto: forse l’amicizia risalente all’infanzia, forse il sapere che Enos era innamorato di lei, o forse semplicemente perché quel ragazzo era così imbranato che necessariamente qualcuno doveva occuparsi di lui).

Rosco sbottò, "Insomma, se sei tanto curiosa di sapere come sta, perché non vai da lui? Ha solo l’influenza, e oggi è quasi svenuto per la febbre; ho dovuto chiamare il dottor Petticord, poi….", ormai Rosco si era sciolto nella sua parlantina, ma Daisy, dimentica di lui e della spesa, stava già correndo verso la pensione dove alloggiava Enos, lasciando Rosco tutto solo, a brontolare, "Insomma, prima mi sommerge di domande, poi non sta nemmeno ad ascoltare quello dico. Questi Dukes…."

Rosco stava ancora brontolando contro i Dukes, la pioggia, le pozzanghere e le scarpe, mentre Daisy era già alla porta di Enos, bussando con fare impetuoso, "Enos, apri la porta. Sono io, Daisy".

Dopo un tempo che a Daisy parve infinito (del resto Daisy era sempre stata una ragazza impaziente, oltre che impetuosa e testarda), finalmente Enos aprì la porta.

Il vicesceriffo si stava fregando gli occhi, aveva i capelli a dir poco spettinati e indossava solo i pantaloni del pigiama; insomma, un aspetto alquanto stropicciato e diverso dal suo solito.

Daisy non si lasciò impressionare, gli passò accanto entrando nella piccola stanza, "Insomma, Enos, potevi avvertirmi che stavi male. Ti avrei portato qualcosa da mangiare. Scommetto che non hai nemmeno mangiato. Come fai a startene qui da solo? Non riesci neanche quasi a stare in piedi. Rosco mi ha detto che sei quasi svenuto. Possibile che tu sia sempre così cocciuto? Non vuoi mai chiedere aiuto a nessuno perché hai paura di disturbare".

E mentre Daisy continuava a parlare, aggirandosi nella stanza, aprendo prima il frigorifero per vedere cosa poteva cucinare e poi la finestra per far entrare un po’ di aria fresca, Enos se ne stava sulla soglia a guardarla, perplesso.

Enos era contento di vedere la sua amata, ma si sentiva un po’ in imbarazzo a farsi vedere a quel modo (il suo aspetto non era dei migliori), e inoltre aveva un mal di testa feroce; la voce di Daisy, che a lui normalmente sembrava soave, in quel momento gli sembrava il ronzio di un moscone molesto, e il pulsare nelle tempie, mischiato al "ronzio" di Daisy, gli dava la sensazione che nella stanza ci fosse un enorme moscone che stesse sbattendo ripetutamente contro un vetro, … bzzz……sbam ……bzzz…… sbam……

Anche Daisy udì uno SBAM, ma non c’era nessun moscone, c’era solo Enos a terra.

La ragazza si precipitò al suo fianco, "Ecco, lo sapevo che non può stare da solo. Enos, dolcezza, apri gli occhi. Mamma mia come scotta".

Pochi minuti dopo Enos era di nuovo a letto, con l’aiuto di Daisy e di un vicino chiamato a rinforzo dalla ragazza.

Quando Enos riaprì gli occhi, Daisy gli era seduta di fianco, sorridente (con uno dei suoi dolci sorrisi che tanto Enos amava), "Come stai tesoro? Tu stai tranquillo a letto, penserò io a tutto. Starò qui con te finché non starai meglio".

Enos sentì un brivido lungo la schiena; non sapeva esattamente cosa fosse quel brivido: la febbre? l’imbarazzo? la paura?

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Rigirandosi nel suo letto, Daisy sospirò, "Accidenti, ma come mi è saltato in mente?"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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