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Autore: stellabrilla    17/02/2016    0 recensioni
Ciò che segue è una rielaborazione di un mio precedente lavoro, "Chìmaira" era già stato pubblicato qui su EFP, alcuni anni fa, ma non ero mai riuscita a portarla avanti. Quindi ho deciso di cancellarla e ricominciare da capo.
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"Scrivo queste parole perché so che siamo vicini alla fine e temo che tutte le vicende di cui sono stato testimone possano cadere nell'oblio. Non deve succedere. I mondi devono sapere, devono potersi preparare a ciò che si abbatterà su di loro.
Io non ho potuto fare nulla per salvare il mio popolo, la mia terra, ma forse qualcun altro potrà riuscire dove io ho miseramente fallito.
La nostra era una vita tranquilla, di pace e prosperità prima che una orribile calamità si abbattesse su di noi, una mostruosità vomitata dalle viscere della terra che è venuta al mondo per distruggere, ingoiare, corrompere qualsiasi forma di vita innocente con cui venga a contatto. In molti hanno creduto fosse una creatura innocua, quando venne da noi inerme, nuda, e bisognosa del nostro aiuto. Perfino io lo credetti, per qualche tempo. Alla fine, però, essa svelò la sua vera natura.
E tutto fu il caos. "
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte III
 
Si svegliò nella cassa. Era riversa a pancia in giù, con la faccia schiacciata contro il fondo umido, sentì il sapore del suo stesso sangue nella bocca. Provò a muovere le braccia, che parevano rispondere e si tastò delicatamente la schiena e il petto. Unghie affilate di dolore le si conficcarono attraverso tutto il costato, là dove sentiva lo spessore di grossolani punti di sutura, Desmo l'aveva curata. Lui la curava sempre, ma non gli piaceva farlo e quando era costretto dopo la puniva. "Non voglio noie da te", le diceva, "solo guadagni".
Ma adesso non aveva voglia di preoccuparsi della punizione che sarebbe arrivata, desiderava solo riposo, acqua, un po' di cibo. Da quanto non mangiava? Desmo aveva detto che avrebbe potuto nutrirsi con la carne di quel mostro, ma evidentemente non era stata abbastanza brava. Non aveva meritato il cibo.
Rinunciò a provare a muoversi, perché le si bloccava il respiro. Leccò un po' del suo stesso sangue, per attenuare il senso di sete e di fame, ma aveva un sapore sensoso e le fece venir voglia di vomitare. Provò a rilassare i muscoli e a concentrarsi su quello che sentiva al di fuori della sua prigione. I carro su cui poggiava la cassa era fermo e Desmo parlava con qualcuno. .
 
«Sono davanti te, Misá Fterá Trýpas» disse Desmo, e rimase fermo, in attesa di essere ispezionato dal proprio interlocutore, ma non seppe trattenersi e aggiunse, «sei qui perché hai sentito le meraviglie che la mia creatura può fare, immagino».
Le mezze ali di Trýpas vibrarono, «sei sfrontato per essere un Àpteros», disse, «nessuno del tuo rango sociale si rivolgerebbe a un suo superiore così direttamente, ma tu pensi di avere le spalle coperte da quella tua guardia del corpo così micidiale,vero?» Desmo non rispose e Trýpas gli si avvicinò, quando furono alla distanza di un braccio l'uno dall'altro, la differenza di stazza fu evidente, la testa di Desmo non arrivava che alle spalle Misá Fterá «Mi hanno detto di te», proseguì Trýpas, «e ho assistito personalmente alla straordinaria vittoria della Bestia sullo xsifosuride due piene fa, ma ti confesso che non sono ancora convinto di voler usufruire dei tuoi servigi», un servo accanto a lui teneva sollevato un cesto pieno di lumache e il mercante ne afferrò una ficcandosela in bocca, il guscio scricchiolò tra i suoi denti aguzzi, «ma sono curioso, e desidero vedere la Bestia da vicino».
Desmo esitò, valutando la situazione: la Bestia era gravemente ferita e non sapeva nemmeno se fosse possibile farla alzare in piedi, non avrebbe fatto grande impressione, così conciata, ma non poteva permettersi di scontentare il Misá Fterá, entrare al suo servizio avrebbe voluto dire poter lasciare quel buco puzzolente, sprofondato nell'Abisso che era Arsinòi, avrebbe voluto dire, forse, viaggiare fino alla Capitale, salire in qualche modo nella gerarchia, elevarsi socialmente. I ranghi sociali, nella sua specie, erano molto rigidi, o nascevi con le ali o senza. E se nascevi senza ali, se eri un misero Àpteros, il tuo destino era servire, e basta. Probabilmente a nessun altro Àpteros della storia era mai stata offerta una tale possibilità di riscatto. Senza indugiare oltre, Desmo si voltò per aprire la cassa. La Bestia era sveglia e cosciente, e si mosse prontamente al suo richiamo, benché le sue ferite fossero orribili. Desmo si domandò quale maledizione o quale occulta magia le permettessero di restare in vita, di non morire mai, quali che fossero i danni inferti al piccolo corpo scheletrico. Le mise la corda attorno al collo e la sollevò di peso.
 
La Bestia era sorpresa di vedere Desmo così presto, evidentemente era già ora della punizione, doveva essersi comportata davvero male se non aveva nemmeno aspettato che le ferite si rimarginassero. Uscì dalla cassa con l'aiuto del suo padrone che quasi le slogò il collo, strattonando la corda. Ogni movimento era doloroso fin quasi allo sfinimento, ma strinse i denti e provò a non emettere troppi lamenti, sapeva che Desmo ne era infastidito.
Riuscì a emergere dal suo piccolo carcere e a crollarne fuori in malo modo, accasciandosi al suolo priva di forze, ma Desmo la tirò in piedi strattonando la corda. Riuscì a mantenersi eretta, seppur con le gambe che tremavano e cedevano.
Trýpas sibilò e si avvicinò alla Bestia, la sondò con cura, emettendo schiocchi ripetuti con la lingua. Non aveva mai incontrato nulla di simile, aveva braccia deformi e disuguali: mentre uno era lungo e sembrava normale, con tre dita e altrettanti artigli ben ricurvi, l’altro era rattrappito e la mano aveva cinque dita tozze. La sua testa era ovale, coperta da una peluria filamentosa, come una specie di alga e sorretta da un collo esile. Morbosamente attirato da quella cosa così diversa e aliena da lui, Trýpas allungò un artiglio per sfiorare la testa della creatura, ma la sentì scostarsi di colpo e ringhiare. Allontanò la mano di scatto e allargò le ali pronto a spiccare il volo, «controlla questa creatura, Desmo», sibilò rabbiosamente, «o farò gettare entrambi in un pozzo».
Desmo stridette di rabbia e strattonò la corda, la Bestia si sbilanciò cadendo in ginocchio, e lui le assestò tre sferzata col bastone, alla base della schiena. La Bestia urlò e Trýpas drizzò le ali stupito per la natura di quel suono. Era... Diverso… qualcosa che aveva già sentito, prima.
«Misá Fterá Trýpas», proruppe Desmo, spezzando i suoi pensieri, «ti chiedo perdono per la condotta di questa creatura, è selvaggia e incivile».
«Me ne accorgo», sibilò Trýpas, sferzante, «e credo che non sarai tu a rendermi i servizi di cui necessito, ma sarai pagato per il disturbo di esserti presentato a me», il mezze-ali stridette ai suoi servi e si voltò per andarsene.
«Aspetta!» lo richiamò Desmo, «ascoltami, ti prego. Proteggo questo Nido da seicento piene del fiume, e so di cosa parlo, da quando ho con me la Bestia non abbiamo più perso una sola covata. Arsinòi è tra i Nidi più sicuri e prolifici di tutto il Tòkhaos».
Trýpas fece vibrare le ali, scettico, e Desmo lo incalzò, «la mia Bestia può proteggere te e chi ti accompagna meglio di un intero esercito di Àpteros, e comunque non troverai nessun altro disposto a scortarti fin dove devi arrivare» ribatté Desmo.
Trýpas emise un sibilo «cosa ne sai tu, di quale sia la mia destinazione?».
«Io so molte cose», disse Desmo, soddisfatto di avere catturato di nuovo l’attenzione del mezze ali, «le voci si propagano veloci come l’eco, qui da noi».
«Ma davvero?» disse Trýpas più divertito che infastidito, «e cosa dicono queste eco?»
«Che il carico che trasporti è estremamente prezioso: minerali provenienti dal cuore del Tòkhaos, e destinati al commercio con il regno di sopra. Dovrai arrivare fino al Nido di Frontiera, al confine con la Superficie».
Trýpas stridette pensieroso e ponderò Desmo e la sua Bestia, che ancora giaceva al suolo, probabilmente svenuta «certo sarebbe un bel colpo per un vile senza ali, come te, feccia della terra, riuscire a lasciare questo buco di Nido alla periferia del regno e viaggiare assieme a membri di rango molto più elevato. Ma le ali non ti cresceranno comunque, questo lo sai, vero? »
Desmo annuì, «sono cosciente della mia condizione inferiore, Misá Fterá».
«E fai bene ad esserlo», disse Trýpas compiaciuto, «l'arroganza non paga mai. Ad ogni modo, dato il mio bisogno urgente di una protezione per questo viaggio, prenderò in considerazione la tua offerta», il suo sguardo andò di nuovo alla Bestia macilenta che languiva ai piedi di Desmo, «Mi assicuri che questa Creatura non tirerà le cuoia nel bel mezzo del Tòkhaos, lasciandoci in balìa dei pericoli?»
«Non temere, la mia Bestia non morirà. Ha troppa paura del mio bastone anche solo per pensarci. Se io le dico di rimanere in vita, lei lo farà»
«Bene, dunque. Io parto alla prossima piena, ci incontreremo di nuovo qui», disse infine, «e ti dirò se avrai il lavoro».

 

Continua...

   
 
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