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Autore: Recchan8    20/02/2016    6 recensioni
Il mio nome è Lidia Mormorai. Nobile giovane fiorentina, possedevo tutto ciò che una ragazza della mia età potesse desiderare: una ricca famiglia, una grande villa, un'eccellente vita sociale e l'amore delle persone più care. Ma un giorno in quell'ingranaggio perfetto si insinuò un granello di sabbia; il tutto si disarmonizzò e il macchinario si bloccò improvvisamente, fino a rompersi. La mia famiglia venne uccisa e la nostra villa saccheggiata. Per proteggermi mi macchiai di omicidio e fui costretta a fuggire e a rinnegare il mio nome.
La mia splendida vita si frantumò in mille pezzi che io gettai al vento.
Ma qualcuno si fermò, volse lo sguardo a terra e, incurante del fatto che potesse ferirsi, raccolse quei frammenti.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tancredi gli parlò dell'agorafobia di Lidia e della sua preoccupazione per il futuro della ragazza. Michele comprese la situazione e sospese gli allenamenti per permettere al cugino di trovare un modo per aiutare Lidia. La giovane era a buon punto, le mancava poco per lasciarsi alle spalle il titolo di Novizia; non poteva farsi mettere i bastoni tra le ruote da una stupida paura.
Trascorsero quattro giorni.
Michele, appollaiato sul tetto di un maestoso palazzo, venne a un tratto affiancato da Tancredi. Il giovane moro, non vedendosi degnato di uno sguardo, tirò uno scappellotto a Michele, il quale per poco non cadde giù in strada.
-”Che c'è?”- domandò senza scomporsi.
Tancredi alzò gli occhi al cielo blu-aranciato della sera e si trattenne dal sospirare esasperato. Non si era recato lì per litigare con Michele.
-”Angioletto, mi è stata affidata una missione a Ferrara. Partirò domani”- gli comunicò.
-”D'accordo”- rispose Michele piatto, come se l'avvenimento non lo tangesse minimamente.
-”Ti affido Bice”-.
-”D'accordo”- ripeté l'Arcangelo.
Tancredi strinse i pugni lungo i fianchi. Quando suo cugino si comportava in quella maniera risultava tremendamente odioso. E pensare che un tempo non era così apatico...
-”Domani ha un appuntamento da Vittorio per ritirare l'ultima dose di calmanti. Dovrai accompagnarla tu”-.
Non appena le labbra di Tancredi pronunciarono quel nome, il corpo di Michele si irrigidì di colpo. L'Arcangelo si voltò lentamente verso il giovane moro, il quale gli lanciò un'occhiata perplessa.
-”Che c'è?”-.
-”Niente”- tagliò corto Michele. -”D'accordo”-.
Tancredi sbuffò.
-”Come sei monotono... Non so quando tornerò, perciò stammi bene! E guai a te se succede qualcosa a Bice!”- esclamò salutando il cugino con un cenno della mano ed effettuando un Salto della Fede.
Michele si alzò in piedi, la lunga sciarpa rossa che ondeggiava appena mossa dal vento. Ripensò al nome appena udito e si trovò a pregare con tutto se stesso che il medico non lo riconoscesse.

 

 

Un lieve ma insistente bussare alla finestra fece aprire gli occhi a Lidia. La ragazza si tirò di scatto su a sedere, balzando fuori dal letto e impugnando uno dei tre coltelli da lancio che portava sempre con sé nell'astuccio legato attorno alla sua coscia destra. La figura incappucciata di un Assassino fece capolino dalle tende semiaperte e la salutò titubante.
Ma cosa...?”, pensò Lidia confusa.
La sciarpa rossa dell'Assassino la fece riprendere immediatamente. Era Michele! Rinfoderò il coltello e si precipitò ad aprire la finestra, dimenticando di indossare solamente una vestaglia da notte. Michele non sembrò fare caso all'abbigliamento poco decente della ragazza; si sedette sul davanzale della finestra e riportò a Lidia quanto Tancredi gli aveva comunicato la sera precedente.
-”Preparatevi”- le ordinò in conclusione.
Lidia non se lo fece ripetere due volte. In meno di cinque minuti fu pronta per uscire. Michele, dopo averle lanciato una rapida occhiata, le volse le spalle e si calò giù dalla finestra, imitato poco dopo da Lidia. Scesero in strada e, camminando con nonchalance, si diressero verso la bottega del medico.
-”Vi ringrazio per esservi adattato ai miei orari”- gli disse Lidia dopo un po'.
Michele non rispose. Le tirò su il cappuccio e annuì. La giovane dai capelli color cannella arrossì un poco per lo strano gesto del compagno.
La bottega del medico Vittorio si trovava dall'altra parte dell'Arno in una viuzza poco frequentata nei pressi di Piazza Santa Croce. Michele, lanciandosi delle occhiate furtive intorno, spinse con delicatezza Lidia dentro la bottega. Nel locale, un piccolo ambiente dalla pianta quadrata, spiccavano le alte credenze appoggiate ai muri, il bancone posto di fronte all'ingresso e, dietro a questo, un uomo vestito di nero con indosso una maschera bianca dotata di un lungo becco adunco.
-”Madonna, siete venuta a ritirare l'ultima dose?”- disse il medico. La voce proveniente da sotto la maschera suonava ovattata e lugubre.
Lidia si avvicinò al bancone e iniziò a parlare con Vittorio, aggiornandolo sullo stato della sua fobia e su quanto i suoi calmanti la stessero aiutando. Michele si tenne in disparte, in piedi vicino all'uscio, e fece di tutto perché la sua presenza non venisse notata, ma la sua figura e il suo tentativo di tenere un profilo bassissimo non sfuggirono agli occhi del medico.
-”Voi non siete il giovane che è solito accompagnare questa fanciulla”- osservò Vittorio dopo aver consegnato a Lidia un sacchettino contenente un miscuglio di varie erbe.
L'Arcangelo non rispose. Affondò il viso nella sciarpa e incrociò le braccia al petto. Lidia si sentì in dovere di scusarsi con Vittorio per il comportamento di Michele, ma il medico la interruppe con un gesto della mano. Aggirò il bancone e si avvicinò a Michele, il quale fece lentamente scivolare una mano sull'elsa della spada.
-”Madonna, vi sarei immensamente grato se aspettaste fuori il vostro compagno”- disse Vittorio lentamente.
Lidia, stupita dalla richiesta del medico e dalla tensione che il corpo di Michele lasciava trapelare, dopo qualche attimo di incertezza e di esitazione uscì dalla bottega. Prima di aprire la porta lanciò una rapidissima occhiata a Michele, preoccupata per ciò che sarebbe potuto accadere.
-”Vi aspetto”- gli disse congedandosi.
Rimasti soli, Vittorio si tolse la maschera dal viso, rivelando il volto solcato da rughe di un cinquantenne; negli occhi dal taglio cadente brillava un barlume di curiosità e di divertimento. Vittorio si portò una mano al mento coperto da un velo di barba grigiastra e sorrise.
-”Potrei giurare di avervi già incontrato”-.
-”Ne dubito fortemente. Io non vi ho mai visto”- ribatté Michele, la mano ancora posata sull'elsa della spada e pronta a sguainare l'arma in qualunque momento.
Vittorio posò la maschera sul bancone e tornò alla sua posizione dietro di questo. Si sedette sullo sgabello e intrecciò le dite sotto al mento, tentando di intravedere il viso del giovane.
-”Voi Assassini credete che basti un cappuccio per salvaguardare la vostra identità. Oserei dire che con le persone comuni funziona, ma... Sapete, noi medici non siamo persone ordinarie. Tentando di salvare vite umane sfidiamo costantemente la volontà del Nostro Signore. Egli decide chi accogliere tra le sue schiere e noi glielo impediamo. Qualcuno ci paragona a Lucifero... Voi, invece, cosa siete?”-.
-”Seguaci del Credo”- rispose prontamente l'Arcangelo. -”Niente di più”-.
-”Eppure io vi conosco”- insistette l'uomo. Tirò fuori dal cassettone del bancone un vecchio registro e lo aprì, iniziando a sfogliarne le pagine ingiallite dal tempo. A un tratto puntò con l'indice una riga e la lesse, facendo scorrere il dito lungo questa. -”Proprio come pensavo... Voi siete Michele Adimari, il giovane che sei anni fa...”-.
L'Arcangelo abbandonò la sua posizione e balzò sul bancone, minacciando Vittorio con la lama celata. Il medico, lo sguardo fisso sulla lama puntata alla sua gola, chiuse lentamente il registro e lo rimise al suo posto.
-”Non un'altra sola parola”- mormorò Michele.
-”Come... desiderate”-.
L'Assassino ritrasse la lama e scese dal bancone. Si sistemò la sciarpa rossa e uscì dalla bottega. Lidia era rimasta fedelmente in sua attesa. La giovane, curiosa, gli domandò per quale motivo il medico avesse voluto parlare in privato con lui, ma Michele non rispose.
-”Vi accompagno a casa”- si limitò a dire, eludendo la domanda di Lidia.
Michele non pensava che Vittorio fosse ancora vivo; fino al giorno prima sarebbe stato pronto a giurare di averlo visto morire per mano di un Templare. L'idea che Vittorio potesse raccontare a qualcuno il suo passato lo allarmò.
Già, perché Vittorio era colui che sei anni prima aveva salvato la vita di Michele e aveva assistito a ciò che aveva privato l'Arcangelo della sua umanità.

 

 

 

 

   
 
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