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Autore: Adeia Di Elferas    22/02/2016    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ Caterina Sforza aveva scelto il suo purosangue più veloce ed era partita subito, senza dire nulla a nessuno, se non ai servi che l'avevano aiutata a prepararsi.
 “Se Menghi o il Conte chiedessero di me – aveva detto loro – fate in modo che credano che sia a caccia o in laboratorio.”
 Sola con Tommaso Feo aveva percorso a velocità folle la distanza tra Imola e Forlì, allungando il tragitto per non dover passare davanti agli occhi dei Manfredi. Quella volta, infatti, temeva che non l'avrebbero lasciata passare affatto per Faenza, nemmeno se avesse accetato di pagare il pedaggio.
 I Manfredi, come gli Ordelaffi, si stavano lucidando gli artigli in attesa di poter sferrare il colpo finale. Avrebbero di certo colto l'occasione di ostacolarla, se solo l'avessero avuta.
 Per tutto il viaggio i due non si dissero nulla. Tommaso Feo taceva perchè non aveva ancora capito cosa poteva permettersi di dire e cosa no alla Contessa, mentre Caterina stava zitta perchè era troppo impegnata a pensare alle sue prossime mosse.
 Tommaso avrebbe voluto consigliare alla Contessa di correre meno, col cavallo. Dovevano fare in fretta, sì, ma qualche ora avanti o indietro non sarebbe stata un dramma. Se avesse continuato a spronare a quel modo il purosangue, avrebbe potuto compromettere la sua salute e quella del bambino che portava in grembo...
 Tuttavia, dopo qualche ora fu chiaro che la donna era la prima a non dare peso al suo stato, perciò Feo si impose di fare altrettanto, limitandosi a pregare affinché tutto andasse per il meglio.
 Entrarono in città che era ormai notte, senza essere notati da nessuno, se non da qualche cittadino indaffarato che riconobbe la Contessa.
 Quei pochi apparvero più preoccupati dalla sua presenza, che non rasserenati e per qualche interminabile minuto, Caterina temette di vedersi coinvolta in qualche improvviso tumulto.
 Tutto filò liscio, invece, e quando arrivarono davanti alla rocca, Caterina e Tommaso smontarono di sella e andarono dalle guardie che stavano all'ingresso.
 “Devo parlare subito con il castellano della rocca.” disse Caterina, facendo un passo, come per entrare.
 I due soldati illuminati da due torce, appena imbarazzati, le bloccarono la strada con le alabarde.
 “Abbiamo ordine di non far entrare nessuno.” disse uno di loro, con voce piatta.
 Caterina si morse le labbra, poi provò: “Sapete chi sono?”
 “Lo sappiamo bene, ma l'ordine vale anche per voi.” rispose la seconda guardia, appena più ruvida.
 “Va bene...” soffiò Caterina, e si allontanò dai due soldati per qualche metro.
 Lasciò le briglia del suo cavallo a Tommaso Feo, e, messe le mani a coppa attorno alla bocca, prese a gridare: “Zaccheo! Zaccheo! Sono Caterina Sforza! Devo parlarvi!”
 Tommaso Feo non si aspettava che quella donna avrebbe cercato di attirare l'attenzione del traditore a quel modo, ma non ebbe nulla da ridire.
 “Zaccheo!” urlò ancora Caterina: “Uscite da lì!”
 Quando la giovane stava quasi per desistere, un uomo apparve dietro le merlature della rocca.
 “Sono qui, Contessa!” esclamò Zaccheo, tenendo le mani sui fianchi e esibendosi in un sorriso beffardo, appena visibile grazie alla luna piena e alle torce accese: “Desiderate qualcosa?”
 “Dovete consegnarmi immediatamente la rocca! Sono qui in nome di mio marito, il Conte Riario!” rispose Caterina, senza scomporsi.
 Zaccheo la guardò un momento, stringendo gli occhi e appoggiandosi alla merlatura più vicina. Poi i suoi occhi si posarono su Feo. Non lo riconobbe subito, ma quando capì chi era, gli venne ancor più da ridere.
 “Una rocca non va consegnata nelle mani di una donna.” la dileggiò l'uomo: “Sragionate. Sarà la tarda ora, o la gravidanza?”
 “State forse dicendo che non volete consegnare la rocca? Devo forse considerarvi un traditore a tutti gli effetti?” controbatté Caterina, tentando di mantenere la calma davanti a tanta arroganza.
 “Non dovreste occuparvi di queste cose!” rise Zaccheo, sguaiato: “Pensate a fare figli e statevene zitta!”
 “Se vi sentisse mio marito vi farebbe giustiziare immediatamente!” fece Caterina, senza convinzione.
 “Lo sanno tutti che vostro marito è morto! E giurerei che l'avete ammazzto voi! Con quel faccino innocente, secondo me tenete una spada, sotto quel gonnellone!” l'accusò Zaccheo, con un'altra pesante risata.
 A Caterina venne il dubbio che fosse ubriaco. Strascicava un po' le parole e, in fondo, tutti conoscevano il suo vizio. Non ci voleva... Ragionare con un ubriaco è molto più difficile che non con un sobrio.
 “Mio marito è vivo, mi spiace deludervi!” disse Caterina, con un sorriso amaro.
 “Credetele, Zaccheo! L'ho visto coi miei occhi!” mentì Feo, per andare in aiuto alla Contessa.
 “Fandonie!” sbraitò Zaccheo, abbandonando la risata in favore di un ringhio: “Fesserie! Se fosse vivo, ci sarebbe lui qui, non avrebbe mandato una donna e un ragazzino!”
 “Lo conoscete davvero così poco?” lo pungolò Caterina, conficcandosi i pugni sui fianchi: “E sì che dicevate di essergli amico...!”
 “E va bene, può essere che quel codardo abbia mandato voi, ma resta il fatto che non darò questa rocca a una donna. Andatevene! Scappate, finché potete! Se non ve ne andrete, vi ammazzeremo tutti, nessuno escluso!” minacciò Zaccheo, ancora più rabbioso: “Siete solo una donna, lasciate perdere i gesti eroici, non sono roba per voi!”
 “Continuate a prendervi gioco di me dicendomi che sono solo una donna, mentre dovreste ringraziare Dio che non sono nata uomo o a quest'ora avrei già messo a ferro e fuoco il mondo intero e avrei liberato la Terra da vermi come voi!” sbottò Caterina, senza riuscire a trattenersi più.
 Tutta quell'agitazione le stava provocando terribili crampi all'addome, tanto forti da farla preoccupare.
 “Andiamocene, per stanotte non otterremo nulla di più.” concluse, in un sussurro, rivolgendosi a Feo.
 Mentre entrambi rimontavano a cavallo e si allontanavano, Zaccheo riprese a ridere come un pazzo e a prendere in giro sia la Contessia, sia il suo 'cavalier servente'.
 Caterina fingeva di non sentire, anzi, era quasi contenta del fatto che quel traditore non la credesse capace di batterlo.
 “Cosa facciamo?” chiese Tommaso, non sapendo da che parte dirigere il cavallo.
 “Posso fidarmi di voi?” chiese Caterina, a voce bassa, mentre nella sua testa la soluzion prendeva forma.
 “Certo, mia signora.” annuì subito il giovane, servile.
 “Quello che vi sto chiedendo di fare deve rimanere un segreto, mi avete capito? Nessuno deve sapere quello che sta per accadere.” disse Caterina, mentre faceva strada verso il palazzo dei Riario.
 “Ditemi tutto.” si offrì Tommaso, deciso a non deludere quella donna in nessun modo.
 “Dovete trovarmi subito Vincenzo Codronchi.” ordinò Caterina: “Trovatelo e portatelo in gran segreto al mio palazzo.”
 Tommaso la guardo con tanto d'occhi. Non aveva una grande stima di quell'uomo, anzi, lo trovava uno stupido e un facinoroso. Perchè la Contessa lo voleva vedere?
 “Mi pare ovvio che Zaccheo non ci consegnerà un bel niente.” spiegò la Conteeza, lasciandosi scappare un paio di imprecazioni molto volgari, retaggio della sua educazione in mezzo ai soldati di Milano, sottovoce.
 Feo ancora non capiva, ma non importava, voleva solo rendersi utile.
 “Vado immediatamente.” disse, pensando a dove andare in primis nella speranza di trovare in fretta Codronchi.
 “Quell'uomo è l'unico che può avvicinare Zaccheo senza insospettirlo. Ricordatevelo: se perdiamo questa opportunità, difficilmente ne avremo di altrettanto buone.” aggiunse Caterina, appena prima che il giovane si congedasse: “Solo lui può aiutarci a toglierlo di mezzo senza dargli il tempo di chiedere aiuto.”
 Ora era tutto più chiaro, anche se la rapidità e la freddezza con cui la Contessa era giunta a quella conclusione avevano lasciato Tommaso senza parole.
 “Siete sicura che Codronchi obbedirà alla signoria vostra?” chiese, appena un po' scettico, quando ritrovò la favella.
 “Ho già avuto modo di impormi su di lui.” ricordò Caterina, riportando alla mente i giorni in cui aveva preso Castel Sant'Angelo: “So che argomenti usare.”
 Tommaso Feo chinò appena il capo e diede di tallone al suo cavallo: “Farò il più in fretta possibile.” assicurò.
 Caterina lo guardò mentre si allontanava nel buio della notte e poi si diresse verso il suo palazzo.
 Doveva pensare per bene a come piegare Codronchi al suo volere. Ancora una volta la vita e la fortuna della sua famiglia dipendeva solo da lei.
   
 
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