Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: shana8998    23/02/2016    2 recensioni
E se un giorno qualsiasi di una vita qualsiasi, tutto cambiasse?
Se da un momento all'altro ,ogni sorta di regola , patto d'onore , sfumatura di dignità ,venisse infranta e ti ritrovassi nelle mani di un danno tanto grosso quanto stupendo?
Se quel danno così negativo potesse renderti tutta la felicità persa con il tempo?
Se quel danno fosse un uomo persino molto più grande di te?
Tu....Come reagiresti?
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capì che c'era qualcosa che non andava in tutta quella situazione , troppo tardi, quando già ero salita in auto.
La vettura aveva imboccato una strada fuori città , una di quelle stradine sterrate sconosciute.
-Dove si trova casa di Dragonov?-. Chiesi leggermente in ansia.
L'uomo in smoking alzò lo sguardo allo specchietto retro-visore.
-Non molto lontano da qui...Ma occorre che lei dorma...-. Proferì quella frase portando una mano al riscaldamento dell'auto e subito dopo nel vano porta-oggetti, sfilandovi qualcosa di molto simile ad una maschera.
L'aria si appesantì notevolmente e la vista parve appannarsi di colpo.
Che stava succedendo?
Tentai di afferrare la maniglia dello sportello , ma le forze, venivano già meno.
"Tlack". Il rumore della serratura mi fece piombare nello sconforto.
Avrei voluto urlare, scalciare ma tutto ciò che il mio corpo, che io , riuscii a fare , fu piangere in silenzio finchè la vista non si offuscò del tutto ed il nero vellutato non fu l'unico colore che vidi...

Quando tornai ad aprire gli occhi ero in una camera da letto.
Una di quelle stanze moderne , con vetri ampi e muri chiari tendenti all'azzurro cobalto.
Non c'erano molti mobili.
Un letto, due comodini , un comò.
Sotto  il chiarore della luna , per lo meno , riuscii ad intravedere soltanto questi piccoli dettagli.
Mi guardai più volte attorno. Ero spaesata , impaurita. Ancora non avevo razionalizzato ciò che era accaduto nell'auto.
Ero svenuta? Si. Ma per quale motivo? 
Ricordi confusi , dinamici , mutavano attimo per attimo nella mia testa..
Avevo pianto , questo lo ricordavo.
Perchè non ero fuggita?
D'un tratto la maniglia della porta girò ed il mio cuore parve balzarmi in gola.
Mi ritrassi involontariamente verso lo schienale del letto.
La sagoma di Alexander apparve nel buio.
Il respiro nella mia gola si vanificò.
-Sei sveglia...-. Proferì cupo, richiudendosi la porta alle spalle.
-Che mi è successo?-. Chiesi con la voce praticamente ridotta a nulla. 
Si avvicinò lentamente al bordo del letto.
Rimasi con lo sguardo su di lui , fermo , senza mai distaccarlo.
Temetti di poterlo veder sparire dal mio campo visivo. Temevo che mi potesse far del male.
-Sei spaventata...-. Fissò le mie gambe coperte dal sottile lenzuolo di seta.
Poi tornò a fissarmi nelle iridi. Tremai.
-Che mi avete fatto?...-. Ripetei e la voce barcollò verso un baratro immaginario di paura.
-C'è una procedura per chi viene qui...Nessuno deve o può sapere dov'è casa mia...-.
-Narcotizzare le persone è la procedura?!-. Strillai.
Restò impassibile.
-Non posso rischiare..-.
-Cosa? Cosa rischieresti?!-. Ero fuori di me. Spaventata, sola. Era molto più di una di quelle situazioni "molto più gradi di me".
Distolse lo sguardo sottraendolo al mio..
-Rischierei molto più di ciò che immagini o puoi immaginare Anastasia...-.
Sembrò avvilito. I suoi occhi erano tristi , la sua stessa voce lo era.
"Chi sei...Alexander?".
Lo scrutai non rendendomi conto che mi stavo avvicinando sin troppo a lui. Quando mi fissò balzai all'indietro.
Persi un battito.
-Era questo ciò che volevi da me? Quando hai detto di "volermi", intendevi dire...Volermi fare prigioniera?-.
-C'è qualcosa molto più importante del tenerti qui..-. Sembrava non essere mutata quell'espressione di eterna sofferenza sul suo viso.
-E cosa allora?-.
Mi sorrise poi si passò una mano fra i capelli corvini.
-Lo capirai a suo tempo..-.
Si alzò.
-Dove vai adesso?!-. Proferii estremamente allarmata.
-Ho da fare. Tu resterai qui. Qualcuno ti porterà da mangiare e ti procurerà il necessario per farti una doccia..-. Si allontanò raggiungendo la porta.
-No. Non mi lasciare qui!-. Cercai di convincerlo.
Essere con lui mi terrorizzava , ma restare sola lo faceva di più.
Abbandonò alla stanza e sentii chiudervi la porta a chiave.
Mi precipitai verso la lastra lignea cercando disperatamente di aprirla.
Fu inutile.
Lasciai scivolarmi su di essa fino a toccar terra , in lacrime.
"Maledizione!Maledizione".
Era solo colpa mia se mi ritrovavo in quella situazione. Mi ero concessa alle mani di un folle. Mi ero regalata al pericolo e forse alla morte.
Per di più...Quando avevo realizzato tutta la situazione , inerme ero scoppiata a piangere come se fosse l'unica cosa che potessi fare.
Ero veramente stata una sciocca. Una bambina che inseguiva delle caramelle.
Lui era una caramella ripiena di veleno.

Ore dopo qualcuno aprì dall'esterno la porta di camera mia.
-Signorina, questa è la sua cena...-. Entrò lo stesso uomo con l'abito nero ed i guanti bianchi.
Lo scrutai. Distrutta, gli occhi che ancora mi bruciavano.
Mi sollevai dal materasso con le braccia.
-Non ho fame..-. Dissi appena.
L'uomo , che sul viso aveva una maschera bianca come i suoi maledetti guanti, mi sorrise.
Poi si accomodò al bordo del letto appoggiandovi il vassoio.
-Si debiliterà senza toccare cibo..-.
-Non mi importa.-. Lo freddai.
Sorrise ancora.
-Ha paura. Tutti ne avrebbero al posto suo...-.
Lo fissai leggermente perplessa.
-Ma non deve temere , se il Signor Dragonov le ha detto che la vuole , se l'ha fatta entrare qui , vuol dire che non ha alcuna intensione di farle del male.-.
Abbassai lo sguardo che repentino tornava a farsi umido.
-Come può un uomo che narcotizza una ragazzina , essere un buon uomo di cui fidarsi...Lui mi ha già fatto del male...-.
-Lui si stava proteggendo..-.
-Ma da cosa?! Cosa può contro di lui, una ragazzina di nemmeno 20 anni?!-. 
-Non è di lei che ha paura...-.
Qualcuno lo cercava? Chi poteva incutergli timore a tal punto da ricorrere a certe procedure?
-E' delle persone li fuori...-. Si voltò verso la finestra proprio accanto al mio letto.
Era plausibile che qualcuno ce l'avesse contro di lui. Era un avvocato , spietato, ricco, che non amava trattare bene le persone. Tutti motivi validi per cercarlo ed ucciderlo.
-Immagino già per quali motivi..-. Feci con molta ovvietà.
L'uomo mi scrutò dai piccoli fori della maschera che dovevano fungergli da occhi.
Non disse nulla. 
Si alzò.
-Adesso per cortesia mangi qualcosa...-.
Il suo tono si era rabbuiato notevolmente , come se parlare del suo capo , lo facesse stare terribilmente male.
Uscì dalla stanza , ma non prima di aver acceso la lampada su uno dei due comodini.
Restai nuovamente sola per un altro paio di ore , finchè,una sagoma non entrò in camera.
Era Alexander. Sembrava stanco , provato.
-Sei tornato...-. Dissi appena.
Si apprestò a raggiungere il letto ed una volta che mi fu del tutto davanti mi porse una mano.
Non proferii un fiato ed appoggiai la mia sulla sua.
Dove mi stava portando? 
Attraversammo un corridoio lunghissimo. Le luci erano spente , ma grazie alla luce proveniente dall'esterno , potevo vederne piccoli dettagli , come il mobilio o i quadri.
Si arrestò di fronte all'ennesima porta.
-Ti hanno già fatta lavare?-.
Non servì che rispondessi.
Aprì lentamente l'anta della porta;un gigantesco bagno con ogni sorta di confort apparve ai miei occhi.
Era chiaro , le rifiniture della doccia laccate di nero lucido. La doccia totalmente fatta di vetro escluso il piatto che era di ceramica bianca bordata di nero.
Mi condusse al vetro di ella fino a farmelo toccare con le spalle.
Mi fissava ma nei suoi occhi c'era il vuoto. Un bagno nel nulla. Sfiorò le mie spalle da sopra la camicetta.
Mi stava studiando, esattamente come il cacciatore fa con la sua preda.
Mi osservava. Osservava minuziosamente ogni mio particolare.
Il mio corpo. Sembrava assolto nella mia figura..
Sbottonò la breve fila di bottoncini che chiudeva la camicetta.
Lasciò che scivolasse dalle mie spalle fino al pavimento gelido.
Ansimai quasi impercettibilmente quando le sue mani fredde come il ghiaccio , sfiorarono la mia pelle bollente.
Non mi baciava. Le sue labbra non sfioravano le mie , ne il mio collo.
Lui era li, che manteneva lo sguardo perso , privo di luce bagnato di me.
Toccò ancora le mie spalle liberandole dalle bretelle del reggiseno. In quel momento mi parve un indumento insignificante . Un piccolo muro sulla mia pelle che non riusciva a farmi sentire protetta in alcun modo.
Raggiunse la mia schiena passandovi i palmi in tutta la loro ampiezza.
Sembrò velluto.
Sganciò il ferretto della biancheria.
Tremai leggermente.
Fu strano. Terribilmente anormale , quanto non provassi altro che voglia di lui.
Trepidavo. Fremevo perchè mi potesse toccare di più.
Il respiro nel mio petto divenne pesante, difficile.
Stavo implodendo.
Anche il timido rumore del mio secondo indumento mentre aveva toccato terra, lo trovai un frastuono insopportabile. 
Sussultai come se ne avessi avuto paura.
Ed io in realtà di paura ne avevo.
Ero terrorizzata da quell'uomo. Dal suo essere atrocemente misterioso. 
Da come mi guardava. I suoi occhi erano malati...Malati di me..
Liberò il mio corpo dal resto degli abiti. Mi contemplò ancora.
Avvampai. Avrei voluto coprirmi. Fuggire e chiudermi in quella maledetta camera.
Era l'imbarazzo a vincere questa volta.
"Gli uomini sono tutti così?".
Mi tornò in mente ciò che amava ripetermi la zia Dana. Forse non aveva mai sbagliato. Forse, gli uomini erano veramente sadici malati di sesso..
 Scostò l'anta di vetro e dandomi una leggera spinta all'addome , mi costrinse ad indietreggiare sino all'interno della cabina.
Non distolsi mai gli occhi dai suoi.
Era quello il mio modo di tenere la situazione sotto controllo. Lasciarlo fare , ma non lasciarlo andare via dalle mie iridi.
Entrò anche lui socchiudendo l'anta.
Mi schiacciai al muro e brividi vorticosi si accavallarono frenetici su per la mia spina dorsale..
La mia pelle era sin troppo calda. Io lo ero. 
Non avevo mai provato tanta voglia. Io volevo quell'uomo tanto quanto lui voleva me.
Volevo possederlo. Volevo che fosse mio e lui , a giudicare da come perso, continuava a scrutare anche la più piccola piega del mio corpo , voleva esattamente la stessa cosa.
Era un enigma tutta quella situazione. Dal porgli delle semplici domande per scopo lavorativo , al ritrovarmi ad accettare una proposta di convivenza con lui, a questo. Essere sua significava firmare un contratto dove il prezzo da pagare fosse concedere il mio corpo così?
Il getto tiepido ed improvviso dell'acqua su di noi , mi provocò l'ennesima scossa.
Socchiusi per un istante le palpebre lasciando che il fluire dell'acqua trascinasse via da me ,anche tutta la paura e la follia di ciò che stava accadendo.
Mi afferrò le braccia. Tornai a fissarlo.
Non era violento. Non mi faceva male la sua presa sulla pelle. Era come non sentirlo su di me. 
Un richiamo all'essere concentrata, un piccolo fischio nelle orecchie.
"Guardami.Guardami e non ti distrarre", questo voleva dire quel suo modo di fare.
Si avvicinò al mio collo. Lo catturò. Lo morse delicatamente. 
La mia pelle tornò ad incresparsi vertiginosamente ed un piccolo, minuscolo , gemito uscì dalla gola senza che potessi fermarlo.
Afferrai di riflesso le sue spalle. Le mie dita si immersero nel tessuto bagnato della sua camicia.
Poi tutto cambiò.
Mi afferrò con molta più avidità , per le cosce e sbattei contro il muro.
Non sussultai, non uscì un soffio dalla mia gola.
Portai le mani al suo collo leggere, che lo accarezzavano a mala pena e finalmente anche le nostre labbra si catturarono , esattamente come un leone cattura una gazzella.
Con ferocia. Avidamente. Da fargli male, da farmi male.
Passai una mano fra i suoi capelli gocciolanti. Sembrarono fili di seta fra le dita.
Era troppo perfetto. Era troppo irreale.
Non sembrava possibile che un uomo , esattamente come tanti altri , potesse sembrare un angelo. Un essere etereo,inesistente impossibile persino da immaginare.
Mi morse. Morse la mia pelle sino a farmi portare la testa indietro.
Entrai in quel preciso istante, in un baratro di sensazioni pericolose.
Qualcosa di sconosciuto a me, al mio corpo.
Qualcosa che avevo desiderato da sempre e che temevo più della morte.
Infilai le mani sotto il tessuto bianco della sua camicia , esattamente sulla sua schiena. Artigliai la sua pelle.
Di riflesso lui sembrò esagerare con i morsi.
Mille scintille mi rintronarono mente e corpo.
Tornammo a guardarci a baciarci.
Mi lasciò tornare con i piedi a terra ,intrappolata fra le sue braccia che severe si protendevano al muro. Così forti , così tese , che per un attimo pensai che fosse lui a reggerlo.
Chiuse l'acqua come se volesse far sparire quello che sembrava un sogno ad occhi aperti, cancellando magia , desiderio..Cancellò tutto ed il suo viso , tornò a tingersi di quella maledetta smorfia di tristezza, di perplessità.
-Alexander?...-. Dissi con la voce che fluì del tutto rotta da un fiatone persistente.
Respirava a fatica anche lui.
-Mi dispiace...Torna in camera...-. Disse poi, di getto.
Perchè? Perchè continuava ad altalenarsi fra volere e non potere?
Perchè metteva sulle mie spalle il carico di uno sbaglio , di un senso di colpa che solo lui stava provando?
Poi ci pensai. 
Alexander avrebbe potuto nascondermi qualcosa.
Forse già dalla prima volta mi aveva nascosto un possibile dettaglio importante.
Lasciò che il suo braccio strisciasse via dal muro fino a penzolare nel vuoto, ancora bagnato , ancora gocciolante..
Mi lasciò libera.
Vai o resti? E se fossi rimasta quanto avrebbe potuto arrabbiarsi? E se non si fosse arrabbiato? Se fosse stato contento??
Provai ad avvicinare il palmo della mia mano al suo viso.
Lo scansò.
Anche i suoi occhi erano fuggiti da me.
"Cosa ti fa tanto soffrire?".
Distolsi lo sguardo, mi allontanai raccogliendo le mie cose.
Scappai da quella stanza seppur non volessi ammetterlo a me stessa che i piedi erano corsi così veloci, così spaventati da lui...
Mi serrai in quella che sarebbe stata la mia stanza. 
Avevo il cuore in gola e mille dubbi in mente.
Era un sadico gioco il suo.
A lui piaceva così.
Piaceva torturarmi fino alle lacrime. Piaceva entrare nella mia testa, spiare i miei desideri , farmici avvicinare e strapparmeli via.
Lui era un mostro.
Un uomo detestabile.
Era nessuno, ma per me era il tutto.
Ben presto sarebbe anche diventato l'unico punto di riferimento.
Mi avrebbe costretto inconsciamente a dipendere da lui , dalla sua presenza..Dalla sua assenza...

-Sono due mesi che mi tiene chiusa qui...Inizio ad annoiarmi...E poi il mio lavoro? Mi avranno dato per dispersa?!-. Mi lamentai con lo stesso uomo in smoking della prima sera.
Rise appena , come se divertito, mentre inseriva i panni in una delle tre enormi lavatrici della lavanderia personale di Alexander. 
Si , lui aveva in casa anche una lavanderia tutta sua e una stanza per stirare , per non parlare del giardino interno della casa , dove pioveva grazie ad un interruttore , dove c'era il sole grazie ad un interruttore e dove non faceva mai freddo.
Aveva tutto, qualsiasi lusso , qualsiasi cosa un umano normale potesse desiderare. 
-Signorina , si trovi qualcosa da fare..Questa casa è enorme. Un vero castello con ogni sorta di diletto..-.
Sospirai.
Chissà se Alexander , si sentiva solo dentro la sua fortezza. Chissà se mi aveva portata qui, proprio per quel motivo?
-Posso mettermi a vedere un film , suonare il piano , leggere un libro , ma poi...Sola mi annoio e lui..Lui non c'è mai.Ha sempre da fare. "Devo lavorare" Dice e poi mi bacia la testa ed io non lo vedo più fino a sera...-. Sbuffai lagnandomi.
Rise ancora stavolta più marcatamente.
-Se non avessi mille cose da fare le terrei compagnia io , ma purtroppo il lavoro dentro questa casa è molto...-.
Sorrisi timida scendendo da una delle lavatrici dove sciatta mi ero semi-sdraiata.
-Tranquillo.-. Portai a lui lo sguardo vispo.
-Abbiamo chiacchierato per circa cinque minuti, è già tanto!-. Feci sarcastica sdrammatizzando la situazione "noia".
Prese fra entrambe le mani il cestello vuoto e fece per dirigersi all'uscita della stanza.
Lo seguii.
-Ha fame?-.
-Avrei voglia di qualcosa da sgranocchiare effettivamente..-. Risposi con un enorme sorriso.
-Allora venga con me-.
-Ah non ti ho chiesto come ti chiami...-.
-Gregory...-.
-Allora, grazie Gregory il maggiordomo!-. 

Ero in camera mia. Il buio si era fatto padrone del cielo da parecchio.
L'ennesima giornata era trascorsa calma e pacifica forse più delle altre.
Mentre mandavo giù righe fitte di un romanzo trovato casualmente in casa , sentii dei passi ovattati lungo il corridoio.
Era lui ne ero certa. 
Mi alzai di scatto dal letto, lo sguardo fisso alla lastra chiara della porta.
L'aprii silenziosa come un soffio.
Sul muro la sua ombra , nella mia testa , la voglia di vederlo.
Perchè non era venuto in camera mia? Perchè da qualche tempo a quella parte lo sentivo scostante, lontano?
Mi incamminai nel buio appena schiarito da una luna profondamente candida e rotonda.
Le finestre incominciavano solo alla prima curva del corridoio che si svolgeva nel cuore della villa formando un quadrato.
La luce partiva da li. La sua ombra partiva da quel punto sparendo lungo il muro chiaro.
La inseguii senza correre.
Alexander non dormiva con me , ma la sua stanza era abbastanza vicina alla mia...Abbastanza perchè io voltato il secondo angolo la potessi scorgere nel muro.
Esattamente di fianco all'ultimo spiraglio di luce del pavimento.
Restai schiacciata contro la parete. Sentivo i suoi movimenti. Il suo frugare per la stanza.
Poi sentii qualcosa che alle mie orecchie risultò un macabro scherzo della mente.
Lo avevo sentito ringhiare ed il suo respiro era cambiato.
Era rotto da rantoli. Era disumano.
Pensai che si stesse sentendo male. Mi preoccupai.
Così presi un bel respiro e mi sporsi guardando nel minuscolo spiraglio della porta.
Era chino, di spalle ad essa, rivolto verso l'ampio finestrone che dava su un cortiletto interno.
Sembrava star male. Era strano.
Quando si voltò di scatto e dalla minuscola fessura intravidi il suo volto qualcosa dentro di me piombò nella disperazione.
La mano che sporgeva dal soprabito scuro era rossa, tinta di sangue. Aveva sangue anche sul viso.
Ed i suoi occhi , no ma che dico, il suo sguardo sembrava quello di un mostro.
Le pupille estremamente dilatate e l'iride sin troppo scura per il colore che sapevo avesse.
Mi aveva vista? Perchè guardava la porta?
L'aprì di colpo, ma io ero già troppo lontana.
Mi ero chiusa in camera. Presa dal terrore. Gli occhi in fiamme.
Chi diavolo era quell'uomo? Perchè era sporco di sangue?
Nelle mani di chi, ero finita....?!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: shana8998