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Autore: Rota    23/02/2016    1 recensioni
Capita per uno sbaglio di Makoto, che interpreta male le parole di Haruka, che il giovane Nanase venga scelto come campione per la scuola Iwatobi al Torneo TreMaghi che coinvolge le tre grandi scuole acquatiche del paese.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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8. Capitolo otto

I will love you unconditionally

 

 

 

Una papera nello stagno per Rin, Aiichirou.
Un polipo nella vasca del corallo per Kisumi, Hayato.
Il muso dell'animale esce dalla superficie dell'acqua lentamente, annusando l'aria circostante senza troppo rumore. La sua pinna si muove adagio per farla rimanere in quella posizione quasi verticale, e non agita troppo le acque, così da non far allontanare per nulla il pezzo di ghiaccio dove Haruka è ancora seduto.
Il ragazzo la fissa, dubbioso sul da farsi. Non essendo quella una creatura magica, è ben strano che sia in un posto del genere, specie considerando il fatto che non pare abbia molta intenzione di attaccarlo o di fermarlo in qualche modo. Pian piano, i suoi timori si trasformano in curiosità, e quindi decide di arrischiarsi a guardare la grande bestia negli occhi.
Li riconosce, immediatamente.
Un'orca nell'artico per lui, Makoto.
La sua espressione si fa decisamente più morbida, quasi sorride. Allunga una mano verso quella porzione di naso che la creatura sporge, e ne tocca la pelle ancora bagnata. L'orca emette un verso dolce, con l'intenzione sia di rassicurarlo sia di confermare quanto sospetta abbia capito: quello è il suo aiuto.
L'orca torna nell'acqua, facendo una piroetta sotto di lui e quindi comincia a spingere più o meno delicatamente il ghiaccio su cui si regge in avanti. Haruka rimane aggrappato con le mani, per quanto può, fiducioso di essere condotto in un posto sicuro.
L'orca lo porta in un'altra zona della vasca, che lui sicuramente non sarebbe mai riuscito a raggiungere da solo. Passano davanti a un branco di pinguini, ben più che curiosi circa lo strano movimento di quel galleggiante – ma come se percepissero la presenza dell'orca assassina, si guardano bene dal tuffarsi in acqua.
Alla fine Haruka riesce a vedere l'oggetto che stava cercando: è incastonato all'interno di un'alta parete ghiacciata, che deve con ogni evidenza scalare da solo.
Trasforma due pezzi di ghiaccio in arpioni, in modo da salire tranquillamente la superficie verticale. Prima di toccare il cubo blu, però, da uno sguardo verso il basso, nella direzione dell'orca: è sempre rimasta lì, a guardarlo e osservarlo. Le rivolge un sorriso, e sembra che quella lo veda, perché fischia piano e fa una piroetta in acqua.
-Ci vediamo fuori dall'arena, Makoto.
Tocca il secondo passaporta e arriva quindi all'ultima vasca.

 

 

***

 

 

Quando ha visto la barriera corallina distendersi a vista d'occhio, a pensato erroneamente di essere arrivato nella vasca con meno pericoli tra le tre e si è rilassato più del dovuto: non ha prestato la necessaria attenzione agli eventuali pericoli, ed è emerso per più tempo fino alla superficie dell'acqua per prendere una buona quantità di ossigeno.
Il cielo, sopra l'arena grande, si è completamente annuvolato, e rilascia le prime grosse gocce di pioggia che si infrangono su tutta l'area orizzontale del pelo dell'acqua. Rimanere immobile a guardarlo è un privilegio a cui si lascia, anche per riprendere un poco fiato dopo tutto il movimento fatto. Non deve neanche fare troppa resistenza con mani e braccia, perché galleggiare a quel modo gli risulta più che naturale.
Il rumore ancora minaccioso del grande mulinello non lo lascia in pace per più di dieci secondi, tornando a prendergli tutta la sensibilità attenta. Haruka però decide di dedicarsi per prima cosa all'ultima delle tre prove, per lasciare il resto a dopo.
È quando torna a guardare in basso, verso lo scoglio piatto che affonda poi verso un fondale che si perde nel nero scuro del nulla, che vede il banco di meduse, talmente ampio da impedirgli quasi completamente il passaggio. In un primo momento, c'è una punta di panico nei suoi gesti, e il primo istinto è di riemergere di nuovo: lo fa, e si calma per prendere fiato. In secondo luogo, l'unica cosa che può davvero fare è individuare l'oggetto che cerca rimanendo appena sotto la superficie e poi nuotare lentamente tra le meduse, in modo da non dover rimanere troppo tempo sotto l'acqua.
Prova ad attuare il proprio piano, ma si rende ben conto, dopo diversi minuti, che gli è impossibile vedere tutta la barriera da quel punto di osservazione, e le meduse non lo aiutano in tal senso.
Sopra il livello dell'acqua, non c'è appezzamento di terra né niente che possa sostenerlo e tenerlo fermo in un punto. Sconfitto dall'evidenza, Haruka si immerge piano e scende lentamente verso la barriera di pietra.
Le meduse si muovono placide attorno a lui, lasciando pendere i propri tentacoli come se non avessero volontà. È difficile muoversi piano, in tutto quello, perché ogni mossa spreca tempo ed energie, e Haruka sa di essere resistente solo fino a un certo punto – non è così sicuro di poter trattenere il fiato per tutta la durata necessaria, e ha il terrore che fare un incantesimo in quel luogo attirerebbe soltanto sgradevoli attenzioni.
La barriera è lunga, piena di animali e cose che strisciano. Un pesce palla si gonfia quando lui si avvicina troppo, facendo scappare una famigliola di ricci che rotolano giù per il pendio, andando a nascondersi lontano. Vede un'anguilla d'acqua salata scivolare tra le pietre e le concavità vuote della pietra, scivolare in avanti fino ad arrotolarsi, morbida, attorno al suo braccio, e poi sparire di nuovo da dove è venuta. Haruka prosegue e non indugia oltre, sentendo il petto cominciare a dare i primi segni di cedimento.
Guarda sopra di sé, notando il banco di meduse farsi ancora più incombente. Non si spaventa, ma non vedendo più la luce proveniente dall'esterno dell'acqua capisce che la situazione ha cominciato a diventare parecchio difficile.
Immerge per sbaglio le mani in un'anemone e ne viene irritato su tutta la pelle, che ritrae velocemente; il movimento viene percepito da una delle meduse più vicine a lui, che però non fa altro che un piccolo scatto di lato. Haruka si allontana da lì, pian piano.
Ispeziona le diverse conchiglie che trova, sposta diversi sassi e insegue anche due pesci più colorati degli altri: niente.
Apre la bocca, lasciando uscire diverse bolle di ossigeno. La testa comincia a girargli parecchio, e la vista gli si sta appannando a poco a poco. Deve per forza risalire, altrimenti rischia di finire soffocato.
Durante la risalita, però, non riesce a mantenere lo stesso autocontrollo della discesa, e va a strofinare la pelle delle gambe con i tentacoli di alcune meduse. Questo fa aprire la gonna di alcune di loro, e rivela ai suoi occhi l'ubicazione dell'oggetto che ha cercato: è al loro interno, esattamente al centro dei tentacoli.
Prende aria e i polmoni gli bruciano per lo sforzo fatto. Riprende fiato diverse volte, così da inalare più ossigeno possibile, e quando torna di nuovo in acqua con tutto il corpo è anche facile arrivare finalmente al cubo blu: si fa spazio, più o meno tranquillamente, tra le meduse, e arriva accanto a quella che contiene il piccolo oggetto. Per non farsi pungere troppo, la tocca sulla cupola con la bacchetta, in modo che apra naturalmente i propri tentacoli e lo lasci muovere.
Prendendo il cubo in mano, però, Haruka non viene subito portato altrove; deve quindi risalire in superficie un'altra volta per capire che quello che ha in mano non è un terzo passaporta.
E che, allora, per affrontare l'ultima prova deve trovare un modo di saltare all'interno del mulinello con le proprie uniche forze.

 

 

***

 

 

Ci sono magie capaci di smuovere delle piccole tempeste; magie che creano maremoti terribili; magie che incrinano l'equilibrio tra natura, esseri umani e creature magiche; ci sono magie di ogni tipo e di ogni forza, perché è nell'insita definizione di magia quel qualcosa che trascende il naturale e il logico, l'umanamente accettato come reale – i maghi e le streghe si fanno scudo della propria bacchetta, che altro non è che il tentativo umano di incanalare e di assoggettare questa forza mostruosa, che altrimenti li sovrasterebbe, e molti di loro si illudono che così facendo posseggano potere vero, che in realtà non gli appartiene se non nella concezione dell'attimo che fugge.
Haruka è umano da poco tempo, e queste cose le nota molto più che gli altri. In quelle poche persone a cui ha dovuto per necessità dire la propria condizione ha trovato una sequela di emozioni distinte, ma tutte sporcate dalla pietà e dalla commiserazione, quasi come se una creatura come lui non potesse condividere il pensiero razionale che pare così tipico della creatura umana. La vera comunicazione, tra di loro, avviene in un ambito conosciuto, anche se forse le opinioni e i punti di vista sono soppesati diversamente, e ad Haruka rimane sempre una fastidiosa sensazione di essere considerato meno che uomo.
Il fastidio però rimane non altro che un pensiero passeggero, perché quell'unica persona che realmente fa la differenza gli tende sempre la mano. Ed è così calda, così calda e morbida che ogni altra emozione sparisce: c'è solo completezza fisica e spirituale, una dimensione che nessuno oltre a loro due sarebbe in grado di raggiungere, nella visione limitata dell'innamorato che è.
Per quella sua mano è diventato umano. Per quella sua mano ha fatto qualcosa che prima mai nessuno della sua specie ha osato fare, né mai qualcuno di altre specie potrà mai fare.
Questo, per Makoto, è sintomo di quanto lui sia speciale. Makoto è sempre pieno di complimenti per lui, non sembra stancarsi proprio mai di ripeterglieli: le sue labbra, come le sue intenzioni, sono sempre dolci, di quella morbidezza naturale che riesce a toccare qualsiasi cosa, perché è sincera. Forse è anche per questo, e non solo perché ha origini da sirena, che non hanno bisogno d'altro che un semplice tocco per capirsi, per comprendersi, per accettarsi e per amarsi.
Makoto è l'origine di tutto per lui, come sempre. Persino di quella terribile nuova avventura.
Haruka guarda in alto, verso il cielo che gronda pioggia fredda – immagina che tutta la scuola lo stia guardando, in qualche modo, e persiste nel ricercare un'immagine ideale del proprio fidanzato. La trova nei propri ricordi e nei propri pensieri, e la conserva stretta nella mente.
Decide quindi il da farsi, senza altra esitazione: punta la bacchetta verso l'acqua ormai priva di pesci e meduse e comincia a scuoterla.

 

 

Le onde del maremoto che ha creato nella vasca sono alte, altissime. Alte almeno quanto le pareti della vasca stessa.
Haruka è immerso in queste onde, confuso con tutta quella spuma e quel nero profondo, tanto che gli spettatori per diversi secondi non riescono più a rintracciare la sua figura; uno dei giudici di gara è quasi convinto a intervenire, per rimediare il prima possibile a quella situazione, quand'ecco che qualcosa di luminoso risplende tra i fluttui e li rassicura con l'evidente presenza di una magia attuata.
Dopo qualche istante, a cavallo dell'ultima onda alta, sbuca un delfino dall'acqua, che salta oltre il bordo della vasca e si tuffa direttamente nel mulinello gigante.
C'è chi non respira più, chi è quasi svenuto. La professoressa Amakata segue il tutto con gli occhi sgranati, senza riuscire a spostare lo sguardo da quella figuretta azzurra che salta da una parte all'altra, riuscendo a vincere la forza del mulinello con palese grande sforzo. C'è una pausa, nei suoi salti, che fa temere il peggio, e quando sembra che il delfino non debba più risalire, rovesciato nel vortice che lo porta in basso, ecco che invece balza più in alto delle volte precedenti, verso il centro del mulinello, lì dove pende nel vuoto l'ultimo oggetto d'oro.
Una persona inizia a urlare: è Nagisa, che ormai non riesce davvero più a trattenersi, e incita con parole non sentite il proprio amico troppo lontano. È solo il primo, perché poi si aggiungono anche Rei e Gou, poi c'è Makoto che piange e che si agita tutto. C'è l'intera scuola Iwatobi che grida, come se avesse dimenticato dove si trova e cosa sta succedendo, ma che non riesce proprio a rimanere ferma a guardare su uno schermo quel che accade – e quindi eccoli tutti a fare il tifo, eccoli a gridare e a acclamare il loro compagno.
Haruka non sente nulla, e prova e riprova i propri balzi. Sopra di lui vede arrivare Rin, che pare aver trasfigurato un pezzo di legno in una sorta di tavola da windsurf, che lo regge nel vortice di aria creatosi sopra le vasche. È sopra l'oggetto d'oro, e basterebbe pochissimo perché scenda in picchiata e lo prenda.
Haruka balza un'ultima volta.

 

 

***

 

 

L'ennesima ventata piena di salsedine lo distoglie dai pensieri che lo hanno rapito per pochi istanti, conducendolo in un luogo ben più lontano di quello: gli scompiglia le ciocche ribelli dei capelli, che vanno a finire ovunque e frustano con morbidezza un po' ispida le palpebre ancora chiuse. Respira piano, ascoltando il rumore delle onde che si infrangono sulla pietra dura, e quando apre gli occhi nota come il sole sia finalmente sbucato dall'ammasso di nuvole biancastre appeso nel cielo.
La spuma bianca del mare brilla, i riflessi rimbalzano sulla superficie increspata dell'immensa distesa d'acqua. Persino qualche pesce, un poco più temerario degli altri, risale fino a farsi vedere, nei suoi colori scuri e negli occhi attenti a movimenti sconosciuti; in un colpo di pinna veloce, torna dove la luce fa fatica a raggiungerlo, per andare chissà dove. Un gabbiano passa con la propria ombra sulla sua testa e garrisce al proprio storno un ordine preciso, tale da far virare tutti i suoi compagni verso destra, nella direzione della terraferma tanto ambita, e una spiaggia che possa farli riposare dopo un lungo e faticoso viaggio.
Un piccolo granchio striscia lungo il profilo del suo piede nudo, senza offendere la pelle con una delle sue piccole chele. Il ragazzo abbassa piano lo sguardo, per nulla allarmato di questo leggero solletico: adocchia la piccola creatura mentre si dirige verso una pozza di acqua tra le pieghe della roccia, dove potersi bagnare e refrigerare adeguatamente. Sabbia bianca sporca le sue zampe, quando alla fine trova il posto perfetto per riposare.
Questa volta un'onda lo bagna, lungo il fianco, e gocce fredde si appiccicano al suo braccio destro e alla sua spalla, facendogli provare poco più di un brivido. Pensa che sia arrivato il momento di tornare.
Si alza lento, sullo scoglio che lo ha ospitato fino a quel momento. Percorre con piedi scalzi la distanza di qualche metro, saltellando da una pietra all'altra: sul suolo fermo, le sue movenze non sono mai state troppo raffinate, e si ritrova come sempre con un equilibrio imperfetto a ballare tra punte acuminate delle rocce e piccoli crateri che sarebbero capaci di inghiottire interamente una sua gamba.
La scogliera si sgretola in una bassa spiaggia di sassi lunga giusto due passi, da quel lato, così che le onde si stendano su una superficie più orizzontale e non diventino tutte bianche. Anche quel giorno il mare è tranquillo, e lo lascia fare come meglio crede, placido e senza resistenza.
Haruka si concede uno sguardo all'oceano, prima di immergersi in acqua, che si allunga alla terraferma e poi ancora oltre. Fa pochi passi, ed è totalmente avvolto dal liquido.
Tutta la sua essenza freme di estasi. Comincia a muovere i piedi e le gambe, quasi avesse una pinna lucente al posto di quelle terminazioni troppo terrestri; le braccia si muovono un poco in ritardo, morbide di una tranquillità che non mette alcuna agitazione. Riemerge solo una parte del viso, dal pelo dell'acqua, per prendere quel poco di ossigeno necessario.
E poi di nuovo giù, immerso nel blu perfetto dell'acqua.

 

 

-Trasfigurazione!
Makoto lo guarda con quel briciolo di compassione di troppo, tanto che il campione del torneo si imbarazza e assume un'espressione contrariata di principio, che neppure il braccio di Sousuke sulle sue spalle riesce in qualche modo a mitigare.
Gonfia le guance, avendo compreso ancora prima di aver ascoltato le parole dell'altro di non aver indovinato.
-Lo hai già detto tre volte, Rin-chan. Continua a essere no.
Sono cinque giorni che lo riempiono di domande, e qualcuno di gentile – come Nitori Aiichirou, per esempio – si chiede come faccia a non insultarli e zittirli in qualche modo, regalando loro sempre sorrisi tranquilli, che tanto la pazienza che prova è infinita.
Makoto è molto più avvicinabile di Haruka, e pare convinzione comune che lui sappia esattamente, nel minimo dettaglio, qualsiasi cosa riguardi l'altro.
Così sono tutti lì assieme, campioni o non campioni, a condividere quell'incredibile curiosità a cui non riescono a rinunciare.
Sono mescolati, nel più e nel meno. Stanno un po' stretti in quello spazio racchiuso tra le rocce, all'ombra di una sola piccola pianta, ma hanno trovato anche il modo di incastrarsi bene.
Per esempio, Gou è tra le gambe di Kisumi, mentre Momotarou è disteso tra Aiichirou e Rin. In qualche modo, riescono a starci tutti quanti.
Nagisa ad un certo punto alza la voce come preso da un'illuminazione incredibile.
-Allora ecco, non ci ho pensato! Haruka è un animagus!
Lo guardano tutti, aspettandosi una qualche reazione da Makoto, e il ragazzo fa una faccia strana, che non è spazientita ma messa a dura prova.
-Sarebbe illegale alla nostra età, non lo sai?
Momotarou rimbecca, ma viene interrotto da Rei un poco più in là.
-Ha creato un'illusione per farci credere che fosse un delfino!
-Allora come ha fatto a saltare a quel modo?
-Ha mosso l'acqua!
-L'acqua non possiede una forza di propulsione tale, Momotarou-kun.
-E tu cosa ne sai?
-Lo dice la scienza!
Parlano ancora, tra di loro, e qualcuno si aggiunge e qualcuno semplicemente ride.
Makoto non viene più interpellato per qualche minuto, lasciato da solo a concedersi un paio di sospiri di stanchezza ma nulla più.
Quegli ultimi giorni sono passati in fretta.
Tra la fine del Torneo e la cerimonia di premiazione, pare che il momento degli esami e degli addii sia giunto troppo in fretta, per tutti loro, e non lasci più spazio a qualcosa di davvero sentito.
Rin ha già pianto, quando ha accennato la cosa – non gli piace vedere piangere la gente, anche quella conosciuta da poco. E pure Nagisa, e Aiichirou, e Rei lo hanno fatto.
Ma basta un angolo dimenticato dal mondo e dal tempo per stabilire un momento felice: un ricordo prezioso che può unirli tutti per sempre.
Makoto è il primo che lo vede arrivare, dalla piccola salita di sabbia, ancora bagnato dell'acqua dell'oceano. Gli sorride come solo lui sa sorridergli, e gli occhi di Haruka brillano.
Poi Nagisa gli corre incontro, avvolgendo le sue spalle con un telo da mare pulito e asciutto.
-Haru-chan! Haru-chan!
-No.
Haruka lo scansa un poco in malo modo, non badando troppo al suo entusiasmo. L'espressione del suo viso si fa abbastanza dura, e mentre ancora l'altro piagnucola contro di lui cerca di attraversare la barriera umana che ha tra i piedi e raggiungere la propria meta.
-No cosa? Non ho ancora parlato!
-Non ti dirò cosa ho fatto.
-Haru-chan!
Nagisa si lamenta e si lagna, Haruka finalmente arriva tra le gambe di Makoto e si appoggia al suo petto, addormentandosi quasi all'istante. Quello che gli serve ora è la loro presenza, e il rumore del battito del cuore di lui.
Rin ancora tenta di richiamare la sua attenzione, ma non ci riesce minimamente e per questo si inalbera – Sousuke sghignazza e la dinamica peggiora, tanto che cominciano ad agitarsi più o meno tutti, creando un gran scompiglio.
Makoto alza la mano ai suoi capelli, per una carezza leggera.
Ode il rumore del mare: è tutto così perfetto.

 

 

   
 
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