Film > La Bella e la Bestia
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Autore: AnAngelWithBrokenWings    24/02/2016    1 recensioni
**************************[Dal testo]**************************
L’angelo sembra molto realistico, come tutti gli altri esseri alati che popolano la facciata del castello. E’ piegato verso il basso, nell’atto di avvicinare le labbra ad un uomo sofferente, per baciarlo . Ha un sorriso appena accennato nella penombra, gli occhi marmorei e sereni, senza pupille e il volto rotondo, scolpito con gran maestria, visivamente liscio e morbido, come la pelle di un neonato. I capelli corti, divisi da una lieve riga centrale, sono onde perfette che ricadono sulle guance liscie, e la tunica disegna perfettamente ogni curva dell’angelo con pieghe leggere, lasciando uno scorcio di spalla scoperto. Le ali fanno da schermo a tutta la scena, fiere e forti, composte da un mosaico di piume candide, la cui punta poggia gentilmente sul freddo piedistallo. Le braccia sinuose sorreggono l’uomo, che sembra avere non più di vent’anni. Indossa vesti molto pregiate, a giudicare dalla giacca col colletto alla coreana, chiusa da quattro bottoni di diamante e ornata di due spalline con la frangetta. Forse è un nobiluomo, un personaggio storico, un… principe.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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”Forse Dio vuole che tu conosca molte persone sbagliate prima di conoscere la persona giusta, in modo che, quando finalmente la conoscerai, tu sappia esserne grato.” [Gabriel García Márquez]

 

Non più paura


La corsa non mi ha mai attratto particolarmente. Durante l’ora di educazione fisica di solito mi rintano da qualche parte e mi immergo in un libro, oppure in Bob Dylan. Non che reputi lo sport inutile o improduttivo, ma diciamo che l’espressione “lavoro di squadra” mi sta leggermente stretta. Solitamente sono l’ultima ad essere scelta nella formazione delle fazioni, o non vengo mai coinvolta attivamente durante l’azione di gioco. Così evito di prendere parte ad attività sportive. Ecco tutto.
Ma è in momenti come questo che vorrei aver preso parte a tutte le sessioni sportive scolastiche. Incespico ogni tre passi a causa del velluto rosso, ormai insozzato a dovere da terreno e polvere, e come se non bastasse c’è un freddo pungente che mi penetra la carne e arriva alle ossa.
Ho seminato la bestia, ma la sento scalpitare e ruggire di rabbia, una rabbia cieca, incontrollata. Ad un tratto vedo una forma familiare a terra: il mio zaino. Durante la fuga dalla foresta ero così spaventata che deve essermi caduto senza che me ne rendessi conto. Lo afferro al volo e continuo a correre. Ma dove? Dove voglio andare? A casa. Solo a casa.
All’improvviso, un’idea folle quanto plausibile.
Per tutti questi attimi oscillanti tra l’angoscia, la paura e l’ignoto, non ho mai capito come potessi riuscire a tornare indietro. E invece potrebbe essere tutto così semplice se solo ci provassi…
Mi butto su un cespuglio dalle foglie rinsecchite, abbastanza grande da potermici accovacciare, e chiudo gli occhi, concentrandomi intensamente. Quindi comincio un’altra sorta di preghiera, molto simile a quella che mi ha condotta fin qui, ma sta volta le parole cambiano: supplico con voce strozzata la forza invisibile di riportarmi a casa, che questo posto è il male, che mi manca profondamente la mia famiglia e vorrei solo aver fatto un brutto sogno. Spero con tutta me stessa che abbia funzionato e riapro gli occhi.
Non ha funzionato.
Non posso più tornare indietro.
Sento di essere sulla soglia del pianto, ma la mia attenzione è catturata da un quadrupede che mi sta scrutando famelicamente, gli occhi gialli, i ringhi incessanti. Penso che sia la bestia, invece è un lupo dalla mole spaventosa, che avanza sicuro ad ogni zampata verso di me. E’ la fine, non vedo più nessuno nei paraggi che mi possa aiutare.
In un effimero istante, ripercorro la melodia ora corretta, ora sfasata, della mia vita e recito in un sussurro una mia ultima, breve, misera, improvvisata preghiera. E l’istante dopo, aspetto la falce della morte a occhi chiusi.
Ma non arriva. Passano due secondi, tre, cinque.
Riapro gli occhi di colpo e il carnivoro è ad appena due metri dalla mia destra, cerca di dimenarsi e avere la meglio in un combattimento con la… bestia. Ruggiti e ululati  rimbombano tra i rami ruvidi e in pochi minuti si raduna un gruppo di quattro canidi, ansimanti e minacciosi, probabilmente attirati dal richiamo del loro coetaneo in difficoltà. Attorniano la bestia e la ricoprono impietosi di  zannate e morsi, ma questa non demorde, e dopo attimi crucianti, per me trascorsi tra singulti e ansimi lacrimosi, per la bestia patiti tra graffi e sangue, si leva nel cielo stellato un ruggito talmente forte da farmi cadere all’indietro e inibire gli stessi predatori, i quali, adesso, indietreggiano cauti con le orecchie basse e la coda tra le gambe. E, una volta che la bestia ha ghermito quello che sembra il più stremato tra i cinque carnivori per poi scaraventarlo con ferocia contro un albero, il branco intero batte in ritirata, e sopraggiunge la calma.
Guardo con tanto d’occhi la linea spoglia del bosco, dove sono scomparsi i lupi, per poi volgermi alla bestia e al suo grande petto che si alza e abbassa rumorosamente. La luna illumina il suo pingue corpo per metà, ma sono ben visibili le sue gocce di sangue che precipitano al suolo, con dei piccoli e costanti plop.
Poi, beh, accade qualcosa che non so come spiegare.
Dovrei essere sollevata dal fatto che anche il padrone di quel castello infernale è privo di forze, sta volta potrei fuggire indisturbata. Ma non lo faccio. Ed è qui che faccio la seconda cosa che non mi aspetto: corro verso il mio soccorritore sanguinante per sorreggerlo, un momento prima che cada a terra per lo stremo. E’ più pesante di quel che immagino, ma fortunatamente non perde del tutto conoscenza e si trascina come meglio può, appoggiandosi un poco anche su di me, senza caricarmi troppo. Mano a mano chiedo se stiamo andando nella giusta direzione per il castello e ricevo in risposta un dito puntato nella via da seguire. Dal suo volto solo gemiti e smorfie di dolore. Chissà quanti sono i graffi e quanto sono profondi. Mentre avanziamo lentamente, un senso di colpa terribile mi tocca lo stomaco. E, soprattutto, non provo alcuna paura nei confronti della bestia, non so perché.
Scorte le punte delle torri più alte del castello, una nuova linfa mi rivitalizza l’animo e cammino più sicura verso quel lugubre complesso architettonico come se fosse un luogo ameno.
-Coraggio - esclamo, toccata dalla speranza –siamo arrivati ormai.
Quando facciamo in nostro ingresso poco trionfale nell’atrio principale, l’orologio a pendolo indica le undici e venti minuti.

  Angolo autrice
“Ma hai pubblicato tardi!”
“Lo so, chiedo venia, è che ho avuto impegni.”
“Seeeee tutte scuse.”
“Giuro.”
La mia costanza nel pubblicare gli episodi di questa serie è pari a quella di una testuggine che gareggia ad un corsa a ostacoli di 400m. Ad ogni modo, cercherò veramente di essere più presente per questa storia. Il motivo di questa “assenza” prolungata sta in Plauto e Catullo che mi assillano pure nei sogni in questo periodo. E poi Dante, Boccaccio e Petrarca mi hanno infuso non so quale follia per scrivere delle ff su di loro (e che, se vi fa piacere, potete leggere). Spero che questo episodio non vi abbia annoiato, non conosco molto bene il mio livello di scrittura; vi invito a prenderlo con le pinze ahahah. ;)

 
   
 
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