Quindicesimo
capitolo – Desiderio di Natale
Sabato
22 Dicembre 2001
“So thiiiiis iis Christmaaaas and happyyyy nuu yaaaaaa”
“Mia!”
“Jingle beeeel jingle beeeeelll”
“MIA! Potresti
smetterla?” Bella sbatté la cartellina che aveva in mano sul
tavolo di marmo, sospirando rumorosamente.
Erano passati quattordici giorni. Da quando Edward le aveva detto che
Tanya Denali era stata il suo primo grande amore,
durante il College. Il solito
cliché. Lei la ragazza più bella della
scuola, lui il capitano della squadra di Baseball. Le aveva detto anche
che non la vedeva e non la sentiva da anni, ormai.
Erano invece passati dodici giorni. Da quando Edward le aveva detto che
sarebbe partito per un viaggio di lavoro in Svizzera, e che forse non sarebbe
tornato nemmeno per Natale. Avevano parlato di Tanya
e basta, quella sera. Poi, Bella si era chiusa nella sua camera dopo tanto
tempo, forse troppo. Non avevano dormito insieme, e la mattina dopo aveva
trovato un bigliettino in cucina, dove lui le spiegava con pochissime parole la
sua partenza imminente per la Svizzera.
“Non fare
così, su!” Emma si avvicinò a sua sorella, mentre la
più piccola circondava con le sue piccole
braccia la vita della maggiore.
“Tia Bella mi
strilla sempre!” Disse Mia in lacrime, zuppando lentamente il maglioncino
rosso di Emma. “Non mi vuole più bene.” Singhiozzò.
Bella seguì tutta
la scena dal tavolo della cucina, sparpagliato di documenti e carte per il
lavoro.
“Che succede
qui?”
“Nonno!” Entrambe urlarono in coro,
correndo fra le braccia di Carlisle. Lui le prese
entrambe, baciandole sulla fronte.
“Bella, sono
entrato con le chiavi di scorta che ha Esme. Scusami
se non ti ho avvisato.”
“Ciao,
Carlisle. Non ti preoccupare.” Si alzò, avvicinandosi ed abbracciandolo dolcemente.
“Cosa
dicono le mie tre donne preferite?”
“Nonno!” Emma
gli diede un lieve buffetto sul viso “non dire così! Lo sai che
poi nonna Esme si arrabbia.”
“Nonna non si
arrabbia, perché io sono il suo preferito. E ama solo me.”
“Bleah. L’amore.”
Mia invece stava attraversando quella fase del ‘i maschi fanno schifo’.
“Va
tutto benissimo, Carlisle. Come mai
da queste parti?”
“Esme doveva fare delle compere nei dintorni, allora ho
pensato di venirvi a fare una visita. Sai com’è
Bella, le donne e lo shopping.”
“Hai fatto benissimo.
Metto su del caffè?”
“Certo. E se poi
non ti dispiace, quando Esme ha finito
vorremmo che le bambine venissero a cena da noi.”
“Sì!”
“SISISISI!”
Bella non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, perché quelle due avevano già deciso.
“Nessun
problema.”
Bella mise su del
caffè, mentre Carlisle fece scendere dalle
braccia le sue nipotine, che corsero al piano superiore per preparare le loro cose.
“Come vanno le
cose, tesoro?” Domandò Carlisle,
sedendosi su uno sgabello davanti al piano cottura.
“Benissimo.”
“Bella.”
“Sì?”
“Abbiamo tutti dei
momenti difficili.” Aspettò che il caffè uscisse, e poi si
voltò verso quel bellissimo uomo, che ormai considerava a tutti gli effetti un papà.
“Emma
e Mia sono fantastiche, lo sai. Ma sono pur sempre delle bambine. Mille
occhi e mille mani, sai cosa intendo.” Carlisle rise, annuendo.
“Capisco
benissimo.”
“Sai,” disse, versando il caffè in due tazze
“mi sono sempre considerata una persona abbastanza matura, seria e
responsabile.”
“L’opposto di
Alice.” Finì Carlisle per lei.
“Esatto. Non
capisco come… faceva. Alice era
il mio esatto opposto, Carlisle. Sbadata,
imprevedibile e geniale allo stesso tempo. Io pensavo che non sarebbe stato
così difficile, con loro. Ovvio, Alice era pur sempre la loro mamma, ed
io non sarò mai come lei, per le bambine. Ma…”
“Bella.” Carlisle allungò una mano sul tavolo, stringendo la
sua. “Alice era una bambina. E non è un dispregiativo. Ma Alice,
era tale e quale ad Emma e Mia. Se fosse stato solo
per Alice, loro avrebbero fatto qualsiasi cosa. Qualsiasi. E Alice l’avrebbe fatta
insieme a loro due. Tutto questo non è successo grazie a Jasper. Se
Alice aveva quel lato infantile che faceva divertire le bambine sempre, Jasper
sapeva quando era il momento di giocare e quando dovevano smettere. E’
per questo motivo, che erano una famiglia completa a tutti gli effetti, tesoro.”
“Non ci avevo mai
pensato.” Carlisle sorrise, carezzandole il palmo della mano prima di ritrarre la sua.
“E’ quello
che dovreste fare tu e Edward. Completarvi.
Eccellere quando uno di voi due manca in
qualcos’altro, e viceversa. Lì diventerà tutto più
facile, Bells.”
“Non credo che io e
Ed-”
“E’ LA
NONNA!” Bella non riuscì a terminare la frase, perché suonarono al campanello ed Emma corse giù per le
scale per andare ad aprire.
“Ciao amore!”
Esme le baciò dolcemente la fronte, posando
delle buste di plastica all’entrata.
“Ho fatto un
po’ di spesa, tesoro.” Disse a Bella, avvicinandosi per
abbracciarla.
“Non dovevi Esme.”
“Oh, non ti
preoccupare. Non mi è costato nulla.”
“Certo. Se continui a ritagliare tutti quei
coupon.” Esme
schioccò un’occhiataccia a Carlisle,
pizzicandogli un fianco.
“Non sei
simpatico.” Suo marito sorrise, e Bella in quel sorriso rivide quello di
Edward.
Dio, quando mi manca.
“Eccole
qui! Pronte?” Emma con un sorrisino sdentato annuì,
portandosi per mano la sua sorellina che ultimamente la seguiva dappertutto.
“Zia Bella?”
“Sì,
tesoro?”
“Possiamo restare a
dormire dai nonni?” Domandò Emma, sbattendo gli occhi
ripetutamente.
Questo l’ha imparato da Alice.
“Se per i nonni non
è un problema.” Sia Esme che Carlisle dissero che no, non
c’era nessun tipo di problema .
“Allora te le
riportiamo domattina, Bella.”
“Le passo a
prendere io, non vi preoccupate.” Posò un bacio sulla testa di
entrambe, salutandole mentre si allontanavo nel porticato insieme ad Esme.
“Bella?”
“Sì?”
“Fra
pochi giorni è Natale. Scrivi la tua lettera a Babbo Natale, esprimi un desiderio.
Non è mai troppo tardi.” Carlisle la
lasciò così sullo stipite della porta, raggiungendo sorridente sua moglie e le sue nipotine.
Una volta rientrata, si
sedette sul divano appoggiando i gomiti sulle ginocchia, e affondando la faccia
tra le mani.
L’unico problema
era che il suo Desiderio di Natale era lontano migliaia di chilometri da lei.
24 Dicembre 2001
“Oh. Come sei
bella, zia.”
“Grazie
amore.” Era la vigilia di Natale, e sarebbero andate a cena a casa di Carlisle ed Esme. Bella per
quella sera aveva indossato delle calze nere coprenti, ed
un vestito rosso aderente che le arrivava al ginocchio.
Sarebbe stata una serata
tranquilla, una cena senza troppe pretese. Leah, Jake, James e Laurent sarebbero
andati a pranzo il giorno dopo. Quella sera, i signori Cullen
aspettavano soltanto Bella e le loro nipotine.
“Siamo
pronte?”
“Mi metti questo?”
Mia le allungò un fiocco per i capelli rosso, che non riusciva a legare.
“Certo.”
Bella si abbassò, incastrando per bene la mollettina
fra i suoi capelli. “Ecco fatto. Ora, sei
perfetta.” Le diede un lieve buffetto, e lei corse dalla sorella per farsi
mettere le scarpine nere. Una volta pronte, si coprirono per bene tutte e tre ed uscirono nel freddo invernale di New York.
“E’ proprio
bella questa macchina.” Disse Emma, sprofondando nei sedili profumati.
Bella aveva deciso di prendere una macchina che costasse poco, per spostarsi
meglio con le bambine. Jake l’aveva aiutata
nell’impresa, ed ora guidava una piccola Fiat
cinquecento bianca.
“Ti piace?”
“Sì. E’ come la macchina delle
bambole.” E non aveva tutti i torti. La macchina di Barbie era proprio
identica a quella. Soltanto rosa.
Il viaggio verso casa Cullen non durò molto, fra una canzone Disney e
l’altra, tanto che quando Bella parcheggiò nemmeno
fece caso all’auto parcheggiata accanto alla sua.
“Nonno! Nonna!” Mia urlò da
vialetto, ed iniziò a bussare ininterrottamente
alla porta di casa, finché qualcuno non andasse ad aprirle.
“BUH!”
“AAH” Le
bambine sobbalzarono quando la porta si aprì, che nemmeno ebbero il
tempo di realizzare di chi fosse quella voce, finché non misero a fuoco
sotto la luce arancione del salone.
“Zio Edward!”
“Tei Tornato!” Entrambe gli si
aggrapparono addosso, circondandogli il collo con foga.
“Hey, hey. Mi siete mancate anche voi.” Disse Edward,
strapazzandole di baci. “Ora perché non correte dai nonni?”
Non se lo fecero ripetere due volte, e scapparono via togliendosi i cappottini
e buttandoli a terra.
Sia Bella che Edward si abbassarono per raccoglierli, trovandosi alla
stessa altezza.
“Ciao.”
Il suo profumo.
I suoi occhi verdi.
Quelle fossette che uscivano fuori soltanto quando sorrideva.
“Ciao.” Bella
si schiarì la voce.
Posarono tutte e due le
giacche sull’appendiabiti, poi Edward aiutò Bella a togliersi la
sua. Si stirò il vestito con le mani, ed si
avviò verso la cucina.
“Dove vai?”
“A vedere se Esme e Carlisle hanno bisogno di
aiuto in cucina.” Edward sorrise.
“Lo sai che
è tutto pronto da stamattina. Vieni con me.”
“Dove?”
“A fare due
passi.”
“Edward, nevica.”
“Non posso cenare...” Prese fiato, e si passò una mano tra i
capelli. “Non possiamo sedere nello stesso tavolo… così. Dobbiamo
parlare, prima.”
“Di cosa?”
Bella si voltò, avvicinandosi verso di lui per fronteggiarlo. Anche se
indossava i tacchi, non arrivava nemmeno alla sua fronte.
“Vieni con me.” Fu appena un
sussurro, e Bella non rifiutò.
Salirono le scale per
andare al piano superiore, e Edward la precedette aprendo una delle tante porte
di sopra. Fece entrare prima Bella, che si guardò intorno spaesata.
“E’ la tua
camera?”
“Lo
è stata fino al College. Esme e Carlisle
l’hanno lasciata come allora.” Non era
grandissima, ma rispecchiava in tutto e per tutto Edward. Le foto della sua
prima Comunione, dei suoi compleanni, del liceo e del College erano
incorniciate sopra un mobile bianco. Al centro c’era un grande letto
matrimoniale, e su delle mensole erano apposti i suoi trofei di baseball, il
cappello della laurea e uno stereo. Bella si avvicinò, premendo play.
“Non credo ci sia
qualcosa den-” Ma si zittì, quando la
musica partì.
“Debussy?” Bella sorrise, raggiungendo Edward che si
era seduto sul bordo del letto.
“Mia madre. Sai, la
usa per rilassarsi.”
“Sì, come
no.”
“Giuro!”
“Edward.” Lui
si zittì. “Debussy è forte.
Claire de Lune è una delle mie preferite.”
“Va bene. Mi
aiutava con la concentrazione. Sai, gli esami di fine
anno.”
“Certo.” Bella
sorrise, dandogli una lieve pacca sulla spalla.
Rimasero per qualche
minuto in silenzio. Un silenzio che pesò su entrambi.
“Sei stato via
tanto.” Lo ruppe Bella, mentre si tormentava le
mani.
“Scusami. Io e James abbiamo dovuto chiudere la società in
Svizzera.”
“Cosa? No!”
“Già. Per ora, sei l’unica a
saperlo. Dopo… dopo quello che
è successo l’11 Settembre, i tagli sono stati radicali e drastici.” La sua voce si abbassò di qualche
nota.
“Oh, Edward. Mi
dispiace tantissimo.”
“Lo so.” Lui
le rivolse un sorriso sincero. “Ma non è
di questo che voglio parlare.” Bella sapeva benissimo a cosa si
riferisse.
“Già.”
“Che
succede?”
“Io…”
Non sapeva come
dirglielo.
“Mh?”
“Non mi piacevi,
Edward.”
“Scusa, che sig-”
“Shh. Ascoltami.”
Continuò a tormentarsi le mani, cercando dentro se stessa le parole
adatte. “Non mi piacevi, Edward.” Riprese, questa volta con
più convinzione. “Per niente. Alice
era entrata nella mia vita velocemente, e non si è mai mossa da
lì. Ma tu… proprio non mi piacevi. Non
mi salutavi mai, quando ero a casa con Alice. Entravi con i tuoi amici, e non
mi degnavi di uno sguardo. Ad un certo punto, hai
anche iniziato a farmi dei dispetti.” Bella rise, ripensando a quando
Edward non le lasciava nemmeno un secondo per respirare in pace. “Mi guardavi dalla testa ai piedi con aria stizzita.
Alzavi gli occhi al cielo quando portavo a casa un bel voto, che magari era
più alto del tuo. Quando i tuoi genitori si complimentavano con me,
avevi sempre qualcosa da ribattere. Sempre.”
Deglutì, riprendendo il discorso. “Eppure, Alice
non faceva altro che dirmi che ci vedeva benissimo, insieme. E i tuoi
genitori le davano man forte. Quando me ne sono andata per frequentare il
College e sono tornata, con te è stato sempre peggio.
Per non parlare di quando ho saputo che avremmo lavorato nello stesso edificio.
Me ne inventavo di tutti i colori per mancare alle cene che organizzavano
Jasper e Alice, perché sapevo che c’eri anche tu. Credo di essermi
iniziata a sforzare una volta che sono nate le bambine, sennò non sarei mai venuta. Ma credo…
credo che dietro a tutto questo ci siano tante cose, Edward. Mi sono sempre
chiesta perché Alice avesse lasciato le bambine a noi due. Nemici da una vita. C’erano Esme e Carlisle, sono giovani e
sarebbero riusciti benissimo a crescere Emma e Mia. Non è facile stare
dietro a quelle due pesti, Edward. Ma farlo con te, è diverso. Sono cambiate tante cose,
da quando ci sei tu. Credo di essermi
innamorata di te.” Lo disse tutto d’un
fiato, guardando fissa davanti a sé. Aleggiò il silenzio per
pochi secondi, finché Edward non allungò la mano verso il mento
di Bella, per voltarle il viso.
Ora, erano faccia a faccia.
“Guardami.”
Lei alzò quegli occhi marroni, e li
fissò in quegli occhi verdi.
“Se tu non prov-”
“Shh.” Questa volta fu Edward a zittirla,
avvicinandosi lentamente verso di lei.
Non era come le altre volte.
La prima volta, si erano
baciati con foga nella sala della loro casa, per poi finire a letto. In quel letto
ci erano finiti tante altre volte. Ma non era così.
L’attesa la stava logorando.
“Edward,
baciami.”
“Shh.” La zittì di nuovo,
posando lentamente le labbra su le sue, e allontanandosi poco dopo. Continuava
a sentire il respiro di Edward che si mischiava con il suo. Si avvicinò
di nuovo, e questa volta la baciò davvero. Le loro lingue si incontrarono subito, le mani di Bella finirono subito in
mezzo ai capelli di Edward, e lui le arpionò un fianco, ma quello ormai
era familiare per entrambi. Non era la prima volta, e allora Bella non
riuscì a spiegarsi perché fosse così nuovo.
“Hey.” Sussurrò Edward, lasciando le mani
vagare sul suo viso. “Tu sei il mio Desiderio di Natale, Isabella.”