Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: shana8998    26/02/2016    2 recensioni
E se un giorno qualsiasi di una vita qualsiasi, tutto cambiasse?
Se da un momento all'altro ,ogni sorta di regola , patto d'onore , sfumatura di dignità ,venisse infranta e ti ritrovassi nelle mani di un danno tanto grosso quanto stupendo?
Se quel danno così negativo potesse renderti tutta la felicità persa con il tempo?
Se quel danno fosse un uomo persino molto più grande di te?
Tu....Come reagiresti?
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La mattina seguente qualcuno bussò alla mia porta.
Erano appena le 9 e sin da subito mi chiesi chi fosse, perchè Gregory non si era mai presentato prima delle 10.
Mi sollevai svogliata dal materasso trascinandomi alla porta cullata dal solito sconforto che ormai da giorni si era impossessato di me.
L'aprii. Non c'era nessuno?
Mi sporsi scrutando ogni angolo del corridoio. Deserto. Forse anche la mente se ne stava andando per i "fatti suoi".
Sconsolata feci per chiuderla quando lo sguardo piombò su qualcosa che giaceva a terra.
Un mazzo di rose?
Lo raccolsi incredula. Lo girai a pugno chiuso , finchè all'interno non mi accorsi della presenza di un bigliettino:
"Anastasia. 
Spero che quel piccolo regalo sia stato di tuo gradimento.
Ti aspetto al piano di sotto , nel salone."

Un sorriso colmo di gioia disegnò le mie labbra senza che lo volessi.
In un attimo, inconsciamente , tutto dentro me era svanito.
Tristezza, delusione, sconforto, solitudine.
Non provavo più nulla. Come se tutti i brutti pensieri e lo stato d'animo a pezzi, di sere prima fosse un ricordo lontanissimo.
 Non mi feci attendere. Volai lungo il corridoio e poi ancora sulle scale, saltandole due a due.
In un attimo raggiunsi il soppalco.
Mi sporsi.
Sui divani non c'era. Accanto alla vetrata nemmeno.
Guardai alla mia destra, infondo alla stanza esattamente dove sapevo esserci il piano cottura , l'isoletta con la moltitudine di strumenti da cucina e poco distate, il lungo tavolo da pranzo.
Finalmente i miei occhi lo raggiunsero. Seduto a capo tavola , con il giornale stretto fra le mani.
Scesi anche l'ultima rampa di scale , questa volta in legno chiaro.
Quando i miei piedi silenziosi, toccarono terra, abbassò ciò che stringeva fra le dita fissandomi.
-Buongiorno Anastasia.-. Il suo tono era profondo, severo, ma stavolta non mi mise paura.
Riconoscevo la sua voce. Ne avevo appreso tutte le sfumature.
Il suo timbro era praticamente lo stesso , sempre. Ma io in ogni frase , in ogni occasione , lo sapevo distinguere in almeno una ventina di modi diversi.
Avevo imparato ad avere paura quando lo sentivo incupirsi di colpo , ed ad essere felice quando lo sentivo leggero esattamente come quella mattina.
-Buongiorno..-. Raggiunsi esitante il tavolo scostando la sedia.
Non lo fissai nelle iridi.
Non scrutai il suo volto. Attesi.
Volevo che mi parlasse di quelle rose , che mi spiegasse il significato e magari che poi, riuscisse a farmi razionalizzare il motivo per cui , invece di vedere quel "regalo" come la dimostrazione palese di chi ti si vuole "ricomprare", avevo sorriso come una beota ed ero corsa da lui.
Volevo che mi spiegasse perchè riusciva a farmi quello stra-maledetto effetto.
Perchè io , che da sempre ero stata fredda e razionale, ero magicamente diventata una povera illusa che vive di speranze vane e sogni inutili.
Inutili si, perchè sapevo infondo che da lui non mi sarei mai potuta aspettare null'altro che quello che già a fatica, mi dava.
Alexander era così. Nulla in più di quello che vedevo , che vivevo.
Un uomo distaccato e freddo che fatica anche a darti una carezza.
Lo stesso uomo che mai avrei voluto incontrare nella mia vita. Un pericolo da cui sarei dovuta fuggire a gambe levate.
-Hai passato bene la notte?-. Portò la tazzina da caffè alle sue labbra, mantenendo lo sguardo su di me , analizzando ogni mio movimento persino quello più piccolo ed irrilevante.
Poi lui era anche così. Era un osservatore arguto. Non sfuggiva niente a quell'uomo.
Sapeva distinguere ogni mia sensazione ogni mio pensiero già solo osservando il viso, le gambe o le mani.
In un certo senso mi rassicurava quel suo lato. Non mi sentivo sola, sotto quel punto di vista. Mi sentivo capita affondo , anche quando sembrava che a lui, di me, non interessasse un bel niente.
In cuor mio sapevo che si accorgeva di come stavo male e se non faceva niente era solo perchè non ne era in grado.
O almeno questa era la spiegazione che mi ero data..
-Non bene...Infondo stando sempre sola come ti aspetti che possa aver dormito bene...-.
Marcai acidamente quel dettaglio.
Accennò un sorriso sospirato, scontato.
Terminò il suo caffè prima di rispondere. Sapevo che stava temporeggiando.
-So che il gesto di portarti dei fiori e di passare la colazione con me , ti è sembrato lo stesso gesto di un uomo stupido che vuole chiederti perdono...-. Osservò il mio viso prima di continuare.
-Ed in realtà mi duole ammetterlo , ma è esattamente lo stesso modo in cui l'ho visto io...-. Si passò una mano fra i capelli socchiudendo appena gli occhi.
-Ma anche se non è stata un'idea eccellente è pur sempre un modo per farti capire che nonostante la mia moltitudine d'impegni, tu nella mia testa ci sei costantemente...-.
-L'ho gradito.-. Lo freddai.
-E' stato il primo gesto dopo mesi, che forse ho gradito sinceramente..-. Aggiunsi con un flebile sorriso a colorirmi le labbra sottili.
-E' solo...Che mi manca la tua presenza. Capisco che hai impegni inderogabili e problemi che io nemmeno immagino..Come la tua malattia. Ma non significa che devi privarmi della possibilità di starti vicino, ne tanto meno di quella di essere al corrente della tua malattia...-.
Parlai con la massima schiettezza seppur le parole dalla mia bocca fuggissero stentate , tremolanti.
-Se potessi parlartene, se non avessi tutti questi problemi, passerei tutta la mia vita con te...-.
Non sapevo se quella frase detta con tanta facilità fosse realmente ciò che pensava.
Mi rendeva estremamente felice, come negarlo. Ma li, nel più profondo dei posticini nella mia testa, risultavano frasette dei baci di cioccolata che si vendono al supermercato. Frasi fatte , scontate, giusto per regalarmi il contentino.
Mi snervavano, lui mi snervava.
-Come pensi di provvedere?Hai intensione di incominciare ad aprirti con me o dobbiamo per forza continuare così?...Perchè io , sinceramente, inizio a stufarmi..-. Fui tagliente e per la prima volta il mio sguardo si accordò perfettamente al modo in cui avevo parlato.
Mi fissò rigido.
-Non ho alcuna intensione di parlarti di nulla..-.
Tutto crollò sulle mie spalle.
Ci avevo così sperato , così tanto creduto che alla fine , per una volta ,ascoltasse quelle che ormai erano diventate suppliche in ginocchio. Ed invece no. Mi aveva ignorata ancora.
Poggiai violentemente entrambe le mani sulla lastra di legno del tavolo alzandomi di scatto.
-Bene. Se è così, posso anche andarmene in camera. Rifare le mie valigie e dirti addio..-. Avevo gli occhi in fiamme e la testa bassa di chi ammette ma smentisce allo stesso tempo.
Dovevo andarmene, sapevo che era la cosa giusta. Sapevo che era solo ciò che avrei dovuto fare da tempo.
Ma volevo veramente? Il mio cuore continuava ad impedirmi di compiere quell'azione così giusta per me.
Abbandonai immediatamente la sala. Avevo la certezza che lui non mi avrebbe fermata nemmeno questa volta, così non attesi nemmeno di sentirlo alzarsi dalla sedia, ne avevo sperato che le mie orecchie si imbattessero nella sua voce che pronunciava severa il mio nome.
Non lo avevo aspettato. Non avevo aspettato nulla...Perchè infondo non c'era nulla da aspettarsi da un uomo come lui.
Raggiunsi tutto d'un fiato, quella stanza che da tempo ormai era l'unica cosa che riuscivo a sentire mia e mi sentii quasi soffocare per quanto avevo corso, per le lacrime, per quel pianto sordo che mi asfissiava la gola..
"No. Non ne vale la pena di soffrire in questo modo..".
Mi portai entrambe le mani sul viso.
Non lo volevo più vedere graffiato da quelle maledette gocce. Non volevo più vedermi distrutta.
Volevo vivere una storia d'amore normale. Volevo tornare alla mia vecchia vita.
Mi mancava addirittura la mia famiglia adottiva.
Ma poi riflettendoci meglio , come ne sarei uscita da qui? Dopo aver vissuto tutte quelle esperienze al limite sotto ogni punto di vista, quale sarebbe stata la nuova Anastasia?
-Maledizione!-. Gridai singhiozzando e le mie gambe si piegarono sempre più verso terra.
Era così doloroso. Nemmeno sapevo si potesse provare dolore fisico per certe situazioni.
Non riuscivo a frenarmi a placare quella cavalcata di lacrime che non la smettevano di arroventarmi le guance.
Mi facevo pena se non schifo.
"Come mi sono potuta far ridurre così?".
Tirai su con il naso un'ultima volta mentre con la mano cercavo di cancellare quel disastro di lacrime che avevo sul viso, quando mi accorsi di una presenza alle mie spalle.
Quando realizzai che fosse Alexander, mi alzai immediatamente. Lui era l'ultimo che doveva vedermi così.
L'ultima persona che avrebbe dovuto conoscere la mia vera fragilità rispetto al nuovo, allo sconosciuto delle sensazioni e delle emozioni.
Distolsi lo sguardo senza dir nulla...Infondo che avrei dovuto dirgli? La scenetta pietosa parlava già da sola.
"Mi fai del male. T
e ne rendi conto?!" Ma lui se ne rendeva conto veramente?
La sua espressione, per quella frazione di attimo che lasciai ai miei occhi per osservarla, mi sembrava così sconsolata , quasi carica di dolore. Ma chi mi confermava che quella non era solo una maschera?
Mosse un passo e più veloce ,altri, correndo letteralmente ad abbracciarmi.
Mi lasciò senza fiato del tutto disarmata , quel gesto.
Mi stringeva a se , forte, come se mai si fosse voluto separare.
"Perchè?Perchè continui?!".
Non ricambiai il gesto. Le mie mani non toccarono la sua vita. Le mie braccia non circondarono il suo costato.
Niente in me si mosse , all'infuori del cuore che mi era salito in gola.
Restai fredda , legata a quell'ultimo pezzetto di testardagine, di decenza.
Mi aveva fatto soffrire non meritava.
-Perdonami...Perdonami per il male che ti ho fatto...-. Riprese leggermente fiato ,accarezzandomi i capelli.
-Sei libera di andartene, se vuoi...-. Qualcosa in quell'istante, si infranse nel mio petto.
Persi un battito per poi , recuperarne molti di più. Accelerati, dolorosi.
"Andarmene...".
Ora ero libera. Finalmente le catene che mi tenevano segregata in quella prigione delle favole, si erano sciolte. Potevo scordarmi di tutto quel dolore , di lui.
Ma allora perchè gli unici pensieri che mi oscillavano nella mente erano , "Non mi ha mai voluta" e "Non posso andar via.."?
Perchè avevo paura ad abbandonarlo?
Perchè avevo paura di poter star male senza lui , quando già, lui per me non c'era e male già ci stavo?
Forse un "Basta" conclusivo faceva molto più male di un "Quando ho tempo", "Qualche volta"...
Lo allontanai da me piano fissandolo del tutto incredula.
Era vero , le mie orecchie non credevano a ciò che avevo sentito.
Lui ricambiò il mio sguardo allo stesso modo. Forse non si era reso nemmeno conto di quello che mi aveva detto.
O forse, molto più semplicemente i mie sbalzi di umore , le mie prese di posizione ed i miei passi indietro , lo avevano spiazzato del tutto.
Ero io quella che non gli ci stava facendo capire più niente.
Forse l'errore era mio..
-E' veramente quello che vuoi?..-. Lo fissai severa. Dovevo battermi con la realtà dei fatti. Era giunta l'ora.
-Se non posso renderti felice in alcun modo, se devi stare male con me perchè io sono così...Bhe allora si. Voglio che te ne vai...-. Abbassò lo sguardo e le sue mani scivolarono via da me.
Mi sentivo morire.
Stavo cedendo. Lo sentivo. Sentivo che dovevo piangere e che , maledizione, volevo restare con lui .Era il sentimento più forte che potessi provare..
Serrai le palpebre cercando in tutti i modi di mettere in ordine quella moltitudine infernale di pensieri che non la smettevano di accavallarsi nella mia testa inciampandovi.
-Volevo veramente restare al tuo fianco. Pensavo di potercela fare. Pensavo di poter sopportare...-. Tornai a guardarlo negli occhi.
La voce ridotta ad un filo rotto dalle lacrime.
-Ma io non sono forte Alexander. Non lo sono affatto. Pensavo di esserlo, di essere in grado di superare anche questo..Ma tu mi hai "provata" questa situazione l'ha fatto...Se solo potesse cambiare. Se il corso degli eventi avesse potuto svolgersi in altro modo...-. Le ultime parole furono del tutto sibilate, strozzate.
Perchè di punto in bianco mi sentii sola in quel vortice di dolore?
Un attimo prima era l'unico che mi poteva capire..
 Si avvicinò nuovamente alzandomi il mento con due dita.
-Io ti amo Anastasia...-. Stavo per "infartare".
-Non ho mai portato qualcuno qui. Tu lo sai. Non ho mai fatto avvicinare una donna alla mia sfera privata , come ho fatto con te...E perdonami se ancora non ci riesco del tutto..Ma concedimi la possibilità di provarci. Credimi sto male io , quanto stai male tu..-.
Io credevo a quelle parole. Ci credevo fermamente.
-Mi...Mi...Dispiace per come ti ho trattato...-. Mi gettai fra le sua braccia.
Avevo ceduto per l'ennesima volta. 
Sospirò una breve risata passando una mano fra le ciocche scure dei miei capelli.
-Sei una ragazza forte , altre sarebbero già andate via...-.
-Io..Non posso. Ti ho promesso di restare al tuo fianco. Devo permetterti di provare ad essere umanamente , un uomo.-.
Mi strinse maggiormente.
Ora non piangevo più. Mi ero calmata. Mi aveva calmata.
  -Devi già andare a lavoro?-. Lo avevo visto , spiare il suo orologio da polso.
Mi scrutò con l'espressione afflitta.
Poi scosse la testa come se avesse appena cancellato un pensiero scomodo.
-No. Questa mattina no..-. Proferì poi , con un sorriso caldo.
I miei occhi si tinsero di speranza. Forse sarei potuta stare con lui quella mattina.
-E..Hai qualche impegno fuori?...-. Stentai a chiedere.
Sorrise di nuovo.
-Si. In realtà ho un impegno...-.
E quando lentamente stavo per ripiombare nella viscerale tristezza, mi poggiò le mani esattamente sul costato portandomi ad indietreggiare, oscillando leggermente come se stesse giocando.
-Con te...-.
Ingoiai lacrime diverse, di gioia, che mi rifiutai di far uscire, perchè tanto ella era già marcata da uno stupido sorriso che mi aveva curvato le labbra improvvisamente.
Aprì la porta alle mie spalle e ci ritrovammo in quella che era camera mia.
La richiuse lentamente ed io non mi allontanai di un millimetro da lui.
Appena fummo fra quelle quattro mura, soli , in silenzio , lo sentii del tutto mio.
Fu la sensazione più pura e bella che avessi mai provato.
Mi baciò.
Dolcemente, senza alcuna fretta, portandomi dietro le orecchie , quei capelli sin troppo lunghi e ribelli mentre mi conduceva verso il letto. Mentre non la smetteva di rubare pezzi di me , con gli occhi..
Poi mi fece sdraiare mentre le sue labbra non avevano lasciato per un secondo le mie.
Avrei voluto che il tempo si fermasse e che quell'attimo , per noi , fosse durato l'eternità.
Mi era mancato sin al punto di impazzire, Alexander.
Lui era una droga che,come è risaputo, una volta che la si utilizza, non se ne può fare a meno.
Vedevo così quell'uomo.
Vedevo così i suoi baci..
 Mi spogliò dal maglioncino, lasciandomi addosso solo la gonna.
Mi diede da pensare, perchè ultimamente, per quanto di quegli attimi non ne avevamo mai goduto più di tanto, lui non mi toglieva null'altro all'infuori di ciò che mi copriva il busto.
Sembrava quasi si fosse messo delle regole sue personali.
Come se si vietasse qualcosa.
Allora pensai di azzardare io, una mossa portando giù la zip della gonna.
Volevo testare le sue reazioni, volevo che non si fermasse. 
Ma forse mi spinsi a tanto solo perchè sapevo, avevo la certezza che non si sarebbe mai spinto oltre.
Prese vigorosamente la stessa mano furba che aveva semi-liberato il mio inguine da quella gabbia di stoffa , portandomela sulla testa, mentre la sua lingua solcava quel punto "Border-line" che separava la mia intimità dal resto del corpo. Esattamente sotto l'ombelico , esattamente prima di farmi perdere la capacità mentale di pensare.
Era una tortura si, ma meravigliosa.
Inarcai involontariamente la schiena e per la prima volta mi sentii libera e disinibita.
Avrei dato tutta me stessa a lui.
Ma proprio quando le cose stavano prendendo la piega naturale che avrebbero dovuto prendere e le sue mani avevano incominciato a scoprire punto per punto , ogni parte sensibile di me , qualcosa lo fermò.
-Tu sai che non posso fare ciò che vuoi...vero?.-. Mi gelò il sangue.
-So che non lo fai. Ma non ho idea del motivo...-.
-Mi sentirei un essere ripugnante ad usarti per quello scopo...-.
-E a torturarmi? Comi ti senti?..-. Ribattei quasi innervosita, placandomi appena riuscii a rendermene conto.
-Scusa..-. Proferii appena subito dopo.
Sorrise.
-E' una reazione normale la tua. E' un bisogno fisico , naturale, che io stento a farti provare per ovvi motivi..-.
-E' per questo che ogni volta ti fermi?...-.
-Diciamo di si..-.
-Pensi che venire a letto con me , mi faccia stare male?..-.
-Si..-. Distolse lo sguardo. Intuii che non era quella la risposta corretta. Che mi stava nascondendo altro.
Mi indispettii.
Ruotai su me stessa ribaltando la situazione, ritrovandomi ora io , a comandare. Ero su di lui. Dall'alto la prospettiva era del tutto diversa.
Trovai impressionante come una sciocchezza tale qual'era quella delle "posizioni", potesse cambiare letteralmente il modo di vedere la situazione.
La paura , il timore , si cancellano quando sei tu a governare gli eventi.
-Facciamo che per una volta ti rilassi e smetti di fare il "capo"-. Sussurrai, sfiorando il lobo del suo orecchio.
-Stai per commettere un errore lo sai?..-. Voleva tornare sui suoi passi , lo si vedeva. Ma con me non funzionava così.
Posai l'indice sulle sue labbra incollando i miei occhi nei suoi.
-Sono responsabile di qualsivoglia conseguenza.-.
Lo vidi terribilmente smarrito. Mi piacque da morire.
Avere il controllo su di lui era la scarica di adrenalina, più forte che avessi mai conosciuto.
 Portai le mie labbra a varcare la curva fra la sua scapola ed il collo. 
Lo rilassai , passandovi quasi impercettibilmente la lingua esattamente come lui aveva fatto a me, per poi morderlo. Vigorosamente, con l'avidità di una belva feroce.
Vederlo godere sotto di me , era totalmente diverso dal vederlo impossessarsi della mia lucidità.
Idee perverse nacquero nella mia mente.
Volevo fargli male, graffiarlo, morderlo al punto di non fargli capire più nulla.
Gli sbottonai lentamente la camicia. Volevo che lui mi guardasse eretta sul suo stesso corpo, padrona di sottometterlo e volevo, che ne fosse terribilmente smarrito.
Ogni tanto le mie iridi rimbalzavano sul suo viso. "Sconvolto" era anche più attraente.
Basta capelli perfetti, abiti intonsi. Io lo volevo vedere distrutto, vivo.
Liberai i suoi addominali dal tessuto bianco.
Era il corpo più bello che io avessi mai visto.
La sua pelle era olivastra ma non scura. Era la tipica pelle del meridione, quella perfetta ed il suo corpo lo era in ogni punto.
I suoi muscoli erano marmorei persino quando era sdraiato, ogni piccolo movimento li risaltava in tutta la loro tenacia.
L'impulso di mordere quei maledetti addominali mi salì fino alla gola.
Lo feci. Una volta , due volte per poi risalire al suo collo, mentre i palmi delle mie mani attorniavano in pieno la sua carne e correvano verso quella V tanto perfetta da farmi sudare.
-Io..Lo voglio...-. Affermai severa.
-Voglio andare a letto con te...E lo voglio adesso...-. Ribattei.
Mi guardò. Era preoccupato, qualcosa lo affliggeva, ma non disse nulla.
Lasciò che gli sbottonassi la chiusura del pantalone dal tessuto scuro, che teso per la posizione , gli evidenziava maggiormente i muscoli delle gambe ben tornite.
 In seguito mi liberai anche io della gonna, trovandola sin troppo opprimente in quella situazione, nonostante mi cadesse a pennello.
Deposi le armi, lasciando a lui l'onere di "salire al trono".
Così la situazione mutò ancora e sentii nuovamente il suo corpo su di me.
Il contatto fra pelle e pelle accrebbe la voglia che già sbracciava nel mio inguine.
Era calda. La sua pelle era a dir poco bollente.
E liscia, estremamente liscia.
Era imponente la sua figura nella mia testa.
Non avevo mai constatato quanto mi rendesse sicura la sua forma fisica.
E' uno stato mentale incontrollabile, sentirsi protetta , desiderata, posseduta dalla sola immagine di un corpo spoglio.
Mi allargò di violenza le cosce senza farmi male, insediandosi fra esse, scendendo di nuovo verso me, ponendosi nuovamente al mio stesso livello.
Mi catturò le labbra mordendole quasi a volerle strappare.
Gli occhi negli occhi e gli sguardi che si uniscono nel più profano dei modi.
Portò sulla sua vita prima una mia gamba poi l'altra.
-Ne sei sicura?...-. Sussurrò con quella voce tremendamente profonda.
-Si...-. 
Un dolore sordo, ovattato mi pervase da sotto l'ombelico fino allo stomaco.
Non avevo mai provato quella sensazione. Non avevo mai pensato che facesse così male.
I piccolissimi gemiti rotti ,cancellati poi, lo fecero fermare.
-Continua..-. Doveva capire che io non avevo paura. Che nemmeno quel dolore mi spaventava.
Continuò, incattivendosi. Era più avido, più violento.
I colpi che sentivo ripetersi dentro al mio corpo erano sempre più forti , tanto da togliermi ripetutamente il fiato.
Ammetto , gli occhi si inumidirono e non tratteni due lacrime, che lui vide, ma che forse disprezzò talmente tanto da ignorarle.
Voleva punirmi. Punirmi perchè gli avevo chiesto troppo. Perchè non dovevo costringerlo.
Punirmi perchè lui aveva represso in ogni modo quella malsana voglia di avere una ragazzina_comparandomi con la sua età_ed io , gli avevo imposto di costringersi al contrario.
Quando penso, stesse per raggiungere l'apice però, fece qualcosa di strano, di estremamente perverso e crudele ai mie occhi.
Sferrò un morso molto più forte degli altri al mio collo.
Fece un male atroce. Talmente tanto male , che mi provocò brividi freddi. Gridai appena.
Si placò, subito dopo.
Ripresi fiato.
-Adesso capisci perchè non volevo?..-. 
-Perchè ami fare male..-. Cercai di controllare il respiro affaticato.
-E non volevo farne a te...Volevo che la tua prima volta , almeno quella, fosse stata come la meritavi..-.
-Va bene così. Te l'ho chiesto io.-. Conclusi con un filo di voce.
Tremavo. Avevo paura. Mi aveva letteralmente sconvolta.
Si alzò dal letto rivestendosi velocemente come se stesse scappando.
Uscii dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Restai sola.
Strinsi le ginocchia fra le braccia restando immobile per attimi infiniti.
Non piansi. Forse avrei voluto, ma infondo ero stata io la stessa causa del mio male.
Lui era così. Era dominatore anche sotto quell'aspetto.
Mi aveva annientata anche allora. Anche , per una cosa così importante.
Mi maledissi mentalmente realizzando che qualsiasi cosa avessi voluto fare, non sarei stata in grado di farla.
"O resti o te ne vai". Ero rimasta e dovevo accettarne le conseguenze..
 
Abbandonai il letto, decisa ad accettare quanto accaduto, eliminando , almeno momentaneamente, quelle immagini dalla mia testa.
Decisi di andare a farmi una doccia nel piccolo bagnetto della mia stanza chiuso dietro un pezzo di muro che avevo scoperto solo tempo dopo, quando, passando accanto al comò, qualcosa sulla mia immagine riflessa nello specchio mi fece trasalire.
Due fori. Esattamente sul punto dove attimi prima mi aveva morsa.
Sicuramente due canini , ma non ricordavo li avesse aguzzi sino al punto da riuscire a bucare la carne.
Un rigoletto di sangue ormai secco , uscito da entrambi.
Non sembravano essere profondi, ne tanto meno mi facevano male.
Vi passai il palmo della mano sopra..
"Chi...Sei...?"
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: shana8998