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Autore: Son of Jericho    28/02/2016    3 recensioni
"You don't know me".
Hai ragione, non ti conosco. Ma come potrei, se non conosco nemmeno me stesso?

Un presente che appare insostenibile, un futuro che rischia di diventare ogni giorno più difficile, e la paura di non farcela, porteranno Beck lontano da tutto ciò che credeva di amare.
Tempo e distanza, per sperare che le cose tra loro si sistemino.
Nuovi amici lo accompagneranno nella sua nuova strada, fino a quando arriverà il momento di chiedersi se davvero vale la pena tornare indietro e lottare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beck Oliver, Jade West, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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XIV - Second thoughts
 
 
 
Freddie era contento che finalmente Beck si fosse confidato con lui.
Era da quando lo aveva incontrato la prima volta, in quella tavola calda, che aveva percepito una sorta di strano alone di mistero.
Col tempo poi, conoscendolo meglio, era cresciuta l’impressione che ci fossero diversi argomenti che preferiva evitare, discorsi lasciati a metà, e racconti sul suo passato che rimanevano fin troppo vaghi.
Come se ci fosse qualcosa da cui il ragazzo canadese stava scappando, ma che intendeva comunque continuare a tenere nascosto.
Beck non aveva mai accennato a cosa lo avesse realmente portato a Seattle, e Freddie aveva deciso saggiamente di non insistere troppo con le domande.
Aveva però capito molto tempo prima che Beck, prima o poi, avrebbe avuto bisogno di parlare e di sfogarsi, e quel momento arrivò un pomeriggio come un altro, al loro solito pub.
- Tornare. - pensò il canadese ad alta voce. Il tono era aspro e severo. - Tornare per cosa? -
Freddie distolse lo sguardo e lo puntò sulla parete, mentre un amaro sorrisetto sfuggiva al suo controllo.
Adesso si spiegavano tante cose. C’era una ragazza dietro a tutto quanto, c’era sempre stata fin dall’inizio. Possibile che il cuore, una parte così bella e importante del corpo umano, fosse capace di dare tanti problemi?
Beck scosse il capo. Dalla sera prima, non era riuscito a togliersi dalla testa le frasi di Andre.
Gli aveva promesso che ci avrebbe pensato, e suo malgrado, si era ritrovato a farlo davvero.
- Tornare per cosa? - ripeté a vuoto, dato che né lui né Freddie, di fronte a lui, avevano una risposta.
Dopo tutto quello che aveva passato, dopo tutti gli sforzi per convincersi a voltare pagina, aveva un senso tornare indietro?
- E se… - la frase gli morì in gola, sotto lo sguardo comprensivo dell’amico.
Sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Conosceva sé stesso, e la possibilità che, una volta lì, si sentisse attirato dall’idea di restare.
In fondo c’erano tanti motivi che avrebbero potuto trattenerlo a Los Angeles, così come ce n’erano stati altrettanti che lo avevano portato ad andarsene.
Era abbastanza forte da poter affrontare e sconfiggere ancora quella tentazione?
E se avesse incrociato i suoi occhi un’ultima volta, avrebbe trovato il coraggio di lasciarla di nuovo?     
- Rivederla non porterebbe niente di buono, a nessuno dei due. Significherebbe aggiungere solo altro dolore ad un rapporto che… - si interruppe bruscamente.
Si accorse di provare le stesse paure che Freddie gli aveva descritto. - E se non riuscissimo a far funzionare le cose? Se non riuscissimo nemmeno a restare amici, a frequentare lo stesso gruppo, o a stare persino nella stessa stanza? Sarebbe un enorme sbaglio. -
- Sai… - prese la parola Freddie, dopo essersi schiarito la gola. - Ieri il mio professore all’università ha detto che “ricordare il passato ci aiuta a capire come comportarci, e a non commettere gli stessi errori due volte”. Io penso che non potrebbe avere più torto. -
Beck aggrottò la fronte. - Che vuoi dire? -
Freddie prese fiato, concentrandosi su quella sensazione che anche lui conosceva bene. - Voglio dire che a volte decidiamo di vivere proprio in funzione del nostro passato. Come non può essere nascosto o dimenticato, è probabile che non possa neanche essere cambiato. Noi siamo quello che facciamo, e così pure quello che abbiamo fatto. Forse siamo semplicemente destinati a ripetere gli stessi errori all’infinito, poiché questo è ciò che vogliamo, indipendentemente dal fatto che sia giusto o sbagliato.
Perché spesso il cuore e l’istinto sono più potenti del cervello e della razionalità.
E io ne sono un chiaro esempio con Sam. -
 
 
*****
 
 
- Hai per caso visto Cat? -
Un giovane, impegnato con i cartelloni dall’alto della scala, lasciò per un secondo il lembo del telo e puntò il dito verso nord-ovest. - Mi sembrava fosse nella zona del guardaroba. Prova a cercarla là. -
Robbie annuì. - Ti ringrazio. - attraversò il corridoio centrale e il palco per arrivare al luogo indicato. Una volta lì, tuttavia, ad attenderlo c’era solo un altro ragazzo.
- Sai dov’è Cat? -
- Sì, era qui fino a un attimo fa. - rispose distrattamente questo, continuando a sistemare i costumi di scena. - Poi all’improvviso se n’è andata. Ha detto che doveva ricontrollare la scaletta delle entrate e una scenografia. - lasciò andare un lungo vestito rosso e si voltò verso Robbie con aria irritata. - E mi ha anche portato via l’aiutante, così adesso devo fare tutto il lavoro da solo! -
Robbie corrugò la fronte e abbassò il capo. - Perché non l’ha chiesto a me? Di solito le facciamo insieme queste cose… -
- Ehi, non me importa un bel niente, amico. - fece piccato l’altro. - Dille piuttosto di mandare qualcun altro a darmi una mano! -
La lamentela cadde nel vuoto, perché Robbie aveva ben poca voglia di stare ad ascoltarlo, e aveva già ripreso a camminare nella direzione opposta.
Girò per il teatro circa dieci minuti, prima di riuscire a trovarla.
La vide a pochi metri dalla sala luci, con un foglio in mano e un tipo, che non conosceva, intento a leggerlo accanto a lei.
- Cat! - la chiamò, ma lei non reagì.
Fece qualche altro passo. - Cat! - riprovò più forte, e stavolta fu solo il ragazzo a girarsi verso di lui.
Robbie avanzò ancora, confuso: eppure era convinto da essere abbastanza vicino, possibile che lei non lo stesse sentendo?
Stava forse fingendo? Prima l’assistente “improvvisato” al posto suo, adesso questo. C’era qualcosa di strano.
- Cat! - ripeté per la terza volta, arrivato a un paio di metri da lei.
Ma nonostante tutto, Cat continuava a stare a capo chino sul foglio, come se lui non esistesse.
Robbie si rivolse allora all’altro. - Ascolta, perché non torni ai costumi? Mi pare che il tuo amico abbia bisogno di te. -
Appena questo fu sparito dalla circolazione, tornò ad osservare la rossa. - Che sta succedendo? -
Niente, indifferenza totale. L’attenzione della ragazza era tutta su quel pezzo di carta.
- Cat… - si interruppe, per la paura di chiederlo. Sapeva perfettamente cosa stava accadendo. - Stai cercando di evitarmi? -
A quella domanda, lei sollevò gli occhi. C’erano fiamme ardenti al loro interno.
Lui si ritrovò a fissarli, sapendo di non avere altro da poter dire.
- Scusa, ora ho da fare. - replicò risoluta Cat, con rara durezza. Gli voltò poi le spalle e si allontanò, senza che lui potesse aprire bocca per provare almeno a fermarla.
Robbie la vide sparire dietro le tende del backstage, assalito da un senso di solitudine e tristezza. Erano state poche parole, ma cariche di tutta la rabbia che poteva provenire da quel piccolo e dolce angelo dai capelli di fuoco.
E non poteva biasimarla, in fin dei conti era colpa sua. Aveva rovinato tutto con Cat per l’ennesima volta. Alzò lo sguardo al tetto del teatro.
Sarebbe mai riuscito a fare la cosa giusta per lei, prima che finisse per essere troppo tardi?
 
 
A pochi metri da loro, le due sorelle Vega stavano facendo due chiacchiere.
- Su quanti canali credi che andremo in onda? - chiese Tori, irrequieta ed elettrizzata.
L’altra fece il verso di pensarci. - Dire più o meno cinquantacinque. Penso che pure il Canada e l’Australia abbiano acquistato l’esclusiva. - ironizzò.
La più giovane mimò una risata. - Molto divertente, Trina. Hai sempre una parola utile in questi momenti, eh? -
- E’ la mia specialità, non perdere tempo a ringraziarmi. -
- Non intendevo farlo, infatti. -
Un instante dopo sentirono Robbie urlare più volte il nome di Cat, e si voltarono nella loro direzione.
Assistettero come statue a quella scena a tratti surreali, con la rossa che ostentava un completo disinteresse per ciò che il ragazzo stava dicendo.
Quando poi videro Cat allontanarsi da Robbie in quel modo, Tori si rivolse preoccupata alla sorella. - Sarà successo qualcosa? E’ un comportamento davvero strano da parte di Cat, non l’ho mai vista trattare così Robbie. -
Trina si portò una mano alla fronte e scosse il capo. - E adesso che avranno combinato quei due… -
 
 
*****
 
 
Nella camera rischiarata dalla poca luce che filtrava dalle persiane appena socchiuse, Jade ruotò pigramente la testa e osservò la sveglia: le undici e un quarto.
Con lo sguardo puntato al soffitto e i capelli affondati nel cuscino, si portò il braccio alla fronte e sorrise.
Anche lei aveva bisogno di staccare, di risposarsi, di prendersi un po’ di tempo da sola con sé stessa.
Lo spettacolo sarebbe andato in scena in appena due giorni, ed era tutto pressoché pronto. Potevano servire alcuni accorgimenti nelle scenografie, ma ulteriori prove e aggiustamenti di copione, a questo punto, sarebbero state inutili.
Per questo, quando era stato comunicato agli attori di avere la giornata libera, riducendo l’odierna sessione a facoltativa, Jade aveva deciso di restarsene a casa.
E come nella sua vera natura, non aveva voglia di vedere nessuno.
Il proposito, tuttavia, andò in fumo quando lo smartphone sul comodino iniziò a vibrare.
Una, due, tre volte. Jade sbuffò, infastidita da quel ronzio amplificato dal legno.
Senza nemmeno considerare l’idea di vedere chi fosse, lasciò che la chiamata cadesse nel vuoto, fino a che non fu ripristinato al silenzio.
Trenta secondi dopo, il telefono tornò a muoversi, seppur per un breve sussulto.
Sempre più seccata, stavolta Jade allungò la mano e afferrò lo smartphone, decisa a capire chi dovesse uccidere per averla disturbata.
“1 nuovo messaggio. Da: Mark”
Fece un lungo sospiro esasperato e si sfregò gli occhi.
“Ti va di vederci a pranzo?”
Jade si tirò su e si appoggiò con la schiena alla spalliera del letto. Perché si ostinava a non voler capire? Era davvero così irrimediabilmente innamorato di lei, o era semplicemente uno sciocco testardo?
In ogni caso, lei gli aveva detto che avrebbe dovuto attendere la sera dello spettacolo, e così sarebbe stato. Ogni altro coinvolgimento o deviazione da quella legge, era da considerarsi severamente proibito.
Eliminò il messaggio, e ripose il cellulare sulla coperta.
Pochi istanti dopo, riprese a vibrare.
Jade guardò il display: ancora Mark. Con un gesto risoluto e liberatorio, il dito andò a posizionarsi sopra il simbolo rosso di rifiuto. E la quiete tornò nella stanza.
 
 
*****
 
 
Non doveva andare così.
Né lui, né soprattutto Sonja, si meritavano un appuntamento del genere. Lei continuava innocentemente a parlare delle sue giornate, dei suoi lavori, dei suoi sogni. E lui non riusciva a fare altro che rivolgerle uno sguardo vuoto, mentre i pensieri vagavano lontano.
La concentrazione era a livelli così bassi che era come se lui non fosse nemmeno lì. Un corpo inanimato, capace soltanto di annuire quando lo riteneva opportuno.
Il panorama di Los Angeles e le colline di Hollywood si stagliavano prepotenti nella sua testa, occupando tutto lo spazio possibile, e non lasciandone alcuno per Sonja.
Poteva sentire chiaramente che una strana sensazione si stava impadronendo di lui. C’era timore, impazienza, angoscia e turbamento, alla sola idea di cosa avrebbe rivisto, una volta rimesso piede da dove era venuto.
E forse stava già cominciando a vederlo. Gli occhi di Sonja, dentro i quali si stava perdendo, non erano più gli stessi.
Erano quelli di Jade. Un glaciale zaffiro contro un caldo smeraldo. Una sanguinosa battaglia tra pietre preziose.
Il “no” deciso con cui Beck avrebbe voluto rispondere immediatamente ad Andre si faceva sempre più sfocato. Adesso la prospettiva suonava convincente, allettante, ma allo stesso tempo terrorizzante.
- Mio padre ha dato l’ok per la tua idea. - lo riportò al presente Sonja, sorridendogli.
Lui si ritrovò impreparato. - Quale idea? -
- Quella di aggiungere dei pezzi di teatro ai balletti. -
- Ah, certo, giusto… - quasi si vergognava: codardo era, e codardo era rimasto. Dovunque andasse.
Non era questo che voleva. Non ritrovarsi in un ristorante con una brava ragazza, comportarsi da comparsa e doverla illudere affinché lei non intuisse cosa, e chi, gli stesse passando per la mente.
Una volta si era chiesto perché ci avesse messo tanto a capire cosa desiderasse dalla storia della sua vita.
Realizzò qual’era la risposta. Probabilmente perché aveva smesso di cercarlo molto tempo prima. Lo aveva già trovato, solo che lui non se n’era accorto.
Capì che aveva avuto bisogno di incontrare l’esatto contrario di Jade, per realizzare quale fosse l’unica cosa che voleva.
E quel qualcosa non era lì a Seattle, ma era rimasto a Los Angeles. Ad aspettarlo sotto la gigantesca scritta di Hollywood.
Ora, tornare indietro faceva un po’ meno paura.



 
   
 
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