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Autore: addict_with_a_pen    28/02/2016    3 recensioni
“Ah dimenticavo” disse girandosi nuovamente verso me “non devi avere paura di me Frank. Sono solo un grande perdente con un debole per i fumetti e un’ossessione compulsiva per la musica. Le uniche creature a cui posso far male sono le zanzare, non te di sicuro. Alla prossima”
Forse non era vero che non potevo cambiare...
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La tredicesima volta in cui vidi Gerard Way, avevo la febbre.
“Bene ragazzi” esordì lo psicologo entrando nella stanza Giovedì “ho pensato ad una cosa che credo potrebbe aiutarvi e che è anche piacevole, almeno credo proprio che per alcuni di voi lo sarà.” Detto questo, mi rivolse un sorrisino, ma non avevo la minima intenzione di star lì a capire cosa stesse tramando, poichè la mia mente era totalmente altrove, su un altro pianeta, un pianeta fatto di risate, carezze, “ti voglio bene”, baci e Gerard Way. Sorrisi.
Il giorno prima, dopo esserci baciati per praticamente tutta l’ora, mi aveva riaccompagnato a casa tenendo la mia mano stretta nella sua per tutto il tragitto, nonostante fosse sudata da far schifo per l’emozione e nonostante le persone ci stessero rivolgendo strane occhiatacce. Arrivati davanti la porta di casa, mi prese dolcemente il viso tra le mani e mi baciò nuovamente.
“Esci con me Sabato?” Mi chiese alla fine, stringendomi forte a lui e osservandomi come fossi bellissimo, sebbene sapessi alla perfezione di non esserlo minimamente.
“Va bene Gee.” Risposi con il mio classico sorriso da ebete e le guance rosse per il bacio appena concluso.
“Okay... Ciao piccolino.” Mi diede un ultimo bacio sulla guancia e se ne andò canticchiando felice e con in volto un sorriso idiota quanto il mio. Pensai di essere innamorato, pensai che fosse quello che le persone sentono quando sono innamorate ed era dannatamente bello, magico quasi.
“Frank? Hai sentito quello che ho detto?” Oh. Lo psicologo mi stava fissando, come tutti gli altri ragazzi, così che arrossii come un pomodoro, portai le gambe sulla sedia e tentai di nascondermi da tutti quelli sguardi curiosi.
“N-No, mi scusi...”
“Ho detto che la prossima volta dovete portare qui una persona a cui tenete, in cui avete piena fiducia e che vi fa star bene, qualcuno con cui andate più che d’accordo, chiunque esso sia. Va bene?” Annuii deciso, così che tutti gli sguardi si abbassarono e io riuscii a tirare un sospiro di sollievo e pensare a ciò appena detto dallo psicologo; inutile dire che il mio pensiero andò subito a Gerard e il suo sorriso infantile, com’è inutile dire che cominciai a sorridere in maniera inquietante.
Sì, forse ero davvero innamorato.
Appena tornai a casa, decisi di chiamare subito Gee per dirglielo, ma ancor prima di comporre il numero mi bloccai, perchè... cosa avrei dovuto dirgli?: “hey, senti Gee, ti piacerebbe venire ad una delle mie sedute di gruppo?”. Non avrebbe funzionato e sicuramente non avrebbe detto di sì, insomma. Chi dopo un giorno soltanto in cui sta con una persona gli chiede di immergersi completamente nei suoi disagi mentali?  Sai che divertimento... Misi giù il telefono e accantonai subito l’idea. Ero così stupido...
Passai il resto della giornata col “muso lungo” e un’espressione pensierosa in viso, poichè da quella situazione non ne sarei uscito vincitore in qualunque caso, insomma, chiedergli di venire con me equivaleva a perdere il mio ragazzo dopo tutta la fatica fatta per trovarlo, ma non portare nessuno voleva dire deludere lo psicologo, deludere mia madre, non portare a termine un compito datomi e, molto probabilmente, ritornare nel mio buco di sconforto e paura. Ero fregato.
Prendere sonno quella notte fu un’impresa più che ardua poichè, come da me previsto, la mia mente mi fece letteralmente impazzire.
“Frankie? Sveglia Tesoro...” Il mattino dopo venne a svegliarmi mia madre, poichè apparentemente la sveglia aveva deciso di prendersi una pausa. L’unica cosa positiva dell’essere mezzo pazzo era che mia madre mai mi aveva obbligato ad iscrivermi all’Università o a cercare un lavoro, così che da dopo il liceo non avevo più messo piede in un’aula o comunque in un luogo pieno zeppo di persone sconosciute. Avrei comunque dovuto far qualcosa prima o poi, nel senso, un minimo di fiducia e speranza in me ancora l’avevo, così che pensare di “guarire” stava cominciando a trasformarsi pian piano da sogno ad obbiettivo.
Appena mi misi seduto sul letto, sentii la testa esplodermi e un freddo insopportabile aggredirmi le spalle non più coperte dal piumone.
“Mamma! Portami il termometro!” E mi ributtai sul letto. Come da me previsto, il mio sistema immunitario aveva fallito un’altra volta, così che quel mattino mi svegliai con un bel trentotto e mezzo di febbre.
“Mi dispiace Frank, ma devo andare al lavoro... Ti lascio un po’ di zuppa nel frigo, okay?” Storsi il naso al pensiero della zuppa, poichè mia madre poteva cucinare tutto meno che la vellutata di zucca di cui andava così tanto fiera.
“Va bene mamma, non preoccuparti, starò bene.” Mi diede un bacio sulla fronte, per poi rimboccarmi le coperte ed uscire di casa. Era bello essere ammalati, in un certo senso mi piaceva, perchè amavo essere servito ed accontentato qualunque cosa chiedessi e, beh, amavo essere coccolato da mia madre, poichè sapevo che una volta tornata dal lavoro sarebbe venuta subito da me e mi avrebbe coccolato fino a farmi addormentare. Ero infantile, lo so, ma ognuno ha i suoi punti deboli, e il mio erano le coccole.
Presi il cellulare e, dopo essermi abituato alla luce accecante dello schermo, scrissi un messaggio del buongiorno a Gerard.
“Giorno G! :* <3” Neanche un minuto dopo, mi arrivò la sua risposta.
hey tesoro <3!! come stai?” Sorrisi mordendomi il labbro, perchè mi ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo prima di abituarmi a quei tesoro, piccolino o cucciolo.
“Mica tanto bene... ho la febbre ): tu invece?”
“passo x vedere come stai, 20 minuti e sono lì” Risi intenerito nel leggere quel messaggio.
“G hai lezione, lascia perdere” Ma sapevo già che tutto sarebbe stato inutile, perchè quando Gerard Way si metteva in testa qualcosa, allora non c’era modo di fargli cambiare idea.
“+ importante tu :* :*”
“ahahaha okay (:” Mi arresi, che altro avrei potuto fare?
“<3”
Venti minuti dopo si presentò davvero, non un minuto prima nè uno dopo, puntuale come un orologio svizzero.
“Hey...” Disse entrando lentamente nella mia stanza e sedendosi sul bordo del letto.
“Hey.” Dissi a mia volta, per poi sollevarmi appena e poggiare la testa sulle sue gambe. Cominciò ad accarezzarmi piano i capelli e a blaterare di qualcosa come una mostra di quadri meravigliosa che a breve sarebbe stata aperta alla quale avrebbe dovuto assolutamente portarmici.
“Mi hai ascoltato?” Annuii pigramente, continuando a rimanere abbracciato alle sue gambe, cullato e coccolato dalle sue carezze. Rise.
“Hai tanta febbre?” Mi chiese portandomi una mano sulla fronte. Annuii ancora.
“E ti fa male la testa?”
“Sì...”
“Bisognerà rimediare in qualche modo.” Mi fece mettere seduto sul letto, per poi avvicinarsi al mio viso e posare per un secondo le sue labbra sulle mie, prima che io mi ritirassi.
“Gee ti ammalerai anche tu se mi baci!”
“Non me ne frega veramente nulla onestamente...” E continuò a baciarmi.
Fu un bacio diverso da quello, o meglio quelli, dell’altro giorno, più passionale, lento e romantico, così che il mal di testa e il dolore generale al corpo, vennero sostituiti dalle farfalle nello stomaco e un piacevole calore nelle guance. Potevo chiaramente sentire il suono delle nostre lingue risuonare nella stanza, intervallati da qualche piccola risata da parte di Gee, dovute molto probabilmente alle mie guance oramai in fiamme, e non per la febbre.
“Meglio?” Chiese con un sorriso beato, mentre mi accarezzava il viso. Annuii.
“Bene...” E riprese a baciarmi. Ci baciammo per quella che mi sembrò un’ora, fermandoci per qualche istante solo per sdraiarci sul letto e continuare fino a quando le nostre labbra non erano rosse e gonfie, i suoi capelli un casino per colpa delle mie mani che per tutto il tempo non avevano fatto altro che stare immerse dentro loro e la mia pancia aveva preso a brontolare per la fame.
“Mangiamo qualcosa?” Chiese con ancora quel sorriso beato in faccia, al quale al tempo non avevo fatto poi così tanto caso, non gli avevo dato l’importanza che meritava... Gee era davvero incondizionatamente innamorato di me già a quel tempo, ingenuamente felice di ogni piccola cosa purchè io fossi in qualche modo coinvolto, sia che si trattasse di stare abbracciati a guardare un film, sia di starmi a sentire mentre mi lamentavo di ogni singola cosa, sia di baciarmi per infiniti dolci minuti... Era orgoglioso di me, di poter dire a chiunque che era mio, poichè più volte mi aveva detto che non ero io ad essere suo, ma piuttosto lui ad essere mio, ero stato io ad aver rubato "il suo piccolo inutile cuore” come diceva lui, e potrà sembrare la classica stronzata da romanzo rosa, ma sentirselo dire personalmente era tutta un’altra storia, era un’emozione che mai sarò in grado di descrivere. Io non sapevo cosa provassi, ero totalmente ignorante riguardo i sentimenti che provavo per lui, per il mio ragazzo, tanto che quando mia madre mi chiedeva se ne fossi innamorato, io rispondevo sempre con “mi fa stare bene” o “con lui mi sento al sicuro”, poichè altre risposte non riuscivo proprio a trovarne. Gee era davvero innamorato, se ne sarebbe potuto accorgere chiunque, ma io... beh, io gli ero solo molto affezionato, poichè all’epoca ero troppo spaventato per potermi permettere il lusso di ritenermi innamorato di qualcuno, sebbene questo qualcuno fosse la persona più bella del mondo sotto tutti gli aspetti.
Ci alzammo dal letto mano nella mano, diretti verso la cucina, ma ancor prima di arrivare alle scale, prese a girarmi vorticosamente la testa, così che mi fermai e mi appoggiai al muro.
“Che c’è Frankie?”
“Mi fa male la testa.” Dissi con un filo di voce, poichè quando qualcosa non andava cominciavo a comportarmi come se stessi per morire, sia che avessi la tosse o un semplcie dolorino al piede. Ero insopportabile, lo riconoscevo pure io.
“Ci penso io.” Disse sorridendomi, per poi prendermi in braccio come fanno gli sposi per uscire dalla Chiesa, così che automaticamente diventai rosso e presi a pregarlo di mettermi giù, perchè “sono pesante, non è necessario, mi sento idiota”, ma non ci fu modo di farglielo capire.
“Parli decisamente troppo.” Disse con una risata, per poi stamparmi un bacio sulla fronte. Stetti in silenzio.
Arrivati in sala mi mise sul divano, per poi scoppiare a ridere.
“Devi smetterla di imbarazzarti e arrossire per ogni piccola cosa, sennò diventi troppo adorabile e io non riuscirò mai a darmi un contegno per quanto riguarda questo...” Mi diede un piccolo bacio a stampo, continuando a fissarmi con quell’espressione rapita e indovinate un po’ cosa feci io? Già, arrossii.
“Ordiniamo una pizza?” E siccome mi andava di far tutto meno che mangiare quella zuppa obrobriosa, annuii e mi accucciai meglio sul divano, attendendo solo che Gee facesse lo stesso e mi stringesse dunque tra le sue braccia. Erano bellissimi i suoi abbracci, se c’era una cosa per la quale morivo erano i suoi abbracci caldi, dolci e morbidosi, perchè al tempo aveva questa ciccetta di cui lui si lamentava di continuo ma che io trovavo semplicemente adorabile e tenera, e che rendeva i suoi abbracci la cosa più calda e coccolosa che conoscessi.
“Le pizze arrivano fra venti minuti.” Disse per poi, come da me sperato e previsto, sedersi accanto a me e stringermi a sè. Stavolta fui io a sorridere beatamente.
Il resto del giorno lo passammo dunque sul divano a guardare film come la sera in cui era rimasto a dormire a casa mia, a baciarci e sorriderci come due poveri idioti, così che la sera arrivò decisamente troppo presto.
“Sicuro di star meglio?” Mi chiese quando  era sulla porta per ritornarsene a casa, con me appiccicato addosso, intento a soffocarlo col mio abbraccio forse un po’ troppo stretto.
“Sì...” Bisbigliai nell’incavo del suo collo, con la voglia di far tutto meno che lasciarlo andare via. Strano pensare che ancora a volte mi capitava di aver “paura” di abbracciare mia madre, mentre per quanto riguardava Gee avrei potuto rimanere abbracciato a lui per sempre, senza timore o ansie.
“Ci sentiamo domani. Ciao cucciolo.” Feci un versetto di gioia pura nel sentire quel soprannome ridicolo, così che la mia voglia di lasciarlo andare via diminuì sempre più.
“Che c’è?” Mi chiese ridendo.
“Mi piace quando mi chiami così...” Sorridemmo entrambi.
Ci vollero un bel dieci minuti prima che riuscisse a scollarsi me di dosso e altri cinque prima che si convincesse ad aprire la porta, così che quando finalmente se ne andò era già buio. Mia madre tornò a casa verso le otto e mezza e la prima cosa che mi chiese dopo avermi solo guardato in faccia fu “mi hai salutato Gerard?”, dicendo che il sorriso che avevo in volto non poteva che significare quello.
Andai a letto presto, stanco per la febbre che la sera si alzava sempre un po’ di più e, come da me pensato, mia madre mi coccolò fino a farmi addormentare. Quel giorno avevo decisamente fatto il pieno di attenzioni e coccole e mai come in quel momento mi sentii normale, una persona in grado di relazionarsi correttamente con le persone a cui teneva.
Avere la febbre non era mai stato così bello.

 
  
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