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Autore: Megan204    28/02/2016    1 recensioni
C'è un'altra donna nella vita di Quattro.
Non occupa il posto di Tris, né quello di Evelyn.
Un posto tutto per lei.
Quella lei, che forse l'ha salvato, prima di Tris.
Una donna che comunque vada, gli sarà sempre accanto.
La stessa donna che manda il cervello fuori uso ad Eric.
La stessa donna, che con un po' di impegno controlla i due uomini più testardi della fazione.
La stessa donna che diventa amica di Tris, creando un duo micidiale.
La stessa donna che è sostenuta da Shauna e Zeke.
La stessa donna che fa da sorella a Marlene e da amica ad Uriah e Lynn.
La stessa donna che aiuta Tori a nascondere segreti.
Una donna, che legherà tutti con un unico filo.
Una donna, che donna non è, di nome Hayley.
Spoiler Insurgent, Allegiant. Storia riscritta partendo da Divergent, con (qualcosa) di diverso.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Come ho detto l'altra volta, qua c'è la mia paginetta, dove potete trovarmi sempre, o quasi. https://www.facebook.com/Megan204efp?ref=ts&fref=ts
Ci si vede in fondo.


Mother.

 
Tutte le figlie femmine diventano come la loro madre.
Questa è la tragedia delle donne.
Nessun maschio lo diventa:
 e questa è la tragedia degli uomini
-Oscar Wilde
 
Dalle altre femmine, uno può salvarsi,
può scoraggiare il loro amore;
ma dalla madre chi ti salva?
-Elsa Morante
 
Second chances they don't ever matter, people never change
Once a whore, you're nothing more, I'm sorry that'll never change
And about forgiveness, we're both supposed to have exchanged
I'm sorry honey, I passed out, now look this way
 
Well there's a million other girls who do it just like you
Looking as innocent as possible to get to who
They want and what they like, it's easy if you do it right
Well I refuse, I refuse, I refuse!
 
Le seconde possibilità non servono, le persone non cambiano mai
Una volta che sei una puttana non sei nient'altro, mi dispiace, non cambierà mai
E riguardo al perdono, siamo stati fatte entrambe per ricambiarcelo
Mi dispiace tesoro, ma ci sto passando sopra, ora guarda da questa parte
 
Bhe, ci sono un milione di altre ragazze che fanno proprio come te
Sembrando più innocenti possibile per ottenere chi vogliono
E ciò che vogliono, è facile se lo fai nel giusto modo
Bhe io mi rifiuto, mi rifiuto, mi rifiuto!
-Misery Business, Paramore.
 
 
 
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A me la vita da Pacifica fa schifo.
Non sono fatta per stare in mezzo agli alberi, decisamente no.
Sbuffo per la milionesima volta nel giro della mattinata, accarezzando distrattamente le piante della serra, come se potessero darmi una risposta sensata a tutto ciò.
Come sarebbe stata la mia vita se l’avessi spesa interamente in questa fazione?
Noiosa, risponde il mio subconscio, e non ha tutti i torti.
Ma in mezzo al buio c’è sempre la luce.
Infatti, lasciati sul bordo della vasca dove crescono le piante, ci sono un paio di coltelli, incustoditi.
Mi guardo intorno cercando di accertarmi che io sia realmente sola e siccome non credo che insegnino ai pacifici lo spionaggio, confermo la mia teoria.
Afferro i coltelli, accarezzandone la lama, constatando che siano realmente coltelli, posso aspettarmi di tutto da questi psicopatici.
Sono coltelli e anche taglienti.
Sono un’arma in più.
Senza neanche pensarci più di tanto li afferro tutti, nascondendoli sotto al vestito. In caso di necessità, ora sono ancora più preparata di prima, al diavolo i Pacifici.
Lo spirito dell’idiota si sta impossessando di me, non ero così acida, una volta, prima di conoscere lui.
Scuoto la testa disgustata, mentre guardo fuori e vedo una scena insolita, ossia i pacifici agitati, che corrono verso un luogo indefinito.
Luogo indefinito che sembra condurre a dove dormiamo noi vagabondi.
Dannazione.
Lascio la serra correndo e superando tutti i pacifici, arrivando di fronte alla camera di Tris in quattro e quattr’otto, con la scena che mi si para davanti che sfiora i limiti del surreale, ossia Tris che fa a botte con Peter.
Mi infilo nel cerchio, spintonando la gente e affiancando Tris, che urla all’indirizzo di mio fratello:
«Ha preso l’hard disk!»
Maledetto bastardo.
Io e Quattro ci avviciniamo in simultanea all’idiota di turno, ignorando bellamente i pacifici attorno noi, infilandogli le mani in tasca e prendendo l’hard disk, che Quattro passa rapidamente a me, che lo nascondo nel vestito, prima che lo vedano anche gli altri.
«Che cosa pensi di fare? Lasciami andare!» Sento urlare Tris, all’indirizzo del pacifico che la immobilizza.
Benvenuti alla sagra del delirio.
«Hai violato i termini del nostro accordo di pace» dice lui con gentilezza, in contrasto coi modi della bionda, ai limiti dell’isteria «Dobbiamo seguire il protocollo.»
«Vai» dice Tobias. «Hai bisogno di calmarti.» per poi farmi un cenno di seguirlo nel frutteto.
«Io non volevo dirlo, ma io te l’avevo detto, Quattro. Non possiamo stare qua, e lo sai.» Dico, non appena usciamo all’aria aperta, mentre Quattro alza gli occhi al cielo.
«Abbiamo alternative?» Borbotta, tentando di squadrarmi.
«A vagoni, Quattro, ma non te ne piacerebbe nemmeno mezza.» Concludo, iniziando a fissare il vuoto mentre lui si siede su un ramo, scrutando l’orizzonte.
Rimaniamo in silenzio, a fissare il nulla, per non so quanti minuti, quando un rumore attira l’attenzione di entrambi.
«Quattro!» urla qualcuno, che identifico come Tris. «Quattro! Dove sei?»
«Tris?» Risponde mio fratello, lanciandomi uno sguardo dubbioso e scendendo dall’albero.
Tris inizia a correre come una bambina piccola, inciampando sui suoi stessi passi, fortunatamente però mio fratello ha i riflessi pronti e la afferra per la vita.
Cosa diavolo sta succedendo?
Tris, probabilmente presa da uno slancio passionale, si lancia su Quattro, tentando di baciarlo mentre lui borbotta qualcosa che io non comprendo, perché è zittito dalle labbra della bionda.
Inarco un sopracciglio, non capendo esattamente cosa stia succedendo.
«Che bacio fiacco» si lamenta Tris, lasciandomi scappare un ghigno. «No, okay non proprio fiacco, però…» tenta di baciarlo nuovamente, ma Quattro la blocca, studiandola con l’aria corrucciata.
«Tris. Che cosa ti hanno fatto? Ti stai comportando come una squinternata.» Commenta mio fratello, afferrandole i polsi.
«Confermo.» Sussurro, sempre più dubbiosa.
Sembra quasi ubriaca, ma sono sicura che l’alcool non esista in questa struttura.
«Non è molto carino da parte vostra dirmi questo. Mi hanno messo di buon umore, tutto qui. E ora ho davvero voglia di baciare il mio fidanzato, se riuscisse semplicemente a rilassarsi…» Dice, come una bambina piccola che cerca la caramella.
Guardo Quattro, senza poter fare a meno di ridere.
Cosa diavolo ha preso questa ragazza?
«Non voglio baciarti. Voglio scoprire che cosa sta succedendo» Taglia corto Tobias, guardandomi male.
Nemmeno fosse colpa mia!
Tris mette il broncio, ricordandomi quasi la vera Tris, ma poi sorride come un’idiota.
«Ecco perché ti piaccio! Perché anche tu non sei molto affabile! Ora ha molto più senso.» Dichiara contenta.
Cosa diavolo dice questa ragazza?!
«Io non la seguo.» Commento all’indirizzo di Quattro, che sembra parecchio alterato.
«Vieni, andiamo da Johanna.» Risponde, facendoci cenno di seguirlo, ma Tris sembra non ascoltarlo perché riprende a parlare a vanvera.
«Anche tu mi piaci.» Dice adorante, dondolandosi sul posto.
«Ma che carini.» Commento, sorridendo.
Questa situazione ha un qualcosa di esilarante.
«Molto incoraggiante» risponde lui piatto. «Vieni, dai. Oh, Dio santo, ti porto io.» Impreca, prendendosi Tris in braccio.
La bionda sembra essere contenta perché gli stampa un bacio sulla guancia e inizia a prendere a calci l’aria, ridendo.
«Sai Hayley, hai gli occhi verdi.» Dice, fissandomi un secondo.
«Lo so Tris, sempre avuti.» Rispondo, lanciandole uno sguardo preoccupato.
Questa ragazza mi fa paura.
«Lo so, ma sono un verde bello, come le foglie degli alberi, ti piacciono gli alberi? Sono belli.» Esclama felice, riprendendo a scalciare.
«Okay, ora diventa preoccupante.» Concludo all’indirizzo di Quattro, che sbuffa sonoramente, per nulla divertito dalla situazione.
Arriviamo all’ufficio di Johanna, che troviamo seduta dietro una scrivania, e non appena nota la nostra presenza, rimane con la bocca semiaperta, evidentemente stupita, mentre una ciocca di capelli scuri le copre il lato sinistro della faccia.
«Non dovresti nascondere la cicatrice» le consiglia Tris, presa da un momento di gentilezza, e questa dovrebbe essere la stessa Tris di qualche ora fa? «Davvero, stai meglio senza i capelli sul viso.»
Tobias la mette a terra troppo bruscamente, facendole anche male, probabilmente. Tris, invece che gemere di dolore, inizia a ridere.
«Che cosa le avete fatto?» sbotta Tobias in tono sgarbato. «Che cosa le avete fatto, dannazione?»
«Sarei curiosa di saperlo anche io, effettivamente.» Commento, studiando Johanna.
Ripeto, non fosse Tris, sarebbe divertente.
Io…Devono avergliene dato troppo. È molto minuta, probabilmente non hanno tenuto conto del peso e dell’altezza.» Balbetta Johanna, in difficoltà
«Devono averle dato troppo di cosa?» Sbottiamo io e Quattro all’unisono, decisamente preoccupati
«Lo sai, hai proprio una bella voce Quattro.» Dice la bionda, palesemente felice.
«Tris, per favore, stai zitta.» Borbotto io, cercando di capire perché abbiano drogato la mia futura cognata.
«Il siero della pace» spiega Johanna. «In piccole dosi ha un’azione moderatamente calmante e migliora l’umore. L’unico effetto collaterale sono un po’ di vertigini. Lo somministriamo ai membri della nostra comunità che fanno fatica a mantenere un comportamento pacifico.»
«Non sono un idiota. Tutti i membri della vostra comunità fanno fatica a mantenere un comportamento pacifico, perché sono tutti esseri umani. Probabilmente lo mettete nell’acqua dell’acquedotto.» Borbotta Tobias, mentre io aggiungo «Ora capisco molte cose.»
Johanna non risponde per qualche secondo.
«Sai benissimo che non è così, o questa rissa non si sarebbe verificata. Ma qualunque cosa decidiamo di fare qui, la decidiamo insieme, come fazione. Se potessi dare il siero a tutti gli abitanti di questa città, lo farei. E se l’avessi fatto, voi non vi trovereste di certo in questa situazione.»
«Oh, sicuramente» ribatte lui. «Drogare l’intera popolazione è la soluzione migliore al nostro problema. Che piano grandioso!»
«Così da diventare tutti imbecilli? No grazie!» Sbotto seccata, e che diamine!
Non possono utilizzare queste cose sulle persone senza una minima logica!
«Fare i sarcastici è da maleducati, ragazzi. Ora, mi spiace che abbiano sbagliato e gliene abbiano somministrato troppo, davvero, ma Tris ha violato i termini del nostro accordo e temo che per questo motivo non potrete restare qui ancora a lungo. Questa rissa tra lei e il ragazzo, Peter, è una cosa che non possiamo ignorare.» Dice placida Johanna.
«Peter è un idiota, si merita tutte le botte di questo mondo!» Riprendo io, ancora più acida di prima.
«Non ti preoccupare» dice Tobias. «Abbiamo intenzione di andarcene non appena possibile.»
«Bene» esclama lei. «L’armonia tra i Pacifici e gli Intrepidi può esistere solo se manteniamo una certa distanza.»
«E questo spiega molte cose.» Dico io, incapace di trattenermi.
«Prego? Cosa stai insinuando?» Chiede Johanna quasi sfidandomi, che ci provi.
«Spiegami perché, sotto la pretesa della neutralità – come se una cosa del genere fosse possibile! – voi avete lasciato che gli Eruditi massacrassero gli Abneganti, perché questo è tutto fuorchè umano, a casa mia.» Spiego, con un tono fermo.
«I Pacifici non farebbero mai una cosa del genere» dice Tris, con voce molle. «È una cosa meschina.»
«Tris, sta zitta.» Ripeto monocorde, non si offenderà se la tratto male almeno per oggi.
«È per amore della pace che ne rimaniamo fuori…» comincia Johanna.
«Pace» sbotta  anche Tobias con disprezzo. «Sì, sono sicuro che regnerà una pace assoluta quando saremo tutti morti, o soggiogati con la minaccia del controllo della mente, o intrappolati in una simulazione infinita.»
Johanna contrae il viso in un espressione disgustata, forse perché la verità fa male, anche troppo.
«Non stava a me prendere la decisione» dice lentamente la capofazione, moderando le parole «Se fosse dipeso da me, forse in questo momento la nostra conversazione sarebbe diversa.»
«Stai dicendo che non sei d’accordo con loro?» Incalza Quattro.
«Sto dicendo che non è consono al mio ruolo dissentire pubblicamente su una decisione della mia fazione… ma potrei farlo nell’intimità del mio cuore.»
«Tris, mia sorella ed io ce ne andremo tra due giorni» dice Tobias. «Spero che la tua fazione non cambi idea sull’offrire asilo ai rifugiati nella vostra residenza.»
«Le nostre decisioni non vengono revocate facilmente. Che ne sarà di Peter?»
«Spero se lo mangi qualcuno.» Commento ironica.
 «Dovrete occuparvi di lui separatamente, perché non verrà con noi.» Conclude Quattro, lanciandomi un’occhiataccia.
«Quattro, Ice, se voi e i vostri amici volete restare… immuni dal nostro siero, forse dovreste evitare il pane.»
Tobias la ringrazia mentre lasciamo lo studio, con Tris al seguito che saltella un passo sì e uno no.
Svanisce cinque ore dopo, lo stato di insensata follia di Tris.
Io e Tobias l’abbiamo chiusa nella sua camera per il resto della giornata. Quando entriamo, la troviamo seduta sul letto, che fissa la parete.
«Grazie a Dio» esclama Quattro, appoggiando la fronte alla porta. «Stavo cominciando a pensare che non ti sarebbe mai passata e che avrei dovuto lasciarti qui a… adorare i fiori, o chissà cosa avresti voluto fare mentre avevi quella roba in corpo.»
«O a dire che mio fratello è suscettibile ma ha una bella voce…che scena raccapricciante.» Aggiungo ghignando appena.
«Io li ammazzo» afferma la bionda. «Li ammazzo.»
Scoppio a ridere, lasciando la coppietta felice alla loro discussione, desiderando ardentemente, per un solo istante, di poter adorare i fiori senza pensieri.
 
È sera inoltrata, quando sono in sala da pranzo con Tobias, mio malgrado Peter, Caleb e Susan, mentre Tris è dispersa per la residenza.
Non appena formulo questo pensiero, la vedo entrare nella sala correndo e con il fiatone, gli occhi sbarrati e l’aria preoccupata.
Tobias, preoccupato, le tocca la spalla.
«Eruditi» è tutto quello che esce dalla bocca di Tris, facendomi gelare sul posto.
«Stanno venendo qui?» chiede Quattro, al mio posto.
Mi sento quasi incapace di muovermi. Tris annuisce, respirando pesantemente
«Abbiamo il tempo di scappare?» Riprende, preoccupato.
«Perché dovremmo scappare?» domanda Susan. «I Pacifici hanno garantito diritto d’asilo ai rifugiati, in questa residenza. Non sono permessi scontri, qui.»
«Perché ci vogliono morti.» Dico, piatta.
È la realtà.
«Sarà un problema per i Pacifici far rispettare questa politica» interviene Marcus, rincarando la dose «Come fai a fermare un conflitto, se rimani neutrale?»
Susan annuisce, non completamente convinta e forse spaventata dalla mia onestà.
«Ma non possiamo andarcene» interviene Peter. «Non ne abbiamo il tempo. Ci vedranno.»
Finalmente anche Peter dice cose furbe, complimenti!
«Tris e Hayley hanno una pistola» dice Tobias. «Possiamo cercare di aprirci la strada combattendo.»
«Ho anche dei coltelli, in realtà.» Aggiungo, ghignando.
Mio territorio.
«Aspetta. Ho un’idea. Travestiamoci. Gli Eruditi non sanno per certo che siamo ancora qui, possiamo farci passare per Pacifici.» Dice Tris, palesemente spaventata dalle armi.
Sta rifiutando il contatto con la pistola, glielo leggo negli occhi.
«Chi di noi non è vestito da Pacifico vada ai dormitori, allora» ordina Marcus. «E scioglietevi i capelli. Cercate di imitare il loro comportamento.»
Anche mio padre che dice cose intelligenti, oggi mi stupisco troppo facilmente.
Mi alzo senza dire una parola, dirigendomi verso la mia stanza con un unico e semplice pensiero.
Spero solo ci sia anche lui, voglio la mia vendetta.
Mi fiondo in camera sbattendo la porta e facendo mente locale.
Mi tolgo la felpa, lanciandola sul letto, e sopra i leggins e la canotta nera mi infilo il vestito, abbassando soltanto le spalline nere.
Non voglio lasciare qui la felpa, quindi la lego in vita sotto il vestito, che fortunatamente è abbastanza largo da nasconderla.
Mi avvicino al cassetto dove ho lasciato la pistola e i coltelli presi oggi alle serre, infilandomi tutto nell’elastico sopra il seno di questo dannato coso, che forse a qualcosa inizia a servire.
Mi sciolgo rapidamente la coda e lancio un ultima occhiata alla camera che sono più che felice di lasciare.
Il corridoio è pieno di Pacifici, o finti tali, che saltellano verso il punto di ritrovo.
Io cammino, come al mio solito, a passo spedito e troppo concentrata sul da farsi una volta in mensa.
«Potresti almeno provare a confonderti.» Borbotta mio fratello, sbucato alle mie spalle.
Sembra quasi un Pacifico.
«Ricordati Quattro, che se io e te potessimo confonderci ci chiameremo ancora Hayley e Tobias.» Rispondo fredda, palesando la verità.
Lui è l’Intrepido con meno paure, io l’incubo di Eric nonché una delle più affascinanti della fazione, quindi non riusciremo mai a passare inosservati, e lo so già da subito.
Odio mentirmi.
Tuttavia provo a sciogliermi un po’, che eufemismo, sorridendo appena.
Mi siedo in un tavolo con soli Pacifici, sperando di risultare più trasparente, mentre studio gli Intrepidi.
Hanno un laccio azzurro che segnala il loro amore con gli Eruditi, che schifo.
Senza riuscire a trattenermi, faccio una smorfia disgustata che provo a nascondere nelle mani, sfregandomi il viso.
Vi ammazzerei dal primo all’ultimo.
Abbasso la testa, usando i capelli come protezione, mentre passano accanto al mio tavolo, onde evitare che mi riconoscano.
Lancio un’occhiata fugace a mio fratello, seduto con la sua solita postura fiera e i capelli troppo corti.
Sembrano essersene accorti anche gli Intrepidi venduti, in quanto si avvicinano a lui dicendo qualcosa che però, a questa distanza, non riesco a capire.
Lentamente porto la mano vicino al seno, dove tengo le armi, pronta a qualsiasi evenienza.
Calma Hayley, andrà tutto bene.
Ho soltanto il tempo di respirare quando vedo la mano del soldato avvicinarsi al colletto di mio fratello.
È il momento.
Con uno scatto fulmineo, mio fratello ribalta l’intrepido mentre io tiro fuori l’arma, puntandola contro il soldato dall’altra parte della sala, centrandolo in una spalla.
Sparare di nuovo è la sensazione più bella che potessi provare.
Lancio uno sguardo a Tris, bloccata ancora al suo posto.
«Tris dannazione!» Urlo frustata, sparando all’Intrepido più vicino a lei, centrandolo in pieno petto.
La bionda sembra sciogliersi dal suo torpore, soltanto per poco, mentre Quattro minaccia l’ultima Intrepida rimasta, insieme all’Erudita, di cui mi occupo io.
«Sta brava o giuro che quell’enorme cervello che dovresti ritrovarti fa boom.» Le sussurro appena, sentendola tremare sotto il mio tocco.
Le tasto le tasche, trovando un’arma di piccolo calibro.
«Cosa, speravi di uccidermi con questa e la tua pessima mira? Scusa, sarà per la prossima volta. Buonanotte.» Commento ironica, per poi tirarle un colpo con il calcio della pistola, facendola svenire.
Ho sempre odiato gli Eruditi.
«Muoviti Ice!» Tuona mio fratello, evidentemente disturbato dalla mia espressione fin troppo felice.
Il fatto è che mi sento viva, di nuovo.
Poter combattere è come benzina, e ho bisogno di questo.
Tornare ad essere Ice e non semplicemente Hayley mi ricorda ogni singolo giorno che io non sono solo lui e mai lo sarò.
Mi sono costruita la mia identità, il mio ruolo all’interno della fazione, così come il mio potere.
Poter tornare ad essere la vecchia me, è come crema sulle ferite di questo maledetto conflitto, che non so come andrà a finire.
«Usciamo da questo posto. Ah, grazie per l’ospitalità.» Dico passando accanto a Johanna, picchiettandole una spalla e ghignando appena.
Non vorrei essere antipatica, ma se lo merita a pieno, specialmente dopo il siero.
Sento mio fratello dare ordine di disperdersi nei campi, supportato da Marcus, che spero ci saluti definitivamente.
Io inizio a correre, accodandomi a Tris, suo fratello, Susan e Quattro.
Sento dei colpi di pistola e spero vivamente siano per mio padre, mentre siamo finalmente arrivati alla recinzione.
Ci infiliamo nel varco trovato da mio fratello, rientrando in città.
Dannazione, non pensavo che mi sarebbe piaciuto tornarci, un giorno.
Non presto attenzione alle conversazioni degli altri, gustandomi il momento.
Non sono un’assassina, neanche una pazza.
Sono soltanto una che ha voglia di rivalsa.
Dopotutto, me la merito, anzi, ce la meritiamo.
Susan, la ragazza Abnegante, crolla a terra, tra le lacrime.
Credo sia bello, poter piangere. È come se liberassi tutta la tensione, lasciando tutto andare.
Non piango da due anni, non ricordo nemmeno cosa si prova ad aver le guance bagnate dalle mie stesse lacrime e il respiro interrotto dai singhiozzi.
L’ho sperimentato da piccola, ma ora… Non so più cosa significa.
«Ti sei bloccata! Stavano per ammazzarti e tu sei rimasta a guardare, seduta! Credevo di poter contare sul fatto che fossi almeno in grado di badare a te stessa!» Sento urlare Quattro, all’indirizzo di Tris.
La sua finezza con il genere femminile mi sconvolge sempre di più.
«Ehi!» interviene Caleb. «Lasciala in pace, va bene?»
«La finite tutti quanti? Abbiamo già abbastanza esaurimenti in corso, a Tris penseremo più tardi. Nessuno si azzardi a replicare o vi uso come suola delle scarpe giuro.» Sbotto nervosa, strappandomi il vestito e mettendomi di nuovo la felpa, non è che il freddo lo sopporti così tanto.
Quattro lascia perdere per un attimo la sua ira, squadrandomi come se fossi una psicopatica, soltanto perché mi vesto a strati!
«Dobbiamo prendere un treno, andare a ripararci da qualche parte.» Dice Tobias, riflettendo a voce alta.
«Ma… adesso che hanno preso gli altri non ci cercheranno più.» Ribatte indeciso Caleb, come a pesare le parole.
«Siamo noi che vogliono. Gli Eruditi vogliono il loro piccolo traditore, Jeanine vuole la sua divergente e il suo ribelle e io beh… so per certo chi mi vuole morta.» Concludo, distogliendo lo sguardo.
No, non può volermi morta tanto quanto io voglio lui sotto tre metri di terra.
Prendo un respiro profondo, mentre lo sguardo indagatore di Quattro analizza ogni mio movimento.
«Forza, andiamo.» Riprendo spiccia, incamminandomi a grandi falcate.
Dopo aver camminato per quelle che sembrano ore, in lontananza il rumore di un treno riempie l’aria, facendoci sussultare.
«Saltate su, andremo in città.» Ordina Quattro, iniziando a correre.
Con facilità, nonostante la debolezza, riesco a salire sul treno, dove però, noto subito che qualcosa non va.
Afferro un coltello, mentre un sacco di occhi, nascosti nel buio, ci osservano in un modo non proprio amichevole.
Le sagome si confondono coi muri della carrozza, ma riesco chiaramente a distinguere la canna di una pistola puntata verso di noi.
Come si dice, le giornate peggiori non hanno mai fine? Ecco, questa è una di quelle.
«Non ho mai visto dei Pacifici armati, prima d’ora» osserva una ragazza, che deduco essere esclusa.
«Non sono Pacifici» dice il tizio con la pistola. «Sono Intrepidi.»
Io questa voce la conosco.
Come un lampo mi balena in testa l’immagine di un coltello ed un occhio, duo sicuramente non vincente.
«Edward.» Mi anticipa Tris, dando voce ai miei pensieri.
L’ultima volta che ho visto questo ragazzo aveva un coltello da burro piantato nel bulbo oculare, ed io ero sul punto di sentirmi male.
Sono andata soltanto quella sera in infermeria, conoscendo già il suo destino.
Tutto per colpa di Peter, dovrei farlo allo spiedo, insieme alla sua fotocopia più grande.
«Tris.» Risponde a mo’ di saluto lui.
«Chiunque voi siate dovete scendere da questo treno, se ci tenete alla vita.» Ordina la donna con il coltello.
«Odio quando la gente mi da ordini, tanto più quando si parla di Pacifici ed Esclusi.» Dichiaro, alzando un po’ di più il coltello che ho in mano.
Ho sicuramente più mira di lei.
 «Per favore. Abbiamo corso tanto… e gli altri sono morti. Non credo di poter continuare, io…» Prova a parlare Susan, riprendendo a piangere di nuovo.
«Gli Eruditi ci stanno cercando. Se scendiamo, ci troveranno facilmente. Per cui vi saremmo grati se ci lasciaste venire in città con voi.» Prova a mediare Caleb
«Sì?» Edward inclina la testa. «E voi che cosa avete mai fatto per noi?»
«Io ti ho aiutato quando non l’ha fatto nessun altro» esclama Tris, quasi indignata.
«Tu, forse, ma gli altri? Non mi pare proprio, lei era lì la sera in cui mi è stata data la sentenza di Escluso, era con il capofazione Eric.» Dice Edward indicandomi, provocandomi un brivido.
Mi ha accostata ad Eric, manco avessi deciso io che lui fosse Escluso!
Sto per ribattere quando fa cenno alla sua amichetta di prendermi, ma prima che possa fare qualsiasi mossa Tobias interviene:
«Siamo Tobias ed Hayley Eaton, non credo tu voglia veramente toccarla.» Borbotta a denti stretti.
Non capisco il senso del dire la nostra vera identità, ma evidentemente loro sì, perché abbassano simultaneamente le armi, studiandoci.
«Eaton? Ma davvero? Devo ammettere che non me l’aspettavo.» dice Edward, sorpreso, per poi riprendere parola.
«Bene, potete restare, ma una volta in città verrete con noi. Conosciamo qualcuno che vi sta cercando, fratelli Eaton.» Dice ghignando.
Che soprannome idiota è fratelli Eaton?
«Tu sai di chi sta parlando?» Chiedo fin troppo tranquillamente a mio fratello.
Lo vedo esitare e prendere un respiro profondo, come a infondersi un po’ di coraggio.
«Si Hayley, e un giorno dovrai perdonarmi per questo… e per tutto quello che verrai a sapere stasera.» Conclude passandosi una mano sugli occhi, stanco.
Lancio un’occhiata a Tris, che sembra spaesata quanto me.
Evidentemente dobbiamo sapere qualcosa.
Entrando in quella che posso definire la residenza degli Esclusi, resto sorpresa.
Dannazione, non pensavo fossero così organizzati nonostante tutto.
«Che sta succedendo? Perché vi siete riuniti in questo posto?» Chiede Tris, sorpresa tanto quanto me.
«Pensavi che fossero… fossimo tutti divisi… Be’, lo sono stati, per un po’. Erano troppo affamati per occuparsi di qualunque cosa che non fosse cercare cibo. Ma poi gli Abneganti hanno cominciato a distribuire alimenti, abiti, utensili, di tutto. E loro sono diventati più forti e si sono messi ad aspettare. Quando mi ci sono imbattuto, erano già così… e mi hanno accolto a braccia aperte.» Spiega Edward, addentrandoci nei corridoi bui di questa… residenza.
«Un attimo… hai detto che si sono messi ad aspettare?» dice Caleb. «Ad aspettare cosa, di preciso?»
«Che il mondo andasse in pezzi» risponde Edward. «E ora è successo.»
Alzo la testa, guardando Edward.
Il mondo è andato veramente a pezzi, se lo dice un’Escluso.
Continuo a guardarmi intorno, non capendo davvero dove tutto ciò andrà a parare, né tantomeno il motivo per cui io sono qua. Quattro deve dirmi qualcosa, ma non capisco cosa diavolo possa dirmi che abbia a che fare con gli Esclusi.
Studio l’ambiente, cercando un perché a tutto ciò, ma l’unica cosa che riesco a vedere sono le facce di  metà degli Esclusi che mi scrutano, quasi curiosi.
Qua c’è qualcosa che non va.
Ad interrompere i miei pensieri è una donna, che studia me e Quattro, e da quel poco che ho capito dice di chiamarsi Therese.
«Sì, siete voi.» Dichiara, studiandoci ancora.
Ora faccio una strage, giuro su cos’ho di più caro.
Edward fa cenno di seguirlo in una vecchia sala caldaie, ma mentre sto per entrare, Quattro mi lancia uno sguardo strano.
Uno sguardo quasi colpevole, uno sguardo di scuse, uno sguardo pentito.  Ora voglio vedere cosa c’è dietro questa maledetta porta.
Appena entro vedo una figura femminile di spalle, parzialmente oscurata dalla luce fioca proveniente dall’unica lampadina della stanza, ma non appena si volta mi si gela il sangue nelle vene e tutto inizia a girare, dandomi la possibilità di pensare una sola cosa.
Mamma.
Afferro fulminea la pistola, puntandola contro la donna in questione, come se l’arma mi desse la stabilità che sento venire a mancare.
Sto crollando.
«Hayley abbassa quella maledetta pistola!» Urla Tobias, inutilmente.
Continuo a tenere l’arma saldamente puntata contro la mora di fronte a me, che al contrario di mio fratello, non si muove di un millimetro.
«Voglio una maledettissima spiegazione. Perché questo non ha senso!» Urlo, ai limiti dell’isteria.
Io ho seppellito mia madre più di dieci anni fa.
Io ho pianto per la morte di mia madre.
Io ho preso tante botte da Marcus, dopo la morte di mia madre.
Mia madre è morta, non può stare in piedi di fronte a me, come se nulla fosse, respirando ogni singolo centimetro d’aria che offre questa stanza.
Mia madre non può studiarmi con la stessa espressione con il quale mi faceva la coda quando ero bambina.
Mia madre non può essere viva.
«Lo so che è incomprensibile, ma è lei, è Evelyn…» Risponde Quattro, cercando di misurare le parole.
«Io l’ho seppellita Quattro… Aspetta, tu lo sapevi che era viva, lo sapevi dannazione!» Ora capisco, capisco lo sguardo terrorizzato, lo sguardo preoccupato, l’importanza del nostro nome.
Mi ha tradito per la seconda volta.
Alzo gli occhi al cielo, sospirando rumorosamente.
«Hayley...» Si decide finalmente a parlare Evelyn, rivolgendosi a me per la prima volta dopo anni.
Ha sempre la stessa voce.
Mamma.
«Sta zitta Evelyn, tu sei morta. Vedi di restarlo.» Concludo, lasciando tempestivamente la stanza.
Ho bisogno d’aria o potrei piangere, e non è certo lei quella che si merita le mie lacrime.
Corro per la struttura, alla cieca, probabilmente salgo delle scale perché mi ritrovo all’aperto, verosimilmente su un tetto.
Respiro profondamente, cercando di calmarmi.
Lancio la pistola per terra e mi accuccio, prendendomi la testa tra le mani.
Perché sta tutto crollando? Perché ora?
Guardo la porta da cui sono appena passata, sperando inutilmente che qualcuno come Shauna, Marlene o addirittura Eric, si presenti per calmarmi e dirmi che va tutto bene.
Voglio andare dai miei amici.
Voglio tornare a casa.
Mi lascio cadere sul pavimento sporco, godendomi il freddo che rilascia.
Devo calmarmi, ma soprattutto devo ragionare, ma so già che non appena inizierò a formulare un pensiero decente, capirò che questi dodici anni della mia vita sono stati interamente sprecati, in tutto.
Se lei fosse stata ancora a casa, probabilmente Marcus non sarebbe stato così violento, probabilmente sarei ancora negli Abneganti, probabilmente sarei anche già sposata, a diciotto anni.
No, sono felice che le cose siano andate così, perché nonostante il mondo vada al contrario, non cambierei la mia vita nemmeno di un millimetro. Con mia madre non avrei conosciuto Shauna, né Marlene, né mio malgrado Eric.
Perdendo mia madre ho guadagnato qualcosa di forse migliore di lei, perché una donna che abbandona i propri figli è tutto, fuorchè la donna che io ho sempre identificato come mia madre.
Evelyn ci ha lasciati in balia di Marcus, salvando solo se stessa.
E ora io non salverò certo lei, per me morta era, morta resta.
 
Non so dopo quante ore lascio il tetto, sicuramente dopo parecchie, perché torno giù mentre gli Esclusi si preparano a mangiare, raccolti in torno a cose simili a focolai.
Mi stringo la felpa addosso, cercando il gruppo con cui sono arrivata qui, nonostante la voglia di vedere mio fratello sia pari a zero.
Li trovo poco lontano da dove si trova la stanza di Evelyn, intenti a mangiare, in compagnia di Edward e Therese. Per mia fortuna, Evelyn non c’è.
Quando mi nota, Quattro mi squadra attentamente, forse preoccupato dal mio aspetto, che non fa altro che peggiorare, giorno dopo giorno.
«Ice…» Inizia subito, ma stronco la conversazione sul nascere.
«Voglio andare a casa. Voglio andare dai nostri amici.» Dico soltanto, con voce stanca.
Tris mi sta studiando, come a cercare un segno della follia di qualche ora fa.
«Ma non…» Riprende Quattro, invano.
«Andrò da sola, non mi importa se ci sei o no. Voglio andare a casa, e al momento casa sono Shauna, Marlene, Zeke e gli altri. Voglio soltanto andare a casa.» Concludo, stringendomi ancora di più la felpa contro il petto.
Sembro una bambina indifesa.
«Domani andiamo a casa.» Dichiara Quattro.
Non cambierà nulla, mi ha tradita comunque.
 
La notte non è stata tranquilla, anzi, tutt’altro. Ho dormito sì e no due ore, ed ho anche sentito Evelyn tentare di convincere Quattro ad unirsi alla sua causa.
Inutile dire che hanno parlato anche di me, della mia reazione e del resto, ma la giustificazione di mio fratello non mi è assolutamente piaciuta, perché dire ad Evelyn che non l’ho accettata perché sto affrontando un periodo difficile non è assolutamente la realtà delle cose, ma non voglio litigare con mio fratello, non oggi, non di nuovo.
Lo ignorerò, è la scelta migliore.
Perché non lo perdonerò così facilmente, non per una cosa del genere.
Perché avrei capito tutto, tranne questo.
Se poi lui sceglierà Evelyn, sarà una sua scelta, non mia.
Ecco appunto, parli del diavolo.
Evelyn si sta avvicinando a me, so già con che intenzioni.
«Hayley, possiamo parlare?» Esordisce, molto tranquillamente.
«No Evelyn, ma ti dirò una cosa. Non mi importa sapere perché Tobias sapeva di tutto ciò, non mi importa sapere il perché, perché se davvero sai qualcosa di me sai anche cosa sono diventata. Non mi importa neanche di te, morta eri, morta resti. Ma sappi che in questo momento ti prometto una cosa, ossia che rimpiangerai quel che hai fatto. Ho visto i sogni di Tobias diventare realtà e nessuno di questi ti includeva. Ora tu guarda i miei sogni, diventare realtà, e nessuno di questi ti includerà* . Rassegnati, siamo andati avanti senza di te, e se Tobias sarà così stupido da caderci, beh, non contare su di me. Abbi una bella vita Evelyn, io torno dalla mia vera famiglia.» E me ne vado, lasciandomi Evelyn alle spalle, insieme al passato che ha fatto riemergere, aprendo ferite ormai cicatrizzate.
 
Ormai sono grande, non ho bisogno della mamma.
E quando vedo il portone della residenza dei Candidi, so che finalmente sono a casa.

 
*“I watched his wildest dreams come true, Not one of them involving you. Just watch my wildest dreams come true Not one of them involving…” Misery Business, Paramore, canzone del capitolo.
 
 
Salve a tutti!
Sono sparita, lo so, ma questa storia mi va e mi viene come poche, un po' c'è un po' no.
Capitolo difficile da scrivere, per Evelyn soprattutto, perchè volevo farla passare come una parentesi per Hayley, cosa che credo dopo mesi di essere riuscita a fare. Breve e concisa, ma questo era il messaggio.
Ho già scritto l'incontro con Eric, ed è veramente bello a parer mio.
Però prima, c'è l'incontro con Shauna e gli altri, quindi ancora un capitolo.
Non so quando aggiornerò, as always, perchè già che ho problemi a scrivere ho detto, perchè no, aiutiamo un bblog! Scrivo recensioni, ma sappiate che scrivere è sempre più difficile
Alla prossima, sperando sia presto.
Megan
  
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