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Autore: __roje    28/02/2016    3 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Ryu è un ragazzo di appena sedici anni praticamente invisibile al mondo intero, ma che un bel giorno si trova a fare la conoscenza del ragazzo più ammirato e desiderato della sua scuola, Hara. Solo che quell'incontro darà il via a tutta una serie di episodi tutt'altro che piacevoli per il nostro protagonista. Infatti finirà con lo scoprire che proprio Hara nasconde un carattere davvero particolare e schivo sulla propria vita privata, e spetterà proprio a Ryu scoprire il perchè del suo atteggiamento. Con determinazione e amore Ryu dovrà passo dopo passo arrivare al cuore di una persona che non sa che significa amare, e dovrà combattere contro i suoi demoni.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Eccoci qui al capitolo 21, quello della svolta. Finalmente da qui in poi inizieremo a scavare di più nella mente e nel passato di Hara, e troveremo le risposte ad alcune domande. Sta dunque per iniziare la seconda parte della storia, quella più seria, rispetto invece alla prima che tra virgolette era più infantile e ingenua. Buona lettura!

Capitolo XXI

“Maledizione sega!” Hara si allontanò immediatamente dalla mia presa toccandosi le labbra.
“Ora sai come mi sento ogni volta che lo fai tu.” Cercai di imitare il suo ghigno e il disagio sul suo viso aumentò al punto che le orecchie gli divennero rosse, come era accaduto a Mizumi.
Hara allora cercò di riprendere il controllo, si sistemò il colletto della camicia e ricambiò il mio ghigno come se un simile temperamento l’avesse in qualche modo stuzzicato, “Stai imparando allora.”
“A come trattare uno come te? Beh penso che dopo la millesima presa per il culo uno impari.”
Hara ridacchiò sotto i baffi, “Vieni torniamo in classe.”
Le restanti ore le passai fissando quel Takeru che non riuscivo proprio ad inquadrare, continuandomi a chiedere come sapesse di Mizumi. Non ci credevo affatto che avesse notato la somiglianza tra i due perché lì a scuola nessuno ci aveva mai fatto caso, quindi tutto ciò mi faceva pensare quel tipo fosse molto più vicino ad Hara di quanto credessi e forse aveva le risposte che cercavo.
Lo maledissi con tutto me stesso ripensando al gesto che aveva fatto. Senza accorgermene si voltò verso di me tirando fuori una linguaccia infantile, accidenti a me e alla mia mania di fissare le persone.
L’ultima campanella suonò presto e finalmente quell’estenuante primo giorno finì. “Che ne dite di andare a mangiare qualche schifezza in giro?” propose Kyoja ancora pieno di energie.
“Mi spiace ragazzi non posso venire, devo andare a casa di Tetsuo.”
Come un avvoltoio alle spalle di Kioko apparve proprio Tetsuo per portarsela via da noi, era inquietante il suo modo di essere protettivo. “Credo per oggi dovremmo passare.” Feci notare.
L’entusiasmo di Kyoja si spense subito e annuì, mi dispiaceva vederlo così ma eravamo usciti molto spesso insieme quelle settimane e farlo sempre stava diventando monotono. Entrambi volevamo la compagnia di altre persone solo che non c’era mai nessuno.
Allora Kyoja afferrò la sua borsa domandomi se dovesse aspettarmi ma io gli dissi di no e che poteva avviarsi perché dovevo passare un attimo in biblioteca per restituire alcuni libri. Detto ciò Kyoja mi salutò sorridendo come al solito, e rimasi lì da solo. No, che quella quiete mi dispiacesse, anzi alcune volte mi mancava essere invisibile perché erano mesi che non provavo più quella sensazione di pace intorno a me.
Consegnati anche i libri potevo sul serio ritenermi libero e pronto per tornare a casa. Era sconvolgente come quel luogo si svuotasse finite le lezioni, oltre me c’erano solo i professori e gli addetti alle pulizie nelle aule.
Non ero completamente solo lì, ma era come se lo fossi. Svoltai l’angolo per scendere le scale ma una particolare voce attirò la mia attenzione, feci un pò fatica a riconoscerla visto l’eco prodotto dalle pareti così decisi di scendere pochi gradini e di fermarmi lì, a metà della rampa nascosto nell'angolo.
“Non capisco perché tu abbia questo tipo di comportamento con me oggi.” Ancora quella voce. Cercai dunque di fare mente locale per cercare di riconoscerla ma non ci riuscii, allora cercai di sporgermi un pò per guardare al di sotto e lì vi trovai Takeru. Ecco a chi apparteneva e con chi stava parlando?
“Di cosa ti stupisci?” Era Hara l’altra voce. Ne rimasi veramente stupito, immaginando che fosse ormai già andato via. Allora la mia curiosità aumentò.
“Pensavo saresti stato più contento di avermi qui con te? Qui sei circondato da mocciosi.” Il tono di Takeru era ironico e pungente come al solito, persino con lui.
“In verità non capisco cosa ti abbia fatto cambiare idea riguardo le scuole. Non eri tu quello che diceva di trovarle noiose?” Quella era una bella domanda. Bravo Hara.
“Beh ho cambiato idea.”
La solita risposta del cazzo, pensai. “Non prendermi per il culo Takeru.”
Sentii una lieve risata da parte di Takeru, “Dovresti essere un pò più gentile infondo mi devi un favore no? Senza di me non avresti mai saputo che tua sorella era nei paraggi quella sera.”
Già, grazie a lui avevo passato i peggiori dieci minuti della mia vita. “Che devo fare con Mizumi, sta diventando sempre più insistente.” Il tono di Hara parve essere preoccupato, e me ne stupii molto.
“La colpa è di quel ragazzo che portasti con te la sera prima, quel Ryu. Non capisco proprio perché tu non gli dia una bella lezione come di solito faresti.” Ecco un’altra pessima idea che gli stava mettendo nel cervello quel maledetto.
“No, è innocuo fidati.”
Takeru rise sentendo quelle parole, “Scherzi vero? E’ più furbo di quello che sembra. Pensa venne nel locale pur sapendo che avrei potuto picchiarlo e non hai idea con quanta faccia tosta mi chiese notizie di te, facendomi credere che lo volesse sapere Mizumi nelle vesti di ragazzina innamorata.”
Sta zitto! Non dirgli altro maledetto. “Accidenti a lui.” Disse a quel punto Hara. Non potevo davvero crederci che quel tipo gli stesse spiattellando tutto così, eppure si era abbastanza vendicato no? Cosa gli entrava in tasca facendo così.
“Stai lontano da quel tipo o ti troverai ancora Mizumi tra i piedi.”
“Lo farò.” Aveva seriamente detto che l’avrebbe fatto. Era assurdo che quelle poche parole avessero così manipolato la mente di Hara al punto di fargli dire ‘lo farò’, allora era una pecora anche lui. Provai una sorta di disgusto nel constatare che il problema non era solo a livello familiare, ma era più generico e causato dalle persone di cui ci circondava. La faccenda era ancora più complicata.
Avvertii un rumore di passi allontanarsi così pensai che se ne fossero andati, ma per sicurezza tornai al piano di sopra e senza affacciarmi esplicitamente rimasi accostato accanto ad una finestra e li vidi andare via.
Per la prima volta mi sentii impotente, mi sentii come se in tutti quei mesi non avessi fatto altro che correre verso il nulla perché la meta non sembrava esserci. Piuttosto era sempre più lontano da me, era come averlo dietro un vetro, io potevo vederlo e sentirlo ma non potevo andare oltre e quindi restavo semplicemente lì ad osservare senza poter fare nulla.
Quel giorno tornai a casa praticamente sconfitto come se avessi perso una battaglia. L’avevo persa perché avevo preso tutte decisioni sbagliate, e infantili. Chi avrebbe mai pensato al pedinamento? Andiamo! Mi ero lasciato trasportare dalla gelosia e da quei stupidi sentimenti che non sapevo controllare.
Pensai, che era tempo di cambiare completamente modo di fare. Forse non era Hara che doveva tenersi alla larga da me, ma ero io che dovevo smetterla di pressare come un bambino in cerca delle sue caramelle. Infondo però ero giustificato, mi dissi. Non mi ero mai trovato in certe situazioni e quindi potevo avere il beneficio di una seconda possibilità per ripartire. Nonostante mi dicessi ripetutamente di lasciarlo andare e di allontanarmi non volevo farlo perché significava darla vinta a ciò che aveva detto Takeru. Quindi al diavolo! Mi aveva definito furbo, e gli avrei fatto vedere quanto ancora più furbo sarei stato. Però non avrei più coinvolto Mizumi, lo avrei fatto per il suo bene. Non appena avessi avuto le informazioni che cercavo le avrei detto tutto e a quel punto sarebbe intervenuta anche lei.
Il suono del cellulare mi sorprese facendomi tornare alla realtà. Mi resi conto di star ancora camminando verso casa, così mi fermai per vedere chi fosse a chiamarmi. Sul display il numero non appariva e dava anonimo, accidenti adesso le molestie iniziavano anche così! Decisi dunque di non rispondere e di annullare la chiamata e proseguii verso casa. Poi però il cellulare squillò di nuovo. “Accidenti!” sbottai esasperato, “Pronto?”
“ACCIDENTI SEGA RISPONDI A STO CAZZO DI CELLULARE!”
Hara? “Chi sei?”
“Tua madre, che dici?” Non poteva essere lui. Punto primo non aveva il mio numero e non sapevo proprio da dove avesse potuto rimediarlo, e secondo perchè mi aveva chiamato? Insomma non aveva appena detto a Takeru che mi sarebbe stato alla larga?
“Come fai ad avere il mio numero..”
“Tranquillo non l’ho rubato me l’ha dato Kioko.” E non voleva dire comunque rubarlo? O meglio forse indirettamente l’aveva fatto.
“Che cosa vuoi Hara?” Mi aspettavo di tutto, principalmente che volesse sgridarmi per ciò che gli aveva detto Takeru a scuola quindi attendevo la ramanzina.
“Sono in centro e un locale ha un offerta per due persone, volevo andarci ma quel coglione di Tetsuo sta sempre con Kioko e non posso andarci.”
Un locale? Cazzo mi aveva seriamente chiamato ancora per del cibo? Avrei dovuto essere arrabbiato ma ero grato in realtà che fosse per quello stupido motivo. “Dove sei?”
Hara mi spiegò approsimatamente dove scendere dopo aver preso la metro, e mi disse che mi avrebbe aspettato appena fuori la stazione così gli dissi che sarei andato.
Lungo il tragitto mi chiesi più volte perchè avesse chiamato proprio me, e no quel Takeru. Infondo lui era l’amico che conosceva la maggior parte delle sue cose private mentre io ero quello che voleva saperle per forza. Continuavo a non capire le sue azioni eppure non ci avevo pensato due volte a raggiungerlo, ormai ero arrivato al punto che non mi bastava più vederlo solo a scuola. Quella telefonata nonostante l’ansia mi aveva riempito il cuore di gioia, per tutto il tempo continuai a fissare quel numero e non avevo il coraggio di salvarlo in rubrica perchè non mi sentivo all’altezza.
Arrivato ad una stazione che non avevo mai visto prima mi trovai praticamente circondato da tantissime persone e non riuscivo proprio a vedere nessuno che potesse somigliare ad Hara. Pensai dunque di aver sbagliato fermata e mi assalì il panico come mio solito, ero negato con quella metro.
Tra la folla percepii di nuovo quella brutta sensazione di essere osservato e immaginai subito il peggio ricordando ciò che era successo l’ultima volta. All’improvviso una mano mi afferrò la spalla facendomi sussultare, “Tranquillo sega sono io.” Allora tirai un sospiro di sollievo.
“Accidenti a te che paura. Perchè scegli sempre posti orribili!”
“Non è così male questa zona, di solito è solo piena di ragazze che escono in gruppo.” E mi indicò un gruppetto di ragazze che si erano date appuntamento come noi lì. Ovviamente io ero troppo preso da quel suo tocco, infatti aveva ancora la mano sulla mia spalla e avevo praticamente smesso di respirare.
Finalmente Hara mi lasciò andare tra virgolette e il cuore cominciò a rallentare, decisi dunque di prendere un bel respiro. “Allora questo posto dov’è?”
“Qui vicino. Ah ma dividiamo eh.” Chiarì subito anche se mi doveva un capitale dopo l’ultima volta, e lo maledissi. Per colpa sua ero praticamente al verde e molto presto avrei pesato cento chili per tutta la roba che mi stava facendo inguirgitare.
Quando fummo davanti al locale rimasi completamente spiazzato, era un Neko Cafè. Uno di quei posti frequentati da sole ragazze e da qualche Otaku sfigato in cerca di figa, che diamine ci facevamo lì? “Hara è un..”
“Ignora l’insegna, ho sentito dire che qui vendono una Cheesecake buonissima.” Oddio era tremendamente serio, voleva sul serio entrarci per mangiare un schifo di torta.
“E’ i-imbarazzante però.”
Hara mi fisso torvo, “Ti dovresti vergognare guardandoti tutti i giorni allo specchio. Su entriamo imbecille.” E ci mancava l’ennessimo insulto. Non solo ero andato fin lì da solo, ma mi ero persino fatto trascinare in un cafè pieno di gatti puzzolenti.
Dentro fummo accolti da alcune cameriere molto carine che indossavano orecchie e coda da gatto, era agghiacciante tutto ciò ma Hara parve non esserne turbato anzi aveva già la mente proiettata sulla torta.
Le ragazze ci guidarono verso un tavolo vuoto, lì a parte noi c’erano solo ragazze che oltre a prendere qualcosa da mangiare accarezzavano insistentemente i gatti presenti. Questi giravano liberi per il caffè, e la cosa mi spaventò molto, al punto di temere che un gatto mi avrebbe graffiato il viso. “Possibile che in tutta Tokyo solo qui facessero una buona Cheesecake?”
Hara sollevò lo sguardo dal menù, “Che problemi hai? E’ solo un locale con gatti.” Ma quelle stranezze le riservava a tutti o ero solo io la sua valvola di sfogo preferita?
“Allora ragazzi! Nyah- I gatti potete accarezzarli ma non dovete dare loro da mangiare, ecco a voi tutto il regolamento e spero sappiate l’offerta di oggi. Ogni dolce costa la metà se con voi c’è un amico nyah!” Era spaventoso il suo modo di parlare, cercava in tutti i modi di somigliare a un gatto ma senza riuscirsi miseramente. Non potevo credere che esistessero certi posti.
Hara ignorò completamente il regolmento e passò subito all’ordinazione senza neppure chiedermi cosa volessi, infatti ordino due di quelle cheesecake che io non volevo affatto.
Un gatto nel frattempo mi stava sfiorando la gamba sotto al tavolo facendomi gelare il sangue. “Oddio come lo mando via!”
Hara gettò un occhiata verso il gatto e mimando un calcio lo fece spaventare al punto che questo scappò via, “Odio i gatti.” Disse. E allora che cazzo ci facevamo lì? O meglio c’era qualcosa che non odiasse? Oh certo che c’era, tutto ciò che si mangiava era il suo amore.
Finalmente ci furono servite le torte e rabbrividii quando vidi il disegno a forma di gatto fatto sull’angolo del piattino con la glassa. Immediatamente lo cancellai con la forchetta trasformandolo in qualcosa di informe, Hara invece parve ignorare completamente la decorazione e subito addentò la torta. Feci così pure io e provai il primo boccone. “Wow è buona!” esclamai.
“Te l’avevo detto sega.” Sembrava essere di buono umore quando era in quei posti, al punto da sempre un ragazzo qualunque che mangiava una fetta di torta col proprio amic- interruppi quel pensiero. Perché potevo davvero considerarmi amico? Io volevo essere altro per lui, ma per la prima volta pensai a come ci avrebbero potuto vedere da fuori le persone. Sul serio non ci avevo mai pensato. Eravamo due maschi, che cosa facevano due persone dello stesso sesso che stavano insieme? Io avrei voluto tenergli la mano, baciarlo e stargli accanto ma poi cosa avrebbero pensato gli altri. Cominciavo un pò a rendermi conto di quella realtà, e mi domandai perchè non ci avessi mai pensato prima. Per gli altri, in pubblico sembravamo dei semplici amici, solo in cuor mio eravamo altro. Già, solo dentro di me.
“Non ti piace più?” Mi domandò Hara ad un certo punto.
“Sì è buona.” Ma il mio tono era diventato all’improvviso un pò più cupo. Mi maledissi per aver cominciato a pensare certe cose proprio lì con lui, perchè se ne sarebbe accorto.
Hara posò la forchetta e mi fissò seccato “Accidenti perchè ti incupisci all’improvviso. Mangia e basta!”
Obbedii e misi in bocca un altro boccone, ma il dolce sapore che avevo sentito prima era sparito.
Una volta finito lasciammo quello strano posto, ma lì cominciò la parte peggiore perché iniziai a mettere a fuoco varie coppie che se ne andavano in giro normalmente. Lui che teneva la mano di lei per proteggerla, e lei che dolcemente gli sorrideva.
Già, se mai Hara fosse cambiato non saremmo mai stati così. E quel pensiero mi fece molto male, improvvisamente incominciai a chiedermi che strada avevo deciso di percorrere. Poi però senza volerlo lo guardai, e i dubbi ebbero una risposta che andava oltre ciò che potevano pensare gli altri. Avevo paura sì, ma non sarei riuscito a rinnegare quello che sentivo perchè non facevo del male a nessuno. Quello era l’amore che provavo e al diavolo la società giapponese. “Mi fisserai ancora per molto?”
“Ah scusa..”
Hara sospirò “Quest’abitudine ce l’hai con cani e porci, forse è meglio che te la togli.” Aveva notato questa cosa? Era davvero strano.
Hara mi lanciò di sfuggita un occhiata. “Beh che si fa? Andiamo a casa o hai ancora fame?”
“No, in verità voglia andare a casa anch’io.” Mi stupì molto che avesse detto una cosa del genere e che non avesse voluto scroccare altro avendomi lì. Ma lasciai perdere e non feci altre domande, accettai di buon grado di tornare a casa anche se da lì non sapevo la strada così mi affidai completamente a lui.
La strada del ritorno fu del tutto diversa rispetto a quella dell’andata e lo notai dal fatto che avevamo completamente evitato di prendere la metro. Non capii proprio il perchè di quella scelta.
“Non facevamo prima con la metro?”
Come al solito lui mi camminava davanti lasciandomi vedere quelle sue bellissime spalle larghe. “Non lamentarti non è molta la strada.” Mi rispose a tono come al solito.
Però più camminavo e meno riconoscevo quella strada, che mi stesse portando in qualche angolo buio per uccidermi? Ormai mancava solo quello e sarebbe diventato lo psicopatico per eccellenza. Poi, però una lampadina cominciò ad accendersi in me, oltre a quelle per strada, perchè ormai era sera. “Ma da questi parti c’è casa tua o sbaglio?” domandai dunque.
Hara mi lanciò un occhiata veloce “Si.” Perfetto, e cosa diamine ci facevo lì anch’io, maledetto? Ero stufo di tirargli fuori le risposte con le pinze ma fu troppo tardi perchè arrivammo davanti a quell’abitazione che conoscevo fin troppo bene. Notai che tutte le luci erano spente quindi pensai che all’interno non vi fosse nessuno. Hara tirò dunque fuori un mazzo di chiavi e aprì la porta, restai nel cortile immobile continuando a chiedermi cosa dovessi esattamente fare. Praticamente lui mi aveva proibito di andare lì. “Entri o no?” Disse la sua voce dall’interno di quella casa.
Avrei potuto dire: 'no, fottiti vado a casa’ ma non lo feci perchè ero sciocciato che mi stesse invitando ad entrare al punto che non potei fare a meno di accettare.
Una volta dentro notai l’enorme disordine che c’era in giro, tra vestiti, carte e quant’altro. In quel posto mancava completamente il tocco di una donna. Andai dunque verso la cucina dove c’era Hara che aveva aperto il frigorifero per afferrare un bottiglia d’acqua. Gettai una rapida occhiata all’interno mentre era ancora aperto e notai che era vuoto, e oltre l’acqua e alcune salse non vi era nulla. Cosa avrebbe mangiato per cena? Mi domandai.
Cominciai dunque a capire che lui lì era solo. Ma dov’era sua madre?
“Se hai sete lì c’è l’acqua.” Mi disse indicandomi il frigo e non fregandosene affatto che potessi notare quanto fosse in realtà vuoto. “Tutto il resto sai dov’è, io vado un attimo a togliermi la divisa.”
Annuii facendo segno di aver afferrato e rimasi da solo. Era così assurdo trovarmi in quella casa; il luogo delle risposte ma esattamente dove avrei dovuto cercare?
Decisi dunque di aprire i vari scomparimenti della cucina e come avevo immaginato non vi era praticamente nulla, a parte piatti pieni di polvere e pentole mai usate. Mio dio, mi dissi. Così andai in salone e notai che oltre i soliti mobili non vi erano nè foto, nè altri oggetti personali che potessero dimostrare che quella casa fosse abitata da una persona di sesso femminile.
Se quella era la sua realtà, perchè non chiedeva aiuto a Mizumi e al padre? Tutto ciò mi mise addosso una grande tristezza, volevo fare qualcosa ma non sapevo esattamente cosa. “Che stai facendo nel salone?”
Sentire la sua voce mi fece sussultare, per fortuna non mi aveva beccato mentre curiosavo sui scaffali della cucina. “Nulla.” Notai che Hara aveva indossavo una semplice tuta, e una maglia nera. Si era praticamente messo in libertà ignorando completamente il fatto che io fossi ancora lì in divisa. “Ehm io non so tu ma ho un pò di fame.” Iniziai a dire perchè era vero, di solito a casa a quell’ora cenavo e non sapevo cosa lui facesse invece tutto solo.
Hara gettò un occhiata verso la cucina, “C’è un kombini qui fuori vatti a comprare qualcosa.” Cioè, non solo era stato lui ad invitarmi ma adesso mi stava seriamente mandando in un supermercato.
“O-ok, vieni pure tu non conosco la strada.”
Era chiaramente scocciato da quella richiesta ma non aggiunse altro. Anzi mi fece lui strada, indossò le scarpe e fu il primo ad uscire di casa, così feci lo stesso.
Era strano trovarci in una situazione del genere ma allo stesso tempo era anche bello. Era incredibile che fosse accanto a me in quel momento senza quel suo odioso atteggiamento.
Una volta al kombini cominciai a girare tra i vari scaffali in cerca di qualcosa di commestibile da preparare per cena, ma c’era solo schifosa roba precotta. All’improvviso Hara apparve da dietro l’angolo con qualcosa di disgustoso tra le mani, “Ti va bene questo?”
“Che diamine è quella roba?” L’osservai ancora e solo la sua confezione era aberrante.
“Non saprei ma sta scritto che si prepara in 3 minuti con acqua calda.”
Gli strappai immediatamente quella roba di mano lasciandola su uno scaffale a caso, “Voglio qualcosa che non si roba precotta. Vedi già della carne va bene.” E ne afferrai una confezione.
“Geniaccio perchè sai cucinare?” Ci fu un silenzio imbarazzante in quel momento, aveva colto nel segno. Non avevo mai messo mano ai fornelli. Addirittura non sapevo nemmeno come far funzionare la macchinetta del riso. “Ecco appunto..” aggiunse Hara leggendomi la risposta in faccia.
“Ci sono le ricette online quanto può essere difficile?”
Poco dopo mi maledissi per quella frase. Una volta tornati a casa cominciò il compito più difficile, e cioè trasformare quella roba in qualcosa di commestibile così misi mano al cellulare e cercai ricette fattibili e facili da seguire ma era praticamente tutto arabo.
Hara nel frattempo se ne stava seduto a tavola osservando l’esilerante scena di me che litigavo con la macchina del riso che non veniva usata dai tempi della preistoria, e lo capii dal fatto che fosse piena di polvere. “Fatto è accesa!” Dissi entusiata di essere riuscito ad attivarla.
Hara fissò la cosa con meno entusiasmo “Bene e ora come funziona?”
Quella era una bella domanda. Avevo tante volte visto la mamma far funzionare quell’affare ma non mi ero mai posto il problema del come, infondo non erano cose per ragazzi. Cercai dunque di schiacciare vari bottoni ma fu inutile la macchina mi abbandonò.
Ok, niente riso ma cercai almeno di far cuocere in una padella quel poco di carne che avevo comprato insieme a qualche verdura per dargli un pasto decente ma all’improvviso le verdure cominciarono letteramente a saltare da tutte le parti imbrattando la cucina.
Hara allora intervenne abbassando la fiamma del fornello “Accidenti sega sei un disastro!” Afferrò la padella e la mise sotto l’acqua del rubinetto. Anche le verdure erano andate.
“Che disastro!” Dissi a quel punto mettendomi le mani nei capelli, notando quanto tutto fosse sporco. In dieci minuti avevo fatto rivivere una cucina mai usata rendendola un porcille.
Mi fu poi lanciato uno straccio in pieno viso con estrema violenza. “Ora pulisci.” Mi fu ordinato.
Non potei ribattere e incominciai a pulire tutta quella roba incollata in giro, Hara nel frattempo tentava di ripulire la padella e la macchina del riso ma era praticamente più negato di me. “Non credevo fosse così difficile cucinare qualcosa.”
“Che ti aspettavi? Non mi sorprende che tu non sappia fare nulla.” Non aveva neppure apprezzato il mio tentativo quell’idiota, mi sentii profondamente offeso. Cercai almeno di far brillare il fornello e il pavimento ma poi proprio mentre ero chino a terra mi arrivvò dell’acqua in testa che cominciò a colarmi lungo la fronte. Quando andai ad alzare la testa vidi che Hara mi stava letteralmente strizzando in testa lo straccio e rideva bieco. Rimasi ad osservarlo per qualche secondo assolutamente senza parole per quel gesto senza senso. “La punizione per avermi incenerito la cucina.” Disse infine. E tornò al lavello.
Istintivamente allora mi alzai da terra ancora zuppo d’acqua e gli lancia con estrema forza lo straccio in pieno viso cogliendolo di sorpresa. Quando Hara andò a spostarlo lo fissò per alcuni secondi incredulo che avessi sul serio fatto una cosa del genere. Allora senza pensarci due volte scappai di lì, ma Hara rispose rincorrendomi.
Scappai verso il salone facendo il giro dell’enorme divano posto al centro della stanza, ma Hara lo scavalcò con un balzo e fui afferrato bruscamente e buttato a terra. “Scusa scusa scusa scusa.”
Hara era lì che mi sovrastava imponente, sentivo perfettamente tutto il suo peso e aveva ancora tra le mani quel lurido straccio da cucina, “Adesso te la faccio bere questa acqua.” Oddio no!
“Ho chiesto scusa cazzo!” Continuai a dire sperando che cambiasse idea. Ma l’espressione di Hara non era affatto arrabbiata, piuttosto molto divertita e me ne stupii molto.
“Dì: padrone chiedo scusa.” Mi suggerì poi con tono ancora più ironico.
“Cosa?! Sei impazzito non lo dirò mai.”
Allora Hara parve seccato per quella mia risposta visto che non stavo al suo gioco, così mi aferrò il viso e cominciò a stringermi le gunace “Andiamo dillo: ti chiedo scusa padrone.” Continuò a stringere le mie guance cercando di farmi mimare quella frase ma io non mollavo. A quel punto Hara rilassò la presa e mi fissò intensamente, sapevo benissimo cosa succedeva quando iniziava a fare così. Cercai dunque di alzarmi ma fui bruscamente inchiodato a terra dalle sue mani che tenevano le mie.
“Non ti sei chiesto perchè ti abbia fatto venire qui oggi?” Persino il suo tono di voce era cambiato diventando può basso e intenso.
“Si me lo sono chiesto al dire il vero ma non ho capito.”
Hara mi sorrise “E tu vai a casa di una persona senza chiederti il perchè? Troppo ingenuo sega.”
Già era vero, era un altro mio difetto ma anche se avessi trovato la risposta non avrei impedito a me stesso di seguirlo fin lì perchè era ciò che volevo nel profondo. Volevo nascondermi il viso ma non potei farlo perchè avevo le mani bloccate a terra.
Cominciai a sentire il viso in fiamme, sapevo di essere arrossito come mio solito. “P-poi ti lamenti che faccio lo strano. Ti prego lasciami andare.”
Hara alla fine obbedì e lasciò presa spostandosi da me. “Perfetto. Ho la cucina che è un disastro, nulla da mangiare e te che non vuoi nemmeno limonare.”
“C-cosa h-hai detto?” Sul suo viso apparve un sorriso a trentadue denti e gli partì una fragorosa risata, al punto che si stese sul divano. L’aveva dunque detto per scherzo, che paura avevo avuto.
“Per sfizio sega che tipo di amore hai in mente nella tua testa? Lo sai vero che due persone che stanno insieme fanno sesso eh? Cosa credi che faccia Kioko quando va da Tetsuo.” Non volevo sentire quelle cose, e non volevo immaginare quei due in un simile atto. Il mio disagio continuava, non avevo esattamente pensato a certe cose neppure quando le avevo fatte con lui. Hara a quel punto si mise in piedi, facendomi spaventare, temevo che potesse fare qualcosa. “Vado a comprare altre cose.” Disse però.
“Aspetta vengo anch’io.”
“No resta qui è inutile andarci insieme.” Indossò di nuovo le scarpe e sparì dietro la porta. Mi sentivo davvero un idiota, non ero riuscito a dire nulla di intelligente negli ultimi minuti ma solo perchè lui mi aveva colto di sorpresa con quella storia del sesso. Solo a sentire quella parola mi partivano le vampate.
Cercai dunque di ricompormi e tornai in cucina a sistemare ciò che potevo, almeno così avrei cacciato via ogni pensiero dimenticandomi di quei suoi bellissimi occhi, e del sorriso che tanto amavo.
Non dovette passare molto tempo, quando sentii di nuovo la porta aprirsi. “Uao hai volato.” Mi venne spontaneo dire e andai verso l’ingresso ma chi vi trovai non era affatto Hara ma bensì una donna.
Il mio stupore fu immediato, ma così anche da parte dell'altra persona che mi scandagliò con lo sguardo “E tu chi diavolo saresti? Che ci fai in casa mia.” Disse con un tono molto acuto, eppure in quella voce oltre a tanta diffidenza percepii anche un tocco di veleno, lo stesso che percepivo in Hara quando aveva i suoi brutti momenti.
“Ehm sono un amico di Hara.”
La donna mi passò accanto ignorando completamente le mia parole, posò la borsa su un piccolo mobile all’ingresso e si tolse i tacchi alti lasciandoli cadere sul pavimento della casa senza metterli a posto. “E dov’è l’altro?” Intendeva Hara?
“E’ andato al kombini qui vicino.”
La donna mi lanciò un’altra occhiata superficiale fissandomi di nuovo da capo a piede. Iniziai a notare nuovi particolari e cioè che che era truccata pesantamente e che aveva una lunga chioma nera, lo stesso tipo di colore di Hara. A quel punto cominciai a farmi due conti su chi potesse essere.
La vidi entrare nella cucina, così la seguii ma quest’ultima si fermò all’ingresso “Che cazzo è successo qui!”
“Ah mi dispiace abbiamo combinato un disastro con del cibo.” Cercai di spiegare.
“Gli ho detto mille volte di non cucinare.” Disse ma non riferendosi a me, la vidi mordersi il labbro inferiore chiaramente urtata da tanto disordine. Come se la casa non fosse già un macello.
“Ehm io stavo già mettendo in ordine, mi dispiace di tanto disturbo.”
La donna mi fissò nuovamente, “Mi stai ancora parlando moccioso? Sta zitto un pò.” Aveva sul serio detto una cosa del genere? Per un secondo mi parve di avere davanti proprio Hara, lo stesso identico atteggiamento. Diamine era una cosa di sangue allora.
Decisi dunque di far silenzio e rimasi lì ad osservarla che trafficava nella sua borsa in cerca di qualcosa, quando poi la vidi estrarre un pacchetto di sigarette rosa. Perfetto tutti esempi fantastici!
Iniziò a fumare davanti a me buttando la cenere sul pavimento. Cos’era un animale quella donna? Mi rifiutai di credere che quella fosse sul serio sua madre, perchè era mostruosa. Pur essendo una bellissima donna aveva i modi di un camionista. “Ragazzino credo che sia ora di tornare a casa tua che dici?”
“S-sì ma sto aspettando Har-“
“Tranquillo a quello non frega un cazzo se te ne vai prima quindi togliti di mezzo.” Rimasi sul serio senza parole nel vedere una donna dal comportamento così rozzo. Mi venne in mente sia Mizumi che Hara, e per quanto alcuni lineamenti fossero simili a quelli di quella donna non riuscivo sul serio a vederci parentela.
“Signora.. lei è la madre di Hara?” L’avevo chiesto finalmente.
La donna mi fissò seccata per quella domanda, “Si perchè?” Dio mio non poteva essere vero. Improvvisamente ebbi la risposta a molte delle domande che mi ero sempre posto, sì lei era davvero la causa del comportamento del figlio. A quel punto mi salì una forte rabbia.
Proprio in quel momento la porta si aprì di nuovo, e sentii dei passi frenetici correre verso la cucina dove eravamo noi. “Cazzo sei tornata!” urlò a quel punto Hara vedendo la madre. Aveva l’espressione chi si trovava di fronte un fantasma.
“Come ‘sei tornata’ questa è casa mia dopotutto. Su porta via questo moccioso ho bisogno di dormire un pò e non voglio casino per casa.”
Hara la guardò con disprezzo, un espressione totalmente diversa rispetto a quelle che avevo visto fino a quel momento. Quello che vedevo era puro odio nei suoi occhi, ma la madre parve non curarsene affatto affatto continuando a fumare la sua sigaretta come se nulla fosse.
“Vieni andiamocene.” E mi afferrò il braccio trascinandomi verso la porta. Non capii perchè ce ne stessimo andando via di lì, infondo era anche casa sua.
“Yuuto lascia qui la busta se hai preso del cibo.” Disse ancora quella voce proveniente dalla cucina. Hara allora obbeddì, lanciò la busta a terra con poco delicatezza e uscimmò.
Nel farlo Hara chiuse con estrema forza la porta e camminò molto in fretta per allontanarsi da lì, feci molta fatica a stargli dietro e quando riuscii a raggiungerlo lo fermai afferrandogli un braccio, “Hara fermo! Dove stiamo andando, che succede?”
Hara mi spinse via, “Torna a casa tua su.” Ripiegò anche su di me quel suo sguardo di odio, ebbi paura a contraddirlo non sapevo come avrebbe reagito. Mi esortò ancora una volta ad andare via, e a quel punto vedendo che non mi muovevo di una virgola mi mandò al diavolo e imboccò una stradina isolata.
Era inutile seguirlo o meglio non ne ebbi il coraggio, avevo paura di quei suoi occhi diventati improvvisamente rossi dalla rabbia. Occhi di chi voleva sul serio fare del male a qualcuno, ma oltre la paura ero anche rimasto sconvolto da ciò che avevo visto. Quella era sua madre e cominciai a pormi nuove domande, se lei non c’era mai stata cosa aveva potuto passare Hara in quegli anni? Come aveva fatto a crescere completamente solo?
Provai tanta pena in quel momento, immaginando dove potesse andare tutto solo di notte senza neppure aver mangiato. La serata improvvisamente si era trasformata in incubo per lui.
 

  
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