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Autore: __roje    02/03/2016    2 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Ryu è un ragazzo di appena sedici anni praticamente invisibile al mondo intero, ma che un bel giorno si trova a fare la conoscenza del ragazzo più ammirato e desiderato della sua scuola, Hara. Solo che quell'incontro darà il via a tutta una serie di episodi tutt'altro che piacevoli per il nostro protagonista. Infatti finirà con lo scoprire che proprio Hara nasconde un carattere davvero particolare e schivo sulla propria vita privata, e spetterà proprio a Ryu scoprire il perchè del suo atteggiamento. Con determinazione e amore Ryu dovrà passo dopo passo arrivare al cuore di una persona che non sa che significa amare, e dovrà combattere contro i suoi demoni.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo XXIV

Facemmo sesso altre due volte. Senza sosta come due animali e Hara sembrava non esserne mai sazio. Io invece ero stremato e dolorante, non c’era parte di me che non fosse ormai fuori uso.
Nonostante ciò l’avevo lasciato fare e mi era persino piaciuto di più le volte seguenti. Adesso ero steso su quel letto completamente sporco del nostro seme, ma non me ne curai non avevo davvero più forza per muovermi. Hara invece era sceso di sotto per dell’acqua.
Cercai dunque di mettermi almeno seduto e di ricompormi. Quanto ero una puttana da 1 a 10? Che cosa sarebbe successo adesso. Avremmo di nuovo fatto finta di nulla o mi avrebbe detto di dimenticare?
Eppure era stato di nuovo lui a cominciare, come probabilmente la prima volta e sicuramente la seconda. Dio mio, non riuscivo sul serio a crederci di averci fatto sesso, era troppo imbarazzante.
“Tieni bevi un pò.” Apparve da dietro la porta lanciandomi una bottiglietta di acqua. Era ancora semi nudo e indossava semplicemente i jeans. Quanto era figo!
Bevvi qualche goccio d’acqua e lo guardai furtivamente. Lo vidi raccogliere la maglia da terra e indossarla, ma io avevo bisogno di lavarmi come minimo prima di rivestirmi. Cosa dovevo dire in quel momento? “Sei di nuovo muto?”
“Eh? No.” Risposi con tono acuto. Accidenti a me e al mio imbarazzo, pensai.
“Se devi lavarti il bagno è lì, vacci.”
Seguii il suggerimento e mi misi in piedi ma cazzo avevo dolori praticamente ovunque. Hara sapeva essere davvero brutale persino a letto, ma cercai di sopportare e andai a farmi una doccia.
Una volta pulito e vestito tornai di sotto dove era intento a preparare qualcosa di precotto con acqua bollente. Quella scena non mi era nuova così mi avvicinai. “E’ questa la tua cena?”
“Già. Brodo in scatola, vuoi provare?”
Guardai disgustato quella roba. “No grazie. Ma perché non ordini qualcosa, oppure ci sarà qualche ristorante da queste parti.. ma non mangiare sta roba.”
“Certo, sono milionario da poter andare sempre in certi posti. Genio!”
Ok avevo sparato la mia cazzata serale e lo capii quando Hara mi fissò chiaramente innervosito. Allora decisi di andare a dare un’occhiata in frigo e come al solito c’era solo acqua, salse varie e una marea di roba precotta. Fu in quel momento però che ebbi una idea geniale, ma anche tanto stupida.
Gli impedii di versare l’acqua bollente nel brodo, afferrai varie cose dal frigo e seguendo le indicazioni dei tre minuti di preparazione mescolai varie cose insieme agli spaghetti per creare una sorta di pasta alla piastra molto abbozzata che servii ad Hara. Quest’ultimo la guardò molto titubante, l’aspetto era davvero orribile ma non poteva essere così cattivo.
Fui il primo ad assaggiare e Hara attese una mia reazione. Assaporai quel boccone a lungo cercando di decidere se fosse buono o meno e cazzo lo era! “E’ decente!”
Hara allora mi imitò e assaggiò. Gli si illuminarono gli occhi e prese un altro boccone, “Hai fatto un pastrocchio commestibile.” Quell’ironia la trovai divertente e risi.
Che bella scena. Eravamo entrambi seduti a quella tavola apparecchiata per due in cucina che per la prima volta sembrava avere un pò di colore. Hara stesso sembrava essersi finalmente colorito. Ne fui felice e ricominciai a mangiare.
Facemmo il bis di quella roba, e abbozzammo un dessert con altre schifezze che aveva preso al kombini. Non era una cena spettacolare ma fu divertente inventare cose con quel che si aveva. Stesso Hara parve davvero contento di aver mangiato decentemente.
Finito tutto era tempo di rimettere in ordine così mi piegai le maniche della camicia e cominciai a lavare quei due piatti usati. Hara nel frattempo stava mettendo in ordine la tavola.
“Non ho mai messo a posta questa roba.” Disse all’improvviso soffermandosi a guardare le bacchette che avevo appena lavato.
“Dovresti sempre cenare in maniera decente. Compra degli ingredienti e provaci stesso tu a cucinare, prima o poi verrà qualcosa di buono.”
Hara si rabbuiò di colpo, “Che senso ha cucinare per una persona sola.”
“Allora invita me verrò volentieri ad assaggiare la tua roba!” Gli sorrisi e Hara mi guardò con sufficienza tornando a mettere in ordine. Sperai che avesse apprezzato le mie parole ma non fu così.
“Non ho bisogno della pietà di nessuno, sega.”
Ecco appunto l’aveva presa male. “Non volevo dire questo ma se vuoi compagnia devi semplicemente chiedere e chiunque verrebbe da te.” Lo fissai serio.
“So a cosa alludi: ‘chiama Mizumi’. Sempre la stessa storia.” Ripetette in maniera cattiva, mimando il mio tono di voce rendendolo davvero male.
“No Mizumi ma me. Chiama me se ti senti solo, io verrò.” Lasciai perdere i piatti e gli andai accanto sfiorandogli una mano. Hara per quel mio gesto sgranò gli occhi e arrossì lievemente. Così distolse immediatamente il viso da me concentrandosi sulle ciotole che stava asciugando.
Sentivo il cuore di Hara un pò più aperto verso di me, era strano ma lo percepivo. Quello spiraglio che avevo aperto mesi fa iniziava a farsi più grande e molto presto vi sarei potuto entrare. Eppure non avevo fretta, avremmo fatto tutto lentamente, gli avrei dato i suoi tempi.
Hara gettò un occhiata all’orologio attaccato alla parete, “Sono già le otto passate, vieni ti accompagno a casa.” Disse mettendo a posto le ultime cose.
“Ma no adesso so perfettamente la strada posso tornare da solo.”
“Già, così domani vedrò la notizia del tuo omicidio al telegiornale.” Unì il sarcasmo e alla sua solita vena pungente rammentando chiaramente l’episodio di quei due tipi loschi.
Ridacchiai, “Andiamo quella era una brutta zona. Ci si vede a scuola... cioè quando tornerai.”
“Già dimenticavo la sospensione.”
Hara mi accompagnò alla porta come bravo padrone di casa. La aprii e lo salutai ancora una volta con un sorriso ebete stampato in faccia, Hara ricambiò con un cenno apatico di mano e richiuse la porta.
Un tempo non avrebbe neppure fatto quel cenno. Anche se non avevamo parlato di ciò che avevamo fatto per tutto il pomeriggio sentivo che qualcosa stava lentamente cambiando in lui, era più aperto. Mi piaceva molto quella sua versione e sperai che potesse continuare su quella strada positiva.

****

Il giorno seguente fu molto noioso.
Le ore parvero non trascorrere mai e più guardavo l’orologio sul muro, più le lancette rallentavano. Era come se non avessi motivo di essere lì, forse perchè mancava lui.
Gettai più volte un occhiata verso quel banco vuoto e non riuscii ad immaginare come stesse occupando il suo tempo: forse stava dormendo o era uscito.
Ormai i miei livelli ossessivi avevano raggiunto uno strano livello, non riuscivo più a pensare ad altro. Quel sentimento mi stava dando alla testa, era quello quindi l’amore?
“Saputo qualcosa riguardo Yuuto?” Mi domandò ad un certo punto Mizumi.
“Si, sta bene. Non voleva fare del male a Nakamura quindi sta tranquilla.” Le dissi e sperai che quelle parole potessero ridarle senerità. Aveva il viso così triste.
“Ryu non riesco più a sopportare di sapere le cose così ma non so proprio cosa fare. Più ci provo e più mi sembra di ottenere il risultato inverso.”
Era quello il momento giusto per dirle della madre? “Devi dargli tempo. Sto notando una sorta di cambiando in lui ma per ora è troppo presto.” Che codardo ero.
Mizumi allora divenne rossa in viso “Mettiti nei pieni panni Ryu! Come posso starmene buona? Tu cosa faresti al mio posto. Non correresti verso di lui?”
“Si lo farei ma riceverei una porta in faccia.” Le sorrisi.
“Quindi?”
“Continuerei comunque a provare però fin quando quella porta non sarà aperta. Non ti sto dicendo di mollare ma solo di avere la mia stessa pazienza perchè prima o poi sarà lui a venire da te.”
Mizumi parve confusa. Non pretendevo che capisse il mio modo di pensare, e non era costretta e seguire ciò che le dicevo. Volevo solo che sapesse la realtà delle cose e cioè che Hara stava lentamente accettando chi gli stava accanto, ma non era ancora pronto per lei e suo padre.
Mizumi mi fissò severa, “Allora lo affido a te. Mi raccomando.”
Quelle parole mi stupirono, anche se stavo già svolgendono un ruolo del genere. Ormai era diventata una mia priorità il bene di Hara, e quindi le dissi va bene. Mizumi parve rincuorata e tornò dalle sue amiche.

****

Quello stesso pomeriggio decisi di andare di nuovo da Hara ma stavolta con me avevo comprato un pasto decente in un locale vicino la scuola. Sperai in cuor mio che apprezzasse quella cucina e il gesto.
Mi sentivo stranamente felice di rivederlo come se tutta la giornata stesse finalmente acquisendo un senso. Forse solo perchè a breve avrei rivisto il suo volto e ascoltato la sua voce.
Suonai il campanello di quella porta senza più alcun timore, ma con l’ansia di vederlo. Purtroppo però ogni mia aspettativa svanì di colpo quando ad aprire fu Maya, sconvolta di vedermi quanto lo ero io.
“Ah Yuuto... non sapessi aspettassi visite!” Disse ad alta voce nel vedermi.
Improvvisamente il mio buon umore sparì. “C’è Hara?”
“Oh si, vieni entra.” Mi invitò.
“No grazie aspetto qui.”
Finalmente apparve anche Hara. Un odio profondo cominciai a provare nel vedere quella sua faccia, e quell’espressione di sufficienza come se tutto ciò fosse normale. “Sega che vuoi?”
Perfetto ancora una volta aveva distrutto ogni cosa con quel suo comportamento altanelante. Non sopportavo più che facesse ciò che voleva dei miei sentimenti. Lo stare insieme non era servito a nulla.
“Tieni ti ho portato da mangiare. Ciao.” Mollai il sacchetto nelle sue mani e mi voltai imboccando la strada per andarmene il prima possibile da lì.
Da lontano gli sentii più volte pronunciare “Sega! Ehi”, cosa sperava che rispondessi?
Che idiota ero stato a lasciarmi andare con lui. Che idiota ero punto!
Il mio amore era completamente a senso unico e stavo mettendo a dura prova me stesso per chi poi? Per qualcuno che pensava solo al proprio io, ai suoi bisogni senza curarsi del prossimo.

Infondo però mi stava bene perchè prima o poi la lezione l’avrei imparata, mi dicevo. Eppure non sembrava essere così, no, perchè ero disteso sul mio letto ormai dai due ore e sembravo completamente morto.
Ero morto dentro, così come il mio cuore.
Sentii il cellulare squillare più volte ma non volli neppure sapere chi fosse. La mia vita si era completamente stravolta. C’era solo Hara, Hara, Hara, dov’era finita quella mia voglia di crescere e di cambiare? Avevo completamente dimenticato quell’obiettivo riponendo le speranze invece in lui. In una persona che per quanto mi facesse male ammetterlo andava a letto con chi capitava, mashio o femmina che fosse, bastava semplicemente scopare quindi.
Si, quella era la realtà attorno a cui girava quel mondo. Omofobi, gay, sesso e violenza.
In pochi mesi avevo imparato cose di cui non avevo neppure mai sentito parlare e saperle adesso non mi rendeva affatto felice. Piuttosto mi sentivo piegato in due, come se la mia purezza fosse svanita.
Che cosa dovevo dunque fare per stare bene?
La porta della mia stanza si aprì di colpo e vi entrò mia madre. “Ryu accidenti perchè non mi rispondi.”
“Scusa mamma non ti avevo sentito.” Mi misi a sedere sul letto.
Mia madre si guardò in giro vedendo tutto sottosopra. Divisa e borsa erano buttati a terra e le tende erano tirare coprendo il sole spettacolare che c’era fuori. “Comunque c’è un tuo amico di sotto.”
Sgranai gli occhi. “Cosa?!” Era impossibile che fosse lui. Non poteva essere venuto. Ripetevo quelle cose continuamente nella mia testa, ma il mio cuore sperava che avesse scaricato quella Maya per me. Ma quando varcai la porta del piccolo salone che avevamo in casa rimasi molto deluso nel vedere Takeru. “Ah sei solo tu...”
“Tu piccolo bast- è questo il modo di salutare un amico?” Trattenne la parolaccia solo perchè accanto a me c’era mia madre così sfoderò un bel sorriso e fu più gentile.
“Vado a prendervi qualcosa da mangiare.”
“Non ce n’è bisogno mamma.” Non riuscii a fermarla ma almeno era andata in cucina lasciandoci soli.
Ci mancava solo Takeru adesso, non bastava Hara a darmi problemi ma dovevo sorbirmi tutto il carico dietro mentre lui se la spassava con la tipa. Mi salì una forte rabbia. “Allora cosa vuoi.”
“Ti sto chiamando da un ora al dire il vero. Sei forse sordo?”
Lo guardai seccato per quella ramanzina, “Dormivo. Allora cosa volevi dirmi?”
“Nulla di che, volevo andare a trovare Yuuto e pensavo che ti avrebbe fatto piacere vederlo.” Lui non sapeva che l’avevo già visto, sia ieri che oggi. Era all’oscuro del fatto che avevamo fatto ancora sesso.
“E’ con quella Maya è inutile che vai.”
Takeru mi fissò stupito, “Sei già andato da lui?”
Mi misi a sedere sul divano per niente turbato da quella domanda. Ormai non sentivo più nulla, avevo già troppo dolore dentro di me per provare qualcos’altro. “Si, dopo la scuola ma c’era lei così ho preferito andarmene via.”
“Strano. Ma quella non stava uscendo con un ragazzo?”
Perfetto era anche una puttana! Ora mi sentivo ancora meglio. “Ti prego vattene.” Sentirgli dire quelle cose peggiorava solo il mio umore e preferivo non ascoltare oltre.
“Ryu ma stai bene? Sembri triste.”
Era sempre così palese ciò che provavo? Mi faceva rabbia essere così trasparente alle persone, mentre io non riuscivo mai a scorgere nulla negli altri.
Takeru allora mi afferrò per un braccio e mi trascinò bruscamente verso la porta di casa ordinandomi di indossare le scale e andò ad avvisare mia madre che uscivamo. Mamma ne fu sorpresa ma non disse nulla vedendo la gentilezza palesemente finta di Takeru.
Indossate le scarpe mi ordinò di uscire immediatamente di lì e di salire in macchina. Perchè stava facendo così, mica voleva portarmi davvero da Hara? “D-dove andiamo?”
Takeru mi sorrise “Tranquillo non stiamo andando da Hara ma a fare un giro.”
“EH?” Ma io non avevo affatto voglia di uscire, cazzo. Come gli potevano venire certe idee? Com’ero finito lì, in quella macchina insieme alla stessa persona alla quale fino a poche settimane fa stavo sui maroni, e viceversa.
Takeru però decisi di non rispondere più ad alcuna mia domanda. Cominciò a guidare e la destinazione fu un incognita per tutto il tragitto, pensai addirittura che mi avesse rapito.
Quando l’auto si fermò eravamo in posto davvero strano. Sembrava un enorme centro commerciale, forse l’avevo visto qualche volta di sfuggita ma non vi ero mai entrato.
“Mi aiutarai a fare shopping. Sentiti fortunato.” E mi fece un raccapricciante occhiolino.
“Posso rifiutare?”
“No, su scendi.”
Cominciò così un lunghissimo pomeriggio di assurde compere per negozi. Takeru correva avanti e indietro come un bambino che vedeva per la prima volta un nuovo giocattolo.
Comprò praticamente l’intero centro commerciale, e passò la maggior parte del tempo nei camerini provando ogni tipo di capo facendo venire la bava alla maggior parte delle commesse. Perchè si, dovevo ammetterlo anch’io non era affatto un brutto ragazzo.
“Come mi sta questa camincia?” Mi domandò uscendo da quel camerino per la centesima volta.
“La vedo uguale a quella di prima...”
Takeru fece una smorfia di delusione così si rivolse alle commesse, “Come sto?”
“E’ davvero bellissimo signore!” Cinguettò quest’ultima.
Roteai gli occhi per quella scena tanto patetica. “Vedi Ryu è questa la risposta che dovevi dare.”
“Scherzi vero?”
Takeru ridacchiò divertito per tutta la situazione. Io continuavo a non essere in vena di risate e a non capire come fossi finito lì. “Dai su prova qualcosa anche tu.” Mi disse poi.
“Non ho soldi con me idiota mi hai trascinato fuori di casa senza neppure darmi il tempo di prendere chiavi e portafogli.”
Takeru allora afferrò un paio di jeans a caso e me li lanciò, “Fregatene dei soldi. Se ti stanno bene giuro che te li pago io, su dai!” Cominciò a tirarmi e mi spinse nel camerino.
Continuavo a dire che non volevo ma era inutile così provai quei dannati jeans almeno mi avrebbe lasciato in pace. Che irritante ragazzo!
Quando mi guardai allo specchio – sempre nel camerino – notai che persino la taglia era giusta. Come aveva fatto a indovinarla? Cosa più importante, mai nessun capo mi era stato addosso come un guanto.
Le mie cosce sembravano finalmente avere un minimo di forma e i polpacci erano belli tondi, per non parlare delle natiche messe in risalto da quel capo.
Aprii dunque la porta del camerino e mi mostrai. Gli occhi di Takeru si illuminarono di entusiasmo, “Lo sapevo che ti sarebbe stato alla grande!” Commentò venendomi vicino e osservando bene i dettagli.
Persino la commessa parve restare senza parole al punto che arrossì. Quindi le piaceva? Era davvero strano sentirsi fare dei complimenti non avendone mai ricevuti prima. “Beh ora vado a toglierlo.”
Takeru mi fermò, “Scherzi? Tienili te lo pago io e poi mi restituirai i soldi.”
Dovevo sul serio accettare quel regolo? Poi però ci pensai, non era affatto un regalo ma un prestito che mi stava facendo un mio compagno di classe, appena avessi avuto i soldi con me gli avrei ridato tutto.
Takeru però non si fermò lì e afferrò varie maglie gettandomele praticamente addosso. “Che devo farci?”
“Ora serve qualcosa di carino con questi jeans. Su torna dentro!”
Lo guardai molto confuso per il suo strano amore per la moda ma non obiettai e tornai dentro. Ne provai varie, e tra quelle solo una parve mettere in risalto la mia carnaggio e il colore dei miei capelli. Era una maglia blu scuro, con alcune fantasie giallo pallido. Davvero strana e bella allora stesso tempo.
Uscii per mostrare il risultato di quel suo accostamento sperando che ne fosse soddisfatto. Takeru infatti lo fu, al punto che saltò di gioia e disse alla comessa di portare tutto alla cassa.
“Sei sicuro? Posso anche tornare un altro giorno per prendere queste cose.”
Takeru pagò il conto e mi diede la busta con le mie cose, “Oh cazzo apprezza e basta.”
Guardai quella busta e fui felice, anche se non volevo darlo a vedere.
Il nostro giro proseguì per altri negozi dove Takeru provò occhiali, cappelli e delle scarpe chiedendo persino il mio parere. Mi stupì molto constatare che avevo voce in capitolo su cosa fare, infatti se proponevo un posto Takeru mi seguiva e così facevo io seguendolo dove diceva.
Improvvisamente quella giornata parve cambiare completamente sfumatura. E la persona che fino al giorno prima avevo trattato freddamente si stava rivelando meglio di quanto pensassi.
Cominciai perfino a ridere quando il suo gelato finì miseramente a terra e tentò di prendere il mio, ma con un gesto repentino l’avevo allontanato dal suo cucchiaino.
Si, ero tornato a sorridere ed era assurdo. Avevo il cuore spezzato eppure sembravo essere tornato quello di sempre e il merito era stata dell’idea pazza di Takeru.
Si era ormai fatto sera e quella giornata pazza era finita. Eravamo di nuovo in macchina, pronti a tornare a casa e mi sentivo molto meglio. “Grazie...”
Takeru mi lanciò un occhiata veloce e tornò a fissare davanti, “Per cosa?”
“Ero davvero giù di morale oggi... mi ha fatto bene uscire un pò.”
Sorrise nel sentire quelle mie parole. “Ehi io volevo solo fare shopping non farti strane idee. Sono ancora nero nei tuoi confronti per quella storia del piatto.”
Già, non l’avrebbe mai ammesso. “Dai ormai ti sei vendicato per quella storia!”
Continuammo a punzecchiarci ancora un pò, fin quando Takeru non si fece improvvisamente serio. “Eri triste per via di Hara vero?” Domandò di colpo. Ma quella domanda sarebbe prima o poi arrivata. Non riuscii però a rispondere, pensarci faceva male. “Non devi dirmi il perchè Ryu. Però accetta il mio consiglio smettila di stargli così addosso perchè Hara non sarà mai ciò che vuoi tu.”
“Tu.. sai?”
Takeru si fermò a un semaforo e si voltò e guardarmi. Un espressione particolamente seria mi stava ora scrutando, incontrai quei profondi occhi blu che parvero giudicarmi. “Andiamo credi che sia stupido? Sono più grande di te e ho visto un pò più di cose.”
Strinsi i pugni sulle ginocchia fino a farmi sbiancare le nocche. “Devo farti schifo allora...”
“E perchè mai? Perchè sei gay?” Ridacchiò tornando a guidare, “Non sei un mostro Ryu non devi sentirti in colpa per qualcosa che provi. Piuttosto dovresti pensare di più a te stesso e meno a gli altri e lui.”
Quelle erano sante parole. Mi ero detto tante volte la stessa cosa ma non riuscivo a farlo, era più forte di me. Mi lasciavo trasportare dalle cose che mi circondavano, ma forse succedeva solo perchè ero giovane.
“Hara non cambierà vero?” domandai a quel punto conoscendo la sua risposta.
Takeru parve pensarci un pò su. “Non saprei al dire il vero.” Quella risposta mi lasciò basito, e parve accorgersi di quella mia reazione. “Credevo anch’io che fosse impossibile fargli provare emozioni ma non l’ho mai visto così a disagio e sulle spine da quando lo conosco e questo è grazie a te.
Quella sera, quando decisi di avvisarlo dovevi sentire che tono orribile aveva quando venne a sapere che eri con sua sorella. Neppure quando io gli faccio un torto è così furioso.” Che stava cercando di dirmi? Che in qualche modo ci ero riuscito? “Non arrenderti Ryu.”
Le ultime parole seppero davvero rincuorarmi, alla pari di un abbraccio. Apprezzai davvero di cuore che mi avesse rivelato una cosa del genere e sorrisi, senza aggiungere altro.
Ad un certo punto la macchina si fermò, ero di nuovo a casa mia. “Beh ci si vede domani allora.” Mi disse porgendomi la busta.
“Si, ah e grazie di tutto, davvero.”
Takeru mi fece un altro occhiolino “Mi devi un pomeriggio ragazzino.” E fu così che mi lasciò, vidi la macchina ripartire e sparire dietro l’angolo.
Quelle sue parole mi avevano ridato speranza. Quella che credevo ormai defunta dopo aver visto Maya.
Strinsi quella busta con tutte le mie forza come se quel pacco fosse la prova che tutto ciò era reale, tangibile, al punto che sarei riuscito prima a poi ad essere completamente felice.
Quando però mi andai a voltare vidi Hara, poggiato conto il muretto di casa mia: le braccia incrociate contro il petto, e lo sguardo furioso. Non mi aspettavo affatto di vederlo li.
  
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