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Autore: Nox7    03/03/2016    1 recensioni
“Era uno di quei giorni, in cui la vita ti mette davanti una di quelle scelte che si scontano per il tempo restante, di quei momenti in cui devi decidere quale strada prendere.
Ed io, scelsi te.
E non passa giorno in cui non mi chiesi se anche tu, in quel preciso istante, scegliesti me.
Perché, mentre tu ora starai ridendo con chissà chi, io sono qui a pensarti.
A pensare che, se potessi tornare indietro a quel momento sceglierei ancora te. Sempre.”
Anonimo
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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. Take my hand
 
 
“Se una persona ti appartiene, nessuno potrà togliertela ma nulla potrà costringerla a restare”
Tania Memoli
 
 
Nina

 
 
Autunno 2014
 
Mi stropiccio gli occhi ancora chiusi e mi stiracchio tra i cuscini chiedendomi seriamente come diavolo ho fatto a incastrarmi tra le lenzuola questa notte.

La sveglia ripete un fastidiosissimo bip sul comodino.

Accidenti, mi sembra di essermi buttata sul mio adorato materasso morbido solo cinque minuti fa.

Una piccola ombra scura balza sul letto e si accuccia vicino al mio viso iniziando una sinfonia di fusa calde.

“Mmm …” mugugno assonnata.

Lynx si posiziona vicino alla mia pancia e la malsana idea di scendere dal letto sta lentamente scemando dal mio campo visivo quando il cellulare inizia a squillare come una tromba impazzita.

“Oddio!” balzo su a sedere e il mio gatto, spaventata, se ne va con la coda alta verso il salotto, probabilmente a cercare un posto più calmo dove dormire.

“Pronto!”

“Ehi! Ti ho svegliata Neens?”

“Sì Ri …” con tutta la mia buona volontà sbircio la sveglia che segna le sei e quarantacinque del mattino.

“Scusa, dovevo assolutamente darti la notizia” non distinguo subito il tono della sua voce mischiato a clacson e traffico intenso.

“Spero proprio che sia una bella notizia allora”.

“Oh sì, mia cara” Ri è effettivamente eccitata “Sono sicura che mi perdonerai”.

Mi alzo dal letto con il telefono tra le mani.

 “Tu ed io, Nuova Zelanda a festeggiare la fine dell’anno!”

Ci metto due secondi di troppo per capire il senso della sua frase.

“Dici sul serio? Avevano detto che non c’erano più posti disponibili!”.

“Beh ho contatto amici di amici che ce li hanno trovati e partiamo esattamente dopo Natale!”

“Ri tu sei un genio!” apro le persiane e una tiepida luce mattutina entra nella mia stanza allontanando l’aria viziata.

“Sì, modestamente, sono stata brava.” Riawna ride soddisfatta dall’altro capo del telefono mentre Lynx torna a sfregarsi tra le mie gambe.

“Scusa tesoro ma ora devo andare, ci sentiamo più tardi, buon lavoro!”

“Ciao Ri, buona giornata anche a te!” le mando un bacio prima che riattacchi del tutto.

Il sole sbircia su Atlanta ed io tra poco più di un mese sarò su calde spiagge a bearmi con Riawna l’intera Nuova Zelanda.

Non ci credo ancora.

Cammino a piedi nudi sul pavimento freddo; era da troppo tempo che volevo andarci e quando avevano detto che non era possibile, ah, mi ero incupita per un giorno intero, persino Julie mi aveva chiesto se andava tutto bene, e ora, finalmente, potrò andare così lontano da tutto e da tutti da non rendermi nemmeno conto di essere sullo stesso pianeta.

“Hai sentito Lynx? La tua mamma andrà in Nuova Zelanda!” ripeto euforica mentre la mia gattina mi fissa seduta davanti alla ciotola vuota.

Sospiro, rassegnata “Sì, va bene, adesso ti do da mangiare” accarezzo la sua schiena lucida “Però potresti dimostrarti un po’ più interessata sai”.

Non importa, niente importa davvero, perché potrò viaggiare lontano, conta solo questo, e me lo sento, sarà un magnifico nuovo anno, fatto di nuove opportunità, di nuovi amici e niente potrà rovinarmi questa bella giornata.

Mi sono addirittura alzata in tempo per andare al lavoro e … sono quasi le sette e trenta! Dannazione!

In bagno mi metto un velo di trucco, una maglietta leggera a maniche lunghe e i primi jeans che trovo buttati in una qualche astrusa maniera sulla sedia della mia scrivania.

Saluto Bill, il mio vicino, e corro giù per le scale alla rinfusa, non farei in tempo se prendessi l’ascensore.

Con mia enorme fortuna, almeno per strada, non incontro un traffico spropositato e riesco a schivare con magistrale agilità due pedoni avvistati per un soffio, devo essere sincera, ormai sono abituata a tutti questi slalom.

Parcheggio anche vicino all’entrata dalla quale Michael esce con Candice.

“Ciao Nina”. Mi saluta la mia amica.

“Alla buon’ora Nina!” Malarkay, invece, mi sorride con la mano alta.

“Sono ancora in tempo!” gli rispondo concitata mentre li sorpasso veloce diretta al camerino per appoggiare le mie cose.

A zigzagare con la mia auto sono diventata piuttosto brava ma a farlo a passo veloce quando sono in ritardo per il lavoro, non è proprio il mio forte.

E riesco ad evitare abilmente due cameraman e un tecnico ma lei, lei la vedo solo all’ultimo istante quando siamo praticamente, una contro l’altra.

Il caffè bollente tra le dita di Nikki cade rovinosamente a terra dopo il nostro brutale scontro frontale formando una chiazza marrone sul pavimento e qualche schizzo qua e là.

Probabilmente mi sbagliavo, qualcosa può rovinare un’ottima giornata.

Mi tocco il fianco dove, una fitta fastidiosa si dipana lentamente facendosi sentire e alzo lo sguardo per osservare Nikki, con una mano attaccata al muro nel tentativo di rimettersi eretta ed è lo spazio di un secondo perché dei passi ci raggiungano.

“Ehi va tutto bene? ti sei fatta male?”
 
Ian si china leggermente per aiutarla ad alzarsi dal luogo dell’incidente.

E non dovrei nemmeno stupirmi di tutto ciò ma lì, ancora seduta in una posizione strana, a guardarli, mentre lui si accerta riguardo alla sua incolumità scalfita dalla mia poca coordinazione, mi si stringe lo stomaco in una morsa non premeditata.

Le mette una ciocca di capelli dietro all’orecchio quando torna in equilibrio su due piedi e, finalmente si volta nella mia direzione allungandomi la mano che ignoro con indifferenza, alzandomi da sola con tutta la dignità del mondo.

“Mi dispiace, ero di fretta”. Mi rivolgo a lei, fredda.

“Non c’è problema”. Risponde sulla scia del mio tono.

Ian mi guarda ancora con uno sguardo che stento a riconoscere, con entrambe le mani tornate al loro posto, a stringere quelle di Nikki.

Inspiro piano per riprendere fiato e, fingendo di non vederli, scavalco il caffè deturpato raggiungendo senza più intoppi il mio camerino, chiudendomi definitivamente la porta alle spalle.

 
 
Estate 2009
 
Il corpetto mi stringe forte l’addome e faccio seriamente fatica a respirare dentro questo lungo abito azzurro chiaro.

È pomeriggio inoltrato e stiamo ancora girando.

Sono tutta intorpidita sia per il lavoro, sia per le ultime nottate passate in compagnia, e beh, ho capito a mie spese che alcol e stanchezza non vanno mai troppo d’accordo.

Una debole luce colpisce il portico dal quale faccio il mio ingresso.

Le telecamere e i microfoni ruotano da ore su di noi e il regista ci segue con attenzione mentre io scendo le scale e ripeto le mie battute. Un debole vento, oserei definire, quasi autunnale, mi accarezza i ricci che mi hanno legato accuratamente sulla nuca e alcuni brividi mi percorrono il corpo elegantemente stipato.

Paul e Ian mi fissano adoranti come da copione ed io lancio diversi sguardi prima a uno poi all’altro con evidente trasporto.

Tuttavia, anche se abbiamo iniziato da poco, devo dire che questo lavoro mi piace, mi piace davvero tanto. Non mi sarei mai aspettata un clima così … familiare.

Sì, familiare è la parola giusta perché ci divertiamo e ci impegniamo tutti in questo progetto a lungo termine, soprattutto Julie, lei si che ci sta mettendo il sangue, e quando dico il sangue, intendo proprio il sangue, ieri si è quasi tagliata una mano con la pinzatrice nel tentativo di riordinare una montagna di carte.

Cammino loro vicino e rubo la palla da football dalla presa di Paul “Sono convinta che voi giochiate ancora più duro”.

Abbasso la voce maliziosa e faccio un piccolo passo indietro con l’intenzione di voltarmi e scappare via ma il mio piede urta la gonna lunga dell’abito e il secondo passo che faccio, per provare, invano, di rimanere in equilibrio è inutile, mi stringo forte alla palla e le mie gambe finiscono all’aria mentre la risata di Paul invade la scena.

Rimangono distesa a terra incapace di muovermi unendomi alle risate generali e, soprattutto, a quella del mio collega che non riesce proprio a smettere.

Quando riapro gli occhi, mi scontro con i suoi, chiari e pieni.

Ian è su di me che allunga la sua mano incapace di trattenere un sorriso aperto.

“Che classe Dobrev”

 Afferro la sua mano con decisione, stringendola più del dovuto in un tacito gesto di sfida.

“Oh questo è niente, Somerhalder!” ribatto con finto orgoglio, lisciandomi la gonna in uno charme ancora troppo da Katherine mentre il resto della troupe accorre ad aiutarci e a sistemare l’ormai storto cappello grigio che ho sulla testa.

“Paul, non hai ancora smesso di ridere?”

“Avresti dovuto vedere la tua faccia!”

 
 
Autunno 2014
 
“Mi stai dicendo che vai in Nuova Zelanda?”

Candice mangia la sua insalata il più veloce possibile perché, a causa delle riprese, le hanno ridotto la pausa pranzo.
Siamo sedute sul divanetto vicino alla porta dell’entrata.

Ci siamo incontrate a metà strada, io con il mio sacchetto di patatine e la mia mela e Candice con la sua insalata fresca e abbiamo deciso di metterci nel primo posto comodo avvistato.

“Sì, non vedo l’ora!” ammetto sognante.

“È fantastico Nina, ti serve una vacanza” mi dice accondiscendente. 

“Sì, lo penso anch’io”.

Già, pensare al viaggio con Ri mi rincuora davvero molto.

Fantastico su quei luoghi da sempre e andarci per fare nuove avventure insieme alle persone  cui tengo di più al mondo è per me qualcosa di appagante.

La mia amica continua a parlare ma i miei occhi vagano oltre, alle sue spalle, all’aria aperta, su una panchina, Ian e Nikki mangiano seduti vicini, chiacchierando animatamente.

Lui ride quando a lei rimane qualcosa sulle labbra e lui dolcemente si sporge per pulirla con una carezza sul viso, catturando gli occhi nei suoi.

Un’altra fitta al petto mi colpisce come un coltello affilato.

“Nina?” Candice muove la sua mano davanti ai miei occhi “Mi hai sentita?”

“No, scusa, mi sono distratta”.

Segue il mio sguardo di là dal vetro per incontrare anche lei quello che ha momentaneamente distolto la mia attenzione.

Candice torna a guadarmi.

“Nina”

Pronuncia il mio nome in un miscuglio di comprensione e rimprovero e giuro che, per una frazione di secondo, quasi mi sembra di confonderla con il suo personaggio.

“Candice, va tutto bene” dichiaro sorridendole sincera “Non ne voglio parlare perché la cosa non mi tocca quindi ripetimi pure quello che mi stavi dicendo”.

Si gira a osservarli una seconda volta, dubbiosa e incerta sul da farsi.

Passano alcuni secondi in cui prego vivamente che decida di passare oltre e Candice mi lancia un ultimo sguardo indulgente prima di iniziare una serissima discussione sull’ultima scena girata con Paul e su quanto desideri ardentemente lavorare su alcune parti che la preoccupano.

Grazie Candice.

Le sue parole si disperdono nell’aria mentre provo con tutte le mie forze a ignorare quelle due presenze ingombranti che scorgo di tanto in tanto e dopo pranzo, sono felice di non imbattermi più in loro tanto che il pomeriggio mi passa più veloce del previsto.

Il solo pensiero di tornare a casa per fare un lungo bagno caldo e chiamare finalmente mia mamma mi sostiene nel profondo.

Quando l’orologio scocca sulle sei e trenta, sospiro sollevata perché un altro giorno sul set è finito e ciò significa solo che sarà un altro giorno in meno in cui sarò costretta a lavorare con lui.

“Ciao Steven, ci vediamo domani”.

Saluto anche Julie e Caroline impegnate in una fitta discussione e frugo nella borsa alla ricerca delle chiavi della macchina ma un’ondata di panico mi pervade quando mi rendo conto che non sono lì.

Probabilmente devo averle lasciate in camerino.

Mi dirigo spedita nel corridoio, sperando di non incrociare ancora quella gatta morta di Nikki e, non posso che tranquillizzarmi quando vedo il mio nome accanto alla porta e nessun altro nei paraggi.

Eccole le mie chiavi in bella vista sul tavolino.

“Per fortuna!”

“Cosa per fortuna?”

 
 
Estate 2009
 
“Grazie per avermi offerto un passaggio”

 Stringo le mie gambe sul sedile dell’auto per combattere l’aria fresca della sera.

L’essermi messa una gonna corta, in effetti, non è stata la più furba delle idee che mi siano venute oggi.

 “Candice se l’è svignata con Zach senza dire una parola”.

Ian guida veloce tra le strade di Atlanta con il suo solito sorrisino storto cui mi sono piacevolmente abituata.

Sono sempre più convinta che sia davvero un buon amico e sono contenta di andare d’accordo con tutti sul set, era una delle mie preoccupazione più grandi prima di partire per la Georgia.

Ho assillato mia mamma per mesi prima di arrivare davanti all’imbarco e, con un sorprendente moto di coraggio, decidere che prendere tutto come veniva, sarebbe stato meglio che fasciarsi la testa prima dell’inizio delle riprese.

“Dalle solo qualche settimana, e quei due si mettono insieme”.

“Io scommetto che Candice lo farà aspettare un po’, io punto su un mese netto”.

Si gira a intermittenza per guardarmi mentre espongo le mie teorie.

 “Va bene, se vinco io mi paghi da bere per tre serate di fila Nina”.

“Affare fatto, Som” cambio stazione alla radio alla ricerca di qualcosa che sappia di vita “ma se vinco io mi paghi da bere per una settimana”.

Si volta contrariato “Cosa?” supera un’auto e cambia la marcia “Non mi sembra equo”.

“Oh sì che lo è, tu bevi come una spugna”.

Sorride divertito dalla mia costatazione, “Non hai tutti i torti ragazzina”.

Ed è davvero troppo presto quando accosta l’auto vicino al vialetto del mio palazzo, spegne il motore e apre la portiera.

“Ehi, cosa fai? Non mi devi accompagnare dentro”.

“Scherzi? Potresti inciampare da un momento all’altro” ironizza senza pietà sulla mia caduta della giornata.

“Ah, ah!”

Ian si mette al mio fianco, pronto a tutto.

“Guarda che non sembra ma sono molto coordinata in realtà” lo spingo via da me percorrendo il vialetto “ insomma, ho un passato da ballerina”.

“Certo, certo” continua lui derisorio.

Ultimamente Ian è quello con cui ho legato di più -sebbene abbia fatto molte più scene con Paul - e devo ammetterlo, lui m’intriga per certi versi.

 Forse perché è molto più grande di me o perché è tanto bello da lasciarti a bocca aperta o, non lo so, c’è qualcosa che in lui che … mi attira.

 “Beh, se ci fossi stato io al posto di Paul, non ti avrei di certo fatta cadere”.

Scherza ancora ma con quelle parole aggiunge un significato che sa di diverso, qualcosa che un minuto prima nella sua voce non c’era.

E il sorriso sulla mia bocca sfiamma lentamente dal mio volto quando incontro la sua espressione non troppo distante da me; ed è serio, dannatamente serio, con gli occhi impercettibilmente più scuri che mi pungono dentro; è uno sguardo carico che non so davvero come descrivere, so solo che non glielo avevo ancora mai visto addosso.

E sono troppo impegnata a fare pensieri strani sui suoi occhi per accorgermi di essere arrivata al primo scalino del portico.

È un battito di ciglia il tempo in cui due braccia forti mi afferrano facilmente e mi tengono saldamente legata a un corpo caldo, le mie mani si arpionano a una morbida giacca di pelle nera e l’odore di Ian m’invade per la prima volta come un temporale in un giorno d’estate.

“Te l’avevo detto” sussurra a pochi centimetri da me nello stesso momento in cui io mi soffermo sulle sue labbra le quali mi appaiono più morbide e invitanti che mai.

“Grazie” biascico, le farfalle in estasi nello stomaco.

Ian mi lascia andare lentamente e si allontana “Allora, buonanotte ragazzina”.

Si separa da me così, con il respiro a metà e un sorriso bastardo.

“Buonanotte Ian”.

Gli sorrido anch’io disorientata e lo osservo muovere alcuni passi verso la sua auto con il martellante presentimento di essere irrimediabilmente andata oltre una linea invisibile che non avrei dovuto mai superare.

 
 
Autunno 2014
 
Mi guardo alle spalle, sorpresa di trovarmelo lì, appoggiato con nonchalance allo stipite della porta del mio camerino.

“Ho ritrovato le mie chiavi, credevo di averle perse”.

“Capito”.

Ian non sa cosa dire o da dove iniziare ed io, invece, a differenza sua, non capisco affatto cosa ci faccia qui quando tutti saranno già andati verso casa e lui avrebbe la possibilità di essere da qualche parte con la sua ragazza lontano da questo posto e, soprattutto, lontanissimo da me.

Raccatto alcune cose che infilo nella borsa senza degnarlo di uno sguardo e sto per uscire quando lui, si dispone davanti a me per impedirmi di andare oltre.

“Che cosa vuoi?”

“Solo parlare”
Alza le mani in segno di resa utilizzando i modi migliori per riuscire ad addolcire una persona.

Tempo sprecato.

“Sono stanca e devo andare”.

Cerco di evitare discorsi che non saranno davvero utili a nessuno dei due e provo a sfuggire dal suo blocco ma lui mi afferra il braccio destro, senza metterci forza e mi costringe a guardarlo in viso.

“Ci vorrà poco”.

M’irrigidisco cercando di trattenere tutte le sensazioni che voglio evitare di provare davanti a lui.

“D’accordo, che cosa devi dirmi?”

Libero il mio braccio dalla sua presa e incrocio entrambe sotto il seno, a tutt’orecchi.

“Ci ho pensato” fa una pausa e calibra le parole “Ed è da troppo che tu ed io non ci parliamo, c’è quest’astio tra di noi che non dovrebbe esserci”.

Continuo ad ascoltarlo mentre fa un ultimo respiro e butta tutto fuori.

“Sono convinto che dovremmo andare oltre. Provare ad essere amici, di certo non amici per la pelle ma iniziare a provarci sarebbe già qualcosa, amici come l’anno scorso”.

Un nodo alla gola blocca una raffica di pensieri pronti a uscire senza riserve, frasi che non ho avuto il coraggio di dire cinque mesi fa perché bruciano così tanto da non sopportarne nemmeno la presenza.

“Ma l’anno scorso non eravamo amici Ian”.

Faccio un passo nella sua direzione e sussurro piano come se ci fosse qualcuno in ascolto intorno a noi “L’anno scorso, andavamo a letto insieme, quindi, sai, non eravamo proprio amici” ripeto il concetto per farglielo capire meglio.

Ian cambia espressione, la mascella s’indurisce sotto il mio sguardo truce.

 “Seriamente? Adesso ti metti a chiarire le cose? Sai, Nina, hai avuto tutto il tempo del mondo per farlo”.

“Lo vedi? Siamo sempre allo stesso punto. Ci rinfacciamo ancora le cose  e non ho nemmeno voglia di pensarci”.

 L’immagine di lui con Nikki sulla panchina riaffiora nella mia mente come un mantra.

 “Devo andare”.

Riesco a uscire dal mio camerino perché questa volta non prova nemmeno a fermarmi, si limita solo a commentare spazientito.

“Sei sempre la solita ragazzina”.

Un pugno in faccia sarebbe stato meglio, sento gli occhi farsi umidi ma stringo i denti e i pugni; non piangerò davanti a lui.

“Sì, Ian, hai ragione, sono una ragazzina” .

“Una ragazzina che capisce il vero significato di essere amici e noi, notizia dell’ultima ora, non lo siamo mai stati in passato, non lo saremo mai in futuro e tu lo sai, lo hai sempre saputo, anche prima di me.” Scuto la testa sorridendo amaramente.

“Ma la ragazzina lo ammette perché affronta la realtà, invece tu stai solo cercando la via più facile per sfuggire ai problemi e questo non vuol dire di certo essere grandi!”

Ian sta per rispondere ma io non ce la faccio a stare ancora in quello spazio ristretto con lui a pochi passi da me, non ce la faccio e basta, gli lancio un ultimo sguardo che sa di tante cose messe insieme o forse non sa più di niente e, finalmente, riesco ad andarmene via.

 Ian decide di non richiamarmi, né si prende la briga di seguirmi.

“Sei sempre la solita ragazzina”

Dannazione!

Mi rendo conto solo arrivata nel parcheggio di aver fatto una corsa fuori programma per sfuggire alla sua presenza, le lacrime pronte a uscire come un fiume in piena.

Sbatto la porta della mia macchina e cerco di calmarmi.

Pensa alla Nuova Zelanda, pensa alla Nuova Zelanda, pensa alla Nuova Zelanda.

Niente.

Il modo controllato e distaccato con cui mi ha parlato fa male, fa' troppo male al mio petto e fa troppo male ai miei occhi umidi.

Perché?

Picchio le mani sul volante e inspiro forte con l’intenzione di provare a gettare tutto quel dolore lontano da me, lontano da non capire nemmeno cosa sia, lontano come lo siamo Ian ed io in questo momento.

Se ci fosse un’operazione chirurgica capace di estrarlo davvero non esiterei un secondo di più.

E il battito del mio cuore accelerato si sfoga nelle lacrime calde che s’infrangono sul mio viso senza più alcun controllo.

 “Ciao tesoro”

La voce di mia madre mi ridesta quando rispondo alla sua chiamata.

“Ciao mamma” mando giù tutto e faccio un bel respiro tentando un mal tirato sorriso.

“Va tutto bene Nina?”

“Sì, sì, tutto benissimo, scusa se non ti ho chiamata subito, mi hanno trattenuta al lavoro”

La mia voce si è ristabilita a comando, come quando recito.

Ringrazio che mia madre non mi possa vedere in questo momento.

“Hai avuto una giornata lunga?”

Passo il tragitto fino a casa parlandole assiduamente.

E lei mi racconta di quanto Alex la faccia impazzire ogni sera con la cena e di mio padre che dorme sempre più spesso sul divano quando vuole guardare una delle sue adorate soap -opera alla tv, negandole sempre la soddisfazione di vederle insieme.

La sua voce i suoi piccoli problemi quotidiani riguardanti papà e Alex e a quanto le manchi avere una donna a casa, alle volte, come adesso, sono un vero toccasana.

La saluto e le dico che vorrei tanto essere a casa con tutti loro in questo momento.

Più tardi, l’acqua calda sui miei muscoli intorpiditi mi rilassa e mi distende le membra stanche di tutta quella situazione.

E dopo aver deciso che mangiare qualcosa era ciò che al mio stomaco non andava di fare, nemmeno davanti a pochi involtini di riso rimasti nel frigorifero mi sono ritrovata di nuovo nel letto sfatto alla disperata ricercare di una posizione comoda che mi aiuti a prendere sonno e metta fine ai pensieri che m’invadono la mente, pensieri che hanno un unico volto.

Chiudo gli occhi sapendo che domani mi sveglierò e farò tardi perché continuerò a ripetermi che non m’importa all’infinito, anche se, so già che, non sarà mai abbastanza.
 
 
 
 
Angolo autrice :

Salve,
Sono tornata abbastanza presto dopo la revisione di questo secondo capitolo a punto di vista di Nina e volevo ringraziarvi per le visite e per aver “ri-aggiunto” la storia tra le preferite!

Spero che la storia vi continui a piacere e a interessare, fatemelo sapere.
Vi saluto e vi aspetto,
Nox
 
 

 
  
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