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Autore: Fiamma Winchler    05/03/2016    2 recensioni
Mi teneva ben salda anche se sapeva benissimo che non me ne sarei andata.
Eravamo a massimo due centimetri di distanza quando le sue labbra si aprirono in un sorriso di denti perfetti. Spostò la mano, mi lasciò andare il polso e mi afferrò la vita per tenermi ancora più ferma.
Avevo il respiro corto nonostante cercassi di controllarlo e sentivo il mio corpo tremare. Nel mio stomaco qualcosa si agitava. Farfalle? Ma se non ci avevo mai creduto! Eppure erano lì, che svolazzavano dentro di me dando sfogo alla gioia che io non volevo e non dovevo mostrare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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L’arbitro fischiò la fine della partita. Avevamo vinto. La squadra esplose in grida, i ragazzi si abbracciavano. Alcuni si erano buttati in ginocchio nel fango alzando le mani al cielo. Il capitano della squadra ci chiamò con un cenno della mano: «Gigliette! Venite a festeggiare con noi per una volta!».
Non eravamo mai andate a festeggiare con loro perché il campo era una specie di piscina motosa; ma quella era l’ultima partita; e avevamo vinto. Campioni. Abbandonammo i pom pon e scendemmo le scale dirette al campo. Alcune di noi reagirono schifate al contatto dei piedi col terreno. Jamie e io fummo le uniche a non interessarcene. Lei si era fidanzata con l’allenatore della squadra: un ragazzone sui trenta alto un metro e novanta e largo quanto un armadio a due ante. Un’esplosione di muscoli ben tenuti che si erano avvolti intorno al suo corpo stringendola.
Io corsi verso i giocatori e appena Adam allargò le braccia mi ci tuffai dentro. Le sue braccia si strinsero subito avvolgendomi tutta la schiena e tenendo il mio corpo sulla sua divisa. Sentivo il fango attaccarsi alla divisa e alle mie cosce scoperte dalla gonna troppo corta. Avevo alzato le gambe all’indietro mentre lui mi faceva girare accompagnando la felicità con dei “si, cazzo!” detti qua e là.
Quando si fermò riappoggiai i piedi a terra e mi guardai la divisa: aveva assoluto bisogno di essere lavata. Lui notò la mia faccia schifata e rise: «Stai bene anche così»
«Sfotti?»
«No, stai bene anche così… Siamo in tinta»
Oh no. Lui era messo molto peggio di me: aveva la mota persino sul viso; il che lo rendeva fottutamente sexy.
Avevo imparato a domare il tono della voce per tenergli testa e tirai fuori quello più strafottente che avevo: «Ti bacerei, ma se sorvoliamo sul fatto che ho la divisa e quindi non posso, resta comunque il fatto che sei completamente ricoperto di schifo.. E inoltre credo non credo che tu…»
«Sta’ zitta», disse mentre mi faceva chiudere gli occhi per baciarmi.
Posai le mani sul suo viso, e la sua pelle appariva incredibilmente morbida sotto lo strato di fango. Ci allontanammo perché qualcuno, troppo entusiasta per capire che stava rompendo, ci saltò addosso abbracciandoci entrambi. Adam scoppiò subito a ridere, e anche io; ma prima sbuffai.
«Dai, cazzo! -disse Mike- cioè vi rendete conto!? Porca troia! Siamo i campioni, cazzo!»
La voce dell’allenatore subito dopo si intromise potente tra le urla dei giocatori: «Festeggiamo?»
Ci girammo tutti verso gli spalti dove Lucy aveva esposto una marea di birre che chiedevano solo di essere bevute. Tutti i giocatori si precipitarono verso gli spalti come se avessero appena visto apparire un santo.
Mi stavo avviando anch’io, ma Adam mi tirò per un braccio in direzione opposta. Guardai la sua faccia, ma non stava guardano me: girai la testa in tempo per vedere che Mike gli faceva cenno di assenso. Si sorrisero con fare d’intesa e poi Adam mi tirò con più forza facendomi camminare molto più velocemente. Non appena girammo l’angolo e fummo soli si fermò facendomi sbattere contro di lui. Non ebbi neanche il tempo di capire che di nuovo mi baciava.
Sentii le contrazioni nel mio ventre e capii che probabilmente stavamo per festeggiare a modo nostro.
Saltai facendomi prendere in collo e cingendolo alla vita con le gambe. Lasciai le sue labbra e lo baciai sul collo, dietro le orecchie, godendo dei lamenti che gli uscivano dalla gola mentre camminava verso lo spogliatoio e vi entrava.
Chiuse a chiave la porta senza mettermi giù. Non si sedette, continuò a tenermi in collo e poggiò la mia schiena contro il muro. Le mani scivolarono lungo le mie cosce alzando del tutto la gonna già molto corta. Non smisi di baciarlo mentre spostavo le mani dal collo ai suoi pantaloni. Infilai le dita tra l’elastico e la sua pelle per far scendere i pantaloncini… certo, sarebbe stato tutto più facile se non fosse stato vestito con la divisa completamente imbottita. Sganciai le gambe dalla sua vita e riappoggiai i piedi a terra. Il mio corpo rimase intrappolato tra il muro e il corpo di Adam. Il suo bacino contro il mio.
Sentii di nuovo le contrazioni nel basso ventre quando percepii il gonfiore sul davanti dei suoi pantaloncini.
Stavo facendo scendere i suoi pantaloni quando sentii in bocca il sapore nauseabondo del fango.
Mi staccai da lui e spostando le mani sul suo petto ansimai un “aspetta” fermando i baci che stava stampando sul mio corpo. Dato il mio respiro smorzato la voce mi era uscita debole e lui non mi aveva sentita. Continuò a esplorare il mio corpo con le mani e con le labbra. Spostai le mie mani sulla sua testa e gli tirai un po’ i capelli per richiamare la sua attenzione. Il risultato fu sentire la mia maglia salire e Adam gemere mentre me la toglieva. Approfittai di quel momento; mentre la mia maglia ci teneva almeno un po’ separati, per fermarlo con le mani tenendogli i polsi.
«Fermo», dissi cercando di regolarizzare il respiro senza riuscirci. Si allontanò un po’ e si accorse che baciandolo mi ero “mangiata” il fango che aveva addosso.
Lo presi per mano e andai con lui verso i bagni. Aprii la doccia e, prima mi lavai il viso, poi mi bagnai una mano e gli tolsi la mota dal collo e dal viso liberando la sua pelle. Mentre io ero impegnata in questo atto di pulizia, lui si preoccupò di togliermi il reggiseno. Appena finii di pulirgli la faccia gli diedi un bacio più delicato dei precedenti, ma durò poco perché la sua lingua si intromise tra le mie labbra costringendomi ad aprirle e incontrando la mia. Mentre la passione si impadroniva di nuovo del mio corpo, Adam mi spinse sotto la doccia che era rimasta aperta. Sentivo l’acqua scorrermi addosso infiltrandosi tra i nostri corpi. Adam si tolse da solo la maglietta e con questa anche le varie imbottiture. Quando di nuovo il mio corpo si trovò tra il muro e Adam non esitai a tirar giù i suoi pantaloncini. I suoi baci si spostarono e seguendo il flusso dell’acqua scesero dal collo al seno, dal seno alla pancia; mi baciò intorno all’ombelico mentre mi toglieva in un colpo solo tutto ciò che mi era rimasto addosso. Mentre si rialzava seguì il mio corpo con le mani, fermandosi alla vita.
Strinse le mani intorno ai fianchi e mi obbligò a saltargli di nuovo in collo. mentre lo abbracciavo con le gambe e con le braccia entrai con i piedi nei suoi boxer facendoli scendere giù e raggiungendo il contatto diretto col suo corpo. Questo sembrava scottare in modo meraviglioso. Appena ritrovò una panca si sedette, accogliendomi sulle sue cosce mentre prendeva dal borsone vicino a lui la bustina blu con su scritto “durex”.
Mi sollevai dalle sue cosce avvicinandomi di più a lui. Mi misi in ginocchio imprigionando Adam tra le mie gambe e riabbassandomi su di lui. Le sue mani aiutarono i miei movimenti accompagnando i miei fianchi mentre continuava a baciarmi. Le mie mani lo cingevano al collo e di tanto in tanto gli tiravano i capelli per rendermi più facile l’accesso alle sue labbra. Senza riuscire a trattenermi lasciai che dalla mia bocca uscissero tre parole: «O mio Dio».
Mi raddrizzai sulla schiena lasciando che mi baciasse sul seno, mentre sentivo la voglia di lui continuare a crescere dentro di me.
Gettai la testa all’indietro e, nello stesso momento in cui lui pronunciava il mio nome, io invocai il suo lasciandomi prendere dal piacere di quella sensazione e crollando ansimando su di lui. Mi fermai, e rilassai i muscoli abbracciando il mio ragazzo. Incastrai la testa sotto la sua e lo bacia delicatamente sul collo. lui rispose al mio abbraccio accarezzandomi delicatamente sulla schiena.
Restammo così, abbracciati stretti e rilassandoci al contatto tra i nostri corpi.
Alzai gli occhi verso la parete sul muro e vidi l’orologio: ops.
«Adam.. Adam, amore»
«Mmh..?»
«Mi sa che ci stanno dando per dispersi».
Adam si mise a ridere. Alzai la testa e fissai quegli occhi color del miele e quel suo sorriso di denti perfetti. Era mio.
«Si, dovremmo andare», rispose passandomi una mano tra i capelli. Mi tirai su sulle ginocchia e lo scavalcai rimettendomi in piedi. Mentre ci rivestivamo mi sorpresi a fissarlo desiderosa di poterlo abbracciare per ancora tante volte.
“è tuo” mi disse una vocina in testa e pregai con tutta me stessa che fosse vero.
Quando tornammo in campo i ragazzi mangiavano pizza ascoltando la musica che proveniva da un amplificatore portatile. Adam mi teneva il braccio intorno alle spalle e sorrideva disinvolto. Quando il suo sguardo incontrò quello di Mike il suo sorriso si allargò.
Io capii e sentii le mie guance andare a fuoco, allora gli tirai un pugnetto su un fianco e questo lo fece ridere ancora di più.

   
 
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