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Autore: _writeismyworld_    07/03/2016    0 recensioni
è il 16 Marzo 1944 quando Aria si sveglia in un cumulo di macerie di quel che era stato il suo orfanotrofio. La guerra imperversa sempre più minacciosa uccidendo uomini in battaglia o prendendo per la fame i bambini che agli angoli delle strade mendicano in cerca di un pezzo di pane. Ma la vita sarà più fortunata con Aria: troverà un'occupazione come giornalista anonima lavorando per un giornale che principalmente documenta le atrocità del mondo e della guerra. Così inizia il suo viaggio alla ricerca di quella parte malata del mondo di cui aveva sempre e solo sentito parlare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Bondage
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Aria si sollevò da terra ripensando a come la sua banale e monotona vita, in soli due giorni, avesse preso una piega totalmente inaspettata. Aria apprese soltanto che la madre dei ragazzi era morta ma non osò chiedere altro perché la ferita era ancora aperta e bruciante nei fragili cuori dei piccoli. Chi fosse la sua, di madre, non l’ebbe mai saputo e ringraziò il cielo per questo. Sarebbe andata anche in capo al mondo pur di trovarla e anche solo per un momento provare la sensazione di essere accudita, amata e protetta. Ma sapeva che non si sarebbe data pace e per questo, avrebbe rincorso il folle sogno che le avrebbe per sempre rovinato la vita. Sua madre, semplicemente, l’aveva abbandonata in quanto lei era nata da un rapporto non coniugale. Le poche cose apprese di lei, le erano state dettate dal padre che, seppur con lontana frequenza, le veniva a far visita. Aria non aveva un buon rapporto con lui, anzi a volte il disgusto nei suoi confronti aveva finito per tramutarsi in odio. Era una persona manipolata dalla corruzione che si era fatto strada nel ceto sociale medio-alto con inganni e sotterfugi di cui era venuta a conoscenza da svariati pettegolezzi. La famiglia di lui, a quanto sentito, era stata molto influente economicamente per quanto riguardava il commercio dell’oppio e del tabacco. Rinomato per tutta l’Inghilterra come “il Signore” si accerchiava di malviventi che svolgevano il lavoro sporco al suo posto. Quando la veniva a trovare lo faceva sempre in segreto indossando sempre un enorme mantello con un cappuccio, appositamente per nascondere il viso. La madre badessa, pagata in incognito, lo faceva entrare permettendogli di passare intere giornate con la piccola. Aria non si capacitava di come sua madre potesse essersi innamorata di un essere tanto subdolo che manipolava le persone assuefandole con false promesse. Molto probabilmente anche sua madre era stata manovrata, come un burattinaio muove gli intersecati fili delle sue marionette obbligandole a seguire i meschini obbiettivi del suo arguto teatrino. Sicuramente, lei era parte essenziale di quel teatrino e ne avrebbe sempre fatto parte. Quel pensiero servì solo ad accrescere e covare- come un uccello cova le sue uova- l’odio smisurato, bruciante e vivido di quel verme. In certi momenti, si sentiva finta, annullata e ingannata come se fosse soltanto una bambola a cui era prescritto un destino diverso da quello che lei sognava. Il tormento di questo pensiero, di tanto in tanto le faceva visita alla notte rendendola inquieta e angosciata. Passati due anni, suo padre non era ancora venuto a farle visita, solo più tardi apprese che aveva lasciato l’Inghilterra per raggiungere una meta sconosciuta e aveva abbandonato la sua piccola figlia nelle braccia mortali della seconda guerra mondiale. Così Aria comprese la triste verità che avrebbe determinato il suo ipotetico futuro: nata bastarda da un rapporto extraconiugale e abbandonata da un padre lugubre e avido d’animo. Si riscosse dai suoi pensieri interiori quando il ragazzino più grande dei quattro fratelli le venne incontro con aria timida e titubante: << Io.. Ecco, volevo chiederti se ti andrebbe di accompagnarmi alla vecchia risaia. >> disse sommessamente con una chiazza paonazza che gli colorava il viso. << Per prendere le razioni di cibo. >> precisò dopo, tutto d’un fiato. Aria si divertì molto nel vedere quel ragazzino tanto impacciato che le tornò il sorriso, facendole scomparire tutti i macabri pensieri dalla mente. << Certo. >> disse con decisione. I due s’incamminarono lungo il vialetto che costeggia il Tamigi proseguendo fino ad un dosso che evidentemente indicava che la meta non era molto lontana. Intanto il ragazzino proseguiva con la testa bassa e le mani serrate lungo i fianchi. Anche se non lo guardava in viso Aria sapeva che sotto quella zazzera rossa si nascondevano due occhi verdi pieni di curiosità messi in risalto dalla sua pelle altrettanto rossa. La ragazzina non capiva il motivo del suo disagio, era da quando l’aveva strappata alla Morte, trascinandola per le vie di Londra che si comportava così. Imperterrita, decise di affrontare la questione di petto e domandò, questa volta anche lei tutto d’un fiato: << Perché mi hai preso con te? >> . Il ragazzino la guardò con Aria interrogativa soffermandosi sui suoi occhi azzurri incorniciati da un manto di capelli neri lunghi fino alla schiena. La fissò intensamente per un momento, come se volesse leggerle dentro ma non appena si accorse del vano tentativo arrossì più di quanto non lo fosse già e riabbassò lo sguardo. << Non volevo che morissi >> disse con una voce flebile ma dominata da una calma surreale. << In quanto… >> <> . Ora la sua voce aveva un sottile accenno alla superbia e all’ira. Aria si stupì di come in pochi istanti, il carattere di quel ragazzino poco più grande di lei, assumeva sfaccettature del tutto nuove e inaspettate contorcendosi in manifestazioni del suo animo dettate da sentimenti diversi o del tutto nuovi. Non sapendo cosa rispondere, stette zitta e si morse un labbro torturata dalle sue parole. Camminarono in silenzio per un bel po’, fino a quando, finalmente, giunsero in prossimità della piccola risaia. Il ragazzino, invece, girò a sinistra proseguendo dritto. Aria, stupita, gli chiese: << Dove stiamo andando? La risaia è da quella parte >> e indicò lo strano edificio in lontananza. << So benissimo dov’è la risaia >> rispose lui con stizza << ma noi andremo in un posto dove le razioni di cibo saranno abbondanti rispetto alla razione giornaliera >>. Poco più avanti, sorgeva una casetta isolata dal resto della città, denso fumo usciva dal camino immergendola in una coltre nebbiosa. Il ragazzino bussò alla porta da dove ne emerse un gigante dall’aspetto gentile. Bernie, infatti, era considerato il gigante della città ma sempre bonario e pronto ad aiutare gli altri. << Ciao zio Bernie >> disse il ragazzino << cinque fette di formaggio e cinque tozzi di pane, per favore >> << Arrivano immediatamente >> poi si riscosse e domandò << Non sapevo aveste ospiti >> disse con un largo sorriso sul volto. Aria arrossì leggermente e il ragazzino per distoglierla da quella situazione imbarazzante prese la parola: << Si è unita a noi due giorni fa e da allora è diventata del gruppo >>. << Capisco >> disse il gigante mantenendo quel suo riso contagioso, e andò dietro la fucina a prendere un sacchetto con dentro il cibo. << Buon viaggio di ritorno, ti aspetto domani, come sempre >>. Salutato il signor Bernie, Aria si rimise in cammino verso casa ma, il ragazzino disse che ormai era quasi l’una- regolandosi sul grosso orologio posto in altro alla torre- e che era ora di fermarsi. La piccola accettò a malincuore il saggio consiglio in quanto non si sentiva a suo agio vicino al ragazzo, non riusciva né a comprenderlo, né leggergli dentro e questo la frustava. Si sedettero a ridosso di un campo di grano e mangiarono in silenzio quando il ragazzino prese un profondo respiro e disse con vergogna: << Rifammi la domanda >> . Aria non capì all’istante ma poi comprese ciò che le stava chiedendo. << Perché mi hai presa con te? >> disse con vocina esile quasi fosse un sussurro e poi aggiunse: << Non l’aveva mai fatto nessuno >>. Quella frase le pareva come una confessione, qualcosa che di intimo le era sfuggito via; per debolezza, forse , o soltanto per paura. Non seppe dirlo con esattezza. Il ragazzino era disorientato e rosso in viso: << Il motivo per cui ti ho salvata è perché non volevo che finissi come tutti quei bambini i cui corpi marciscono nelle fosse, non volevo che finissi così, lo giuro. Sei l’ultima persona che lo meriterebbe, un destino tanto crudele >>. Aria era perplessa, sembrava che quel ragazzino la conoscesse nel profondo e questo le diede un forte senso di inquietudine. << Invece sono la prima >>. Ammise con riluttanza. Lui la guardò in viso vigorosamente, poi le disse: << Credimi non lo sei >>. Aria smise di fissarlo nei suoi profondi occhi verdi che intanto la stavano ammirando con un’ invadente curiosità. << Non so neanche il tuo nome >> rise come farebbe una bambina piccola alla vista di un cavallino a dondolo. << Jack…mi chiamo Jack Jackson >>. Adesso Aria sapeva finalmente il suo nome, quel che non sapeva e che sarebbe rimasto taciuto per molti anni è il segreto che Jack si portava addosso da due anni a questa parte. Ogni giorno si affacciava alle grate che davano sull’orfanotrofio e ammirava Aria Scarlett in tutta la sua innocente bellezza giocare e ridere. Le intere ore passate a contemplarla le rivelarono i suoi lati più nascosti, scuri e privati. Niente e nessuno conosceva Aria Scarlett come Jack Jackson.
   
 
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