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Autore: AndThenWeKiss    09/03/2016    1 recensioni
Dawn è una sedicenne che si è trasferita in una delle scuola più prestigiose del Canada. Arrivata a scuola, fa conoscenza con Mike e Zoey, con cui stringe un rapporto d'amicizia, mentre proverà ad avvicinarsi ad un ragazzo di nome Scott.
La ragazza inizierà ad essere vittima di strani fenomeni-non paranormali- che metteranno a rischio la sua vita, e alla fine scoprirà il vero responsabile, che trama vendetta contro la sua famiglia da parecchi anni, servendosi di persone vicine a Dawn per i suoi scopi malvagi.
Note Autore: Hola! Intanto ci tenevo a precisare che il primo capitolo è principalmente di introduzione, le cose inizieranno a movimentarsi dal secondo.
La storia la scrissi tempo fa(2012, all'incirca) su una mia pagina ed è scritta in modo pessimo, quindi ho deciso di riprenderla, modificare la trama e di riscriverla in modo più corretto.
Spero vi piaccia, baci.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Capitolo 4:

 

Il presentatore al telegiornale urlava-perché è questo è il termine più adatto per descrivere la voce dei presentatori dei TG di prima mattina- le notizie.
Tutte cose orribili che non facevano altro che turbare il mio corpo e la mia anima, quindi decisi di concentrarmi sul tè.
-Il carcere di Toronto tiene ad avvisare che due pericolosissimi criminali sono evasi di prigione. I soggetti soffrono di turbe mentali molto gravi, ma allo stesso tempo dotati di grande agilità, furbizia e un'ampia gamma di abiti per mascherarsi nella gente più comune.
Aveva detto l'uomo reggendo in mano i fogli di carta su cui era scritto ciò che doveva dire-o almeno credo-, mio padre spense la tv perché disse che “faceva troppo rumore.”
Nessuno dei due disse niente su ciò che era accaduto la sera prima: uno dei pregi dei miei genitori è che una volta che una cosa è passata non viene nominata mai più.
Come al solito, finii prima di loro di mangiare ed uscii di casa, durante il tragitto incontrai Anne Maria insieme a Zoey e Mike, le due parlavano di moda, Mike e io parlavamo di scuola.
-Credo che anche io sceglierò Psicologia.
Mi disse, la sua voce era strana, a tratti comica. Non dissi nulla per un po', poi continuai a parlargli. -Mike, posso farti una domanda?
Chiesi di getto. Lui annuì, sembrava a disagio.
-Dove sono finite le tue cinque anime?
Anne Maria e Zoey smisero di parlare e di camminare e mi guardarono con gli occhi sgranati. Non so neanche io perché me ne ero uscita con quella domanda, dopotutto io e Mike ci conoscevamo solo da un giorno, ma solo dopo mi resi conto che era meglio stare zitta.
Eppure guardandolo per quei pochi minuti, mi ero resa conto che dentro di lui non c'erano più quelle strane personalità, ma solo una. Forse si era curato, boh.
Lui non mi rispose.
-Allontaniamoci da questa svitata.
Disse Anne Maria prendendo Zoey sottobraccio, lei si trascinò dietro Mike che mi guardava come se avesse visto un fantasma.
Decisi di sedermi su una panchina e di meditare per un po' di tempo, dovevo ragionare su alcune cose.
Passarono diversi minuti, ore non di certo, sentii qualcuno mettersi accanto a me.
-Giorno Scott.
Dissi senza aprire gli occhi mentre il vento mi sollevava i capelli biondi.
-Come hai fatto a...
Lo bloccai.
-Ho sentito la tua aura avvicinarsi.
Tenevo gli occhi chiusi, sorrisi quando davanti mi passò Dakota, troppo impegnata a parlare al cellulare a inviare messaggi per voltarsi e accorgersi di me.
Riguardo a Scott, sicuramente era venuto per parlarmi di ciò che era successo ieri sera.
-Come fai?
Domandò lui, scuotendomi per farmi aprire gli occhi: sicuramente odiava che non lo stessi guardando, io non mi scomposi.
-E' da quando sono nata che dedico tutta me stessa ad aiutare la Natura e le sue creature, che medito e che faccio yoga. Ho sviluppato capacità che nemmeno immagini, e inoltre lo yoga è tra le cose più rilassanti.
Conclusi e aprii un occhio non sentendolo parlare, era ancora accanto a me e mi guardava con gli occhi ridotti a fessure.
-...e aiuta a sfogarsi.
Dissi quasi sussurrando, lui mi sentii e mi guardò inarcando un sopracciglio.
-Davvero?
Domandò, stavolta il suo tono era interessato, sorrisi.
-Se vuoi ti insegno. Possiamo farlo-e lo sentii ridacchiare, abbozzai un sorrisetto e continuai a parlare- qui nel parco o a casa tua, di certo non a casa mia.
Aprii entrambi gli occhi e lo guardai, stava riflettendoci.
-Scordatelo sfigata voodoo, io non medito con nessuno.
Fu la sua risposta acida, peccato che la sua aura diceva altro.
-Io non pratico il voodoo.
Gli dissi, lui sbuffò, poi si alzò e se ne andò.
Mi venne da ridere pensando al fatto che voleva mostrarsi tutto tranne per ciò che era. Voleva farsi una vedere una persona dura, fredda, senza emozioni, invece era tutto il contrario.
Era solo una questione di tempo: presto avrebbe mostrato il vero Scott.

 

Il professore di Psicologia era assente ed era l'ultima ora, tutti eravamo in classe, seduti al nostro posto.
Zoey e Mike non mi avevano rivolto la parola per tutto il giorno, Anne Maria invece si era divertita a dire a tutta la classe-tranne le gemelle, che erano assenti, e Lightning che l'aveva respinta- di ciò che era successo stamattina, gonfiando anche la situazione aggiungendo dettagli non veri, tipo che avevo fatto levitare Mike e lo avevo strattonato.
-Ehi ragazza magica!
Mi gridò Lightining alzandosi in piedi e attirando l'attenzione di tutti, persino di Dakota che smise di chattare su Facebook e di Sam, che salvò la sua partita a Pokémon e spense il Nintendo.
Mi voltai verso di lei, non sapevo cosa avesse in mente: il colpo che mi arrivò in faccia fu più veloce del mio potere e in quel momento mi trovavo il viso impiastricciato di carta masticata e insalivata.
-Fai schifo.
Le disse Dakota, non tanto per compassione verso di me ma perché un po' di saliva era caduta sopra la sua borsetta rosa.
Lei non rispose, si limitò a passare un pezzo di carta a Jo e un altro a Cameron, che lo gettò via.
-Facci fare un tiro.
Disse Mike, il suo sorriso cordiale era svanito e sembrava più un ghigno malefico, accanto a lui, Zoey ridacchiava e stringeva in mano una cerbottana che passò al suo amico.
Sgranai gli occhi, non sapevo cosa fare.
Dovevo scappare, ma poi mi avrebbero vista tutti e avrebbero riso di me. Potevo rispedirgli indietro il colpo usando il mio potere, ma questo avrebbe significato abbassarsi al loro livello di stupidità e confermando la versione-falsa- di Anne Maria, ossia che potevo far levitare le cose.
Scelsi la prima opzione e bombardata da pezzetti di carta insalivati e masticati e con un sottofondo di risate abbandonai la stanza, le lacrime che volevano uscire. Le trattenni e rimasi in corridoio, poggiata sul termosifone. Solo in quel momento mi misi a piangere.
Zoey mi si avvicinò.
-Dawn, non piangere...
La ignorai e presi un ragno viola che stava arrampicandosi sul termosifone, quindi inizia a fargli dei delicati grattini sul dorso. Non volevo fare pace con una persona come lei: era falsa.
-Sei ridicola.
Disse ancora, schiaffeggiandomi la mano e facendo cadere l'aracnide ai suoi piedi, schiacciandolo. La guardai male.
-Come ti sei permessa?!
Mi resi conto di aver alzato la voce, lei ridacchiò.
-La streghetta perde le staffe?
Ma cosa le era preso? Fino a ieri la sua aura era bianca e pura, era la ragazza più timida che avessi mai visto-dopo Charlotte- e ora invece era diventata lei una strega. Rideva e mi guardava ghignando, non le risposi.
-Che c'è? Il ragno ti ha morso la lingua?!
Il suo tono era alto e si stava innervosendo, mi ricordava qualcuno, ma non capivo chi; o meglio, ero troppo arrabbiata per ragionarci su, chiusi gli occhi e nella mia mente apparii la cosa che al momento mi rendeva felice: Scott.
Sgranai gli occhi, spaventata. Zoey se ne accorse.
-Che c'è?
Mi domandò, si guardava intorno nervosamente.
-Niente.
Dissi, quindi le vidi tirare fuori una cerbottana dai pantaloni., nella mano stringeva un foglio di carta.
-Preparati.
Disse, masticando la carta, quando la vidi ruzzolare a terra: Scott l'aveva spintonata a terra e aveva calpestato la cerbottana.
-Tutto ok?
Mi domandò prendendomi la mano e guardando male Zoey, che si sistemò i capelli e il fiore, il fiore che prima emanava un buonissimo odore ora sembrava quasi finto, statico.
Quando la sua mano toccò la mia mi sentii pervadere da una strana sensazione, del vento penetrò dalla finestra aperta accanto al termosifone e si avvolse intorno alle nostre mani, formando un infinito. Ovviamente Scott non se ne accorse, quindi mi limitai ad annuire.
In tutto ciò, suonò anche l'ultima ora e tutti gli studenti della scuola si spintonavano per cercare di uscire per primi, come se per la paura qualcuno potesse trattenerli all'interno dell'edificio.
Io e Scott tornammo in classe a prendere le nostre cartelle, quando, ad un certo punto, mi misi a piangere.
-Che succede?
Mi domandò, probabilmente era una domanda retorica. Mi abbracciò e stavolta fui io quella a sgranare gli occhi.
Mi stringeva con delicatezza, sembrava quasi che tenesse in mano una farfalla e che avesse paura di ucciderla stringendo un po' di più. Mi asciugai le lacrime e lo sentii mollare la presa, quando mi voltai era seduto a terra con le gambe incrociate iimpegnato in un goffo tentativo di meditare.
Ridacchiai e mi avvicinai.
-Non si fa così.
Teneva le mani poggiate sulle ginocchia e sembrava costipato piuttosto che rilassato. Mi misi a sedere dietro di lui e presi il suo viso in mano in modo che guardasse il mio.
-Le mani si mettono così.
E gli feci vedere la posa che doveva fare, lui fece lo stesso.
Gli misi le mani sui fianchi e lo aiutai a raddrizzare la schiena, poi gli accarezzai i capelli e il viso.
-Che fai?
Domandò aprendo gli occhi, la sua voce era imbarazzata.
-Cerco di farti rilassare. Tu chiudi gli occhi e lascia fare a me.
Chiuse gli occhi e continuai ad accarezzargli viso e capelli, lo sentivo meno rigido e più rilassato.
Mi misi di fronte a lui.
-Ti senti meglio?
Lui annuii e continuai ad accarezzarlo, ad un certo punto, quando notai che era totalmente rilassato, smisi e meditai anche io. Volevo stabilire un contatto con lui, volevo fargli capire che avrebbe potuto contare sempre su di me, credo che lui capii. Non disse nulla, il nero della sua aura era sparito.
-C'è qualcosa che ti turba?
Domandai continuando a sussurrare.
-Non voglio parlarne.
Disse ad alta voce, gli dissi di stare zitto e che doveva solamente sussurrare.
Dato che non era più rilassato, tornai ad accarezzarlo, poi smisi.
-Ora espira ed inspira, immagina che tutte le cose negative vadano via quando butti fuori aria dalla bocca.
Continuai, sorridendo notando che stava seguendo i miei ordini.
-Scott, sappi che volevo dirti una cosa: puoi scegliere di non parlarne, ma sappi solo che nella vita non pioverà sempre. Finirà il tuo periodo buio.
La calma che si era creata fu interrotta, di nuovo.
-Ma tu già sai di cosa soffro.
Mi picchiai una mano sulla fronte.
-Voglio che sia tu a parlarmene. Scott, devi aprirti con qualcuno: a lungo andare fa male tenersi le cose dentro.
Lo sentii sospirare, aprii gli occhi: si stava mordendo il labbro, poi aprii bocca.
-Quando ero piccolo...
Di nuovo interrotti, strinsi i pugni per evitare di sbraitare.
-Che ci fate qua, mocciosi?
Ruggì Chef, cuoco e bidello della nostra scuola, in mano reggeva lo scopettone e si trascinava il carrello con i detersivi.
-Uscite prima che vi faccia espellere.
Ordinò, facemmo come ci aveva ordinato e andammo ognuno in direzioni diverse, per il breve tragitto scuola-casa pensò a tenermi compagnia l'immagine del suo viso felice e rilassato per davvero, per la prima volta da ieri.
Sentivo che qualcosa sarebbe cambiato, che le nostre vite sarebbero cambiate radicalmente, ma trarre conclusioni affrettate non ha mai portato nulla di buono.

   
 
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