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Autore: Duncneyforever    09/03/2016    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Zohan Schwarz. 

È praticamente impossibile che un soldato tedesco di stanza ad Auschwitz porti un nome come questo. Un nome di origine ebraica. 

Leggo e rileggo più volte quella piccola dedica. Zohan, non Zenon. Il risultato di ogni lettura è sempre lo stesso. Sono senza parole. Un ragazzo ebreo che lavora in un campo di concentramento non si è mai visto. Deve esserci senz'altro una spiegazione logica. 

Almeno spero... 

- Lui è ebreo? - Chiedo, dubbiosa, sfogliando qualche pagina del libro. 

- Non esattamente. Sua madre era ebrea, suo padre cattolico. Perirono in un incidente avvenuto nel trentaquattro, quando Zohan aveva dieci anni. Non era stato battezzato come non era stato circonciso, perciò risultava a tutti gli effetti ateo; nessuno avrebbe mai detto che lui fosse in parte ebreo. Essendo il matrimonio dei signori Schwarz e la sua nascita avvenuti prima delle leggi di Nürnberg, Zohan si sarebbe potuto salvare, nascondersi, ma il suo nome, tuttavia, gli causò non pochi problemi. Sua madre era registrata come ebrea, frequentava il tempio... una soffiata da parte di un vicino e la vita di Zohan precipitò nel buio. Ritenuto ebreo, venne arrestato nel trentanove, seppur la sua situazione fosse ancora in via di accertamento. Successivamente, venne deportato a Dachau in veste di prigioniero speciale e, nell’estate del quaranta, a Mauthausen. - 

Friederick narra dettagliatamente la storia del suo compagno. Io ascolto a bocca aperta, senza interrompere. Tanto sono presa da questa versione dei fatti che quasi non mi sono accorta di essere slittata accanto al biondo per ascoltare meglio. 

- Era solo un ragazzino quando arrivò a Dachau, ma riuscì a sopravvivere. A Mauthausen, grazie alla sua posizione di privilegio, divenne un kapò e, dopo sei mesi, ottenne la libertà. Tuttavia, per avere questa indulgenza, dovette arruolarsi nell’esercito regolare. Naturalmente si accertarono della sua peculiare situazione e, dopo qualche settimana, venne rilasciato perché classificato come mezzo-ebreo. Lui, come già detto, accettò. Facilmente intuibile è il seguito, presumo. Gli fu ordinato di sostituire Zohan con Zenon, poiché quest'ultimo è un nome più consono per un tedesco. Fu addestrato come un comune soldato e pochi mesi fa sopraggiunse qui ad Auschwitz, nonostante non fosse, di fatto, un’SS. Alcune guardie sono a conoscenza delle sue origini e, per questo, è costantemente oggetto di scherno. Zohan è un bravo ragazzo... Vittima di un crudele destino. - 

Accidenti che storia! Ho letto racconti di questo tipo, ma non ho mai pensato a nulla del genere.
Zohan potrebbe essere uno dei centocinquantamila Mischlinge assoldati nell'esercito nazista; effettivamente, la sua vita mi ricorda molto quella di un personaggio di un libro che lessi mesi fa, che parlava proprio di questo. 

- Dico che questa è la cosa più strana che abbia mai sentito: straordinario ed orribile allo stesso tempo. Uccide la sua gente, Fried. So che è costretto, ma sempre di omicidi si tratta. -

Rigiro il libro tra le mani, riflettendo su ciò che ho affermato. 

- È migliore di tanti altri, devi credermi. - Il tedesco mi sottrae, con delicatezza, l'oggetto. 

- Sono confusa. - Appoggio i gomiti sul materasso ed il volume tanto discusso viene riposto accuratamente nella cassaforte. 

- Ich auch/ Anche io. - Scuotiamo entrambi la testa, in segno di intesa. Poi ci avviciniamo. 

- Posso conoscerlo? - Friederick si attarda ma, persuaso dal mio sguardo desideroso, risponde affermativamente.  
In fondo, se vogliono segregarmi in questo buco desolato dovrò pur fare qualcosa, no? Fraternizzare mi sembra una buona idea... - Vuoi ascoltare una cosa? - Domando, cercando di cambiare completamente discorso. 

Lui, come mi aspettavo, risponde di sì. 

Tiro fuori dalla tasca il telefonino, scegliendo dalla playlist un brano che considero più o meno ballabile. È il mio vecchio cellulare; queste canzoni sono già un po’ datate, ma non molto, se messe a confronto con la persona alla quale voglio farle ascoltare. A tutti gli effetti, Fried è un vecchietto, poco importa se dimostra all’incirca la mia età. 

- Puoi insegnarmi? A ballare come ballate voi, dico. - Il nordico sembra parecchio interessanto al mio mondo; se gli rivelassi qualcosa ne sarebbe felice ed io troverei una distrazione in grado di alleviare la mia costante malinconia ( resa ancora più accentuata dalla scoperta di poco fa). Quindi... perché no? 

- Certo! Da dove potremmo iniziare... - Rifletto, per poi esclamare: - ho trovato! dal " Twist "! ovvero dai meravigliosi anni sessanta, con amore. -

Accidenti a lui, Fried è davvero bravo! In cinque minuti è stato capace di emularmi e di farsi prendere dal ritmo della canzone. Di solito trovo molto buffi i ragazzi che si cimentano nel twist, ma lui è davvero adorabile e tanto, tanto carino. Non pensavo che in così poco tempo si potesse imparare a ballare su questo stile musicale... in modo corretto, perlomeno. Io ci misi una vita: un gattino su una scia di sapone, ecco cosa sembravo. Fortunatamente, mia madre ebbe molta pazienza e mi insegnò. Non mi spiego il perché, ma lo presi molto a cuore e credo sia per questo che io abbia voluto iniziare da qui, piuttosto che dal pop o dal rock. 

- Sei incredibile, biondino. Dopo soli dieci minuti ti muovi quasi come Chubby Checker. - Constato, piegando anche io le gambe ad angolo. - Kannst du singen?/ Sai cantare? - Chiedo, nella sua lingua, immaginando come possa essere la sua voce. 

- Sicher, tranquillamente. - 

Indefinibile l'espressione che comparve sul mio viso a quella risposta. Poco dopo, scoprii quanto realmente fosse bello sentirlo cantare. Gli feci provare alcune canzoni che avevo scaricato. In inglese, in francese, in italiano... Non mi importava se l'intonazione in alcuni punti fosse sbagliata: egli era comunque bravissimo, più della media ed il risultato fu emozionante. 

Rimugino a tutto questo, mentre ceno a casa del colonnello. Niente Schneider in casa, al mio arrivo. Ritrovai un piatto sulla tavola al mio ritorno e preferii non chiedermi nulla. Detto questo, sono alquanto felice di essere di fronte ad un piatto di carne e non di zuppa. Arrosto con patate al forno, finalmente. 
È buono, ma della persona che ha cucinato questo piatto non c'è traccia. 

- Schmecks du das?/ Ti piace? - Maledizione! Quasi mi sono strozzata per il colpo! 

- Già di ritorno Herr Kommandant? - Il rosso si toglie il berretto, si sfila la giacca dell'uniforme e siede al tavolo. 

- Sembravi meno fragile. Sei anche più debole di quanto immaginassi. - Lascia cadere sul grembo le bretelle e si sistema le maniche della camicia, facendo un chiaro riferimento ai miei polsi ancora arrossati.

- Non sono fragile! Ho la pelle delicata e poi di cosa vi lamentate? Non siete stato forse voi a farmi questo? - Ripongo le posate sul tovagliolo in stoffa, per evitare di fare qualche sciocchezza. 

Lui mi guarda, inespressivo come al solito. 

- Ho ucciso per molto meno, italiana. Dovresti ritenerti fortunata. - Rabbrividisco al pensiero e taccio, limitandomi a riprendere in mano coltello e forchetta. - Perché sei venuta fin qui? Per vedere la guerra? Meglio che torni a casa bimba, questo non è posto per te. Qui non troverai né trincee, né soldati che si esagitano brandendo baionette e mitragliatrici. Il fronte è altrove; di guerresco c’è solo il puzzo di cadaveri putrefatti e sangue. - 

- Beh io... - E adesso? Cosa dovrei rispondere? 

 

 

 

Angolino autrice: 

Sono profondamente dispiaciuta per i ritardi degli ultimi aggiornamenti; gite scolastiche, stage e verifiche varie mi hanno tenuta ben distante dal computer in questo periodo. Fortunatamente ho quasi ultimato e mi auguro di non farvi attendere più per così tanto tempo. Detto questo, spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto. 
In futuro cercheró di prolungare i capitoli, per rimediare. 
A presto ( salvo imprevisti ),  
Me 

 

 

 

  
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