Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: pluie_de_lumieres    11/03/2016    2 recensioni
Che succede quando due persone completamente opposte si ritrovano a vivere insieme?
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Sai la mia storia, sai chi ero e chi sono diventato vicino a te” mormorò Tom, stringendosi il biondo al petto.
“Sì…” rispose l’altro, come in attesa della domanda che avrebbe seguito quel ragionamento.
“E io di te non so niente, o quasi” proseguì, pur sempre cauto, come per paura che l’altro potesse scappargli dalle braccia, slittando via come una saponetta.
Bill, a quelle parole, socchiuse gli occhi per un momento, poi distolse lo sguardo, rivolgendolo verso il buio fitto della stanza.
“Non credi che tu mi debba qualche…” ma fu interrotto dalla voce del biondo.
“Sì, hai ragione, ti chiedo scusa” mormorò, cercando di trovare il coraggio di rivangare quei ricordi.
Tom si zittì, aspettando di sentire la sua storia. La curiosità era sempre stata tanta, ma il rispetto per il silenzio altrui più forte di quanto potesse immaginare lui stesso.
Bill ci mise un po’ a rimettere in ordine le idee, ma poi prese un respiro profondo e cominciò:
“Mia madre è americana, è tornata nel New Jersey quando avevo appena tre anni e sono cresciuto coi nonni paterni” disse, cercando di rimettere insieme i pezzi di quella storia che non sfogliava da un po’. Curioso, no? Era la propria storia, a malapena la ricordava.
“Tuo padre?” chiese Tom, impaziente, andando ad abbassare proprio il tasto più dolente di tutti.
“Non c’era molto” rispose l’altro a bruciapelo.
“Non è il tipo che cresce i propri figli?” domandò ancora il moro.
“E’ più il tipo che esce di casa e torna quando gli fa comodo, sempre dedito al proprio divertimento, ai propri svaghi. Si è rifatto una famiglia, non è mai stato felice neanche con la nuova moglie e quando le cose gli andavano male, alzava le mani su di me, trovando in questo la sua unica valvola di sfogo” spiegò.
Tom annuì, accarezzandogli la schiena “Nessuno si è mai preso cura di te, mh? Riesco a sentire tutti i solchi delle cicatrici che ti hanno lasciato addosso”.
Bill si strinse nelle spalle, la testa gli girava, le lacrime erano lì lì per scorrere via dagli occhi, tristi.
“Sei al sicuro ora, hai trovato il tuo posto, non avere paura, io non ti lascio. Forse ho un modo un po’ brusco di curare le ferite altrui, ma ti giuro che le farò rimarginare tutte, una ad una. Ti starò vicino io, come nessuno ha saputo fare fino ad ora. Okay? Puoi fidarti di me, Bill” lo rassicurò Tom.
Il biondo annuì, chiudendo gli occhi. Odiava ripercorrere quegli anni, così lontani nei ricordi.
“Lo so che non ti fidi delle persone, non più, te lo leggo in faccia, ma so anche che sei uno che dà piena fiducia, o che almeno la dava, in passato. So anche che ho fatto i miei errori, e devi scusarmi, devi perdonarmeli perché prima di te, non sapevo cosa significasse amare qualcuno. Ne farò ancora tanti di errori, ma se tu riuscirai a perdonarmeli…”
“Tom, mi fido di te. Sei l’unico di cui io possa fidarmi” lo interruppe Bill, stringendogli una mano.
“Non completamente, non è vero?”
“Devi darmi tempo, non puoi pretendere tutto e subito. Sei di un’impazienza unica” e gli sfuggì una risata.
“Ma io ti voglio tutto e subito. Tutto per me, sempre” rise Tom, solleticandogli un fianco.
“Lo so, sei il solito spaccone, una specie di elefante dentro una cristalleria” borbottò Bill.
“Tu sei la farfalla di cristallo, la più piccola, raffinata e delicata delle sculture” gli disse Tom, baciandogli poi la fronte.
“Mi piacciono le farfalle” mormorò Bill, chiudendo gli occhi.
“L’ho pensato dal primo giorno che ti ho visto, quando mi sei piombato in casa. Solo un pazzo non noterebbe la tua delicatezza e io ti ho fatto a pezzi almeno due volte” raccontò Tom, ripercorrendo con la mente quei mesi insieme.
“Sono resistente, anche se non sembra, ho rimesso a posto i pezzi” sorrise il biondo, stringendosi all’altro.
“Sei stato bravissimo” si complimentò Tom.
“Lo sei stato anche tu. Non avevi mai avuto a che fare con qualcuno come me e non…non ti sei lasciato scoraggiare” disse l’altro.
“Questo ti dà una minima idea di quanto io tenga a te, Bill? Non lo ignorare mai, per favore”
“Non lo ignoro, assolutamente” gli accarezzò una spalla, sentendo il sonno prendere il sopravvento.
Tom si addormentò poco dopo di lui, ma un brutto incubo lo svegliò verso le quattro del mattino. Si tirò su di scatto, accendendo la lampada che trovò sul comodino, accanto al letto, dove era sempre stata.
“Tom! Che succede?” chiese Bill, svegliato da tutti quei movimenti.
Il moro non rispose.
“Tom?” lo chiamò ancora, un po’ più preoccupato.
“Era solo un…un incubo” chiarì l’altro, passandosi le mani sul viso.
“Te lo ricordi?” domandò Bill, cercando di farlo sdraiare nuovamente.
L’altro non gli rispose: si distese, dandogli le spalle.
“Tom? Vuoi dirmi che hai sognato?” insistette lui.
“Ti portavano via da me” rispose Tom.
“Di nuovo? Mi dici quante volte hai fatto questo dannatissimo incubo? Sei tu che non ti fidi di me se continui ad avere questa paura nel tuo subconscio” protestò il biondo.
“Non è colpa mia! Non decido io cosa sognare!” si lamentò il moro.
“Non decidi cosa sognare ma i sogni rispecchiano i pensieri e le paure. Vuoi dirmi perché non ti fidi di me?”
“Cosa? Ma sei impazzito? È ovvio che mi fidi di te!” replicò Tom, voltandosi verso di lui e mettendosi a sedere. Anche Bill si era messo seduto e lo guardava con un’espressione corrucciata.
“Non alzare la voce, i tuoi stanno dormendo” lo rimproverò.
“Sei tu che mi fai alzare la voce con le tue cazzate! Mi fai innervosire!” constatò l’altro.
“Io? Tu mi nascondi le cose! Non ti fidi di me, o non continueresti ad avere incubi ogni notte! È chiaro che non ti fidi di me!” sibilò Bill.
“Cosa? Non è vero! Non è affatto vero! Ho solo paura di perderti! Non credi sia normale? Perché non dovrei fidarmi?” non poteva crederci che Bill lo stesse incolpando per una cosa del genere.
“Io non ho paura di perderti perché ho una cosa chiamata fiducia, mi fido di te. E visto il tuo passato dovrei essere io quello che non si fida” incrociò le braccia al petto.
“Bill! Per favore! Ho solo paura di perderti, ho paura di vederti andare via, ho paura di…svegliarmi e non trovarti più. Sei comparso nella mia vita senza alcun preavviso e ho una paura fottuta di vederti andare via”.
“Ma ti senti quando parli? Che ti prende?” rincarò la dose il biondo.
“Che ho fatto ora?” chiese Tom, sentendosi completamente perso. Perché stavano litigando? Non avevano mai litigato così. Si sentì perso, non aveva mai provato nulla del genere.
“Sembri un…” iniziò Bill, bloccandosi, preso dalla rabbia. Cosa gli prendeva? Improvvisamente la voglia di ferirlo e allontanarlo era più forte del resto. Cosa diamine gli stava prendendo?
“Sembro un cosa?” chiese Tom in un sussurro, gli occhi lucidi.
“Un rammollito. Non il Tom che ho conosciuto” sputò il biondo, tornando a sdraiarsi, dandogli le spalle.
Qualcosa si era rotto, dentro il petto del moro.
Si alzò, infilò una felpa e scese in cucina, lasciando Bill da solo in camera.
Si sedette al buio, i gomiti poggiati sul tavolo della cucina e scoppiò in lacrime.
Cosa stava succedendo? Cos’era stata quella lite? Stava andando tutto così bene, non riusciva a crederci. Gli mancava il respiro, ad ogni singhiozzo sentiva l’aria venire meno. Perché cazzo faceva così male? Non riuscì a provare niente, se non dolore. Avrebbe voluto provare rabbia, per Bill che lo aveva fatto innamorare e lo aveva ridotto in quello stato, ma niente, la paura di perderlo si era moltiplicata all’infinito e l’amore che sentiva per lui cresceva ogni secondo di più. Il terrore di perderlo lo aveva fatto rammollire, probabilmente. Ma perché ferirlo così? A che pro? Si piegò in avanti, cercando di soffocare il pianto contro un braccio. Avrebbe voluto chiamare Gustav e chiedergli cosa non andasse in lui, era tutto così nuovo, mai prima d’ora si era sentito così in difficoltà, così indifeso.
Pianse finché ebbe fiato, poi si ritrovò svuotato a fissare la vetrata che dava sul giardino e verso le sette decise di tornare a letto. Bill dormiva. Gli si stese accanto, lasciando della distanza tra di loro, distanza che non aveva mai dovuto lasciare e tentò di dormire. Era distrutto. Gli aveva dato tutto, eppure non era bastato. Perché non bastava? Dove stava sbagliando?

Nei giorni che seguirono tentarono di mascherare i disguidi per non far preoccupare i genitori di Tom, dopodiché tornarono ad essere freddi l’uno con l’altro, più Bill che l’altro.
In aereo non si parlarono e lasciarono un posto vuoto tra di loro.
Tornare a casa fu un sollievo per entrambi e solo quando la porta fu aperta e le valigie furono dentro, trovarono il coraggio di rompere quel silenzio.
“Credo che dovremmo parlare” disse Tom.
“Non ho niente da dirti” tagliò corto Bill, chiudendosi in camera.
Non si chiudeva in quella camera da almeno un mese, da quando avevano iniziato a dormire insieme. Non era più la sua camera, quella, era la camera dei vestiti e dei peluche. Li buttò tutti a terra e si gettò sul letto, coprendosi il viso con le mani. Cosa stava facendo? Stava allontanando Tom. Dopo averlo fatto innamorare, avergli tolto l’intimità, gli stava togliendo anche la dignità. Sapeva bene cosa stava facendo, il suo cervello aveva attivato una modalità che raramente si attivava. Si stava semplicemente buttando avanti per non rimanere indietro, stava facendo in modo che Tom lo lasciasse per non dover soffrire qualora fosse successo in un altro momento o modo. Era conscio di ciò che faceva, solo che non riusciva a fermarsi.
Tom era rimasto come un imbecille davanti alla porta della camera dell’altro. Si passò una mano sulla fronte, gli veniva di nuovo da piangere, si stava sentendo male. Cosa aveva sbagliato, questa volta?
Lasciò le valigie dov’erano ed uscì di casa. Prese la macchina e andò diretto a casa di Gustav.
Potete immaginare la sorpresa dell’altro quando se lo ritrovò in lacrime davanti la porta di casa.
“Che cazzo è successo?”
“Non mi parla più, si è incazzato perché dice che non mi fido di lui e non mi parla più!” urlò l’altro, in preda al panico. Era visibilmente a pezzi.
“Tom! Calmati!” non lo aveva mai visto così. Lo fece entrare e lo accompagnò fino al divano “Cosa gli hai fatto? Hai provato a.. hai provato, insomma..?”
“NO! NON HO FATTO NIENTE, GUSTAV! NON GLI HO FATTO NIENTE!” gridò l’altro, passandosi le mani tra i capelli.
“Mi spieghi com’è successo, allora? Cerca di calmarti, però, spiegami con calma” mormorò, preoccupato per l’amico.
“Mi sono svegliato in seguito ad un incubo che faccio spesso, sogno che me lo portano via e gliel’ho raccontato. Dice che non mi fido di lui, ed è per questo che faccio questo incubo! Ma io mi fido di lui! Ho solo paura di perderlo! Perché è così difficile da concepire? Dove sto sbagliando, stavolta? TI GIURO CHE NON HO FATTO NIENTE!” gridò, mentre le lacrime gli rigavano il viso.
“TOM! Calmati! Devi stare tranquillo, cazzo, non puoi ridurti così per lui! È solo una persona!” cercò di dirgli Gustav, ma a quelle parole a Tom sembrò di aver visto la morte in faccia.
“COSA? NON E’ SOLO UNA PERSONA! LUI E’ BILL!” urlò, disperato.
Come si era ridotto? Era irriconoscibile. Era andato.
“Devi cercare di calmarti. Credo si sia attaccato alla prima scusa per cercare di allontanarti, ma tu devi cercare di stare calmo, non puoi stare così. Hai visto a cosa ti ha portato? Ti ci sei buttato dentro a capofitto e hai tenuto conto solo di lui, dei suoi problemi, delle sue difficoltà. Ma.. devi cercare di riprenderti Tom, alla fine rimane solo una persona. Se andasse via? Se ti lasciasse? Devi riprendere in mano la tua vita. Non puoi fare di una persona la tua vita. Te lo dico da amico, okay?”
Tom era lì che lo guardava con gli occhi lucidi, come se quello che l’altro gli stava dicendo fosse una maledizione. Non avrebbe mai voluto aprire gli occhi su quella questione, ma probabilmente Gustav aveva ragione. Aveva riposto in Bill tutte le sue aspettative e aveva costruito la sua vita su di lui, negli ultimi due mesi. E ora in che condizioni si ritrovava?
“Perché sta cercando di allontanarmi?” chiese con un filo di voce.
“Tom, è depresso. Non puoi chiederti perché faccia o meno qualcosa. Ti sei cacciato in un bel guaio, cazzo”
“Tu mi hai appoggiato per tutto il tempo, Gustav” mormorò.
“Ma non dovevi perdere te stesso, non…avrei mai creduto di vederti così, che saresti arrivato a tanto” gli poggiò una mano sulla spalla.
Vedere Tom così scosso lo intristì da morire. L’amico non si era mai preso una tale sbandata e come prima volta poteva dire che era rimasto anche abbastanza traumatizzato.
“Non devi dargli tutto questo peso, Tom”
“Come puoi dire una cosa del genere? Mi sono fatto scopare da lui” si coprì il viso con le mani, vergognandosi da morire. Cosa stava succedendo?
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: pluie_de_lumieres