Incomprensibilmente
simili, inevitabilmente amici
La
prima volta che Neville vide il ciondolo di Luna, capitò per
puro caso.
Insieme
ad Harry e Ginny aveva preso posto in quello che era, probabilmente,
l’ultimo
scompartimento disponibile del treno. Lo stesso scompartimento che,
solo poco
prima, aveva accuratamente evitato proprio per via di quella ragazza,
Luna.
Quello
fu il giorno in cui conobbe quella strana ragazza.
Quello
fu il giorno in cui capì perché molti la
chiamavano “Lunatica” Lovegood.
Certamente,
la bacchetta dietro l’orecchio, la rivista che stava leggendo
al rovescio e
quegli occhi, che la natura le aveva donato troppo grandi e un tantino
troppo
sporgenti, non potevano che essere un ulteriore incremento ai
pettegolezzi
della gente.
Decisamente
una ragazza fuori dall’ordinario.
Non
furono questi dettagli, tuttavia, a catalizzare l’attenzione
di Neville, né
tantomeno quegli assurdi discorsi sui nargilli che la giovane
affrontava con
così placido fervore.
Gli
occhi di Neville si erano invece soffermati su quel piccolo pendente,
che
appariva ancora più piccolo e insignificante
perché nascosto dalla ben più
appariscente collana di tappi di burrobirra che Luna indossava.
Il
piccolo ciondolo, al contrario, era discreto e sarebbe quasi scomparso,
inghiottito dalla massa di capelli oro pallido di Luna, se non fosse
stato per
quel bagliore che emanava, e che si accentuava ulteriormente quando i
raggi del
sole riuscivano a raggiungere l’oro candido di cui era fatto.
Quel
giorno Neville non riuscì ad identificarne la forma con
precisione.
Mai avrebbe immaginato che ci
sarebbe
stato tempo per imparare non soltanto quello, ma molto altro di quella
strana
ragazza.
La
seconda volta che Neville vide il ciondolo di Luna, lo
osservò con attenzione.
Era
il giorno del funerale di Silente e Neville era stravolto.
Lui
e Luna si erano seduti l’uno accanto all’altra.
Un
po’ perché ormai era diventata
un’abitudine, un po’ perché lui e Luna,
dopo
tanto tempo trascorso insieme a scampare la morte, si erano ritrovati
incomprensibilmente simili e inevitabilmente amici.
Erano
simili perché entrambi, spesso, si trovavano soli,
incompresi da coloro che li
ritenevano strani o diversi, ai margini di quella vita, fatta di
genitori
premurosi e fin troppo assillanti, che per gli altri era noiosa
routine, ma che
per loro sarebbe stata benedetta normalità.
Quel
giorno nell’aria si respirava odore di cambiamento imminente,
irreversibile.
Quel
giorno Neville vide per la prima volta che forma avesse il ciondolo di
Luna.
Un
fiore.
Un
piccolo fiore dalla forma tondeggiante, composto da cinque petali.
Per
chiunque, quello sarebbe stato un fiore come tanti altri, un fiore
comune.
Ma
per Neville, che amava l’Erbologia e che di piante e fiori,
magici o babbani
che fossero, se ne intendeva, quella fu una piacevole scoperta.
Ipomoea
alba.
Altrimenti
nota come fiore di luna.
Si
ritrovò a pensare che era il fiore perfetto per Luna.
Le
assomigliava.
Non
perché fosse conosciuto proprio col nome di fiore di luna,
dovuto ai petali
bianchi e alla forma circolare.
Ma
perché era un fiore delicato, che durante le ore di luce se
ne stava nascosto,
richiuso in se stesso.
Si
schiudeva soltanto per coloro che avevano la pazienza di aspettare fino
al
calare della sera.
E
Luna era fatta alla stessa maniera.
Riservava
la sua bellezza, la sua amicizia, la sua unicità solo a chi
non commetteva
l’errore fatale di fermarsi alle ingannevoli apparenze.
La
terza volta che Neville vide il ciondolo di Luna, lo cercò
di proposito.
La
guerra era finita.
Avevano
vinto.
Ma
come si fa a sentirsi vincitori quando, in realtà, si
è perso così tanto?
Vagando
tra le rovine di quel castello disastrato, che per sette anni era stato
la sua
casa, Neville si chiedeva cosa fosse rimasto di quella assurda pretesa
di un
folle, che vedeva il sangue impuro in tutti meno che in se stesso.
Ragazzi
morti ancora prima di aver imparato cosa fosse davvero la vita.
Genitori
che maledicevano la natura per essere sopravvissuti ai loro stessi
figli.
Figli
che i propri genitori non li avrebbero mai conosciuti.
Ecco
cosa restava.
Dopo
aver camminato per un po’, Neville raggiunse il parco e si
lasciò cadere ai
piedi di una grande quercia, con gli occhi asciutti e
l’amarezza nel cuore.
Non
fu sorpreso quando, pochi minuti dopo, fu raggiunto da quella strana
ragazza
bionda che ormai era diventata la sua più cara amica.
Luna
aveva un’aria spettrale.
Forse
perché la battaglia l’aveva resa più
pallida del solito.
O
forse perché l’alba di quel giorno tardava ad
arrivare.
Ma
Neville aveva capito, dopo averlo provato sulla sua stessa pelle, che
di come
uno può apparire agli altri non gliene importava niente.
E
fu felice di constatare che almeno una cosa non era cambiata dopo la
guerra.
Loro
due.
Neville
e Luna, che si trovavano senza neanche essersi cercati.
Fu
in quel momento che Neville si voltò verso di lei, cercando
con lo sguardo quel
tiepido bagliore che le illuminava il viso.
Quel
piccolo ciondolo che Luna non si toglieva mai e che, Neville ci avrebbe
scommesso, doveva esserle stato donato da sua madre.
Ed
era lì.
Nascosto
tra i capelli incrostati di terra e lacrime, brillava il piccolo fiore
di luna.
Era
un po’ ammaccato in verità, e aveva perso due dei
suoi petali.
Ma
c’era ancora.
Luna
si accorse della direzione che aveva preso lo sguardo di Neville.
Lo
fissò per qualche istante, prima di alzare le spalle
mestamente, in un timido
accenno di rassegnazione.
Era
sempre così con lei.
C’era
sempre qualcuno o qualcosa che, secondo lei, veniva sempre prima.
Sempre
più urgente.
Sempre
più importante.
Ma
non per Neville.
Neville
non riusciva, non poteva rassegnarsi.
Quel
pendente era parte integrante di Luna, parte integrante della sua
arguta
ingenuità.
L’aveva
sempre vista con quel ciondolo al collo.
Anche
quando non sapeva ancora chi lei fosse.
Anche
quando non sapeva ancora quanto lei contasse.
“Reparo”
Sussurrò,
estraendo dalla tasca dei pantaloni la bacchetta, che mai come quella
notte si
era rivelata una preziosa alleata.
Immediatamente,
il ciondolo tornò al suo aspetto originario.
I
cinque petali sembravano gareggiare per vedere chi brillasse di
più.
Allora,
Luna regalò a Neville un sorriso pieno di gratitudine e
tristezza.
Neville,
come sempre accadeva tra loro due, seppe esattamente cosa stava
pensando.
Se solo
si potesse aggiustare così
facilmente tutto ciò che si è rotto questa
notte...
Serviva
tempo, e non sarebbe comunque mai stato sufficiente.
Serviva
impegno, e non sarebbe comunque mai stato abbastanza.
Serviva
dolore, e non sarebbe comunque mai stato dimenticato.
Eppure
lì, sotto i rami di quella grande quercia, quando finalmente
le tenebre
cedettero il posto alla luce, Neville e Luna, con il pianto nel cuore e
l’aurora negli occhi, capirono che, più di tutto,
serviva coraggio.
Non
il coraggio di chi vince.
Bensì
il coraggio di chi resta.
E
solo allora.
Forse.
Insieme
Ce
l’avrebbero fatta.
Salve popolo di EFP ^^ E’
la prima volta
che pubblico una storia con questi due personaggi come protagonisti.
Spero di
aver mantenuto la loro caratterizzazione il più fedele
possibile all’originale.
Se avete tempo e voglia sono ben
accetti
commenti e critiche ;)
Baci.
Giusyna.