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Autore: HollyMaster    13/03/2016    3 recensioni
Yevgeny Milkovich poteva definirsi fortunato. Aveva due padri fantastici e una madre dolcissima. Anche se suo padre Ian era bipolare, sua madre Svetlana era una ex-prostituta e suo padre Mickey era un delinquente nonchè un pappone. Insomma una normalissima famiglia disfunzionale del South Side.
[Raccolta di One Shot sulla vita in famiglia di Mickey, Ian, Svetlana e Yevgeny]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Svetlana, Yevgeny Milkovich
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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 A fucking giant 


 

Yevgeny si passò le dita tatuate tra i capelli biondi sistemandoli dietro le orecchie. Puntò gli occhi azzurri su quelli che si riflettevano nello specchio e sorrise a quella figura. Molti avrebbero detto che era una persona vanesia, ma semplicemente a volte amava guardarsi allo specchio, era incuriosito da come riuscisse a riconoscere in se stesso i suoi genitori. Si stupiva tutte le volte nel riconoscere i tratti duri e aguzzi, caratterizzati dalle alte ossa delle guance, che aveva ereditato dalla madre. Gli occhi di quell'azzurro brillante, quasi vivo, che non aveva mai trovato in nessun'altro che non fosse suo padre. Per non parlare poi della mobilità delle sue sopracciglia che, se era necessario giudicare qualcuno, erano sempre pronte a scattare sulla sua fronte ampia, così come quelle di Mickey. La pelle pallida, quasi bianca, che, dalla famiglia che si ritrovava non avrebbe potuto non beccarsi. I capelli biondi, sottili e lisci, derivavano, a detta di Svetlana, da suo nonno che, sempre stando alla russa, sembrava un principe azzurro, uno di quelli che salvava le principesse dalle alte torri abbandonate. Anche se del signore aveva ben poco, data la fine che aveva fatto fare alla figlia, vendendola ad un pappone per trecento dollari.
Quello che non aveva mai capito era come facesse ad essere così fottutamente alto.

All'inizio lo odiava.

Lo stipite della porta della cameretta di Yev era un insieme di segni neri e blu che indicavano la sua altezza.
Aveva iniziato quando aveva solo due anni. Era stata una sfida con suo padre; lo chiama sempre "nano" e lui aveva deciso di dimostrargli che non lo era, che era un bambino grande e così avevano deciso di marcare, tutti i mesi, una nuova linea sul legno bianco, all'altezza della nuca di Yev.
Il bambino aveva insistito perchè anche il padre segnasse la sua che, però, non cambiava mai. Al contrario le tacche di Yevgeny che continuavano a salire, sempre più in alto, fino a che, per raggiungere quella di Mickey, sarebbero mancati solo pochi centimetri. Yev aveva quattordici anni e ogni volta che arrivava il giorno previsto per essere misurato vedeva suo padre indossare un broncio offeso e segnare lo stipite della porta sempre più vicino alla linea contrassegnata con il nome "Mickey". Aveva capito che qualcosa in quell'operazione lo disturbava e così aveva deciso di smettere. Aveva usato una scusa; ormai era un adolescente, era troppo grande per farsi misurare ancora con delle stupide tacchette, come i bambini. Questo aveva detto.

La verità era che quel piccolo momento con il padre gli mancava.

Aveva avuto paura di non essere chi aveva sempre pensato di essere.

Con il tempo aveva capito perchè suo padre odiava quel momento, perchè non sopportava lo stipite della porta, talmente tanto da aver proposto, più volte, di dipingerlo di bianco coprendo tutti i segni e le tacche. Mickey era convinto che quella fosse la prova che dimostrava che Yev non era figlio suo. Non importava quanto Ian cercasse di farlo ragionare, di farlo concentrare sugli occhi azzurri del bambino, sulla carnagione pallida, sulle sopracciglia ballerine o addirittura sulle dimensioni del suo uccello che, a sentir parlare il rossino, ricordavano quelle di Mickey. Yev, che non si era mai vergognato a girare nudo per casa, aveva cominciato ad assicurarsi di essere sempre coperto, ma soprattutto aveva iniziato a sospettare che i dubbi del moro fossero reali.
Si era crogiolato nella disperazione pensando che, se Mickey non era suo padre, allora lui non era un Milkovich, e se non lo era non sapeva chi fosse veramente. Tutta la sua realtà aveva iniziato a traballare, instabile, pericolante.
Ian se ne era accorto. Avevano parlato e Yev aveva scoperto che nonno Frank non era il vero padre del rossino e questo significava che tutti i suoi zii Gallagher, non erano i suoi veri zii. Ma Ian gli aveva anche spiegato che quando lo aveva scoperto nulla era cambiato. Lip era rimasto il fratello a cui riusciva a dire ogni cosa, Fiona era ancora la sorella che lo proteggeva, Carl era sempre quello che gli chiedeva qualunque tipo di domanda senza mezzi termini, Debbie era rimasta quella che teneva alla famiglia, anche se non lo voleva dare a vedere, e Liam era ancora il suo piccolo fratellino coccoloso. E nonostante fosse un ubriacone egoista, Frank era sempre suo padre. Yev aveva sorriso a Ian e lo aveva abbracciato forte, era alto come lui.
Il ragazzino aveva deciso che l'unico modo per mettere a tacere i suoi sospetti interiori era chiedere alla madre. -Ho deciso di fare un test di paternità, sai per vedere se sono davvero figlio di Mickey.- Aveva lanciato quell'affermazione davanti a Svetlana, sapendo che se avrebbe chiesto direttamente lei non avrebbe mai risposto. La russa aveva sospirato ruotando gli occhi senza togliere l'attenzione dal giornale che stava leggendo. Yev aveva sorriso, non importava quanto fosse alto, quella era la prova che Mickey era suo padre.

Poi aveva cominciato a piacergli.

-YEV!- L'urlo di Mickey, appena uscito di casa per una commissione, si era sentito perfettamente anche all'interno dove il figlio e Ian stavano ancora finendo la colazione.
-A rapporto!- Aveva esclamato il biondino alzandosi di scatto dalla sedia non appena Mickey era comparso in cucina, per poi portarsi la mano tesa sulla fronte, mimando il saluto militare e facendo sorridere Ian che li guardava dalla cucina.
-Ridi poco, soldato Ryan.- Mickey riprese Ian che, continuando a sorridere, scosse la testa sorseggiando il the che aveva tra le mani. -Hai usato la cazzo di macchina ieri sera?- Chiese mentre le sopracciglia gli scattavano sulla fronte, furiose.
-Sì, ma non ho combinato niente.- Cominciò cautamente Yev. Sapeva che il padre teneva molto alla sua auto e aveva da poco conquistato il diritto di poterla utilizzare, ma doveva rispettare delle condizioni, anche se la maggior parte gli erano state date da Ian. -Mi sono fermato a tutti i semafori rossi, ho fatto attraversare tutte le vecchiette sulle strisce e ho pulito la macchina, non troverai un preservativo usato neanche se lo cerchi.- Elencò il ragazzino contando i punti sulle dita.
-E il fottuto sedile?- Mickey si morse il labbro inferiore mentre le sue sopracciglia non sembravano avere alcuna intenzione di scendere.
-Sono sicuro di aver pulito anche quello.-
-No!- Esclamò il padre seguito da un sospiro rumoroso. -Non l'hai messo dove era prima. L'hai allontanato dal volante e non lo hai messo nella sua fottuta posizione iniziale.- Spiegò poi gesticolando.
Yev lo guardò negli occhi senza dire una parola. Il silenzio totale era calato in casa Milkovich. Il ragazzino sapeva che avrebbe dovuto farlo, ma si divertiva troppo a vedere il padre incazzasi in quel modo perchè non riusciva a raggiungere i pedali nella sua macchina.

-Cazzo, sarà la ventesima volta che te lo dico.- Sbottò nuovamente Mickey abbassando finalmente le sopracciglia scure. -Fottuto gigante.- Aggiunse avvicinandosi al portone di casa pronto ad uscire nuovamente.
-Brontolo...- Mormorò Yev ma abbastanza forte perchè anche Mickey lo sentisse. Lui si fermò sulla soglia per qualche secondo prima di scuotere la testa, alzare il dito medio nella sua direzione e allontanarsi. Il ragazzino era sicuro che stesse sorridendo, così come Ian, alle sue spalle.

Davvero, davvero tanto.

Non ricordava cosa fosse successo esattamente. Forse era solo un gesto di rito perchè era il suo compleanno o forse stava cercando di consolarlo come gli aveva più volte suggerito Ian. Fatto sta che Mickey si era avvicinato a Yev allargando leggermente le braccia, pronto per accoglierlo in una stretta amorevole.
Non lo facevano spesso.
In casa Milkovich il modo per dimostrare affetto era mandarsi a quel paese a vicenda, magari con un sorriso sulle labbra. Gli abbracci erano stati importati dal Gallagher, era lui che aveva cominciato ad abbracciare tutti e a convincerli che, ogni tanto, gli avrebbe fatto bene scambiarsene uno.
Mickey aveva fasciato il suo corpo con le braccia, stringendolo a se in uno stretto abbraccio. Il ragazzino lo superava di diversi centimetri; il volto di Mickey arrivava all'altezza del petto del figlio dove aveva poggiato la guancia. Yev, ricambiando l'abbraccio, aveva legato le braccia attorno al padre. Poi, senza un motivo preciso lo aveva alzato da terra, facendo in modo che la spalla di Mickey raggiungesse la sua fronte.
Il moro aveva cominciato a divincolarsi urlando di metterlo subito a terra e gesticolando nell'aria. Il ragazzino era scoppiato a ridere mentre si abbassava, in modo che i piedi del padre toccassero nuovamente il pavimento. Mickey lo aveva guardato ridere corrugando le sopracciglia e mostrandogli il dito medio se ne era andato borbottando.

Più di quanto avrebbe dovuto.

Tutti gli adulti della famiglia Milkovich se ne stavano seduti sul divano guardando un qualche programma davvero poco interessante dove gente si urlava contro per non-si-sa-bene-quale-motivo.
Yev entrò nel salotto senza maglietta, tenendo i pantaloni che indossava per le due estremità della cerniera ancora aperta. Si guardò attorno confuso per poi riportare lo sguardo sui jeans.
-Beh, QUESTI sicuramente non sono miei!- Enfatizzò posando lo sguardo sulle sue caviglie, completamente scoperte. Quei pantaloni gli arrivavano a malapena a metà dei polpacci. Erano palesemente di Mickey.
Alzò lo sguardo per incontrare quello di suo padre che lo guardava con le sopracciglia alzate, sconcertato. Svetlana e Ian cercarono di mantenere le risate il più possibile portandosi una mano sulla bocca e guardando il soffitto bianco in cerca di distrazione, ma infine scoppiarono entrambi cominciando a sogghignare senza sosta. Mickey dedicò uno sguardo irritato ad Ian che rispose con una scrollata di spalle. Sapeva che al compagno non piaceva essere preso in giro per la sua statura ma era impossibile non ridere a quella recita di Yevgeny.
-Ridammi i miei pantaloni.- Sbuffò il moro alzandosi in piedi e avvicinandosi al figlio.
-Ecco, c'è scritto il nome nell'etichetta.- Disse il ragazzino, trattenendo le risate, mentre si sfilava i pantaloni e li girava per controllare il cartellino bianco fingendo di trovarci veramente qualcosa che non fosse la taglia e il processo di lavaggio. -Grumpovich*. Sì, sono i tuoi.- Sentenziò porgendoli al padre che dopo aver sospirato, glieli strappò di mano per rintanarsi in camera sua e fingersi offeso, mentre un sorriso gli si allargava sulle labbra.

E alla fine lo aveva accettato come parte di se stesso e della sua famiglia.

Yev si guardò allo specchio ancora una volta. Gli occhi azzurri del padre che si riflettevano nei suoi. I tratti del viso appuntiti e taglienti della madre, che gli davano un'aria quasi nobile, i capelli biondi del nonno che non avrebbe mai incontrato, le dita tatuate che seguivano la grande tradizione Milkovich. E le gambe lunghe e dritte che lo facevano sembrare quasi un gigante, quelle le aveva sicuramente prese da Ian.




*Grumpovich --> Ho letto da qualche parte di qualcuno che lo chiama così. Viene da Grumpy, il Brontolo italiano, e Milkovich. Ho pensato che Brontovich non facesse lo stesso effetto, sembra più un dinosauro. Sto divagando.



L'angolino di Holly
Salve :)
Lo so, lo so. Mi sono concentrata nuovamente mooooolto su Mickey, ma questa volta ho una buona ragione. Oggi è il compleanno di Noel! *-*
E quindi ho deciso di dedicare l'intera OS alla sua nanosità così pucciosa. In più, mi sento di aver inserito Ian, insomma Yev trova quasi una scusa per renderlo suo padre biologico.
Ho usato una "tecnica" diversa. Spero mi sia riuscita decentemente.
Ultimamente sto facendo fatica a trovare l'ispirazione per scrivere queste OS, anzi no, non è vero. L'ispirazione c'è, ho davvero tantissime idee, ne spuntano nuove tutti i giorni, e in più ci siete voi e i vostri bellissimi prompt (ve l'ho già detto che vi adoro?), il problema è che più si va avanti e più la speranza crolla. Ho letto che Noel girerà una pilot per una nuova serie dove sarebbe uno dei protagonisti, e questo significa che, se la prima puntata andrà bene, probabilmente farà molta molta fatica a tornare in Shameless. E in più c'è Ian che continua a farmi venire voglia di picchiarlo perchè ne parla male in continuazione (per tutti voi che lo volete più spesso nelle OS, ditegli che non aiuta in questo modo, anzi). Quindi tutte le volte che, per un motivo o per un altro, un altro pezzo di speranza se ne va, riuscire a scrivere queste storie felici mi risulta difficile...
Ma continuerò a farlo più che posso, perchè amo ricevere le vostre recensioni dove sclerate con me, mi fate sentire un pò meno sola in questa depressione Gallavich. La userò come terapia.
Detto questo, che potevo anche evitare, vi saluto e alla prossima.
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

   
 
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