Fumetti/Cartoni americani > M.A.S.K.
Segui la storia  |       
Autore: Curleyswife3    13/03/2016    1 recensioni
[M.A.S.K.]
[M.A.S.K.][M.A.S.K.]Il 30 settembre 1985 veniva trasmesso negli USA il primo episodio di M.A.S.K.
Oggi, trent'anni dopo, fioriscono le iniziative per festeggiare un compleanno tanto impegnativo e io voglio dare il mio piccolo contributo con questo racconto.
Che è soprattutto una storia d'amore, ma non solo. È anche una storia sull'amore, il monello con le ali che tutto vince e tutto sconvolge. Sulle sue sorelle maggiori - colpa, redenzione, speranza - e sul suo fratello più ingombrante, il dovere.
Su ciò che siamo o non siamo disposti a mettere in discussione per amore.
Un racconto che ha l'ambizione di dare alla serie ciò che gli autori non hanno ritenuto necessario, vale a dire un finale. Un finale vero, corale, in cui ciascuno trova il suo posto come le tessere di un puzzle riuscito.
Al racconto è agganciata una playlist di canzoni (a ogni capitolo corrisponde un titolo) che potete già ascoltare su youtube nel mio account, che ha lo stesso nickname: è una specie di "sommario emozionale" della storia, fatemi sapere se l'idea di piace! Vi lascio di seguito il link.
https://www.youtube.com/playlist?list=PLTL5afe9YpdjzGwDOuNpkZymR_g9EL4qp
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
AGAINST ALL ODDS
 

“La polizia sta arrivando” annunciò Matt con un sorriso sollevato “Bruce l’ha avvisata… saranno qui in pochi minuti”.
Si avvicinò a Vanessa, ma lei era nuovamente ostile.
Pallida e sofferente.
“Cosa sei venuto a fare qui?” disse con amarezza.
“Avresti dovuto dirmelo!” rispose lui.
“Io non sono uno dei tuoi dipendenti e nemmeno uno dei tuoi cagnolini scodinzolanti…mascherati.
Questa è casa mia, io non ti permetto di venire qui a darmi ordini!”.
“Smettila!” fece il milionario “Dovevi dirmi la verità”.
“E perché?” replicò la ragazza “Perché tu pensassi che l’avevo fatto di proposito per incastrarti? O magari per ricattarti?”.
Poi abbassò gli occhi.
“Sapevo che se l’avessi saputo ti saresti sentito costretto a fare qualcosa che non volevi… la tua vita, la tua reputazione, tutto il tuo mondo sarebbero andati in frantumi”.
“Se solo mi avessi dato la possibilità di scegliere” mormorò l’uomo “forse la mia decisione ti avrebbe sorpreso. E avresti risparmiato a tutti e due molto dolore…”.
“Insomma” scattò Vanessa “come sempre, come sempre è colpa mia!”.
“Mia cara” intervenne Rose “Dubito che agitarti così faccia bene a te o alla bambina. Perché non cerchi di calmarti?”.
Vanessa sbuffò e guardò Matt, esitante.
“Tu sai perfettamente cosa devi dirgli, non è così?” continuò la lady.
“Cosa devi dirgli davvero”.
La rossa respirò profondamente.
“Mi dispiace di non essere stata sincera…” disse.
“Ma ho pensato che dovevo proteggerti”.
Si morse le labbra.
“Perché io ti amo” esalò alla fine.
“Anche io ti amo” replicò lui in un soffio.
Lei lo fissò, gli occhi sgranati.
“Non lo avevi mai detto prima…”.
“Forse perché tu non sei esattamente una che sa ascoltare?!”.
“Ecco, ci risiamo!” protestò lei.
I momenti di romanticismo tra di loro duravano sempre meno di un battito di ciglia.
Con un sorrisetto, Rose Warfield considerò che a giudicare dalle scintille che facevano quei due c’era da sperare che Warfield Manor sarebbe tornato ben presto a risuonare di una quantità di allegre voci infantili.
“Sei tu che te ne sei andata mollandomi come un idiota”.
A un tratto Vanessa fece una smorfia di dolore e gemette.
Il milionario le si avvicinò senza nascondere la sua preoccupazione.
Lei era dolorante e afflitta.
“Mi dispiace, non volevo essere così brusco”.
La ragazza non rispose.
Le toccò affettuosamente il braccio e la guardò.
“Stai bene?”.
“No!” urlò a un tratto Vanessa.
“Non sto bene: i-io credo che mi si siano appena rotte le acque…”.
“I-in che senso?!”.
“Nel senso che ci siamo…”.
Matt la fissò, stravolto.
“… ci siamo… hai capito?”.
La sua voce era quasi un grido.
“Oh mio Dio!” il milionario si guardò intorno, senza sapere cosa fare.
“Andiamo, è la mia prima volta, non la tua!”.
Vanessa  parlava a fatica.
“I-io per la verità quando è nato Scott ero in viaggio per lavoro dall’altra parte del mondo… sono riuscito a tornare a casa solo il giorno dopo” replicò lui con aria colpevole.
“Oh, fantastico!”.
 
***
 
“Molto bene!” esclamò il dottore con un sorriso.
“La dilatazione è a buon punto, non dovrebbe volerci ancora molto”.
Rivolse lo sguardo verso Matt.
“Lei è?” domandò, col suo compassato accento british.
L’americano fu colto alla sprovvista ed esitò una frazione di secondo.
“… il padre. Sono il padre” disse poi, con una punta d’imbarazzo.
Vanessa represse un grido di dolore.
“Non acconsentirò mai… a fare il test di paternità…” sibilò tra i denti.
“Non sarei qui se avessi pensato che era necessario!” replicò lui, questa volta con forza. 
L’ex ladra tacque e, nonostante il dolore incalzante di una nuova contrazione, chiuse gli occhi per un momento e sorrise. 
 
***
 
Bruce Sato salì le scale del piccolo ospedale in due balzi.
Quando avevano saputo che il loro amico era lì, lui aveva guidato come un pazzo tentando di governare quel peso massimo Rhino lungo le strette stradine di campagna.
Temendo il peggio, aveva premuto sull’acceleratore rischiando almeno un paio di volte la vita, giacché in quel dannato paese la gente aveva un modo di guidare ben strano. Davvero ben strano.
Alex, invece, era rimasto con i poliziotti inglesi per chiarire loro cosa fare con i quattro agenti di Veleno.
Corse lungo il lindo corridoio bagnato dalla fredda luce dei neon, cercando disperatamente qualcuno che potesse dargli informazioni su Matt.
E se fosse stato ferito? Se addirittura fosse successo qualcosa di irrimediabile?
D’un tratto scorse un’anziana signora vestita con eleganza, seduta su una seggiolina di metallo, e ripeté a lei le sue domande angosciate.
“Oh, sì!” rispose lei, facendo un cenno con la testa in direzione del vetro alle sue spalle “l’americano…”.
“Sì, direi che sta bene” aggiunse con un sorrisetto “sempre se mia nipote nel frattempo non gli ha fratturato una mano”.
Il giapponese si accostò al vetro e attraverso di esso vide…
Ciò che vide in realtà lo lasciò senza fiato.
Anche se non riusciva a sentire ciò che si dicevano, era facile leggere sui loro volti le emozioni che si susseguivano rapidamente.
Dolore, ansia, ma anche eccitazione.
Matt le parlava con… che cos’era, quella? Dio Santo, pareva quasi… tenerezza.
Le teneva la mano incoraggiandola, senza fare niente per nascondere ciò che provava.
Non ricordava di averlo mai visto così coinvolto. 
Poi, a un tratto, Vanessa soffocò un gemito e ricadde sul letto. Lui le stava accanto, le scostò dalla fronte una ciocca di capelli e le posò una mano sul viso in una carezza.
Lei la trattenne.  
Si guardarono, visibilmente commossi.
Ecco, ora ho fatto proprio il pieno, pensò l’orientale.
Incapace di guardare oltre, si voltò e appoggiò la schiena alla vetrata.
Poi, stravolto dalla scena cui aveva appena assistito si accasciò sulla sedia, accanto alla compassata signora dai capelli candidi.
Lei gli allungò una fiaschetta metallica e gliela offrì.
Bruce scosse la testa, perplesso.  
“N-no, grazie. Io non…”
“Andiamo, giovanotto, a giudicare dalla sua faccia lei ne ha più bisogno di me”.
“Cosa c’è dentro?” chiese l’orientale, afferrando la fiaschetta che lei gli porgeva.
“È una ricetta di famiglia, è tè…” - ridacchiò lei, mentre il ragazzo prendeva un lungo sorso gettando la testa all’indietro.
“ricavato solo da puro malto d’orzo invecchiato 15 anni in botti che hanno contenuto sherry”.
Lui tossì, quasi soffocato dal liquore.
“Forte, eh?” disse lei con un sorrisetto, dandogli un’energica pacca sulla schiena “La madre di Vanessa era irlandese”.
Sato si prese la testa tra le mani, sconvolto.
“Ma come è possibile?” mormorò “Come ha potuto arrivare fino a questo punto?”.
“Come…come…con una come lei!?”.
L’anziana nobildonna lo folgorò con lo sguardo.
“Bravo” replicò la lady, con aria indignata “è quello che dico anche io: come ha potuto?”.
“È assurdo…”
“Sì, proprio assurdo”.
Rimasero entrambi in silenzio, rimuginando.
“Come ha potuto” riprese la donna “proprio lei, la figlia del Barone Wynstan Warfield confondersi con uno…uno…come si dice? Con uno yankee, uno che pagherebbe fior di quattrini pur di avere non dico un fantasma di famiglia, ma almeno un nonno”.  
“E poi, Giusto Cielo!” continuò, mentre Bruce la fissava allibito “Quel suo terribile accento!”.
“E quella sua automobile, mio Dio”  assunse un’espressione disgustata “Rossa, così chiassosa: sembra uscita da un rodeo di mandriani, o da un qualche telefilm poliziesco di serie B”.
Il giapponese era sbalordito.
La lady scosse il capo.
“Sono sicura che in questo momento il mio povero fratello si sta rivoltando nella tomba” sogghignò.
L’uomo le prese di mano la fiaschetta e trangugiò avidamente un altro sorso.
Era uno dei pochi momenti in cui Bruce Sato era rimasto letteralmente senza parole.  
 
 
Note&credits: dunque, cari lettori, come avrete certamente capito io ADORO Rose Warfield. È assolutamente fantastica.
E mi piaceva che desse una bella lezione a Bruce e a chi come lui guarda Vanessa dall’alto in basso. La sua battuta (“uno che pagherebbe fior di quattrini pur di avere non dico un fantasma di famiglia, ma almeno un nonno”) è una citazione da “Il fantasma di Canterville”, dove pure si gioca molto su questioni come la stranezza dell’accento yankee e la reazione un po’ snob degli inglesi rispetto alle abitudini degli americani. 
Il titolo cita la bellissima canzone di Phil Collins che, peraltro, era quasi coeva rispetto a M.A.S.K. (uscì nel 1984).
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > M.A.S.K. / Vai alla pagina dell'autore: Curleyswife3