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Autore: QWERTYUIOP00    13/03/2016    2 recensioni
Dopo la caduta di Bravil, Titus Mede è finalmente pronto per iniziare la rivolta che lo porterà sul trono imperiale, ma la sua ascesa sarà duramente ostacolata dal monarca al potere Thules, immerso nei giochi di potere della Città Imperiale.
Terza storia della serie "Downfall"
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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-Forza muoversi, muoversi!- urlò il cavaliere mentre trottava da una parte all’altra della colonna.
-Cerca di non rimanere indietro, Rodrick- sussurrò Alexia, una ragazza che serviva nel suo stesso reparto,  aiutandolo nel passare una fossa –o qui ci lasciano davvero alla Legione-
La presa dell’Imperiale era salda, e grazie a lei, il Bretone saltò senza problemi.
Non era abituato al peso dell’armatura, anche se leggera.
Marciavano dalla notte precedente, in seguito all’attacco a sorpresa fallito.
Titus Mede, dopo la loro conversazione nella tenda, lo aveva affidato a Savlian Matius, capitano della guardia di Kvatch perché lo addestrasse.
Savlian sembrava essere molto noto tra la sua gente; i soldati dicevano che comandasse lui quando l’esercito di Daedra aveva distrutto la città sedici anni prima, che avesse protetto i cittadini durante la ritirata e che, aiutato dall’Eroe di Kvatch, avesse riconquistato il castello in mano agli esseri dell’Oblivion.
Alexia era una guardia al servizio di Matius che aveva due anni in più di Rodrick, fino all’arrivo del Bretone era la più giovane della compagnia.
Il compito del loro reparto durante l’attacco era stato di passare silenziosamente affianco alla Legione Imperiale per congiungersi con i soldati di Leyawiin, ma quelli, al loro arrivo, avevano cominciato ad attaccarli, fino a respingerli.
L’esercito di Mede, nel suo attacco frontale alla Legione accampata lungo la riva del Niben e all’interno della torre dove si era rifugiato Terentius, si era ritrovato scoperto sul fianco destro.
La carica aveva perso forza e in poco tempo gli ufficiali avevano cominciato ad ordinare la ritirata.
Rodrick non aveva neanche avuto il tempo di partecipare allo scontro, tutto il tempo della battaglia lo aveva passato spinto da una direzione all’altra.
All’inizio era stato spinto in avanti, verso il nemico, circondato dagli urli di guerra dei soldati coloviani e da quelli furiosi degli uomini di Leyawiin che gridavano: -Assassini!- o –Per la contessa!-
In seguito all’impatto con l’altro esercito, diverse file più avanti, il Bretone era stato costretto ad indietreggiare sempre di più, finché i soldati non cominciarono a voltare le spalle al nemico per scappare più rapidamente.
L’avanguardia, composta da Khajiit che montavano degli enormi felini bruni era intervenuta in quel momento, travolgendo le prime file dell’esercito di Leyawiin e permettendo una ritirata sicura al reparto di Kvatch.
Rodrick aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio.
Gli sembrava di essere in quel campo di battaglia da sempre, non capiva più dove si trovava e dove stesse andando.
Savlian aveva cominciato a urlare ordini; voleva che il reparto si raggruppasse intorno al vessillo cittadino, il lupo nero su sfondo viola, per poter affrontare meglio l’avanzata nemica una volta che la carica dei Khajiit fosse finita.
Gli uomini, tutto intorno, cominciavano ad agitarsi.
Non era andato come previsto.
Per niente.
Davanti ai loro occhi vedevano la cavalleria Khajiit muoversi come fulmini nell’oscurità, le loro pellicce chiare che risaltavano debolmente nella notte.
E, intorno a loro, i soldati che recavano nella corazza pettorale il cavallo bianco in campo verde di Leyawiin che si univano, formando piccoli gruppi, per resistere alla tempesta che si stava abbattendo su di loro.
All’improvviso, vivida tra le ombre, un bagliore accecante, era comparsa una palla di fuoco che avanzava verso i Khajiit.
Tutte le formazioni si erano rotte, i destrieri felini ardevano mentre venivano sollevati in aria, coloro che li montavano, invece, erano stati catapultati a metri di distanza.
I soldati di Kvatch si erano scambiati sguardi terrorizzati mentre cominciavano a scorgere un cavallo bianco galoppare verso di loro.
Sopra di esso un uomo in armatura col cappuccio da Mago Guerriero cominciò a scagliare incantesimi di Distruzione, mentre incitava i suoi compagni.
-Per la contessa!- aveva urlato –Per l’Impero!-, e così lo avevano seguito i soldati di Leyawiin.
L’avanzata nemica si era ripetuta, più forte di prima, col supporto del Mago Guerriero e la breccia creata nel loro esercito si era consolidata e allargata.
Dopo pochi minuti, Titus Mede, resosi conto della sconfitta, aveva fatto raggruppare i reparti di cavalleria e si era lanciato in varie cariche sulle linee nemiche per coprire la ritirata del suo esercito.
I soldati della legione e di Leyawiin non si erano aspettati una risposta così forte ed erano dovuti indietreggiare.
La battaglia si era conclusa, e l’esercito ribelle batteva in ritirata passando tra i boschi, verso ovest.
Avevano subito più perdite del previsto in quella battaglia, seppe poi Rodrick, specialmente tra la cavalleria Khajiit.
Il loro stesso comandante era morto negli scontri, tra i dardi ardenti del Mago Guerriero, il re di Rimmen, J’Rakka, lo stesso re col quale il Bretone aveva parlato nel suo breve soggiorno ad Elsweyr, quando lavorava ancora per Servatus Bantos.
Lo stesso re che aveva fatto uccidere K’Rahttad.
Rodrick si stupì del fatto che per la morte del sovrano non aveva provato altro che piacere.
L’unico pensiero che riusciva a formulare era che giustizia era stata fatta per il suo amico.
La salma era stata fatta passare tra i ranghi Khajiit, per poi essere caricata su un carro per essere spedita verso sud, tra le calde sabbie di Elsweyr.
E loro avevano cominciato a camminare.
 
 
 
In lontananza, tra gli alberi, comparve la sommità di un forte in rovina.
-Ah, manca poco…- disse rallegrata Alexia.
-A cosa?- chiese Rodrick, confuso –non dobbiamo arrivare fino a Skingrad?-
-Skingrad è ancora lontana, ci arriveremo domani- gli comunicò l’Imperiale –ma tra poco giungeremo al Priorato dei Nove, il punto d’incontro stabilito con le forze che Mede aveva lasciato con la contessa Arriana Valga a Fort Variela, sempre che i messaggeri siano arrivati… passeremo la notte lì-
-E i Cavalieri dei Nove ci lasceranno accampare al loro monastero?- chiese il Bretone.
-Non credo potranno opporsi ad un intero esercito- rispose Alexia –mi preoccuperei piuttosto per la contessa di Chorrol; non vorrei essere nei suoi panni-
-Perché?- domandò curioso Rodrick.
-Beh, sua figlia ci ha tradito, lo sai- disse l’altra –Leyawiin doveva combattere dalla nostra parte in quella dannata battaglia, abbiamo perso per il loro tradimento… Mede sarà furioso…-
Infine, raggiunsero il forte abbandonato; vennero mandati degli esploratori perché salissero sulla sommità della torre e riportassero eventuali spostamenti nella zona.
Savlian, intanto, si avvicinò ai due ragazzi.
-Quella era la tua prima battaglia, non è vero Rodrick?- chiese il capitano.
-Sì, signore- rispose debolmente il Bretone.
-Mi dispiace che la tua prima esperienza in guerra sia stata una sconfitta, ma per lo meno sei sopravvissuto, ed è un bene- lo confortò con voce sicura.
-Non ho neanche combattuto- ribatté il ragazzo.
-Vorrà dire che i Nove hanno deciso che tu non eri ancora pronto per combattere- dichiarò Matius –beh, a questo rimedierò io. Alla prossima battaglia tu sarai pronto, te lo prometto. Per sta sera puoi riposarti, ma le prossime, specialmente quando arriveremo a Skingrad…  be, sappi che ti renderò un soldato, Rodrick-
Il Bretone annuì con sicurezza, ringraziando l’ufficiale.
Una volta accertatosi che nessuno fosse in vista e che la legione fosse ancora distante, l’esercito riprese la marcia verso il Priorato.
 
 
 
Il terreno declinava sempre di più e gli spogli alberi si facevano sempre più radi, finché i soldati non si ritrovarono in una piatta radura.
Al centro, vi era un monastero composto da una piccola cappella, una casa, e delle stalle; era la sede dei Cavalieri dei Nove, l’ordine fondato nella Terza Era, poi scioltosi durante la Guerra del Diamante Rosso; era stato rifondato dall’Eroe di Kvatch dopo la fine della Crisi dell’Oblivion, divenuto poi noto come Divino Crociato.
Dopo la scomparsa del Crociato i Cavalieri si erano indeboliti fino a ritirarsi nel loro piccolo monastero sperduto vicino al confine con Elsweyr, ma continuando a conservare le Reliquie del primo Crociato Pelinal Whitestrake.
All’arrivo dell’esercito, nove cavalieri uscirono dalla casa, con indosso la corazza bianca con la losanga rossa del loro ordine.
Al centro vi era una donna molto anziana, che parlò per prima.
-Salute, mio signore, Titus Mede- esordì con voce apparentemente stanca, ma che conservava ancora la decisione e il vigore di un tempo –benvenuto nell’umile dimora dei Cavalieri dei Nove. Io sono Sir Avita, a capo del nostro sacro Ordine. Che cosa cerchi qui?-
Mede scese da cavallo e chinò il capo in segno di rispetto per l’anziana donna poi parlò con sicurezza –I miei saluti, sir, vengo qui in cerca di ospitalità per questa notte per me e per il mio esercito. Ci accamperemmo qui fuori per non disturbare la quiete del vostro Priorato, in attesa dei nostri compagni se voi ce lo concederete-
-Dunque il ribelle cerca un riparo per la notte?- rispose Avita senza mostrare alcun segno di scherno o disprezzo nel tono –L’Ordine agisce per il bene di tutti, senza distinzioni. Sei il benvenuto, Titus Mede-
Il Conte di Kvatch chinò il capo di nuovo.
-I miei ringraziamenti- disse con voce solenne.
Tutti gli uomini, intorno cominciarono ad allestire le tende e i posti di guardia, nel caso di un attacco da parte della Legione Imperiale.
Rodrick, per curiosità, si separò dal gruppo per esplorare il luogo, vedendo, dietro alla casa un giardino.
Al centro di esso vi era un’enorme vetrata circolare che doveva formare la copertura di una qualche cripta sotterranea, magari la stessa nella quale erano contenute le Reliquie.
L’opera raffigurava una lotta tra un uomo in armatura bianca che combatteva contro un colosso dorato che brandiva uno spadone a due mani.
“Ma certo!” pensò il Bretone stupefatto “il leggendario scontro tra Pelinal Whitestrake e Umaril l’Implume, sovrano degli schiavisti Ayleid!”
Rodrick aveva più volte letto di quell’avvenimento leggendario, ma non ne aveva mai visto una raffigurazione.
Dopo aver ammirato per qualche momento la vetrata, decise di riunirsi ai suoi compagni ma, mentre si dirigeva verso l’accampamento allestito poco prima, si fermò sentendo due voci.
-Ah, Sir Avita…- fece la prima, che il Bretone riconobbe come quella di Mede –vorrei chiedervi un altro favore… sempre se è possibile, ovviamente-
-Dipende da qual è il favore, mio signore- rispose sicura Avita.
-Vorrei… visitare la Cripta che conserva le Sacre Reliquie del Crociato- dichiarò il Conte di Kvatch, con un sincero tono supplice.
La donna ponderò per qualche istante la richiesta, guardandosi intorno.
-Va bene- concesse –ma non con quella- aggiunse indicando la Katana dorata che Mede portava alla cintura.
L’uomo parve capirne il motivo e per quello annuì; prese l’arma e la diede ad una suo attendente, per poi sparire insieme ad Avita all’interno della casa.
Non fu più visto fino a notte fonda, quando i soldati che erano di guardia avevano notato dei movimenti nel bosco.
Dopo qualche attimo di agitazione generale, le acque si calmarono quando fu noto che si trattava di Arriana Valga e degli uomini lasciati a Fort Variela.
Titus Mede comparve sulla soglia della porta degli alloggi dei Cavalieri; il suo volto esprimeva molto bene il suo temperamento.
I soldati arrivarono infine, portando con sé la Contessa di Chorrol, che proseguiva mesta sul suo cavallo.
-Finalmente sei arrivata- l’accolse freddamente il Conte di Kvatch –forse potrai spiegarci perché gli uomini di tua figlia ci hanno attaccato durante la battaglia…-
-È così che accogli, mio signore, una donna fedele alla tua causa?- lo interruppe Arriana con voce rotta, ma carica di energia –Talmente fedele da scrivere quell’infame lettera per Leyawiin, quella lettera… che ha mietuto così tante vittime… forse nella tua fretta hai dimenticato di prestare orecchio a ciò che ti accadeva intorno, mio signore, ma mia figlia mai ci ha tradito. La scorsa notte è stata assassinata nella sua tenda; i soldati di Leyawiin non hanno combattuto dietro suo ordine. In questo momento, io, vedova, dovrei piangere in solitudine mia figlia a Chorrol, nel mio castello. Invece io sono qui, perché ti sono fedele e, anche se sola, non smetterò di combattere finché la lotta non sarà finita… o finché la mia anima in questo vecchio, vecchio corpo non si sarà spenta-
Il silenzio piombò in quel luogo.
Tutti guardavano la contessa, ritta sulla sua sella, o Titus Mede, che la osservava, ingobbito, ma senza battere ciglio.
-È meglio che riposiate, mia signora- disse infine il Conte di Kvatch, con un tono stranamente caldo –domani dovremo arrivare a Skingrad il più presto possibile-
La tensione accumulata in quei momenti e in quelle ore precedenti si sciolse in un attimo, rimpiazzando dai sinistri interrogativi che i presenti in quel momento si ponevano.
“Da chi è stata assassinata?” si chiese Rodrick “E chi lo ha fatto conosceva quindi il piano di Mede e Valga? E come aveva fatto a saperlo?”
Decise di non pensarci e di andare a dormire, era sfinito.
Quel giorno aveva partecipato alla sua prima battaglia e, anche se non aveva avuto l’occasione di combattere, ne aveva potuto percepire le emozioni.
Dal timore iniziale, sostituito dall’eccitazione creata insieme ai propri compagni, alla paura durante la ritirata.
E Rodrick sapeva che il giorno sarebbe arrivato, e lui avrebbe dovuto combattere veramente sul campo di battaglia.
“Sarò pronto?” si chiese, una volta arrivato al giaciglio, prima di stendersi.
“È tardi, ora” si rispose “ e questi sono pensieri per un altro giorno”
Si sdraiò, e si mise a dormire.
   
 
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