Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: _armida    13/03/2016    1 recensioni
Piccola raccolta di storie collegata a 'L'Altra Gemella'
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nda
Salve a tutti! Sì, sono ancora viva. Lo so, cominciavate già a pensare male... Mi dispiace molto per voi ma è piuttosto complicato sbarazzarsi di me.
Bene, direi che dopo questo possiamo passare alla storia:  è stata scritta per un'occasione speciale e spero tanto vi piaccia. Buona lettura e spero di sentire presto i vostri pareri :D


Gite in barca...

Nonostante fosse ormai un po’ che Costanza vivesse a Firenze, le appariva ancora strano poterne girare le strade da sola, senza nessuna dama al seguito o senza guardie del corpo. Solo lei e, alle volte, Limier. In Francia, invece, nessuna dama che si rispettasse osava uscire di casa senza accompagnatori. 
Non si era ancora completamente abituata a quel piccolo universo che era Firenze, così differente dal resto d’Europa. 
Mentre ne attraversava le strade fangose ed affollate, con il suo fedele mastino sempre al fianco, ripensava proprio a quello: a quanto la sua vita fosse cambiata.  
La sua meta, per quella mattina, era la bottega del Verrocchio, dove si aspettava di trovare Leonardo, Nico e, magari, anche Zoroastro. Un sorrisetto da ebete fece la sua comparsa sul volto della ragazza, al pensiero del moro.
Chissà, magari ci sarebbe stata anche Elettra; non la vedeva dalla sera prima quando, mentre si trovavano al Cane Abbaiante, l’aveva vista sgattaiolare via insieme e Leonardo e Nico.
Quei tre stavano senz’altro combinandone una delle loro; ormai erano diverse settimane che scomparivano letteralmente nel nulla. Stava cominciando a preoccuparsi: sapeva bene che quando Elettra e Leonardo ne pensavano una delle loro, le conseguenze non erano mai piacevoli; a lei, personalmente, non le era ancora capitato di vederli mettersi seriamente nei guai, ma i racconti di Zoroastro, in merito alle loro precedenti avventure, le erano bastati per incuterle un certo timore.
Elettra era talmente presa dal quel folle progetto che si era persino dimenticata dell’esistenza del Conte Riario... 
Costanza dovette coprirsi la bocca con una mano, per non scoppiare a ridere nel bel mezzo della strada, con il rischio che qualcuno la prendesse per matta; l’episodio che le era venuto in mente era successo qualche notte prima quando, visto che Elettra non sarebbe rientrata, aveva deciso di dormire nella sua camera da letto. Ironia della sorte, l’ignaro Conte Riario aveva deciso di fare una visita a sorpresa alla bionda, quella notte, ma...era stato piuttosto imbarazzante, per entrambi. Il viso di Costanza che, sembrerebbe impossibile a dirsi, superava in rossore le vesti del Magnifico e il Conte che non la smetteva di scusarsi con lei per averla scambiata per Elettra. Le aveva fatto un po’ strano, sentire delle scuse uscire dalla bocca del Conte Riario, ma in fondo erano più che giustificate. Il Conte le aveva gentilmente chiesto se volesse qualcosa da bere e, alla fine, avevano passato il resto della notte a conversare nel salotto sorseggiando, Costanza, dell’idromele e Riario del liquore. La ragazza si era resa conto –con un certo imbarazzo- che lui conosceva decisamente meglio di lei quella casa, visto la facilità con cui aveva reperito il tutto. Strano, eppure, mentre parlavano, non le era assolutamente sembrato la cinica e sadica persona che le avevano descritto; le era sembrato educato e molto interessato a campi come la letteratura e l’arte. In certo senso, Costanza si era stupita di aver trovato la loro conversazione piuttosto piacevole. Ovviamente avevano entrambi concordato sul fatto di tenere la bocca ben chiusa con Elettra: Costanza sarebbe stata troppo in imbarazzo, a raccontare all’amica di quell’enorme equivoco –anche se la bionda ci avrebbe senz’altro riso sopra-, e Riario sapeva che lei glielo avrebbe rinfacciato per tutta la vita.
Costanza se li immaginava già: a settant’anni, seduti su delle sedie di vimini, sulla veranda della casa di Elettra, a guardare i propri nipotini giocare allegramente nel giardino e chiacchierare delle avventure passate e, tra una battuta e l’altra, la bionda sarebbe senz’altro uscita con una frase  del tipo: “Girolamo, rammenti quella volta in cui a letto hai scambiato Costanza per me?”.
Ovviamente poi ci avrebbe messo il becco Leonardo e la questione sarebbe andata avanti all’infinito. Per evitare spiacevoli inconvenienti, era meglio per tutti che nessuno ne sapesse niente.

La bottega del Verrocchio era proprio davanti a lei, appena oltre il portone, che restava sempre aperto a tutti.
La ragazza si riscosse dai propri pensieri, quando varcò la soglia.
“Salve, Maestro Andrea”, salutò il Verrocchio, girato di spalle e intento a tenere d’occhio alcuni dei suoi giovani allievi.
“Ciao, Costanza”, rispose, girandosi verso di lei e ricambiando il saluto con un largo sorriso. Elettra le diceva spesso che per lei e Leonardo il Verrocchio era più come un padre che un insegnante e, mai come in quel momento, la ragazza si rese conto che l’amica aveva proprio ragione.
“Avete per caso visto Leonardo ed Elettra?”
L’anziano maestro la guardò con un’espressione contrariata. “Si sono barricati nello studio e non hanno nessuna intenzione di uscire”. Sospirò, al pensiero di quello che i suoi pupilli stavano facendo. Non era di sicuro niente di positivo.
“Sapete a cosa stanno lavorando?”
Andrea scosse la testa, facendo segno con la mano che era meglio non immischiarsi in certe faccende.
Costanza non potè fare a meno di piegare le labbra in un’espressione divertita.
Nel mentre che parlavano del più e del meno, Limier, rimasto fino a quel momento sulla soglia ad  annusare sospettoso l’aria, fece il suo ingresso, camminando minacciosamente tra i numerosi artisti e modelli.
Quando passò di fianco al Verrocchio, quest’ultimo si immobilizzò all’istante, cercando di evitare anche di respirare.
Alla fine l’imponente mastino si diresse verso il fondo dell’ampio spiazzo dove, quasi a ridosso del piccolo chiostro, vi era Sandro Botticelli, intento a ritrarre Vanessa e altre due modelle in abiti che richiamavano la Grecia classica. Si sedette proprio di fianco all’artista, ringhiandoli sommessamente in un orecchio. Il poveretto, per la paura, appoggiò lentamente gli strumenti che aveva in mano sul proprio cavalletto, alzando successivamente le mani in segno di resa. 
Costanza si mise una mano davanti alla bocca, per evitare con tutte le sue forze di ridere, cosa che invece non riuscì a Vanessa che, tra una risata e l’altra, si sbracciò per salutare la ragazza.
Andrea stava per farle notare che forse era il caso di richiamare il cane, quando, dall’interno dello studio di Leonardo, si udirono provenire delle urla.
Guardarono tutti in quella direzione, allarmati.

Costanza e Andrea fecero irruzione nel laboratorio di Leonardo, preoccupati a causa delle urla che avevano precedentemente sentito.
“Che sta succedendo qui?”, chiese il Verrocchio, pallido in volto.
Elettra, seduta comodamente a gambe incrociate su di un bancone, sbadigliò pigramente, coprendosi la bocca con una mano. Osservò i due con aria incuriosita. “Cosa dovrebbe essere successo?”, ribattè innocentemente, sfoderando uno dei suoi migliori sguardi da cerbiatto.
Ovviamente, le risate sommesse di Leonardo, provenienti dal retro bottega, facevano intuire tutt’altro.
Andrea studiò la ragazza con una delle sue espressioni più serie.
La bionda alzò le mani in segno di resa. “Per quanto valga, per ora non abbiamo fatto esplodere niente”. Aveva appena finito di parlare, che dal retro bottega provennero altre urla.
“Ma questo è Zo!”, disse Costanza, sempre più allarmata. Guardò Elettra negli occhi, sperando in una spiegazione; invece lei con una calma che alla ragazza appariva così fuori luogo, scese dal bancone, sorridendole. “Perchè non andiamo tutti di là?”, propose alla fine.

Costanza arrivò nel retro bottega con il cuore in gola: non aveva la minima idea di quello che avrebbe trovato ma,  dalle urla che aveva sentito, temeva il peggio.
Di certo non si sarebbe mai immaginata la scena che invece le si parò davanti agli occhi: Zo con le lacrime agli occhi che osservava rapito un voluminoso oggetto di legno di forma tondeggiante.
Sbattè più volte le palpebre, credendo che a propria vista la stesse ingannando. 
Elettra, alle sue spalle, tossicchiò leggermente per attirare l’attenzione del moro e di Leonardo e Nico, che in quel momento lo stavano osservando con il sorriso sulle labbra.
Zoroastro, con la faccia stralunata ed un’espressione raggiante, che Costanza non gli aveva mai visto, si voltò verso di lei, sorridendole. In un attimo, le fu vicino, abbracciandola in un gesto d’impeto. La strinse talmente forte a sè che la poveretta faticava pure a respirare.
Lei, colta alla sprovvista, sul subito si irrigidì; quando finalmente si rese conto del tutto, ricambiò timidamente quel gesto d’affetto. Le sue guance, nel frattempo, erano diventate del colore delle vesti di Lorenzo il Magnifico.
“Costanza, devo farti vedere una cosa!”, disse con un’espressione che metteva quasi più brividi di quella che solitamente assumevano Elettra e Leonardo in piena ispirazione. La prese per mano, strattonandola verso l’oggetto ignoto. “Allora, che te ne pare?”
La ragazza non sapeva davvero cosa rispondergli. “Ehm...carina”. Costanza non era mai stata brava a mentire. Per quanto facesse del suo meglio e si impegnasse.
“E’ una barca!”, le urlò Zo euforico, in un orecchio. “La mia 
barca!”, mentre lo diceva, quasi non ci credeva neanche lui. Da quanto tempo gliene chiedeva una a Leonardo? Troppo.
Costanza la osservò, parecchio dubbiosa; era pur sempre vero che lei non si intendeva di barche, però quella le sembrava decisamente troppo piccola.
“Beh... Direi che abbiamo fatto un buon lavoro sul guscio di noce”, commentò Elettra, avvicinandosi a loro e passando una mano sul fondo della barchetta. “Però manca qualcosa...”
Senza alcun preavviso, si voltò e si diresse verso l’uscita della bottega. 
Sentirono i suoi passi prima sul pavimento di pietra dello studio di Leonardo e, poi, sul pavè del chiostro.
“Sandro, noto che ti sei fatto un nuovo amico!”, la sentirono infierire sul povero Botticelli, ancora ‘prigioniero’ di Limier. “E io che credevo che odiassi tutto ciò che respirasse”
Anche dal retro bottega di Leonardo, il piccolo gruppo intuì che il malcapitato artista aveva alzato gli occhi al cielo dall’esasperazione; era noto a tutti che, sia la bionda, sia Da Vinci non perdevano mai l’occasione per lanciargli qualche frecciatina.
La udirono mentre armeggiava con qualcosa e, dopo parecchi minuti, la videro di ritorno con una bottiglia di vino rosso e due lunghi remi. 
“E quella dove l’hai presa?”, chiese il Verrocchio, alla vista della bottiglia. Aveva un aria famigliare...
“Dal vostro studio, ovviamente”, fu la pronta risposta della giovane. “Armadietto in cima, terza anta a destra, nascosta dietro ai pigmenti azzurri”. Quante volte lei, Leonardo e Zoroastro si erano intrufolati nello studio del Maestro per bere di nascosto? Di certo le loro prime sbornie non se le erano prese all’osteria...
Il Verrocchio alzò gli occhi al cielo, sospirando.
Elettra porse i remi a Zoroastro, che li osservò attentamente, prima di riporli si fianco alla barchetta, con un sorriso a trentadue denti. 
“Dobbiamo assolutamente andare a provarla”, disse il moro.
“Io, Leonardo e Nico abbiamo un impegno oggi”, ribattè la bionda.
“Quale impegno? Noi non abb...”, il povero Nico non riuscì a terminare la frase, bloccato da una tutt’altro che piacevole gomitata nelle costole da parte della ragazza.
“C’è sempre Costanza, puoi andare con lei a testare la tua nuova barca”, si affrettò a dire Elettra, sviando così l’attenzione dal giovane, piegato in due dal dolore.
“Io...non credo che sia il caso”, tentò di ribattere la diretta interessata.
“Dai, Costance, ci divertiremo”, provò a convincerla Zoroastro, prendendo le sue mani tra le proprie. La guardò dritta negli occhi, supplicandola di accettare.
A Costanza l’idea non piaceva per niente: prima di tutto odiava l’acqua e non sapeva nuotare e, poi, quella barchetta era davvero troppo piccola per entrambi; avrebbero dovuto stare davvero stretti e l’idea del proprio corpo a stretto contatto con quello di Zo la faceva sentire irrequieta. 
Lo osservò in silenzio, cercando di vagliare in modo imparziale le diverse opzioni. Cercare, però, non significa affatto riuscirci: i profondi occhi scuri del moro, incollati ai suoi e le sue mani, strette intorno alle proprie, le rendevano il compito tutt’altro che facile. Senza volerlo fare veramente, annuì impercettibilmente con la testa.
Si pentì quasi immediatamente di quel gesto dettato puramente dall’istinto.
“Perfetto”, si lasciò sfuggire Zoroastro, con voce squillante. Le si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.
Inevitabilmente, il viso di Costanza assunse una colorazione vermiglia.
“Bene. Ora che siamo tutti felici, è arrivato il momento di fare il varo della barca”, disse Elettra.
“Non con la mia bottiglia,  voglio sperare”, provò a ribattere Andrea. Quel vino rosso era davvero sprecato.
“E’ l’unica disponibile”, fu la pronta risposta della giovane. Passò la bottiglia a Zoroastro. “Tu sei il capitano, tu fai il varo”
Il moro la prese tra le mani e l’avvicinò alla prua, prendendo le misure.
“Fermo! Fermo!”, dissi il Verrocchio, frapponendosi tra lui e la barca. “Non osare rompere quella bottiglia qua dentro, quello è un gesto da fare quando l’imbarcazione è in acqua”
“Però io, Nico ed Elettra non possiamo andare al laghetto per la cerimonia”, ribattè Leonardo.
Andrea sbuffò. “Almeno fatelo fuori di qui. L’odore di vino rosso a terra diventa insopportabile con i passare dei giorni e sinceramente mi bastano e avanzano i residui di sangue dell’ultimo cadavere che avete dissezionato!”
Elettra dovette coprirsi la bocca con una mano per non scoppiare a ridere in faccia al suo mentore; abbassò lo sguardo, notando immediatamente le macchie scure disseminate qua e là. In effetti, Leonardo avrebbe anche potuto dare una pulitina...
“Andiamo fuori”, concluse alla fine.

Leonardo e Zoroastro portarono fuori la barchetta di peso, adagiandola su alcuni cavalletti. Elettra nel frattempo legò il collo della bottiglia ad una corda, che a sua volta venne annodata alla ringhiera del balcone del primo piano.
Anche se il varo era di una barca a guscio di noce, era sempre meglio fare le cose in grande.
“Siamo pronti a procedere”, disse euforica, spingendo la bottiglia verso Zo.
Il moro, dopo aver preso per bene le misure, scagliò la bottiglia contro la piccola prua della barca. Il vetro verdastro si ruppe immediatamente, schizzando vino rosso ovunque.
Il piccolo gruppo, che aveva calcolato bene le distanza, non fu investito; ma lo stesso non si potè dire di Botticelli che, ancora ‘prigioniero’ di Limier, si lavò completamente. L’imponente mastino, invece, riuscì a scamparla, mettendosi in salvo in tempo.
Il povero Botticelli, sbuffò sconfortato: quella non era proprio la sua giornata.
“E ora correte a testare la barca”, disse Elettra, ammiccando in modo ambiguo a Costanza.
Quest’ultima osservò l’amica perplessa, non capendo a cosa si riferisse; appena afferrò il significato, le sue guance si colorarono ed assunse un’espressione contrariata. “Non ci pensare nemmeno”, ribattè. Per tutta risposta ottenne solo una risatina.
Se solo Costanza e Zoroastro avessero fatto caso allo strano sorriso comparso sulle labbra di Leonardo, probabilmente la giornata avrebbe preso una piega diversa...

***
 
Più tardi...

Zoroastro e Costanza arrivarono al laghetto su di un piccolo carro, sul quale era adagiata la barca. 
La ragazza, seduta sotto ad una salice, osservò attentamente il moro mentre metteva in acqua il guscio di noce. Gli aveva chiesto più volte se volesse una mano, ma lui aveva sempre risposto di no. La ragazza aveva un’aria pensierosa, che nascondeva tutta la sua preoccupazione sul trovarsi completamente sola con Zoroastro e il non saper nuotare.
Chiuse un attimo gli occhi, concentrandosi sul rumore cadenzato delle leggere onde che si infrangevano sulla riva. Respirò a pieni polmoni quell’odore inconfondibile di lago, cercando di rilassarsi un po’. Da quanto non metteva più piede su di una spiaggia? L’ultima volta che l’aveva fatto si trovava ancora in Francia e...Non era finita troppo bene: se non fosse stato per la sua guardia del corpo, probabilmente sarebbe affogata. 
Deglutì, improvvisamente spaventata nel constatare che Zoroastro aveva quasi finito di sistemare la piccola imbarcazione.
“Costance, vieni”, la chiamò.
“Ehm...ho deciso di restare a guardati da qui”, disse lei.
Zo si girò, osservandola dritta negli occhi. “Ma così ti perderai tutto il divertimento”, protestò. Le si avvicinò, tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Preferisco restare qui”
“Non costringermi a metterti su quella barca di peso”, la minacciò. Sulle labbra del moro, però, comparve un sorrisetto ironico.
Costanza osservò la sua mano, ripensando all’ultima volta che qualcuno l’aveva presa di peso, sulle rive di un lago: non era finita molto bene per lei... Accettò di buon grado l’aiuto che le veniva offerto e si lasciò guidare da lui fino alla barca.
Appena mise un piede sulla piccola imbarcazione, questa cominciò ad ondeggiare pericolosamente e, se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Zoroastro, probabilmente sarebbe già caduta in acqua. Arrossì, appena si rese conto delle proprie mani, appoggiate sul petto dell’uomo e delle braccia di quest’ultimo, strette intorno alla propria vita. 
Alzò gli occhi, incrociando immediatamente i suoi, decisamente troppo vicini. Gli abbassò immediatamente, imbarazzata.
“Sarà meglio che ti sieda”, le consigliò Zo, sciogliendo quell’improvvisato abbraccio in modo alquanto impacciato: appariva anche lui imbarazzato.
“Già”, mormorò Costanza, sedendosi in punta.
Osservò Zoroastro sistemare i remi negli scalmieri e poi scendere dall’imbarcazione, per darle una leggera spinta che le permettesse di uscire dalla secca. “Tieniti forte, Costance”, le consigliò.
Quando fu certo che la barca non avrebbe più toccato il fondale, si decise a salire a bordo.
La barchetta oscillò pericolosamente, gravata improvvisamente anche del peso del moro. Costanza strinse forte le sponde ai lati, fino quasi a farsi sbiancare le nocche; dovette mordersi la lingua, per evitare di farsi scappare qualche imprecazione, gesto che considerava inappropriato e volgare. 
Zo si mise di fronte a lei, cominciando a remare verso il largo. 
Il guscio di noce era davvero stretto per due persone e le loro gambe non potevano fare a meno di toccarsi. Per non parlare di ogni volta che Zoroastro si protendeva in avanti con il corpo mentre remava... Costanza cominciava a credere che Elettra lo avesse fatto apposta.
“Direi che la barca si comporta proprio bene”, disse il moro, lasciando andare i remi e guardandosi attorno.
La ragazza annuì, guardando malinconica la riva, a circa una cinquantina di metri da loro.
“Ora dobbiamo solo decidere un nome”, continuò lui. Si fece pensieroso, mentre si metteva più comodo, facendo ondeggiare la piccola imbarcazione per l’ennesima volta. Vide Costanza davanti a sè arpionare nervosamente le sponde della barca.
“Va tutto bene”, provò a confortarla, appoggiando le mani sulle ginocchia e prendendo a massaggiarle lentamente.
“Zo, io...ehm... Devo dirti una cosa”, farfugliò lei.
“Dimmi pure”, ribattè lui, protendendosi ancora di più in avanti ed arrivando vicinissimo al suo viso.
“Io non so nuotare”. La sua voce era poco più che un flebile sussurro.
Zoroastro le sorrise in un modo che lei trovò molto confortante. “Non preoccuparti”, le disse, accarezzandole dolcemente una guancia, “Se mai dovessi finire in acqua, stai pur certa che non ti lascerò affogare”
Le si avvicinò ancora di più, ben intenzionato ad annullare del tutto quella breve distanza. Lo fece con cautela, lentamente, stando ben attento ai cambi di espressione di Costanza: se sole lei fosse indietreggiata o avesse dato segno di paura, lui sarebbe subito tornato sui propri passi.
La ragazza invece restò ferma, con il cuore che le batteva all’impazzata e il respiro diventato improvvisamente più affannato; lo osservò avvicinarsi e chiuse gli occhi solo quando le sue labbra si posarono sulle proprie.
I movimenti del moro erano cauti, volti a non spaventarla e, infatti, per la prima volta da quando si erano ritrovati soli quel giorno, Costanza parve rilassarsi.
Zoroastro si staccò a fatica da lei, dopo alcuni secondi. La guardò profondamente negli occhi, non potendo fare a meno di sorridere, raggiante.
La ragazza, invece, con il respiro corto e il battito accelerato, distolse immediatamente il proprio sguardo, imbarazzata da quello che era appena successo. Involontariamente, si mise ad osservare il fondo della barca, notando qualcosa di strano.
“Zo!”, urlò spaventata, nonostante lui fosse proprio davanti a lei. “C’è...c’è...stiamo imbarcando acqua!”
Anche lui guardò in basso: vi erano ormai due dita buone d’acqua sul fondo e gli sembrava che il livello aumentasse con il passare dei secondi. 
“Cazzo!”
Velocemente, si rimise al proprio posto e cominciò a remare con foga, nel vano tentativo di raggiungere la riva. 
Mancavano sì e no una decina di metri, quando le assi che componevano il fondo della barca si staccarono letteralmente; nessuno dei due aveva mai visto una cosa del genere ed entrambi dubitavano fortemente che si trattasse di un fatto naturale o di una semplice svista dei costruttori.
“Quando quei due mi capiteranno sotto mano...”, disse Zo. Ovviamente si riferiva ad Elettra e Leonardo.
Si guardarono intorno rendendosi conto che l’unica cosa che potessero fare era saltare in acqua.
Costanza guardò Zoroastro, terrorizzata.
“Andrà tutto bene”, provò a confortarla lui, prendendole una mano tra le sue. “Resta aggrappata a me e andrà tutto bene”
La ragazza annuì, cercando con tutta sè stessa di essere forte.
Si guardarono ultima volta negli occhi, prima di darsi slancio e tuffarsi nelle acque scure del lago.
Forse sarà stata per l’agitazione del momento o per l’impatto con l’acqua, ma Costanza lasciò involontariamente andare la mano di Zo. 
Provò a muovere braccia e gambe nel vano tentativo di risalire in superficie ma, più si agitava, più consuma aria e più scendeva verso il fondale.
Quando ormai pensava di non potercela più fare, vide una sagoma scura avvicinarsi a lei, arpionarle la vita e riportarla in superficie, verso la luce del sole.
Appena riemersa, Costanza prese alcune lunghe boccate d’aria, tossendo tra una e l’altra per tutta l’acqua che aveva bevuto.
“Si può sapere cosa ti è preso?!”, le chiese  Zo, brusco. Dal suo tono di voce traspariva tutta la sua angoscia.
La ragazza, che il moro teneva stretta fra le sue braccia, gli si avvicinò ancora di più, allacciandogli le braccia intorno al collo e poggiando la propria testa sulla sua spalla. I suoi occhi si riempiono di lacrime. “Ho...ho avuto tanta paura!”, disse tra un singhiozzo e l’altro.
Zoroastro sospirò: anche lui aveva avuto paura di perderla quando aveva sentito la sua mano lasciare la presa. Appoggiò le proprie labbra sul suo capo, cecando di scacciare via dalla mente l’immagine di lei che affondava lentamente, perdendosi nelle acque scure del lago.
“Sarà meglio tornare a riva”, propose dopo alcuni secondi di pesante silenzio. 
Con Costanza stretta a sè, cominciò a nuotare verso la sponda del lago. 
La ragazza si staccò solo quando sentì il fondale sotto ai propri piedi. Sempre tenendosi per mano camminarono fino a riva, stendendosi poi sulla macchia erbosa che cresceva sulla riva.
Zoroastro si mise su di un fianco, osservando il petto di Costanza alzarsi ed abbassarsi ad un ritmo ancora troppo veloce.
“La prossima barca me la costruisco da solo”, disse ironico, per allentare un po’ la tensione.
Costanza voltò il viso verso di lui, sforzandosi di sorridergli. “Credo che la prossima volta ti guarderò dalla riva”
“Oppure potrei prima insegnarti a nuotare”, propose lui, avvicinandosi a lei e arrivando ad un soffio dalle sue labbra.
“C’è chi ha già tentato l’impresa e non ci è riuscito”
“Ma io sarò più convincente”, le sussurrò ad un orecchio. “E sono anche più motivato”
Detto questo colmò completamente quella distanza, che era diventata troppa. 
Lentamente, si portò sopra di lei, appoggiando i gomiti a terra per non gravarle troppo addosso.
Le alzò delicatamente la casacca, cercando con le dita il contatto con la sua pelle.
Costanza all’inizio sbarrò gli occhi per la sorpresa e fu quasi tentata di spingerlo via, ma quando il bacio si fece più profondo, si rese conto che, per la prima volta da quando erano arrivati lì, si sentiva esattamente nel posto in cui doveva essere. Timidamente, cominciò ad aprire la camicia che Zo indossava.

*** 
 
  Nel frattempo, nella fitta boscaglia poco lontano... 

“Nico, cosa stanno facendo quei due?”, chiese Elettra curiosa, sporgendosi oltre la spalla dell’amico e cercando di alzare la testa per osservare oltre il cespuglio dietro il quale erano nascosti. 
Fu prontamente bloccata dalla mano di Leonardo sopra al proprio capo, che la tirò verso il basso, costringendola nuovamente a stendersi a pancia sotto.
Nico, che nel frattempo teneva d’occhio Zoroastro e Costanza con l’ausilio del cannocchiale inventato da Leonardo, strabuzzò gli occhi, diventando improvvisamente rosso.
“Ehm...”, farfugliò imbarazzato.
“Allora?”, lo incalzò la ragazza. Non ricevendo risposta, gli tolse l’invenzione di Da Vinci dalle mani, osservando lei stessa i due.
Un ampio sorriso fece la comparsa sulle sue labbra quando vide la camicia di Zoroastro cadere a terra. “Direi che il nostro compito qui è finito”, concluse.
“Cosa stanno facendo?”, chiese Leonardo, curioso.
“Leo, secondo te cosa stanno facendo?”, ribattè lei, sarcastica.
Lui le sorrise. “Passami il mio cannocchiale”, le disse.
“Leonardo Da Vinci, non fare il guardone”, lo rimproverò la ragazza, osservando attentamente le mosse della coppietta sulla riva.
“Allora smettila anche tu di osservarli”
Ci fu un silenzio di alcuni secondi. “Credo di aver trascurato parecchie...questioni in sospeso, in questo periodo”, fece lei.
Il geniale artista ridacchiò, pensando a quando Riario era diventato ‘una questione in sospeso’. “Immagino che la tua ‘questione in sospeso’ si senta molto sola”
“Esatt...”, disse lei, soprappensiero. Quando si rese conto di quello che aveva quasi detto, allontanò finalmente il cannocchiale, voltandosi per guardarlo negli occhi. “Sempre a pensar male, tu”
“Allora dimostrami che non è così”. Un sorrisetto ironico comparve sul volto dell’artista.
Lei lo scrutò attentamente. “Non sono affari tuoi”, ribattè con un tono che significava che la questione si chiudeva lì. “E ora andiamocene da qui”
“Pensi che Zo sia in collera con noi?”, le chiese Leonardo, alzandosi a sua volta. 
“Io non mi farò vedere in bottega almeno per tutta la settimana”, rispose lei, sottointendendo così un consiglio per l’artista.
“Ti serve una mano a palazzo?”
“Almeno che tu non voglia fare il terzo incomodo, no”
“Beh...”
“Non ci pensare neanche!”, disse lei esasperata, facendo ridere Da Vinci.
“Stavo solo scherzando”, ribattè lui..
Elettra sbuffò, ben intenzionata a chiudere lì la conversazione.
“Però devi ammettere che l’idea della colla che si scioglie a contatto con l’acqua è stata davvero buona!” 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: _armida