Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Recchan8    15/03/2016    1 recensioni
[SEGUITO DI "Deep Memories", CROSSOVER E VICENDA PREQUEL DI "Dangerous Heritage", SPOILER DI "Deep Memories" IN DESCRIZIONE]
Fine agosto 2014.
Giappone, Morioh: una ragazza dai capelli color miele e gli occhi ambrati si presenta presso i coniugi Higashikata pretendendo di venir ospitata per un periodo di tempo indeterminato.
Italia, Napoli: un ragazzo moro dagli occhi di smeraldo è ricercato dall'organizzazione mafiosa di cui faceva parte con l'accusa di tradimento.
Cosa lega questi due personaggi così lontani ma allo stesso tempo così vicini? Un passato nascosto nelle memorie più profonde dovrà essere destato.
Il destino, a volte, sa essere davvero comico.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josuke Higashikata, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Deep Memories'
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Mercuzio, sdraiato sulle tegole del tetto della villa del Boss, si rigirò nella mano la boccetta di psicofarmaci prescrittogli da Ciro qualche giorno prima. Lo psichiatra gli aveva detto senza troppi giri di parole che era a conoscenza delle sue allucinazioni visive e che quelle piccole pillole violacee lo avrebbero aiutato a smettere di vedere il fantasma che lo perseguitava.
Ma la verità era che Mercuzio non voleva separarsi dalla ragazza dai capelli color miele. La vedeva sempre nei momenti più difficili, era come un angelo custode che vegliava su di lui. Dirle addio avrebbe significato perdere una parte della propria anima.
Mercuzio non riceveva incarichi da ormai sei mesi. Giorno, non appena aveva visto i primi segni di squilibrio mentale, lo aveva spedito dallo psicologo Gaetano Starace, sperando in una rapida ripresa del sottoposto. Mercuzio non ne poteva più di passare le giornate nella nullafacenza; avvertiva il bisogno di tornare all'azione, di rendersi utile, di far vedere a chiunque che il brillante e talentuoso Mercuzio Zeppeli non se n'era andato. Del resto non era pazzo, erano gli altri che lo credevano tale.
Dopo aver lanciato in aria e ripreso la boccetta di vetro, Mercuzio se la infilò in tasca e si trasformò in fumo, serpeggiando fino alla terrazza appena lì sotto. Riacquistata la forma fisica, estrasse dalla tasca interna della giacca nera il cellulare e compose un numero.
-”Ci credi se ti dico che non ci credo?”- domandò divertita una voce maschile dall'altro capo del telefono. -”Perdona la ridondanza, non ho saputo evitarla”-.
-”Capo, vorrei tornare in azione”- andò dritto al punto Mercuzio.
-”Mercuzio, non penso sia una buona idea”- disse Lorenzo, il capo della Squadra del Crepuscolo, dopo un attimo di esitazione.
-”Sono in cura da sei mesi, ho smesso di fare quel maledetto sogno e non vedo più quella ragazza da settimane”- insistette il giovane moro. Mentire era l'unica possibilità che aveva per convincere Lorenzo.
-”Il Boss che ne pensa?”- sospirò.
Il capo della Squadra del Crepuscolo provava una forte soggezione nei confronti di Giorno, talmente forte da non permettergli di parlare col Boss senza balbettare e incespicare nelle parole; per questo Lorenzo usava Mercuzio come tramite e si fidava ciecamente di tutto ciò che il giovane Zeppeli sosteneva che il Boss avesse detto. Raggirare Lorenzo non sarebbe stato poi così difficile.
-”Ha lasciato a te la decisione”-.
-”...Ascolta, al momento sono in missione, facciamo che ne rip...”-.
-”Dove ti trovi?”- saltò su Mercuzio. Lo sentiva, gli mancava pochissimo per convincerlo. Sentì il capo borbottare qualcosa e rivolgere una preghiera a San Gennaro.
-”Va bene”- sospirò esasperato. -”Se il Boss non ha espresso esplicitamente il suo volere significa che le tue condizioni non sono poi così gravi... Siamo al solito bar, ti aspettiamo”-.
Mercuzio chiuse la chiamata con soddisfazione. Ce l'aveva fatta! Non riusciva ancora a crederci. Si ripromise di dire la verità a Lorenzo una volta portata a termine la missione; sotto sotto non era stato giusto mentire a una brava persona come lui. Prima di trasformarsi in fumo e di raggiungere i compagni, il giovane Zeppeli tirò fuori dalla tasca dei pantaloni gli psicofarmaci. Guardò con disgusto le pillole viola; davvero credevano che sarebbero servite a qualcosa?
Idioti”, pensò mentre rovesciava giù dalla terrazza il contenuto della boccetta e quest'ultima.
Guardò compiaciuto le sferette viola sparire nella vegetazione sottostante. Se qualcuno fosse riuscito a trovarle avrebbe detto che gli erano cadute per sbaglio. Più semplice di così si muore. Fatto ciò, si stiracchiò le braccia e si tramutò in fumo, sfrecciando in città verso il bar in cui la Squadra del Crepuscolo era solita ritrovarsi.
Quando vi entrò, Nicola e Gerardo si alzarono in piedi e iniziarono ad applaudire entusiasti. Lorenzo, seduto in mezzo a loro due, afferrò entrambi per i gomiti e li tirò giù, costringendoli a fare silenzio. Per un attimo negli occhi spenti di Mercuzio passò un lampo di vitalità. Gli erano mancate tantissimo le scorribande coi suoi compagni, e adesso rivederli al loro solito tavolo del loro solito bar gli procurò una fitta al cuore.
-”Cumpà, ti davamo per morto!”- esclamò Nicola, il secondo in comando. Portava i capelli castani cortissimi (con grande invidia di Mista) e sul mento aveva un pizzetto che era solito tingere di colore diverso ogni settimana. Quel giorno lo aveva colorato di arancione. -”Ti sei ripreso?”-.
Mercuzio prese una seggiola dal tavolo accanto e si sedette, abbandonandosi sullo schienale.
-”Ovviamente, altrimenti non sarei qui”- rispose con una strizzatina d'occhio.
-”Sei pronto a tornare in azione?”- domandò Gerardo sottovoce. Mercuzio guardò il compagno più piccolo e annuì, tirandogli poi uno scappellotto inaspettato. -”Cos'ho fatto?!”- esclamò il ragazzo dai riccioli biondo cenere.
-”Niente, era da tanto che non ti mettevo le mani addosso”- ridacchiò Mercuzio.
Lorenzo rimase qualche minuto in silenzio a osservare la sua Squadra battibeccare e divertirsi come ai vecchi tempi, ovvero prima della crisi di Mercuzio. Nicola aveva ventisei anni e, dopo Lorenzo, era il più responsabile del gruppo; Gerardo, invece, in quanto a responsabilità aveva parecchio da imparare: indisciplinato e scapestrato, l'appena ventenne biondino vedeva in Mercuzio un modello da imitare. Quando era venuto a sapere del suo congedo forzato non era uscito di casa per giorni interi.
Dal momento che Gerardo, nonostante fosse in grado di vedere gli Stand, non aveva ancora manifestato il proprio, spesso la Squadra del Crepuscolo si occupava di missioni “normali”, ovvero quelle in cui non era richiesta alcuna abilità Stand. La missione di quella sera era proprio una di quelle.
-”Avete finito?”- domandò Lorenzo con finto tono seccato. -”Vorrei parlarvi della festa di stasera”-.
Il trio si zittì di colpo e si fece attento. Nicola incrociò le braccia al petto, Mercuzio si sporse un poco in avanti e Gerardo ridusse gli occhi a due fessure.
-”Siamo stati invitati da Cammarota. Sarebbe cosa buona e giusta restituire il favore che ci ha fatto portando qualcosa da mangiare alla festa. Sono sicuro che basterà un panino a testa, anche se Cammarota ha il frigorifero vuoto. Ci troviamo in Piazza Quattro Giornate alle undici di stasera”-.
Mercuzio sorrise sommessamente. Lo divertì constatare che Lorenzo aveva ancora l'abitudine di spiegare l'organizzazione delle missioni facendo ricorso alle metafore più assurde. L'obiettivo da eliminare era Cammarota, capo di una ditta a cui il Boss aveva fatto un prestito ma da cui non si era più visto restituire l'ingente somma di denaro. Dal momento che gli informatori davano Cammarota disarmato, i membri della Squadra avrebbero dovuto portare con loro solamente una pistola a testa.
-”Benissimo”- annuì Nicola.
-”Sarà divertente!”- esclamò Gerardo.
Lorenzo guardò di sottecchi Mercuzio e ricevette da lui un cenno d'assenso.
-”Allora ci vediamo più tardi”- disse il capo alzandosi.
-”A più tardi”- si salutarono i membri della Squadra del Crepuscolo.

 

 

Mercuzio arrivò per primo nel luogo dell'appuntamento. Si sedette su di una panchina e si accese una sigaretta, in paziente attesa dei suoi compagni. Il secondo ad arrivare fu Nicola: una bottiglia di birra stretta nella mano sinistra, il rasato si appoggiò a un palo della luce poco distante da Mercuzio e prese a parlare animatamente al cellulare, alternando parole e bestemmie a sorsi di birra. Gerardo arrivò per terzo, il cellulare piazzato sotto gli occhi come i giovani della sua età erano soliti fare; si sedette dall'altra parte della piazza sul muretto di un'aiuola. Qualche minuto più tardi, per ultimo, giunse in loco Lorenzo: questo corse verso un albero, si sganciò la cintura dei pantaloni e urinò sulle radici della pianta.
Solita routine”, pensò Mercuzio espirando una boccata di fumo denso dalla bocca.
La Squadra del Crepuscolo era solita sparpagliarsi nel luogo in cui la missione si sarebbe dovuta compiere, accerchiare il bersaglio ed eliminarlo nel minor tempo possibile. Per Lorenzo, Mercuzio e Nicola non ricorrere ai propri Stand costituiva una sorta di sfida personale; si divertivano un sacco in quelle missioni.
Cammarota non tardò molto a fare la sua comparsa. L'uomo, i primi bottoni della camicia bianca sbottonati e la giacca portata su una spalla, attraversò la piazza col cellulare attaccato all'orecchio e un sigaro nella mano sinistra. Dal tono di voce e dall'uso spropositato di dialettismi la Squadra intuì che Cammarota dovesse essere particolarmente alterato. Nicola buttò giù la finta telefonata e si concentrò sulla birra; Lorenzo si sistemò i pantaloni e si pulì le mani con una salviettina profumata; Gerardo si affrettò a terminare la partita a Candy Crush; Mercuzio spense la sigaretta per terra. Dovevano solamente aspettare che Cammarota mettesse piede nel quadrato ideale di cui loro costituivano i vertici; a quel punto Gerardo si sarebbe avvicinato al bersaglio chiedendo indicazioni stradali, Lorenzo gli avrebbe chiuso le vie d'uscita alle spalle, Mercuzio avrebbe fatto da palo e Nicola lo avrebbe eliminato a distanza.
Cammarota, sempre al telefono, mise finalmente piede nel campo minato e la Squadra del Crepuscolo entrò in azione.
Sarebbe tutto filato liscio se la ragazza dai capelli color miele non avesse deciso di apparire proprio in quella circostanza.
Mentre Gerardo parlava con Cammarota e Nicola prendeva la mira, la ragazza si piazzò davanti all'uomo in camicia e non accennò a volersi spostare. Il panico si impadronì di Mercuzio. Se quella ragazza non si fosse subito tolta di mezzo la pallottola di Nicola l'avrebbe presa in pieno e uccisa.
No! Non può morire! Io devo trovarla!”.
Il corpo di Mercuzio si mosse da solo. Scattò in piedi e corse verso Nicola. Nell'esatto istante in cui il rasato premette il grilletto, il giovane Zeppeli gli si gettò addosso e lo fece cadere a terra.
-”Mercuzio, cosa cazzo...?!”- iniziò Nicola visibilmente confuso.
-”I-io n-non...”-.
Un grido maschile e un rumore di passi fecero scattare in piedi i due compagni.
Mercuzio si sentì mancare quando, riverso in un bagno di sangue e con una pallottola piantata in fronte, non vide Cammarota ma Gerardo.

 

 

Quando Ciro aprì gli occhi nel cuore della notte capì subito di non essere da solo nella sua camera da letto. Avvertiva una presenza impaurita, sconvolta e disperata. Per un attimo pensò di aver ricevuto la visita di un fantasma. Titubante, allungò una mano sul comodino e accese la luce. Bestemmiò dallo spavento quando vide, in piedi davanti alla porta della camera, Mercuzio Zeppeli. Ciro impiegò meno di un attimo a rendersi conto che il giovane paziente aveva appena subito un forte shock. Senza nemmeno domandarsi come avesse fatto a intrufolarsi nella sua dimora, Ciro si alzò dal letto e invitò Mercuzio a sedersi sul pouf sotto la finestra.
Mercuzio rifiutò. Nella sua mente scorrevano ancora come in un loop le immagini del corpo morto di Gerardo. Si guardò le mani tremanti. Era tutta colpa sua se Nicola aveva sbagliato bersaglio; sua e di nessun altro. Perché quella stupida ragazza era stata così incosciente da passare davanti alla traiettoria del tiro? Mercuzio si chinò per terra e si nascose il viso tra le mani, piangendo in silenzio la morte dell'amico.
Lo psichiatra inforcò gli occhiali che teneva sul comodino e osservò il comportamento del giovane moro. Doveva essergli accaduto qualcosa di molto grave per spingerlo a presentarsi da lui a notte fonda.
-”Mercuzio”- lo chiamò esitante. -”Puoi dirmi tutto, lo sai”-.
Il giovane Zeppeli in tutta risposta scosse la testa. Come poteva dire al proprio psichiatra di aver ucciso un compagno per colpa della ragazza dai capelli color miele?
-”Il silenzio non è mai una buona cosa”- insistette Ciro.
Gerardo era morto. Aveva ammazzato Gerardo. Come avrebbe potuto da lì in avanti guardare negli occhi Nicola e Lorenzo? Con che faccia tosta avrebbe raccontato la verità a Lorenzo? Era stato solo un egoista irresponsabile; avrebbe dovuto dare retta a chi lo aveva definito “pazzo”.
-”Mercuzio...”- lo richiamò Ciro.
Doveva fuggire. Ormai per lui non c'era più niente da fare, non esisteva alcuna speranza di salvezza. Una volta venuto a sapere della vicenda, Giorno lo avrebbe fatto fuori. Sicuramente! Doveva darsela immediatamente a gambe, scappare...!
Ma dove?
Quando finalmente il giovane moro si decise ad alzare il volto e a dare una risposta allo psichiatra, un ricordo confuso riaffiorò nella sua mente. “Ti troverò!”. Ma certo... Quella era la soluzione: risalire all'origine della sua pazzia. Il fatto che ogni notte sognasse quella ragazza e che quasi tutti i giorni la vedesse attorno a lui significava che da qualche parte lei esisteva; non poteva essere completamente frutto della sua immaginazione. La ragazza dai capelli color miele si trovava da qualche parte nel mondo, lo stava aspettando e lui l'avrebbe trovata.
Mercuzio, sotto lo sguardo stupito di Starace, scattò in piedi. La risolutezza nei suoi occhi di smeraldo colpì profondamente lo psichiatra.
-”Dottore, ho deciso che partirò alla ricerca della ragazza”- affermò con decisione.
Ciro aprì la bocca per dire qualcosa ma ci ripensò. Ormai Mercuzio Zeppeli era un caso perso. Se neppure suo fratello e gli psicofarmaci erano riusciti a fare qualcosa, come pretendeva lui di poter ripristinare la sanità mentale di quel povero ragazzo?
-”Buona fortuna, allora”- si limitò a dire con un finto sorriso.
Mercuzio ringraziò con un cenno del capo ma la sua espressione continuava a essere tirata e in tensione.
-”Le consiglio di sparire dalla circolazione per un po'. Se Passione venisse a sapere che stanotte sono passato da lei non so cosa potrebbe accaderle”-.
Ciro non fece in tempo a chiedere spiegazioni al giovane che questo venne avvolto da una nube di fumo e sparì, passando dalla stretta fessura sotto la porta e dal buco della serratura.

 

 

 


NOTE DELL'AUTRICE
"Into the pain I go" ---> Suddenly (E' il titolo della canzone degli ONE OK ROCK da cui viene il verso che fa da titolo del capitolo)
Io voglio tanto bene a Mercuzio, lo giuro, però alcune vicende sono inevitabili :( Se sia pazzo o meno starà a voi stabilirlo ;>
Nel prossimo capitolo vedremo Celeste alle prese con la famiglia Higashikata.
Alla prossima! ^^

 

   
 
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