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Autore: ChiaraBJ    15/03/2016    3 recensioni
“Sono qui su incarico del capo della polizia. E’ venuto a conoscenza dell’incidente autostradale, tra l’altro mortale di cui lei è stato la causa. A suo carico verrà avviato un procedimento da parte del comando generale di polizia, questo significa che lei è stato sospeso dal servizio, appena potrà consegnerà al suo superiore, il commissario Kruger, il tesserino, l’arma d’ordinanza e la patente di guida” (…) Ben restò per un attimo come paralizzato. Non credeva alle sue orecchie. La Schrankmann lo aveva sospeso dal servizio…e per quanto tempo? E perché? Allibito cercò con lo sguardo il suo capo, come in cerca di un aiuto che però non arrivò.
Consigliata, ma non indispensabile la lettura de ‘il poliziotto e la bambina’.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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Nella fossa del leone
 
Frederick, l’infermiere a cui Ben era stato affidato, bussò ad una porta lungo un corridoio, poi dopo aver atteso il permesso di entrare fece accomodare il giovane ispettore.
Il ragazzo entrò strascicando un po’ i piedi e stampandosi sul volto un’espressione annoiata.
“Salve signor Beck” salutò cordiale il dottor Raven, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi al ragazzo.
“Prego si sieda…cominceremo subito il nostro primo colloquio…così tanto per capire la sua situazione e per conoscerci meglio…”
Ben con fare quasi disgustato si lasciò letteralmente cadere sulla sedia e poi guardò sempre con fare sospettoso il dottore.
“Come si sente stamattina, signor Beck? Ha dormito bene? La stanza è di suo gradimento?”
“Come vuole che mi senta? Sono stato messo da mio zio in questa gabbia per matti e poi ho dormito da schifo…e la stanza …pure quella fa schifo” replicò secco Ben.
Il dottor Raven non fece una piega e avviandosi verso uno schedario aprì un cassetto e ne estrasse delle cartelline, tornando poi a sedersi di fronte a Ben.
“Lei non è il solito strizzacervelli…” chiese sempre con fare sospettoso.
“Preferirei che mi chiamasse medico o dottore” puntualizzò l’uomo.
“Uff, che pizza…” sospirò alzando gli occhi al cielo Ben.
“Comunque tornando a lei suo zio mi ha detto che è stato il suo medico curante, il dottor Freund a consigliare il suo ricovero qui da noi…” continuò il dottor Raven, ma bruscamente venne interrotto da Ben.
“Un altro incompetente, come lei! Non sono pazzo…siete voi che mi volete far passare per tale…” sbottò.
Il dottore con calma serafica proseguì la sua visita come se nulla fosse, era abituato ad aver a che fare con persone per niente collaborative.
“Senta adesso le proporrò alcuni test…penso che anche il dottor Freund glieli avrà proposti…”
“Senta non ho voglia di vedere quelle stupide macchie presenti su un foglio bianco…” lo anticipò Ben e il suo sguardo cadde sulla targhetta di uno schedario alle spalle del dottore. La dicitura riportava ‘cartelle cliniche pazienti’.
“Non si preoccupi, avevo pensato al T.A.T. sa di cosa si tratta?”
“No e neanche me ne importa…”
“Senta signor Beck, perché non cerchiamo di collaborare un po’? Farci la guerra non giova a nessuno”
Poi estraendo da una cartellina alcune immagini le diede in mano a Ben che cominciò a sfogliarle svogliatamente.
“Ecco ora dovrà sceglierne una e poi mi racconti una storia…”
“Devo inventare una storia guardando un’immagine? Che cretinata…”
“Non vorrà farmi credere che non sa raccontare storie, forza ci provi…” continuò tranquillo il dottore.
Ben cominciò a guardarle, poi il suo sguardo si fermò su una in cui era rappresentata, secondo lui, una famiglia felice: papà, mamma e una bambina.
Ma lui doveva recitare un ruolo, quindi rispose con riluttanza:
“Qui ci sono dei genitori che stanno…” Ben si rigirò la foto tra le mani, scrutando l’immagine con attenzione, aggrottando la fronte, poi come se avesse avuto una rivelazione schioccò le dita “ Sicuramente questi stanno picchiando la bambina o lo faranno presto”
“A me invece sembrano premurosi, guardi bene quelli che lei dice che siano i genitori hanno i volti sorridenti” replicò il dottore.
“Naaaa…è quello che vogliono farle credere…vedrà si avvicineranno sorridenti e poi la picchieranno” continuò imperterrito Ben.
“Lei è convinto che vogliano farle del male?”
“C’è sempre qualcuno che vuole fare del male ad altri. Anche a me, tutti mi vogliono far del male, i miei genitori, mio zio…magari anche lei…che dice? Scommetto che lei non vede l’ora di farmi rinchiudere in questa gabbia per matti, ma io non sono pazzo…so cosa volete da me, volete rinchiudermi qui”
“Perché dovrei volerle far del male? E anche le persone che ha menzionato…i suoi genitori, suo zio, perché vorremmo come dice lei rinchiuderla qui dentro?” chiese il dottore anche per capire meglio chi aveva davanti.
A Ben venne in mente un vecchio film in bianco e nero che aveva visto da piccolo con Helga e prendendo spunto da quello si inventò una storia.
“Per l’eredità che mi ha lasciato mio nonno, sono convinto che voi due, anzi scommetto che c’entrano anche i miei genitori”
Ben si avvicinò al volto del medico che aveva davanti, pensò che se avesse avuto uno specchio di fronte il volto riflesso sarebbe stato molto simile a quello di Jack Nicholson in ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’ o ‘Shining’. Continuando la sua farsa disse “Senta, ‘Doc’, adesso le dico una cosa, questa sì che è una bella storia…Lei e mio zio avete fatto un patto, mi farete passare per pazzo e poi vi dividerete l’eredità, che ne dice?”
“Io e suo zio vogliamo solo aiutarla, signor Beck” il tono del dottor Raven era sempre calmo rilassato e per un attimo Ben pensò che Giobbe al suo confronto era niente.
“Senta ne ho le scatole piene di questi stupidi test…devo farli proprio ora?” sbottò di nuovo Ben.
“No per oggi basta così, li faremo più avanti, anzi chiamerò il dottor Hermann che le farà conoscere le varie strutture e locali dell’istituto, vedrà, troverà la cosa piacevole ed interessante” e lo fece chiamare al telefono.
“Uff…” sbuffò Ben appoggiando la schiena alla sedia e riprendendo a guardare la stanza con fare annoiato.

Pochi minuti dopo il ragazzo stava facendo quello che lui, in veste di poliziotto, avrebbe considerato una specie di giro di perlustrazione della clinica.
“Come vede, signor Beck” disse il dottor Hermann “E’ un edificio molto accogliente. C’è la piscina, la palestra, un enorme parco…”
“Lei che è? Un altro strizzacervelli?” lo interruppe Ben.
“Veramente io sono un fisioterapista” lo informò cordiale.
“Quindi un secondino, un tirapiedi di Raven…” replicò quasi sprezzante Ben.
“Senta signor Beck” lo bloccò prendendolo per un braccio Hermann in mezzo ad un corridoio.
“Perché non ci mettiamo d’accordo e cerchiamo di rispettare almeno una regola fondamentale presente in questa struttura…”
“E sarebbe” fece sempre arrogante Ben.
“Il rispetto, lei ne avrà per me, per gli altri pazienti e personale medico e loro ne avranno per lei…”
“Uff” sbuffò di nuovo Ben.
A quanto pare la parte del maleducato, arrogante gli veniva molto bene, ma in cuor suo era dispiaciuto, non gli piaceva comportarsi così, ma purtroppo doveva farlo.
Il dottor Hermann continuò il suo giro e i due arrivarono davanti ad una porta aperta di un enorme salone.
All’interno c’erano una ventina di persone adulte di tutte le età.
“Ecco come vede” delucidò il fisioterapista “Qui si può leggere, giocare a carte, guardare la televisione”
Poi prendendo Ben sottobraccio lo accompagnò verso una donna di mezza età col camice bianco.
“Dottoressa Zeller, ha già conosciuto il signor Beck?” chiese affabile avvicinandosi Hermann.
“Sì certo, ma siamo partiti col piede sbagliato, che ne dice signor Beck se ripartiamo dall’inizio…”
Ben mugugnò un cenno di assenso.
“Venga con me” proseguì la dottoressa “Le faccio conoscere qualcuno dei pazienti. Posso chiamarla Benjamin?”
“Può chiamarmi Ben, se vuole” mostrando un po’ di collaborazione.
Hermann se ne andò lasciando il ragazzo con la dottoressa Zeller.
La donna cominciò a presentare i vari pazienti presenti nel salone.
Tra i tanti gli fu presentato un uomo sulla sessantina di nome Robert che stava guardando la televisione.
“Robert” esordì la dottoressa ”Questo è Ben, è arrivato ieri”
“Salve” rispose cortesemente il ragazzo, ma l’uomo non staccò un attimo gli occhi dal televisore e di fatto non lo degnò di uno sguardo.
“Robert era un ottimo idraulico” continuò la dottoressa.
“Già, e ora non capisce un tubo, sta imbambolato davanti alla TV, oltretutto mi pare anche molto socievole” replicò sarcastico il giovane.
“Non sia ironico, non le conviene” lo rimproverò con aria severa la dottoressa.
Poi continuò a presentargli altri pazienti.
Il suo sguardo cadde su Samantha, la ragazza che aveva conosciuto durante la colazione. Forse era l’unica Samantha della clinica e se era così era la ragazza che le aveva menzionato Charlotte Wolfgang.
Lentamente si avviò verso di lei, stampandosi in faccia un’espressione allegra, gioviale.
Ma fu bloccato di nuovo dalla dottoressa Zeller che di fatto smorzò il suo sorriso.
“Ben, non si aspetti che le risponda, Samantha ha molte difficoltà ad esprimersi…”
“Non posso provare?” replicò secco il giovane ispettore.
“E’ controproducente” disse dolcemente, ma con decisione la donna, che poi proseguì “Senta Ben so che lei è stato per un paio d’anni un insegnante di musica l’ho letto nella sua scheda personale. Quindi ritengo che capirà se le dico che Samantha è schizofrenica…le ripeto, Samantha non dice mai una parola e come vede se ne sta sempre con la radio accesa vicino all’orecchio…e ultimamente ha avuto un’esperienza negativa che l’ha profondamente turbata”
“Allora siamo in due” disse serio Ben, poi abbozzando un mezzo sorriso chiese “Posso andare da lei, ora?”
La donna gli fece un cenno col capo e Ben si avviò verso la giovane paziente, sotto lo sguardo vigile della dottoressa.
Ben con calma e tranquillità si avvicinò alla ragazza. Voleva guadagnare la sua fiducia, la sua amicizia, forse avrebbe potuto aiutarlo, anche se adesso vedendola lì vicino a lui con lo sguardo perso nel vuoto ed una radiolina in mano, non sapeva bene come potesse esserle d’aiuto. Ciò nonostante standole un po’ a distanza si presentò:
“Ciao Samantha, mi chiamo Benjamin, ma tu puoi chiamarmi Ben se vuoi” le disse stampandosi in faccia uno dei suoi magnifici sorrisi.
La ragazza per un attimo sembrò come ritornare alla realtà e guardò Ben.
Il giovane poliziotto allora cercò di intavolare un minimo di discorso:
“Vedo che ascolti la radio, che musica ti piace? Io so suonare la chitarra …”
Ma il discorso fu interrotto bruscamente.
Accidentalmente la ragazza lasciò cadere la radiolina che aveva in mano, spaventata dall’improvviso urlo di gioia di un paziente che stava giocando a scacchi con un altro.
Purtroppo la radio cadendo si aprì letteralmente in due e sul volto di Samantha apparve la delusione più totale.
La ragazza si chinò per raccogliere i pezzi della radiolina e a Ben si strinse il cuore nel vedere quella scena. Gli sembrava di vedere una bambina che raccoglieva un uccellino ferito o una cosa del genere.
Alla scena assistette anche la dottoressa Zeller che avvicinandosi si accovacciò vicino a Samantha.
“Oh, cara…mi dispiace molto…” disse contrita la dottoressa.
Anche Ben si accucciò, poi aiutò Samantha a rialzarsi.
La ragazza, sempre con lo sguardo disperato, si portò al petto i pezzi ed uscì di corsa dal salone.
Ben la vide uscire e quindi non fece caso che dietro di lui si era avvicinato Robert uno dei pazienti che gli erano stati presentati prima.
L’uomo con una mano lo prese per un braccio, mentre con l’altra chiusa a pugno lo avvicinò pericolosamente al volto in segno di minaccia.
“Bravo, hai visto cosa hai fatto?” gli ringhiò contro.
La stretta di Robert era forte, Ben per un attimo pensò che avrebbe potuto spezzaglielo come fosse un bastoncino.
“Ehi, guarda che io non c’entro nulla” rispose stizzito Ben, e con uno strattone cercò di liberarsi da quella specie di morsa.
“E’ stato un incidente, Robert” intervenne la dottoressa Zeller cercando di stemperare gli animi.
“Stalle lontana, sei solo capace di combinare guai” rimbeccò sempre più minaccioso Robert.
“Ma che dici, non l’ho nemmeno toccata, ti ripeto è stato un incidente, l’è caduta dalle mani” e finalmente riuscì a liberarsi con un altro strattone dalla presa di Robert, poi con fare stizzito Ben uscì dal salone.
Robert seguì con lo sguardo il ragazzo poi tra sé e sé mormorò “Me la pagherai, o sì eccome se me la pagherai razza di moccioso superbo…me la pagherai”
Poi come se nulla fosse successo tornò a sedersi nella poltrona e riprese a guardare la televisione.
 
Angolino musicale originale anche questa volta, ma era inevitabile …almeno per la mia mente ‘bacata’…terrei comunque a ringraziare ancora una volta i miei recensori  (non so cosa farei senza di voi) e la mia…BETA-bloccante…lei sa . Bacioni a tutti.
Queen ‘I’m going slightly mad (sto diventando un po’ pazzo)
 
Per  ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=Od6hY_50Dh0
 
…stanno cercando di dirti qualcosa? Stai perdendo quell'ultima rotella Semplicemente non sei in perfetta forma, mio caro A essere onesti non hai la più pallida idea di ciò che ti sta accadendo Sto diventando un po’matto Alla fine è successo, sono un po’matto Oh, povero me! Mi manca una carta dal mazzo Non sono proprio in cattive acque, ma a un’ondata dal naufragio Non sono proprio al massimo mi è venuta la febbre sono veramente in alto mare Ma miei cari cosa mi dite di voi? Sto diventando un po’matto Alla fine è successo Sono un po’matto! Solo leggermente matto! Ci siete riusciti!    
 
  
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