Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Recchan8    16/03/2016    1 recensioni
[SEGUITO DI "Deep Memories", CROSSOVER E VICENDA PREQUEL DI "Dangerous Heritage", SPOILER DI "Deep Memories" IN DESCRIZIONE]
Fine agosto 2014.
Giappone, Morioh: una ragazza dai capelli color miele e gli occhi ambrati si presenta presso i coniugi Higashikata pretendendo di venir ospitata per un periodo di tempo indeterminato.
Italia, Napoli: un ragazzo moro dagli occhi di smeraldo è ricercato dall'organizzazione mafiosa di cui faceva parte con l'accusa di tradimento.
Cosa lega questi due personaggi così lontani ma allo stesso tempo così vicini? Un passato nascosto nelle memorie più profonde dovrà essere destato.
Il destino, a volte, sa essere davvero comico.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josuke Higashikata, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Deep Memories'
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Nel salotto degli Higashikata aleggiava un'aria appesantita da una forte tensione. Celeste si era come appropriata dell'intero divano. Nonostante fosse seduta nell'angolo, le gambe accavallate e un gomito graziosamente appoggiato sul bracciolo, nessuno degli Higashikata aveva osato sedersi vicino a lei; Josuke per aperta inimicizia, Okuyasu per non far infuriare il marito. Shizuka aveva obbedito al padre ed era entrata nel salotto, andando a rannicchiarsi contro l'ampio petto del dottore. Normalmente sarebbe corsa tra le braccia di Okuyasu, ma la ragazzina mora aveva l'impressione che il genitore col grembiule rosa avesse intenzione di schierarsi dalla parte dell'intrusa, ovvero da quella sbagliata.
Celeste, il viso nascosto dal bicchiere, lanciò una rapida occhiata a Josuke, seduto sulla poltrona alla sua sinistra, e non poté fare a meno di corrugare la fronte. Davvero quel dottore andava a lavoro vestito in quel modo? I jeans chiari a vita alta erano accettabili, la maglietta attillatissima bianca a pois fucsia era un pugno in un occhio, e le scarpe...
Enzo, Carla, dove siete?!”, pensò con orrore.
Quelle Converse leopardate erano illegali in tutta Italia. Se il dottor Higashikata avesse anche solo provato a mettere piede in Piazza del Duomo a Milano, i tiratori scelti della Milan Fashion Week lo avrebbero freddato.
Guardò con compassione la piccola Shizuka, costretta a vivere con un tonto trasandato e un burbero aborto della moda. La ragazzina, i capelli nerissimi legati in due codini bassi e una frangetta tagliata pari sulla fronte, distolse subito lo sguardo dagli occhi ambrati di Celeste e storse un poco la bocca.
-”Fai pure con comodo”- sbottò a un tratto Josuke, visibilmente ironico.
Celeste posò il bicchiere di vetro sul vassoio adagiato sul tavolo posto al centro del triangolo formato dal divano e dalle due poltrone sulle quali erano seduti Josuke e Okuyasu e socchiuse gli occhi felini. Valeva davvero la pena rispondere a tono? Si sarebbe giocata tutto; non poteva permettersi di venir sbattuta fuori da quella casa, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per raggiungerla.
-”Ha ragione, signor Higashikata, mi scusi”- disse sorridendo un poco. -”Ma abbia pazienza, il viaggio è stato lungo e faticoso...”-.
-”Non me ne frega un accidente del tuo viaggio. Voglio solo sapere chi sei, cosa ci fai qui e cosa vuoi dalla mia famiglia”- la interruppe brusco Josuke.
Okuyasu si mosse a disagio sulla poltrona e si schiarì la voce. Voleva intervenire e dire qualcosa in difesa della giovane bionda, ma dentro di lui sapeva che sarebbe stato tutto inutile e anzi, decisamente controproducente. Sapeva molto bene che il marito provava una sorta di repulsione e di disgusto per la voglia a forma di stella e tutto ciò che la riguardava, ma il modo in cui si stava approcciando a Celeste era al limite della civiltà. Dov'era finita la famosa ospitalità giapponese?
-”Sono pronta a spiegare tutto, ma lei e la sua famiglia dovrete essere disposti a donarmi parte del vostro tempo”- disse Celeste quantificando la parte in questione con un gesto delle mani.
-”Ho lasciato il lavoro per venire qua”- sbottò il dottore. -”Ne ho da vendere di tempo”-.
-”Signor Okuyasu, Shizuka, voi siete liberi?”-.
Okuyasu annuì con veemenza, Shizuka non rispose. Celeste, seguendo il proverbio, prese il silenzio della ragazzina come un assenso e si schiarì un poco la voce. Era davvero necessario raccontare tutta la storia? No, ovviamente no. Decise di limitarsi a rispondere alle tre domande poste da Josuke, sperando che il traumatologo non volesse approfondire la faccenda.
-”Dunque, il mio nome è Celeste Giosta”- si presentò la giovane. -”Come suggerisce la voglia, sono una sua parente da parte di padre”-.
Josuke si sistemò Shizuka sulle ginocchia e fece schioccare la lingua. Possibile che i parenti paterni fossero infiniti e tutti dotati di un tempismo del cavolo? Tra lui e la famiglia Joestar non scorreva buon sangue. Josuke si era sempre sentito di troppo, un membro indesiderato, un bastardino; come altro poteva definirsi il frutto di una scappatella extraconiugale? Okuyasu vide il viso del marito adombrarsi e strinse le labbra. La sua ferita era ancora aperta e sembrava che il fato si divertisse a buttarci sopra un'ingente quantità di sale.
-”Passando alla seconda domanda...”-.
-”Più precisamente”- la interruppe Josuke, gli occhi azzurri duri come due acquamarine.
Celeste alzò le sopracciglia e sbatté le palpebre un paio di volte, confusa.
-”Prego?”-.
-”Sei una mia parente da parte di padre. Che grado di parentela ci legherebbe?”-.
Fottiti”, pensò Celeste mentre sorrideva cortesemente al dottore. E ora? Lanciò una rapida occhiata in direzione di Okuyasu, l'unico che si era dimostrato gentile nei suoi confronti, ma anche lui sembrava curioso di sapere chi, più precisamente, lei fosse.
-”Sono sua... prozia”- disse mostrando i palmi delle mani e stringendosi nelle spalle.
Josuke serrò la mascella e si scambiò un'occhiata con Okuyasu. Prozia? Fece un rapido calcolo mentale: se era sua prozia significava che era la zia di suo padre, la figlia del nonno di suo padre, la...
-”...Sorella di Giorno Giovanna?”- domandò Okuyasu anticipando la conclusione del marito, il quale, sorpreso da quell'inaspettata prontezza mentale, lo guardò stupito.
-”Sorellastra”- puntualizzò Celeste. -”Abbiamo madri diverse. Rispondendo alla seconda domanda, sono venuta in Giappone per conoscere il mio pronipote e la sua famiglia”-.
La risposta non convinse né Josuke né Shizuka. La ragazzina guardò Celeste in cagnesco e sussurrò qualcosa all'orecchio del padre. Josuke annuì brevemente senza distogliere gli occhi da Celeste.
-”Perché non sapevamo niente della tua esistenza?”- domandò il dottore guardingo.
Bimbetta di merda”, pensò Celeste sorridendo educatamente. A forza di fare quei finti sorrisi le sarebbe venuta una paralisi facciale. Perché quei due non erano creduloni come Okuyasu? E pensare che le sarebbe bastato ricorrere ai poteri del proprio Stand per risolvere la faccenda. “Mi sono ripromessa di usarli solo in caso di necessità”, ricordò a se stessa.
-”Semplicemente perché ho scoperto solo due anni fa di essere una Joestar. Vedete, io sono stata cresciuta da mia zia senza sapere niente dei miei genitori biologici. E' stato il signor Kujo, durante una conferenza nella mia città, ad accorgersi della mia voglia e a raccontarmi della famiglia Joestar. Se non fosse stato per lui non sarei mai riuscita a scoprire le mie origini”- spiegò con un falso tono sognante. -”Gli devo molto”-.
Per quanto potesse suonare credibile la sua risposta, Shizuka non ne era del tutto convinta. Con una certa nota di stizza si rese conto di non poter contare su Okuyasu: l'uomo sembrava pendere dalle labbra della ragazza bionda e credere a ogni singola parola che fuoriusciva dalla sua bocca. Josuke aveva lo stesso presentimento della figlia. Era sicurissimo che Celeste, all'apparenza così dolce e tranquilla, celasse una parte oscura dentro di sé.
-”E come ti ha trattata Jotaro?”- le domandò.
-”Mi ha affidata a mio fratello. Purtroppo somiglio molto a mio padre e il signor Kujo non riusciva a guardarmi in viso senza fare facce strane...”-.
-”Tuo padre sarebbe Dio Brando, giusto?”-.
Mi hai rotto il cazzo, checca isterica”, pensò Celeste sorridendo garbatamente.
-”So che suona scortese, ma le sarei immensamente grata se sorvolasse momentaneamente su questo argomento”-.
Josuke borbottò qualcosa ma acconsentì. Gli scocciava ammetterlo ma sapeva benissimo come ci si sentiva quando si era costretti a parlare di una figura paterna tutto fuorché paterna.
-”Ricapitoliamo”- propose Okuyasu, più per se stesso che per gli altri. -”Sei la prozia di JoJo e sei venuta in Giappone a trovare i tuoi parenti. E' corretto?”-.
-”Esattamente”-.
-”E noi... cosa possiamo fare per te?”-.
Gli occhi di Shizuka scivolarono sul trolley azzurro sdraiato nell'angolo del salotto. La ragazzina sussultò. No, non poteva essere. Strattonò un poco la maglietta di Josuke e lo invitò a chinarsi. Gli sussurrò i suoi pensieri nell'orecchio e l'espressione del dottore si indurì ulteriormente.
-”Non pensarci nemmeno”- disse lapidario.
Celeste e Okuyasu lo guardarono con aria interrogativa. La giovane seguì lo sguardo di Shizuka e si rese conto che i due si erano accorti del suo trolley. Ecco, adesso cominciava la parte più difficile...
-”Credevi davvero che ti avremmo ospitata a casa nostra?”- domandò acidamente Josuke.
-”Oh, sì”- rispose Celeste sinceramente. -”Del resto siamo parenti, no?”-.
-”Io non ho niente in contrario”- si schierò Okuyasu.
-”Tu stai zitto”- lo freddò il marito puntandogli un dito contro. Okuyasu, offeso, incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo dagli occhi di Josuke. -”E tu”- tornò poi a rivolgersi a Celeste. -”La mia risposta è: tornatene al tuo albergo”-.
Celeste sospirò lievemente. Non si aspettava una resistenza così ostinata da parte di quello che, a quanto pareva, era il capofamiglia. Non pensava che la sua avversione per la famiglia paterna fosse a tali livelli. Joseph le aveva accennato qualcosa ma lei non ci aveva dato tanto peso, prendendo le parole del nipote come il racconto di un vecchio paranoico e rimbambito.
-”Il problema, signor Higashikata, è che non ho un albergo in cui fare ritorno”- disse Celeste mettendo su il broncio.
La famiglia spalancò gli occhi. Davvero quella ragazza aveva affrontato un viaggio di quasi un giorno dando per scontato che l'avrebbero ospitata a casa loro senza alcun preavviso?
-”Sono italiana, che volete farci?”- ridacchiò intuendo i loro pensieri.
Josuke si passò pesantemente una mano sul viso. Sbuffò rumorosamente e cacciò qualche bestemmia che Celeste, dato il suo livello di giapponese, non riuscì a comprendere. Passò rapidamente lo sguardo da Shizuka a Okuyasu: la prima lo stava implorando di buttare la ragazza bionda fuori di casa a calci nel didietro, il secondo gli stava dicendo di non aver problemi a ospitarla per qualche giorno. Prendere una decisione si sarebbe rivelato più difficile del previsto. D'accordo, Celeste era una Joestar, una parente paterna, e solo per questo meritava di morire soffocata con un cuscino, ma al tempo stesso era proprio come lui: una bastardina abbandonata dal padre. I suoi occhi azzurri si intrecciarono per un momento con quelli ambrati di Celeste. A Josuke tornò in mente lo strano Stand della ragazza, quell'essere con l'elmo rinascimentale che aveva definito Celeste “figlia”. Fece per chiederle spiegazioni ma le parole gli morirono in gola. Sarebbe stato inutile; era più che certo che la giovane bionda avrebbe trovato un modo per evitare di rispondere. Eppure quella faccenda lo incuriosiva non poco...
-”D'accordo”- si arrese a malincuore. -”Potrai stare da noi”-.
Mentre il viso di Celeste si illuminò di gratitudine, quello di Shizuka si rabbuiò.
-”La ringrazio tantissimo, dottor Higashikata!”-.
-”Ma solo per qualche giorno, poi dovrai andartene”- l'avvertì. -”Oku, mostrale la sua stanza”- ordinò svogliato al marito.
Shizuka e Josuke seguirono i due uscire dal salotto e parlottare allegramente. La ragazzina mora, dopo un po', alzò la testa verso il padre e lo fulminò con un'occhiataccia. Josuke in tutta risposta le scarruffò i capelli e fece un sorriso tirato. Per lui era stato molto difficile scegliere; sperò che la figlia potesse capirlo.
-”Vado in camera mia”- disse questa invece. -”Chiamatemi solo quando è ora di cena”- borbottò, e sparì nel nulla.

 

 

Quando Celeste scese le scale per andare a dare una mano a Okuyasu in cucina, si trovò la strada sbarrata da Shizuka. Le due si guardarono negli occhi per qualche minuto buono senza proferire parola.
-”Posso aiutarti?”- domandò infine Celeste.
Shizuka fece schioccare la lingua e storse le labbra. Non c'era proprio niente da fare: quella ragazza le stava antipatica a pelle. Come aveva osato mandare all'aria l'equilibrio della sua famiglia?
-”You should go away, bitch”- biascicò Shizuka pensando di non poter venir capita.
Celeste, sorpresa, spalancò gli occhi e scoppiò a ridere. Scese un paio di scalini e raggiunse Shizuka; le posò una mano sulla spalla e si chinò su di lei.
-”Ti ricordo che l'inglese è la lingua internazionale, tegame”- le bisbigliò all'orecchio. Le diede un'amichevole patta sulla spalla e si eclissò. -”Sono sicura che diventeremo ottime amiche!”- trillò prima di raggiungere Okuyasu.
Shizuka strinse i pugni lungo i fianchi, il viso paonazzo dalla rabbia. Non aveva capito la parola “tegame”, ma era sicura che Celeste le avesse appena restituito l'insulto. Girò i tacchi e tornò in camera sua, sbattendo la porta alle proprie spalle.
L'intrusa andava eliminata.

 

 

 

NOTE DELL'AUTRICE
"I can't believe in you" ---> Re:make
Sembra che Celeste non avrà vita facile in casa Higashikata; la piccola Shizuka è più pericolosa di quanto possa sembrare.
Che fine ha fatto Mercuzio? Come reagirà il Boss di Passione a quanto accaduto? Lo scoprirete nel prossimo capitolo :>
Alla prossima! ^^

 

   
 
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