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Autore: JustAGuyWithNoVoice    17/03/2016    1 recensioni
Seconda metà del XIX secolo, Asia. Le acque dell'oceano indiano sono solcate da migliaia di vascelli, mercantili, per lo più di origine inglese; insieme ad innumerevoli navi di pirati malaysiani, bangladesi, filippini ed anche inglesi, molti dei quali corsari al soldo di Vittoria. Tra queste, però, una nave in particolare riesce a terrorizzare qualunque marinaio solo al sentir pronunciarne il nome: la Royal Serpent. Quella nave, la sua ciurma e il suo Capitano sono il terrore di ogni mercantile inglese, di ogni corsaro tanto stolto da farsi corrompere dalla corona.
E quando una nave, una ciurma, un Capitano del genere decidono di mettersi a caccia di una leggenda, allora anche i demoni si destano dal loro sonno eterno.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole scendeva placidamente verso l’orizzonte, mentre in cielo le nuvole rade si coloravano di un arancione rossiccio. La Royal Serpent navigava verso sud, ad una velocità di circa 45 nodi, con una dolce brezza a favore che sembrava volerli accompagnare lungo tutta la durata del viaggio. Ormai erano passati dieci giorni dall’attacco al mercantile inglese, e ne avrebbero impiegati altrettanti per raggiungere l’India. Una volta lì, avrebbero affidato la gemma ad un vecchio amico di Ismael che si sarebbe occupato del resto.

Il Capitano aveva deciso di stare un po’ al timone, quella sera; non che ci fosse davvero bisogno di qualcuno che governasse la nave in quel momento, ma a lui piaceva quella sensazione: le caviglie tra le sue dita, l’oceano sotto i suoi piedi e l’infinito cielo davanti a sé. Quando Ismael era al comando della sua nave, quello era uno dei pochi momenti in cui si sentiva felice, libero, con qualsiasi tempo ed in ogni situazione. Eppure, in quel momento, il Capitano avvertiva che qualcosa non andava, il suo istinto gli disse di virare a babordo e far salire ogni uomo sul ponte, sguainare la sciabola e tenersi pronto. Poi scosse la testa e scacciò questi pensieri dalla mente, non c’era nulla che potesse attaccarli, nient’altro che acqua e cielo dovunque si guardasse.

D’un tratto, però, sentì uno scossone. La nave traballò un poco prima di stabilizzarsi, ed il Capitano quasi perse l’equilibrio. Subito dopo, un’altra scossa, più violenta, che lo costrinse a reggersi sul timone. Le scosse continuarono, come se qualcosa stesse speronando la nave, ma tutt’attorno alla Royal Serpent non c’era nulla.

La creatura era sotto il pelo dell’acqua.

Ismael vide un’enorme tentacolo sbucare da tribordo, largo almeno quattro metri ed alto più di dodici, che subito colpì violentemente l’albero maestro, spezzandolo come un fuscello. Dopo il primo, rapidamente, ne spuntarono ancora, uno dopo l’altro, facendo schizzare in aria acqua salata e schegge di legno. Il Capitano rimase pietrificato, trattenne il respiro e quasi non svenne per l’orrore. Un mostro marino li stava attaccando, ed i pochi uomini che si trovavano sul ponte sembravano così sbigottiti da poter a malapena muoversi. Doveva fare qualcosa, non aveva intenzione di perdere la sua nave in quel modo. Strinse i denti, afferrò l’elsa della sciabola e la sguainò con un movimento rapido del braccio, portandola poi in aria per farla vedere a quei pochi che lo stavano guardando.

«Che diavolo state facendo, branco di farabutti!? Combattete! » Urlò a squarciagola. Gli uomini sul ponte scossero appena il capo, come se si fossero appena svegliati, ed impugnarono le armi per preparare  il contrattacco. Intanto, Ismael era già corso sotto coperta per chiamare il resto della ciurma. «Uomini, siamo stati attaccati! Voi, ai cannoni! Il resto prenda una sciabola e salga sul ponte! » Sbraitò agitando la lama ricurva in aria, mentre i suoi uomini scattavano ad ogni sua parola: chi correva all’artiglieria, chi correva sul ponte, chi cercava la sua sciabola, o la sua pistola, o la sacca con la polvere da sparo. Il Capitano tornò sul ponte dopo un momento, per scoprire che i tentacoli avevano già iniziato a fracassare lo scafo e schiacciare i suoi uomini. Con una sola spazzata, un tentacolo scagliò cinque uomini fuori bordo, e ne scaraventò altri due contro quel che rimaneva dell’albero maestro. Era una battaglia disperata, ma il Capitano Ismael non se ne sarebbe andato senza lottare. Sfilò la pistola dalla profonda tasca dei pantaloni e tirò indietro il cane con il pollice, correndo verso un tentacolo. Provò ad infilare la spada nella carne putrida del mostro, ma questa d’indurì di colpo come se fosse diventata pietra. Sparò qualche colpo di pistola, ma non riuscì a scalfire quella rigida scorza. Continuò a menar fendenti ed esplodere colpi per diversi minuti, strillando contro i suoi uomini. I tentacoli, però, continuavano ad ucciderli uno ad uno, schiacciandoli, stritolandoli, sbattendoli fuori bordo così che la creatura che li stava attaccando potesse banchettare con la loro carne. Ismael strinse i denti e colpì ancora una volta quella pelle dura come l’acciaio, finché la sua lama non finì per frantumarsi come fosse vetro. Buttò via l’elsa e lasciò cadere la pistola, per poi ricordarsi della pietra.  Si diceva che il cuore di Davey Jones avesse il potere di controllare i mostri marini: non aveva altra speranza se non quella. Iniziò a correre verso la sua cabina, schivando abilmente i tentacoli che continuavano a massacrare i suoi uomini. Si fece strada tra le assi spezzate, i corpi esanimi ed il legno impregnato di sangue, attraversando il ponte fino a raggiungere la propria cabina. Tutte le carte nautiche ed i suoi libri erano sparpagliati a terra, insieme ai suoi vestiti, i suoi appunti e qualche gioiello. In mezzo a quel disastro doveva esserci anche lo scrigno contenente la pietra. Si chinò e buttò gli appunti da una parte, i suoi abiti dall’altra, poi spinse violentemente il tavolo e cercò sotto di esso. Controllò nell’armadio, sotto il letto, addossò le carte nautiche attorno alla parete, per poi avvertire un violento contraccolpo e vedere la nave inclinarsi rapidamente.

Una falla.

Continuò a cercare, e quando finalmente trovò lo scrigno la nave era quasi coricata sul fianco destro. L’armadio iniziò a scivolare e per poco non lo schiacciò, la porta si spalancò di colpo permettendogli di guardare il ponte ormai distrutto ed imbrattato del sangue dei suoi uomini. Nessuno in vita. Aprì lo scrigno e tirò fuori la gemma, tenendola contro il petto per non perderla mentre correva fuori dalla cabina. La nave iniziò a colare a picco, ed I tentacoli la avvolsero come in un mortale abbraccio, per aiutarla nella sua discesa negli abissi.

«Fermo, mostro! » Cercò di gridare, ma la nave s’inclinò ancora. Scivolò e cadde sul ponte a faccia in giù, per poi avvertire una dolorosa fitta al petto, come se qualcuno gli stesse strappando via il cuore. La Silver Serpent era ormai quasi completamente sommersa, ed Ismael cercò di strisciare verso l’alto per guadagnare una manciata di secondi, quando una delle assi di legno si spezzò sotto la pressione della morsa dei tentacoli, e lo colpì con violenza sul volto.

Il buio fu l’ultima cosa che vide il Capitano, prima di discendere negli inferi insieme con la sua nave.

   
 
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