Capitolo 7 - Il regno eterno
Arellon si lavò il viso
prendendo con le mani a conca l’acqua fresca del ruscello. La notte prima aveva
camminato tutto il tempo senza dormire neanche un attimo. Tuttavia non sentiva
sonno e non era solo a causa del ricordo dell’esperienza indescrivibile di
poche ore prima. La sua agitazione veniva dalla consapevolezza di ciò che stava
per fare. Mesi prima, all’inizio del viaggio, non ci aveva pensato, o comunque
non gli aveva dato molta importanza. Ma ora era lì, di fronte a quel ruscello,
che gli elfi chiamavano Searalm, Fiume di Lacrime. Secondo la leggenda, sui
suoi argini l’elfa Feria aveva pianto settimane per suo figlio, che non avrebbe
mai più visto, finchè l’acqua del torrente non era diventata salata per la
quantità di lacrime versate. L’acqua non era però affatto salata in quel
momento, come ebbe modo di constatare il mezzelfo bevendola. Si alzò in piedi e
guardò di fronte a sè, verso il bosco soleggiato. Sembrava perfettamente identico
a quello alle sue spalle, ma c’era una differenza, assolutamente essenziale per
lui. Dall’altra parte del ruscello si estendeva il Regno Eterno, l’Antica
Patria di tutti gli elfi. A meno di un giorno di cammino si trovava Falesalai,
la città costruita nel luogo in cui gli dei erano apparsi ai primi elfi
all’inizio della loro era, migliaia di anni prima. Arellon era quasi giunto a
destinazione: anche se doveva ancora svolgere il difficile compito di riferire
il suo terribile messaggio al sovrano degli elfi, il suo viaggio era
praticamente concluso. Ma non era questo pensiero ad agitare il giovane.
Attraversando il piccolo corso d’acqua, lui, un mezzelfo, avrebbe messo piede
nel regno degli elfi della città. Lui sarebbe stato il primo dopo più di cinquemila
anni. Lui avrebbe percorso la via opposta ad Atascal. Lui sarebbe tornato.
Strinse forte il bastone. “Sì” pensò “io, primo di tutta la mia stirpe,
tornerò.”
Avanzò e in pochi passi si
trovò dall’altra parte del corso d’acqua. Prima di proseguire, si voltò e bevve
ancora dal ruscello. -Asciuga le tue lacrime, madre Feria. Finalmente la
discendenza di tuo figlio ha fatto ritorno.- sussurrò Arellon. Poi si rimise in
cammino, lasciandosi il Searalm alle spalle ed entrando nel bosco.
Il mezzelfo camminò spedito
per alcune ore. Era una calda giornata estiva, ma l’ombra degli alberi la
rendeva più sopportabile. Quel bosco non dava alcun senso di oppressione come
la Grande Foresta Oscura, era veramente piacevole, il luogo ideale per una
passeggiata. Gli alberi erano curati da una mano esperta, anche se il mezzelfo
poteva sentire, non senza una certa tristezza, che nessuna driade era
intervenuta nella loro cura da tempo.
A un certo punto Arellon si
accorse che il bosco era forse un po’ troppo calmo. Si fermò ad ascoltare: non
si udiva neanche il cinguettio di un uccello. In quel silenzio irreale Arellon
sentì, o pensò di sentire, un lievissimo fruscio alle sue spalle. Si voltò
appena in tempo per vedere una figura snella e alta piombargli addosso.
-Aesf!- gridò muovendo il
bastone verso di essa e dalla cima del legno uscì una luce verde. Questa si
propagò in modo da formare di fronte ad Arellon un cerchio in aria. L’assalitore ci cozzò sopra e ne fu respinto. Cadde a terra rotolando per alcuni metri.
Una freccia fu scoccata da un albero alle spalle di Arellon, che si gettò a
terra mentre la freccia si conficcava nel terreno e si girò. Su un ramo stava in piedi una creatura alta, con i capelli lunghi biondi e orecchie a
punta: un elfo. Portava abiti leggeri verdi e marroni e una faretra piena di
frecce sulle spalle, ma nessuna armatura. Stringeva un arco e con la mano
destra aveva già incoccato un’altra freccia mentre guardava lo straniero con
un’espressione truce.
-Io vengo in pace, non voglio
combattere!- gridò Arellon in elfico. L’elfo lo fissò a lungo negli occhi.
-Se è così, getta il bastone
e tieni le mani bene in vista.- rispose infine.
-D’accordo, ma tu abbassa
l’arco.- Lentamente l’elfo allentò la corda tesa, mentre Arellon si abbassava
per appoggiare a terra il bastone. All’improvviso due braccia lo afferrarono al
collo tirandogli indietro il cappuccio. Era l’elfo che prima aveva gettato a
terra! Divincolandosi nel tentativo di liberarsi dalla ferrea presa del suo
avversario, colpì col bastone il fianco dell’elfo e gridò:-Axos!-
Una forte luce bianca si
generò dal bastone e colpì l’elfo, che subito lasciò andare il collo di Arellon
e si accasciò a terra tremando e scosso da fremiti con tutti i capelli ritti.
-No! Fratello!- gridò l’elfo
sull’albero e scoccò un’altra freccia. Il mezzelfo si slanciò di lato per
evitarla. La seconda centrò in pieno il bastone che il mezzelfo aveva usato
come scudo e ne fu subito respinta. Poi Arellon lo puntò veloce verso l’albero.
-Tarpsas!- urlò. Un getto
ocra partì dalla punta e volò verso l’elfo. Durante il suo volo si allungò in
orizzontale e si appiattì. Alle due estremità si formarono due sfere di luce
più scura e cominciò a roteare. Il getto di luce colpì l’elfo sulle gambe, appena sotto le
ginocchia. Ma non si dissolse, anzi si fece duro come una corda. Si legò
saldamente, facendo compiere vari giri alle sfere intorno alle gambe dell’elfo
che, così legato, barcollò sul ramo stringendo ancora l’arco in mano per poi
rovinare a terra fra i cespugli.
Arellon si rialzò. Si passò
una mano sulla fronte madida di sudore scostando indietro i capelli ricci.
Quelle tre magie compiute in fretta lo avevano stancato, soprattutto perchè non
aveva riposato la notte.
“Decisamente non me l’ero
immaginato così il mio arrivo... Almeno, non mi aspettavo che mi attaccassero
senza neanche farmi parlare... Forse la driade aveva ragione, dopotutto. Ma
ormai sono arrivato fin qua e non posso più tirarmi indietro!” pensò osservando
il punto del bastone dove era arrivata la freccia. Non c’era neanche un segno,
eccetto le venature che il legno possedeva normalmente.
“Meglio muoversi, questi due
non possono essere soli e...”
All’improvviso altri tre elfi
comparvero da dietro gli alberi. Due di loro erano vestiti come quelli che
aveva già affrontato, mentre il terzo portava anche una giacca più scura.
All’altezza del cuore vi era ricamato un albero circondato da un cerchio
dorato.
Tutti e tre impugnavano
scimitarre affilate e lucenti sotto i raggi del Sole.
-Prendete l’intruso!- gridò
l’elfo con la giacca agitando la lama.
Gli altri due corsero verso
Arellon alzando le spade. Lui impugnò il bastone con entrambe le mani e lo
sollevò in fretta in modo da difendersi dai due fendenti. Le lame infatti
colpirono il legno, ma non lo tagliarono. Come se fosse stato di ferro, il bastone
non fu minimamente intaccato dal colpo. I due elfi premevano con le spade ed
Arellon sembrava che stesse per cedere. All’improvviso si abbassò di scatto,
prendendo gli avversari di sorpresa, e colpì quello alla sua destra con
l’estremità in fondo del bastone in pieno stomaco. Con un gemito si accasciò a
terra, mentre l’altro balzò addosso ad Arellon gridando:- Maledetto bastardo!-
Tentò un affondo, ma fu vanificato dalla prontezza di riflessi del mezzelfo,
che mosse veloce il bastone e fermò la spada a pochi centimetri dalla sua
faccia. Tuttavia era in una posizione svantaggiata rispetto all’elfo. Così, con
le ginocchia piegate mentre il suo avversario era in piedi, aveva poche
possibilità di resistere. In più vide che quella che aveva colpito prima si
stava rialzando. Sebbene le sue energie si fossero quasi esaurite, decise di
tentare con un’altra magia.
“Non ho scelta, ma prima devo
liberarmi da questa situazione. Però per riuscirci dovrò fare una cosa che
sarebbe molto piaciuta a Corlaros.”
Il suo viso e quello
dell’elfo erano vicinissimi, tanto che i due si potevano specchiare l’uno
nell’occhio dell’altro. Arellon sputò nell’occhio destro del suo nemico.
Istintivamente quello si
ritrasse portandosi una mano all’occhio e imprecando contro l’intruso. Il
mezzelfo ne approfittò per gettarsi a terra e rotolare di lato. Poi si sollevò,
si mise accovacciato e puntò il bastone contro i due elfi stringendolo con
entrambe le mani. -Sallon Aesf!- urlò con tutta la sua voce.
Dalla punta del bastone uscì
di nuovo una luce verde che si propagò fino a formare un cerchio di fronte al
mago. Stavolta però il cerchio si mosse verso i due nemici e li investì in
pieno scaraventandoli a terra alcuni metri più in là.
Arellon respirava
affannosamente. La magia lo aveva sfiancato. Sentiva i muscoli delle braccia
che stringevano il bastone come svuotati da ogni energia.
Un freddo metallo gli toccò
il collo. -Bene bene! I miei complimenti, messer mago, eccellente spettacolo!
Peccato che ti sia distratto sul finale.- disse il terzo elfo prendendo Arellon
per i capelli e premendogli la spada sul collo. -Sei stanco? Non ti
preoccupare, ora ti potrai riposare per bene!- detto questo gli lasciò i
capelli, allontanò la spada e lo colpì con il fianco della mano sinistra sulla
nuca. Arellon alzò la testa per il contraccolpo e con un gemito cadde a terra
svenuto.
-Per gli dei! Non so chi tu
sia, ma è da molto tempo che non vedevo simili magie fatte da stranieri!- esclamò
l’elfo con la giacca rivolto al corpo disteso. Rimise la spada nel fodero
legato alla cintura e si avvicinò ai due elfi distesi tra le foglie. Giacevano
con gli occhi chiusi e non avevano nessun segno del colpo preso.
“Neanche un graffio o una
scottatura dove li ha colpiti la magia. Strano, molto strano! Gli uomini
normalmente non riescono a compiere stregonerie pure così perfette da non
lasciare traccia...” pensò l’elfo osservando i due compagni.
-Capitano Tilvell! Cosa è
successo qui?- Il capitano si voltò e vide quattro elfi. Quello che aveva
parlato stava davanti a tutti e aveva una lunga veste rossa con cappuccio. Sul
petto aveva ricamato in stoffa argentea lo stesso simbolo che c’era sulla
giacca del capitano: l’albero all’interno di un cerchio. I suoi capelli erano
tagliati più corti e stringeva in mano un bastone.
-Ho sentito dei rumori e mi
sono affrettato a venire con dei rinforzi. Temevo ci fosse un problema
riguardante la presenza di un intruso che avevo percepito stamattina.- disse
ancora.
-In effetti c’era un
problema, ma ormai è stato risolto, stregone Maros.-
-Vedo, vedo... Certo che è
stato difficile da risolvere, vero?- domandò Maros sarcastico -Cos’è successo a
quei due soldati?- aggiunse guardando i due elfi a terra.
-Li ha colpiti l’intruso con
delle magie. Più in là ci dovrebbero essere altre due sentinelle che avevo
mandato in avanscoperta stordite allo stesso modo.- rispose il capitano Tilvell
piatto indicando dietro di sè.
Lo stregone fece un cenno ai
tre elfi e quelli corsero nella direzione indicata.
Maros si avvicinò al
capitano. -È lui l’intruso?- domandò muovendo il bastone verso Arellon disteso
a terra supino.
L’elfo annuì.
-Molto bene! Si direbbe solo
un mago umano. Mi aspettavo qualcosa di peggio dopo la sensazione di un così
grande potere che ho avuto stamattina. Lo esaminerò con calma, ma prima meglio
prendere delle precauzioni.- disse lo stregone e puntò il bastone verso
Arellon. -Zallen Fath!- Mentre pronunciava le parole magiche mosse la punta del
bastone in cerchio cinque volte. Si formarono cinque anelli di luce dorata. Lo
stregone li spinse verso il basso toccandoli ad uno ad uno con i bastone.
Questi cerchi luminosi si diressero verso Arellon dividendosi: uno andò verso
il collo, due verso i polsi e due verso
le ginocchia. Ciascuno si aprì in un punto e si strinse intorno alla parte del
corpo che aveva di fronte richiudendosi subito.
Poi tutti si fissarono al terreno con la parte inferiore.
Maros guardò soddisfatto il suo incantesimo: il collo, i polsi e le ginocchia
di Arellon erano stretti dai sottili cerchi di luce gialla saldamente
agganciati al suolo.
-Gli Anelli di Potenza lo
terranno fermo per un bel po’, quando si sveglierà. Ora andiamo a vedere cos’è
successo alle guardie.-
Lo stregone e il capitano
andarono verso il punto dove giacevano a terra i due elfi. Piegato sopra di
loro c’era uno dei tre soldati venuto con lo stregone. Tenendo in mano una
borraccia contenente un filtro di guarigione lo versava sulle loro labbra.
-Neral, dove sono Soglen e
Darfal?- chiese Maros.
-Sono andati a cercare le
altre due sentinelle stordite dall’intruso, stregone Maros.- rispose Neral
rialzandosi.
-Bene, intanto vediamo le
condizioni di questi due.- Lo stregone si chinò sui due soldati, li osservò
attentamente per un po’ e poi borbottò:- Com’è possibile?-
-Sì, l’ho notato anch’io: non
hanno nessun segno della stregoneria che li ha storditi.- disse Tilvell come
per esplicitare i dubbi di Maros.
-Ma tutto ciò è ridicolo,
capitano! Nessun uomo è in grado di compiere magie non elementali senza
lasciare una traccia, una ferita sul bersaglio!- sbraitò lo stregone
sollevandosi.
-Già, ed è anche vero che
nessun uomo generalmente usa bastoni o oggetti magici di sorta per questo
genere di fatture.- rispose Tilvell.
-Cosa, un bastone?-
Lo stregone corse vicino al
corpo di Arellon e lo vide. Prima non ci aveva fatto caso, aveva pensato che
fosse un ramo di un albero o qualcosa del genere. Ma ora lo osservava stupito:
semicoperto dalle foglie secche degli alberi c’era un bastone lungo di legno
scuro. In cima si divideva in due rami che si attorcigliavano e si riunivano.
Lo raccolse da terra con la mano sinistra. Sentì un grande potere sprigionarsi
dal legno e investirlo. La mano e tutto il braccio gli cominciarono a scottare.
Una scossa tremenda lo attraversò tutto e gli arrivò dritta alla testa. Maros urlò
di dolore e gettò il bastone a terra.
-Stregone Maros, che cosa vi
è successo?- domandò Neral preoccupato avvicinandoglisi seguito da Tilvell.
-No... Non posso crederci...
Il bastone mi ha respinto. Mi ha colpito con una scarica di energia! Ma è impossibile!-
gridò Maros guardando la mano che ancora gli doleva.
-Forse dipende dal fatto che
il mago sia solo privo di sensi e non morto.- azzardò il capitano. Lo stregone
gli lanciò un’occhiata furibonda.
-È ovvio che, siccome è
ancora vivo, il suo bastone tenti di respingere gli estranei che lo impugnano!
Ma io non sono uno sprovveduto, anzi sono uno stregone abbastanza potente! Un
semplice bastone magico non dovrebbe oppormi così tanta resistenza! Normalmente
dopo qualche attimo si dovrebbe arrendere al potere del mago più forte. Perchè
non è così?- domandò Maros più a se stesso che agli altri. In quel momento
arrivò un altro dei tre elfi venuti con lo stregone.
-Stregone Maros, capitano
Tilvell, abbiamo portato qui anche gli altri due e stanno cominciando a
svegliarsi.-
-D’accordo, Soglen. Andiamo.-
rispose Tilvell.
Poco dopo furono tutti
davanti ai quattro soldati che stavano rinvenendo.
Il primo ad aprire gli occhi
fu l’arciere. Dopo che si fu messo a sedere sorretto da Soglen e Darfal ed ebbe
bevuto dalla borraccia, il capitano si rivolse a lui.
-Arciere Omnil, che cosa è
successo qui? Fai rapporto!-
-Capitano, grazie agli dei
siete arrivato! Un dannato intruso ha messo fuori combattimento mio fratello e
me con delle magie prima che riuscissimo a fermarlo. Mi ha fatto cadere
dall’albero! Che male alla testa!-
-Ma ha detto qualcosa? Ti ha
parlato o almeno hai sentito cos’ha detto nel lanciare le fatture?- chiese
Maros.
-Sì, mi ha detto che veniva
in pace e poi ha colpito mio fratello e...- In quel momento si accorse degli
altri elfi distesi a terra. -Fratello! Asmil!- gridò gettandosi su di lui e
scuotendolo. -Che gli ha fatto quel maledetto?-
-Questo puoi dircelo solo tu
di preciso, ma io credo che l’abbia colpito con una specie di fulmine.- rispose
lo stregone osservando i capelli ritti e ancora un po’ fumanti di Asmil.
-Sì, quel dannato mago ha
gridato Axos, prima di colpirlo. Invece contro di me ha lanciato una corda
eterea con due sfere alle estremità che mi ha stretto le gambe e mi ha fatto
perdere l’equilibrio.-
-L’incantesimo di fulmine
semplice e delle bolas eteree... L’intruso conosce molte magie...- osservò
Maros pensoso. Poi si chinò su Asmil e lo toccò alla testa col bastone
pronunciando un breve incantesimo di guarigione. Una luce calda irrorò la
fronte dell’elfo e i suoi capelli biondi si afflosciarono smettendo di fumare.
-In che lingua ti ha detto
che veniva in pace?- chiese ancora rivolto all’arciere.
-Beh, in elfico. Parlava
bene, ma aveva uno strano accento: non sembrava quello degli uomini, anche se
gli somigliava molto. Tuttavia aveva qualcosa di diverso, ma non saprei dire
cosa...-
Lo stregone guardò il
capitano che ricambiò senza una parola. Che razza di accento era? Poteva certo
trattarsi di un mago umano che aveva imparato l’elfico, ma allora come
si spiegava il fatto che avesse un bastone per lanciare gli incantesimi? Un
bastone che, oltretutto, lo aveva respinto. Maros era sempre più stupito e
confuso.
Poi Omnil raccontò di quando
aveva cercato di colpire Arellon con le frecce.
-Cosa? La freccia è stata
respinta dal bastone? È impossibile!- sbottò lo stregone -Hai visto male tu
oppure l’intruso ha creato un’illusione.-
-Non credo che sia così,
mastro stregone.- disse Tilvell -Omnil potrebbe scorgere una formica da più di
tre chilometri di distanza. Inoltre anche i miei soldati hanno colpito il
bastone con le loro spade e non lo hanno neanche scalfito.-
-Capitano, loro due da cosa
sono stati colpiti?-
-Credo da un incantesimo di
scudo lanciato contro di loro.-
-Uno scudo-attacco. In tal
caso, rinverranno tra poco come Asmil. Darfal, Soglen, Omnil, voi rimanete qui
e fate bere loro la pozione di guarigione nelle borracce. Neral e Tilvell
invece verranno con me a ispezionare l’intruso. Voglio vederci chiaro in questa
storia.- dichiarò Maros.
Si diressero veloci verso
Arellon. Giaceva ancora a terra con gli occhi chiusi.
-Perquisitelo, controllate se
ha qualche arma addosso o qualcosa di sospetto.- disse lo stregone. Poi si chinò
sul bastone di Arellon e lo osservò senza toccarlo. Sembrava legno normale. Un
banalissimo legno modellato per servire da bastone. Ma, a parte la stranezza
della forma, com’era possibile che fosse così resistente?
Maros guardò il bastone che
stringeva nella mano destra. Il suo bastone gli serviva per incanalare le magie
ottenendo l’aiuto della Natura e della Terra. In esso era presente una certa
quantità del suo potere magico ed avrebbe opposto una buona resistenza al
controllo di un altro mago o all’attacco di un’arma non magica. Ma non avrebbe
mai resistito a due lame elfiche senza riportare nessun segno. Nemmeno avrebbe
respinto un mago più forte qualora se ne fosse impossessato. Che lo straniero
fosse più forte di lui? No, era un umano dopotutto. E anche giovane. Mentre
Maros si lambiccava il cervello cercando di risolvere il dilemma, Neral gli si
avvicinò.
-Stregone Maros, abbiamo
controllato, ma l’intruso non ha nessun’arma con sè, ha solo alcune monete di
uno dei regni umani, mi pare Arfanas.- disse.
-Però qualcosa di sospetto ce
l’ha: gli abiti sono sporchi ma non poveri e le sue orecchie- aggiunse Tilvell
-sono a punta!- Maros guardò i due elfi incredulo e poi osservò lui stesso. Si
chinò, scostò i folti capelli ricci di Arellon da entrambe le parti e vide che
sotto c’erano orecchie che si allungavano in alto in modo da formare delle
punte, anche se non proprio come quelle degli elfi, cioè un po’ meno appuntite.
-È proprio strano anche il
fatto che porti i guanti in questa stagione! È un’estate piuttosto calda.-
borbottò Neral indicando le mani di Arellon.
-Cosa? I guanti?- chiese
Maros gridando.
-Già, è vero, chissà perchè
li indossa...- disse il capitano Tilvell.
-Razza di ignoranti! Asini!
Possibile che non riusciate a capire?- sbottò Maros afferrando la mano sinistra
di Arellon e togliendo il guanto -Sapete cosa significa questo? Lo sapete?- I
due elfi guardarono la mano. Il palmo era interamente occupato da una specie di
tatuaggio che però sembrava inciso col fuoco. Raffigurava un corvo nero dalle
ali spalancate circondato dalle spire di un serpente verde e rosso scarlatto in modo tale che il cerchio si chiudeva sotto il pollice, dove la testa e la
coda del rettile si incontravano. Negli occhi bianchi del corvo era possibile
leggere due sillabe:‘Ca’ nell’occhio sinistro e ‘dàn’ nell’occhio destro.
-Questa,- disse Maros
afferrando la mano per l’indice, il medio e l’anulare -questa è la risposta a
tutte le nostre domande! Questo è il simbolo della Maledizione di Naefarval!
L’intruso è un mezzelfo!-
Ringraziamenti:
@Suikotsu: Beh, non tutti i
nomi sono così importanti, non ti preoccupare.
@evening_star: Ancora grazie
mille! Adesso si è svelato qualcosa in più?