Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Illidan    29/03/2009    4 recensioni
La terra di Laimoth è in relativa pace da trecento anni, ma fantasmi di un passato lontano stanno arrivando per distruggere la fragile tregua... Questa è la prima storia seria che faccio. Mi raccomando, ditemi se ci sono plagi di altre storie, se ci sono cose che non vi convincono!
Genere: Generale, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 7 - Il regno eterno

Capitolo 7 - Il regno eterno

 

Arellon si lavò il viso prendendo con le mani a conca l’acqua fresca del ruscello. La notte prima aveva camminato tutto il tempo senza dormire neanche un attimo. Tuttavia non sentiva sonno e non era solo a causa del ricordo dell’esperienza indescrivibile di poche ore prima. La sua agitazione veniva dalla consapevolezza di ciò che stava per fare. Mesi prima, all’inizio del viaggio, non ci aveva pensato, o comunque non gli aveva dato molta importanza. Ma ora era lì, di fronte a quel ruscello, che gli elfi chiamavano Searalm, Fiume di Lacrime. Secondo la leggenda, sui suoi argini l’elfa Feria aveva pianto settimane per suo figlio, che non avrebbe mai più visto, finchè l’acqua del torrente non era diventata salata per la quantità di lacrime versate. L’acqua non era però affatto salata in quel momento, come ebbe modo di constatare il mezzelfo bevendola. Si alzò in piedi e guardò di fronte a sè, verso il bosco soleggiato. Sembrava perfettamente identico a quello alle sue spalle, ma c’era una differenza, assolutamente essenziale per lui. Dall’altra parte del ruscello si estendeva il Regno Eterno, l’Antica Patria di tutti gli elfi. A meno di un giorno di cammino si trovava Falesalai, la città costruita nel luogo in cui gli dei erano apparsi ai primi elfi all’inizio della loro era, migliaia di anni prima. Arellon era quasi giunto a destinazione: anche se doveva ancora svolgere il difficile compito di riferire il suo terribile messaggio al sovrano degli elfi, il suo viaggio era praticamente concluso. Ma non era questo pensiero ad agitare il giovane. Attraversando il piccolo corso d’acqua, lui, un mezzelfo, avrebbe messo piede nel regno degli elfi della città. Lui sarebbe stato il primo dopo più di cinquemila anni. Lui avrebbe percorso la via opposta ad Atascal. Lui sarebbe tornato. Strinse forte il bastone. “Sì” pensò “io, primo di tutta la mia stirpe, tornerò.”

Avanzò e in pochi passi si trovò dall’altra parte del corso d’acqua. Prima di proseguire, si voltò e bevve ancora dal ruscello. -Asciuga le tue lacrime, madre Feria. Finalmente la discendenza di tuo figlio ha fatto ritorno.- sussurrò Arellon. Poi si rimise in cammino, lasciandosi il Searalm alle spalle ed entrando nel bosco.

 

Il mezzelfo camminò spedito per alcune ore. Era una calda giornata estiva, ma l’ombra degli alberi la rendeva più sopportabile. Quel bosco non dava alcun senso di oppressione come la Grande Foresta Oscura, era veramente piacevole, il luogo ideale per una passeggiata. Gli alberi erano curati da una mano esperta, anche se il mezzelfo poteva sentire, non senza una certa tristezza, che nessuna driade era intervenuta nella loro cura da tempo.

A un certo punto Arellon si accorse che il bosco era forse un po’ troppo calmo. Si fermò ad ascoltare: non si udiva neanche il cinguettio di un uccello. In quel silenzio irreale Arellon sentì, o pensò di sentire, un lievissimo fruscio alle sue spalle. Si voltò appena in tempo per vedere una figura snella e alta piombargli addosso.

-Aesf!- gridò muovendo il bastone verso di essa e dalla cima del legno uscì una luce verde. Questa si propagò in modo da formare di fronte ad Arellon un cerchio in aria. L’assalitore ci cozzò sopra e ne fu respinto. Cadde a terra rotolando per alcuni metri. Una freccia fu scoccata da un albero alle spalle di Arellon, che si gettò a terra mentre la freccia si conficcava nel terreno e si girò. Su un ramo stava in piedi una creatura alta, con i capelli lunghi biondi e orecchie a punta: un elfo. Portava abiti leggeri verdi e marroni e una faretra piena di frecce sulle spalle, ma nessuna armatura. Stringeva un arco e con la mano destra aveva già incoccato un’altra freccia mentre guardava lo straniero con un’espressione truce.

-Io vengo in pace, non voglio combattere!- gridò Arellon in elfico. L’elfo lo fissò a lungo negli occhi.

-Se è così, getta il bastone e tieni le mani bene in vista.- rispose infine.

-D’accordo, ma tu abbassa l’arco.- Lentamente l’elfo allentò la corda tesa, mentre Arellon si abbassava per appoggiare a terra il bastone. All’improvviso due braccia lo afferrarono al collo tirandogli indietro il cappuccio. Era l’elfo che prima aveva gettato a terra! Divincolandosi nel tentativo di liberarsi dalla ferrea presa del suo avversario, colpì col bastone il fianco dell’elfo e gridò:-Axos!-  

Una forte luce bianca si generò dal bastone e colpì l’elfo, che subito lasciò andare il collo di Arellon e si accasciò a terra tremando e scosso da fremiti con tutti i capelli ritti.

-No! Fratello!- gridò l’elfo sull’albero e scoccò un’altra freccia. Il mezzelfo si slanciò di lato per evitarla. La seconda centrò in pieno il bastone che il mezzelfo aveva usato come scudo e ne fu subito respinta. Poi Arellon lo puntò veloce verso l’albero.

-Tarpsas!- urlò. Un getto ocra partì dalla punta e volò verso l’elfo. Durante il suo volo si allungò in orizzontale e si appiattì. Alle due estremità si formarono due sfere di luce più scura e cominciò a roteare. Il getto di luce colpì l’elfo sulle gambe, appena sotto le ginocchia. Ma non si dissolse, anzi si fece duro come una corda. Si legò saldamente, facendo compiere vari giri alle sfere intorno alle gambe dell’elfo che, così legato, barcollò sul ramo stringendo ancora l’arco in mano per poi rovinare a terra fra i cespugli.

Arellon si rialzò. Si passò una mano sulla fronte madida di sudore scostando indietro i capelli ricci. Quelle tre magie compiute in fretta lo avevano stancato, soprattutto perchè non aveva riposato la notte.

“Decisamente non me l’ero immaginato così il mio arrivo... Almeno, non mi aspettavo che mi attaccassero senza neanche farmi parlare... Forse la driade aveva ragione, dopotutto. Ma ormai sono arrivato fin qua e non posso più tirarmi indietro!” pensò osservando il punto del bastone dove era arrivata la freccia. Non c’era neanche un segno, eccetto le venature che il legno possedeva normalmente.

“Meglio muoversi, questi due non possono essere soli e...”

All’improvviso altri tre elfi comparvero da dietro gli alberi. Due di loro erano vestiti come quelli che aveva già affrontato, mentre il terzo portava anche una giacca più scura. All’altezza del cuore vi era ricamato un albero circondato da un cerchio dorato.

Tutti e tre impugnavano scimitarre affilate e lucenti sotto i raggi del Sole.

-Prendete l’intruso!- gridò l’elfo con la giacca agitando la lama.

Gli altri due corsero verso Arellon alzando le spade. Lui impugnò il bastone con entrambe le mani e lo sollevò in fretta in modo da difendersi dai due fendenti. Le lame infatti colpirono il legno, ma non lo tagliarono. Come se fosse stato di ferro, il bastone non fu minimamente intaccato dal colpo. I due elfi premevano con le spade ed Arellon sembrava che stesse per cedere. All’improvviso si abbassò di scatto, prendendo gli avversari di sorpresa, e colpì quello alla sua destra con l’estremità in fondo del bastone in pieno stomaco. Con un gemito si accasciò a terra, mentre l’altro balzò addosso ad Arellon gridando:- Maledetto bastardo!- Tentò un affondo, ma fu vanificato dalla prontezza di riflessi del mezzelfo, che mosse veloce il bastone e fermò la spada a pochi centimetri dalla sua faccia. Tuttavia era in una posizione svantaggiata rispetto all’elfo. Così, con le ginocchia piegate mentre il suo avversario era in piedi, aveva poche possibilità di resistere. In più vide che quella che aveva colpito prima si stava rialzando. Sebbene le sue energie si fossero quasi esaurite, decise di tentare con un’altra magia.

“Non ho scelta, ma prima devo liberarmi da questa situazione. Però per riuscirci dovrò fare una cosa che sarebbe molto piaciuta a Corlaros.”

Il suo viso e quello dell’elfo erano vicinissimi, tanto che i due si potevano specchiare l’uno nell’occhio dell’altro. Arellon sputò nell’occhio destro del suo nemico.

Istintivamente quello si ritrasse portandosi una mano all’occhio e imprecando contro l’intruso. Il mezzelfo ne approfittò per gettarsi a terra e rotolare di lato. Poi si sollevò, si mise accovacciato e puntò il bastone contro i due elfi stringendolo con entrambe le mani. -Sallon Aesf!- urlò con tutta la sua voce.

Dalla punta del bastone uscì di nuovo una luce verde che si propagò fino a formare un cerchio di fronte al mago. Stavolta però il cerchio si mosse verso i due nemici e li investì in pieno scaraventandoli a terra alcuni metri più in là.

Arellon respirava affannosamente. La magia lo aveva sfiancato. Sentiva i muscoli delle braccia che stringevano il bastone come svuotati da ogni energia.

Un freddo metallo gli toccò il collo. -Bene bene! I miei complimenti, messer mago, eccellente spettacolo! Peccato che ti sia distratto sul finale.- disse il terzo elfo prendendo Arellon per i capelli e premendogli la spada sul collo. -Sei stanco? Non ti preoccupare, ora ti potrai riposare per bene!- detto questo gli lasciò i capelli, allontanò la spada e lo colpì con il fianco della mano sinistra sulla nuca. Arellon alzò la testa per il contraccolpo e con un gemito cadde a terra svenuto.

-Per gli dei! Non so chi tu sia, ma è da molto tempo che non vedevo simili magie fatte da stranieri!- esclamò l’elfo con la giacca rivolto al corpo disteso. Rimise la spada nel fodero legato alla cintura e si avvicinò ai due elfi distesi tra le foglie. Giacevano con gli occhi chiusi e non avevano nessun segno del colpo preso.

“Neanche un graffio o una scottatura dove li ha colpiti la magia. Strano, molto strano! Gli uomini normalmente non riescono a compiere stregonerie pure così perfette da non lasciare traccia...” pensò l’elfo osservando i due compagni.

-Capitano Tilvell! Cosa è successo qui?- Il capitano si voltò e vide quattro elfi. Quello che aveva parlato stava davanti a tutti e aveva una lunga veste rossa con cappuccio. Sul petto aveva ricamato in stoffa argentea lo stesso simbolo che c’era sulla giacca del capitano: l’albero all’interno di un cerchio. I suoi capelli erano tagliati più corti e stringeva in mano un bastone.

-Ho sentito dei rumori e mi sono affrettato a venire con dei rinforzi. Temevo ci fosse un problema riguardante la presenza di un intruso che avevo percepito stamattina.- disse ancora.

-In effetti c’era un problema, ma ormai è stato risolto, stregone Maros.-

-Vedo, vedo... Certo che è stato difficile da risolvere, vero?- domandò Maros sarcastico -Cos’è successo a quei due soldati?- aggiunse guardando i due elfi a terra.

-Li ha colpiti l’intruso con delle magie. Più in là ci dovrebbero essere altre due sentinelle che avevo mandato in avanscoperta stordite allo stesso modo.- rispose il capitano Tilvell piatto indicando dietro di sè.

Lo stregone fece un cenno ai tre elfi e quelli corsero nella direzione indicata.

Maros si avvicinò al capitano. -È lui l’intruso?- domandò muovendo il bastone verso Arellon disteso a terra supino.

L’elfo annuì.

-Molto bene! Si direbbe solo un mago umano. Mi aspettavo qualcosa di peggio dopo la sensazione di un così grande potere che ho avuto stamattina. Lo esaminerò con calma, ma prima meglio prendere delle precauzioni.- disse lo stregone e puntò il bastone verso Arellon. -Zallen Fath!- Mentre pronunciava le parole magiche mosse la punta del bastone in cerchio cinque volte. Si formarono cinque anelli di luce dorata. Lo stregone li spinse verso il basso toccandoli ad uno ad uno con i bastone. Questi cerchi luminosi si diressero verso Arellon dividendosi: uno andò verso il collo, due  verso i polsi e due verso le ginocchia. Ciascuno si aprì in un punto e si strinse intorno alla parte del corpo che aveva di fronte richiudendosi subito.  Poi tutti si fissarono al terreno con la parte inferiore. Maros guardò soddisfatto il suo incantesimo: il collo, i polsi e le ginocchia di Arellon erano stretti dai sottili cerchi di luce gialla saldamente agganciati al suolo.

-Gli Anelli di Potenza lo terranno fermo per un bel po’, quando si sveglierà. Ora andiamo a vedere cos’è successo alle guardie.-

Lo stregone e il capitano andarono verso il punto dove giacevano a terra i due elfi. Piegato sopra di loro c’era uno dei tre soldati venuto con lo stregone. Tenendo in mano una borraccia contenente un filtro di guarigione lo versava sulle loro labbra.

-Neral, dove sono Soglen e Darfal?- chiese Maros.

-Sono andati a cercare le altre due sentinelle stordite dall’intruso, stregone Maros.- rispose Neral rialzandosi.

-Bene, intanto vediamo le condizioni di questi due.- Lo stregone si chinò sui due soldati, li osservò attentamente per un po’ e poi borbottò:- Com’è possibile?-

-Sì, l’ho notato anch’io: non hanno nessun segno della stregoneria che li ha storditi.- disse Tilvell come per esplicitare i dubbi di Maros.

-Ma tutto ciò è ridicolo, capitano! Nessun uomo è in grado di compiere magie non elementali senza lasciare una traccia, una ferita sul bersaglio!- sbraitò lo stregone sollevandosi.

-Già, ed è anche vero che nessun uomo generalmente usa bastoni o oggetti magici di sorta per questo genere di fatture.- rispose Tilvell.

-Cosa, un bastone?-

Lo stregone corse vicino al corpo di Arellon e lo vide. Prima non ci aveva fatto caso, aveva pensato che fosse un ramo di un albero o qualcosa del genere. Ma ora lo osservava stupito: semicoperto dalle foglie secche degli alberi c’era un bastone lungo di legno scuro. In cima si divideva in due rami che si attorcigliavano e si riunivano. Lo raccolse da terra con la mano sinistra. Sentì un grande potere sprigionarsi dal legno e investirlo. La mano e tutto il braccio gli cominciarono a scottare. Una scossa tremenda lo attraversò tutto e gli arrivò dritta alla testa. Maros urlò di dolore e gettò il bastone a terra.

-Stregone Maros, che cosa vi è successo?- domandò Neral preoccupato avvicinandoglisi seguito da Tilvell.

-No... Non posso crederci... Il bastone mi ha respinto. Mi ha colpito con una scarica di energia! Ma è impossibile!- gridò Maros guardando la mano che ancora gli doleva.

-Forse dipende dal fatto che il mago sia solo privo di sensi e non morto.- azzardò il capitano. Lo stregone gli lanciò un’occhiata furibonda.

-È ovvio che, siccome è ancora vivo, il suo bastone tenti di respingere gli estranei che lo impugnano! Ma io non sono uno sprovveduto, anzi sono uno stregone abbastanza potente! Un semplice bastone magico non dovrebbe oppormi così tanta resistenza! Normalmente dopo qualche attimo si dovrebbe arrendere al potere del mago più forte. Perchè non è così?- domandò Maros più a se stesso che agli altri. In quel momento arrivò un altro dei tre elfi venuti con lo stregone.

-Stregone Maros, capitano Tilvell, abbiamo portato qui anche gli altri due e stanno cominciando a svegliarsi.-

-D’accordo, Soglen. Andiamo.- rispose Tilvell.

Poco dopo furono tutti davanti ai quattro soldati che stavano rinvenendo.

Il primo ad aprire gli occhi fu l’arciere. Dopo che si fu messo a sedere sorretto da Soglen e Darfal ed ebbe bevuto dalla borraccia, il capitano si rivolse a lui.

-Arciere Omnil, che cosa è successo qui? Fai rapporto!-

-Capitano, grazie agli dei siete arrivato! Un dannato intruso ha messo fuori combattimento mio fratello e me con delle magie prima che riuscissimo a fermarlo. Mi ha fatto cadere dall’albero! Che male alla testa!-

-Ma ha detto qualcosa? Ti ha parlato o almeno hai sentito cos’ha detto nel lanciare le fatture?- chiese Maros.

-Sì, mi ha detto che veniva in pace e poi ha colpito mio fratello e...- In quel momento si accorse degli altri elfi distesi a terra. -Fratello! Asmil!- gridò gettandosi su di lui e scuotendolo. -Che gli ha fatto quel maledetto?-

-Questo puoi dircelo solo tu di preciso, ma io credo che l’abbia colpito con una specie di fulmine.- rispose lo stregone osservando i capelli ritti e ancora un po’ fumanti di Asmil.

-Sì, quel dannato mago ha gridato Axos, prima di colpirlo. Invece contro di me ha lanciato una corda eterea con due sfere alle estremità che mi ha stretto le gambe e mi ha fatto perdere l’equilibrio.-

-L’incantesimo di fulmine semplice e delle bolas eteree... L’intruso conosce molte magie...- osservò Maros pensoso. Poi si chinò su Asmil e lo toccò alla testa col bastone pronunciando un breve incantesimo di guarigione. Una luce calda irrorò la fronte dell’elfo e i suoi capelli biondi si afflosciarono smettendo di fumare.

-In che lingua ti ha detto che veniva in pace?- chiese ancora rivolto all’arciere.

-Beh, in elfico. Parlava bene, ma aveva uno strano accento: non sembrava quello degli uomini, anche se gli somigliava molto. Tuttavia aveva qualcosa di diverso, ma non saprei dire cosa...-

Lo stregone guardò il capitano che ricambiò senza una parola. Che razza di accento era? Poteva certo trattarsi di un mago umano che aveva imparato l’elfico, ma allora come si spiegava il fatto che avesse un bastone per lanciare gli incantesimi? Un bastone che, oltretutto, lo aveva respinto. Maros era sempre più stupito e confuso.

Poi Omnil raccontò di quando aveva cercato di colpire Arellon con le frecce.

-Cosa? La freccia è stata respinta dal bastone? È impossibile!- sbottò lo stregone -Hai visto male tu oppure l’intruso ha creato un’illusione.-

-Non credo che sia così, mastro stregone.- disse Tilvell -Omnil potrebbe scorgere una formica da più di tre chilometri di distanza. Inoltre anche i miei soldati hanno colpito il bastone con le loro spade e non lo hanno neanche scalfito.-

-Capitano, loro due da cosa sono stati colpiti?-

-Credo da un incantesimo di scudo lanciato contro di loro.-

-Uno scudo-attacco. In tal caso, rinverranno tra poco come Asmil. Darfal, Soglen, Omnil, voi rimanete qui e fate bere loro la pozione di guarigione nelle borracce. Neral e Tilvell invece verranno con me a ispezionare l’intruso. Voglio vederci chiaro in questa storia.- dichiarò Maros.

Si diressero veloci verso Arellon. Giaceva ancora a terra con gli occhi chiusi.

-Perquisitelo, controllate se ha qualche arma addosso o qualcosa di sospetto.- disse lo stregone. Poi si chinò sul bastone di Arellon e lo osservò senza toccarlo. Sembrava legno normale. Un banalissimo legno modellato per servire da bastone. Ma, a parte la stranezza della forma, com’era possibile che fosse così resistente?

Maros guardò il bastone che stringeva nella mano destra. Il suo bastone gli serviva per incanalare le magie ottenendo l’aiuto della Natura e della Terra. In esso era presente una certa quantità del suo potere magico ed avrebbe opposto una buona resistenza al controllo di un altro mago o all’attacco di un’arma non magica. Ma non avrebbe mai resistito a due lame elfiche senza riportare nessun segno. Nemmeno avrebbe respinto un mago più forte qualora se ne fosse impossessato. Che lo straniero fosse più forte di lui? No, era un umano dopotutto. E anche giovane. Mentre Maros si lambiccava il cervello cercando di risolvere il dilemma, Neral gli si avvicinò.

-Stregone Maros, abbiamo controllato, ma l’intruso non ha nessun’arma con sè, ha solo alcune monete di uno dei regni umani, mi pare Arfanas.- disse.

-Però qualcosa di sospetto ce l’ha: gli abiti sono sporchi ma non poveri e le sue orecchie- aggiunse Tilvell -sono a punta!- Maros guardò i due elfi incredulo e poi osservò lui stesso. Si chinò, scostò i folti capelli ricci di Arellon da entrambe le parti e vide che sotto c’erano orecchie che si allungavano in alto in modo da formare delle punte, anche se non proprio come quelle degli elfi, cioè un po’ meno appuntite.

-È proprio strano anche il fatto che porti i guanti in questa stagione! È un’estate piuttosto calda.- borbottò Neral indicando le mani di Arellon.

-Cosa? I guanti?- chiese Maros gridando.

-Già, è vero, chissà perchè li indossa...- disse il capitano Tilvell.

-Razza di ignoranti! Asini! Possibile che non riusciate a capire?- sbottò Maros afferrando la mano sinistra di Arellon e togliendo il guanto -Sapete cosa significa questo? Lo sapete?- I due elfi guardarono la mano. Il palmo era interamente occupato da una specie di tatuaggio che però sembrava inciso col fuoco. Raffigurava un corvo nero dalle ali spalancate circondato dalle spire di un serpente verde e rosso scarlatto in modo tale che il cerchio si chiudeva sotto il pollice, dove la testa e la coda del rettile si incontravano. Negli occhi bianchi del corvo era possibile leggere due sillabe:‘Ca’ nell’occhio sinistro e ‘dàn’ nell’occhio destro.

-Questa,- disse Maros afferrando la mano per l’indice, il medio e l’anulare -questa è la risposta a tutte le nostre domande! Questo è il simbolo della Maledizione di Naefarval! L’intruso è un mezzelfo!-

 

 

Ringraziamenti:

 

@Suikotsu: Beh, non tutti i nomi sono così importanti, non ti preoccupare.

 

@evening_star: Ancora grazie mille! Adesso si è svelato qualcosa in più?

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Illidan