Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Jadis96    20/03/2016    6 recensioni
"C'era qualcosa di speciale in loro. Era forse il modo in cui si muovevano, o il modo in cui parlavano... tutto faceva parte di qualcosa di più grande: una sintonia completa".
Elladan ed Elrohir sono i gemelli figli di Elrond, Signore di Imladris. Dall'infanzia trascorsa tra i rigogliosi giardini di Gran Burrone, attraverso la nascita di un legame speciale con i Dùnedain, fino alla scelta finale, che determinerà il loro destino per l'eternità. Questa è la storia dei principi che non erano figli di re, degli elfi che erano anche Uomini, identici e diversi, mortali ed immortali.
[I protagonisti saranno Elladan ed Elrohir, ma saranno presenti anche Elrond, Celebrian, Arwen, Glorfindel, Galadriel, Aragorn ed altri].
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arwen, Elladan, Elrohir, Elrond, Glorfindel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Buona domenica a tutti! Mi dispiace di averci messo così tanto, ma questo capitolo è stato un osso duro. Spero che vi piaccia!

La foresta di Lòrien era un luogo unico nel suo genere. Gli alberi imponenti, le lanterne argentate che rischiaravano la notte, la presenza silenziosa degli elfi, ogni cosa sembrava congelata nel tempo, immune dal male che imperversava all'esterno.
Erano trascorsi innumerevoli inverni dall'ultima volta in cui Elrohir era stato lì, ma ebbe l'impressione che in sua assenza nulla fosse cambiato.
Gli elfi di Lothlórien li accolsero in maniera amichevole, ma discreta. Haldir ed i suoi fratelli, Rùmil ed Orophin, diedero loro il benvenuto e li accompagnarono nel cuore della foresta.
Tra gli abitanti di Lothlórien Elrohir rivide visi familiari, ed allo stesso tempo si stupì di quanti fossero gli estranei. Elrond, invece, sembrò riconoscere ognuno di loro.
Nel rispetto delle regole della cortesia, Elrohir si sforzò di ricordare i nomi di tutti coloro che aveva già conosciuto in precedenza, ma ben presto si rese conto che erano loro per primi ad essere indecisi su come chiamarlo. Quando non era con Elladan per gli altri diventava ancora più difficile distinguerlo dal gemello e, per i più, restava impossibile.
<< Elrohir >>.
Una voce familiare emerse dal vociare indistinto che li circondava, una voce di cui Elrohir aveva a lungo sentito la mancanza, più di quanto lui stesso si fosse reso conto.
Arwen era esattamente come Elrohir la ricordava prima degli eventi del Passo Cornorosso, serena e raggiante. Il suo sorriso era contagioso e, quando abbracciò Elrohir, questi avvertì tutta la sua gioia.
<< Sono felice di rivederti >>, disse Arwen, << Iniziavo a pensare che stessi aspettando la prossima era per venire a trovarmi >>.
<< Aspettavo soltanto il momento giusto >>, rispose Elrohir.
Elrond, che nel frattempo era rimasto in disparte, si schiarì la voce con finta noncuranza.
<< Scusami, ada >>, disse Arwen e corse a salutare anche lui. Ma Elrohir conosceva suo padre abbastanza da sapere che nulla lo rendeva più felice che essere testimone dell'affetto che legava i suoi figli.
<< Dov'è Elladan? >>, chiese Arwen, dopo aver lanciato una breve occhiata agli elfi che erano arrivati con loro.
<< È rimasto a casa per ora, ma verrà a farti visita dopo che noi saremo tornati >>, rispose Elrohir.
Arwen accolse la notizia con una punta di delusione, ma soltanto per un momento. C'era ben poco che potesse scalfire suo entusiasmo.

Gli elfi furono ricevuti da Galadriel e Celeborn, signori di Lothlórien. Essi apparivano immuni al passare del tempo, eterni e immortali come la foresta attorno a loro. Ogni volta che Elrohir si trovava in loro presenza, in lui nasceva un senso di soggezione, derivato dalla sensazione, o forse dalla consapevolezza, di essere scrutato fino alle profondità della propria anima. Il rapporto che lui ed Elladan avevano con i nonni materni era sempre stato di rispettosa ammirazione, ma raramente di familiarità, soprattutto da quando Celebrìan aveva lasciato la Terra di Mezzo. Tuttavia, c'erano poche persone al mondo la cui saggezza era paragonabile a quella dei signori di Lothlórien ed Elrohir nutriva una cieca fiducia in loro.

Dal momento del loro arrivo divenne subito chiaro ad Elrohir che suo padre, Galadriel e Mithrandir, giunto a Lòrien poche ore prima, erano impazienti di conferire in privato.
Anche Arwen se ne rese conto e, senza fare domande alle quali sapeva che non avrebbe avuto risposta, propose ad Elrohir di recuperare il tempo perduto. Lo condusse tra i sentieri che attraversavano la foresta con il passo esperto di chi ripercorre un luogo familiare. Elrohir non era certo che sarebbe riuscito a trovare la strada senza la guida di Arwen. Adesso questa è casa sua, pensò, non senza una punta di amarezza, Come un tempo lo è stato Imladris.
I due elfi giunsero in uno dei luoghi più alti di Lórien e, dopo una lunga salita, Elrohir iniziò a riconoscere i dintorni. Vide i sentieri di Caras Galadhon, che conducevano tutti alla collina ove si trovava l'alto palazzo di Celeborn e Galadriel.
<< Io vivo qui. Volevano che mi trasferissi al palazzo, ma ho preferito restare. Qui si vive in maniera più semplice, più simile a come ero abituata a Gran Burrone >>, disse Arwen.
<< È bellissimo >>, osservò Elrohir.
Le stanze erano ampie e luminose, prive di oggetti superflui e accuratamente ordinate, esattamente come lo erano state quelle che un tempo Arwen aveva abitato a Gran Burrone.
<< Nelle ultime lettere che ho ricevuto da Imladris si parlava spesso del bambino Dùnadan che da qualche anno vive con voi. Sono curiosa di sapere come ha cambiato le vostre vite >>, disse Arwen.
<< In meglio, senza dubbio, e aggiungerei anche irrimediabilmente >>, rispose Elrohir, << È una grande gioia per Elladan e me poter essere di nuovo dei fratelli maggiori e lo è altrettanto per nostro padre. Non so fino a che punto se ne sia reso conto, ma ha adottato Estel, ed Estel ha adottato lui come padre >>.
<< Sono impaziente di conoscerlo >>, disse Arwen.
<< Potresti venire con noi al ritorno >>, propose Elrohir.
Arwen abbassò lo sguardo. << Ne dubito. Almeno per adesso, resterò qui >>, disse, << Ma ho già deciso che in futuro tornerò a Gran Burrone. Non so ancora dirti quando, e forse per allora Estel sarà già adulto, ma so che tornerò >>.
<< Prenditi tutto il tempo che ti occorre. Ognuno di noi ha avuto bisogno di allontanarsi per un po' dai cattivi ricordi. Elladan ed io siamo riusciti a tornare a casa soltanto tre inverni fa >>, la rassicurò Elrohir.
<< Mi conforta sapere che riesci a capirmi >>, disse Arwen.
Elrohir era spesso tentato di dimenticare che sua sorella aveva affrontato il suo stesso dolore, con la differenza che lei non aveva avuto qualcuno che le stesse vicino come lui aveva avuto Elladan.

Dall'ampia terrazza che sovrastava Lòrien, Elrohir ed Arwen assisterono al tramonto. Il sole si abbassava sugli alberi, lasciando sfumature di arancione e rosa a riflettersi sui marmi bianchi ed una stella, la prima a comparire, come debole sostituta della sua luce.
<< È per Thiliel che sei venuto qui? >>, chiese Arwen.
Quella domanda a bruciapelo colse di sorpresa Elrohir. << Non soltanto per lei, ma... sì, vorrei vederla >>, rispose.
<< Quando voi partiste da Gran Burrone, lei ti aspettò. Io ero già arrivata qui, ma nostro padre mi parlò di lei nelle sue lettere. Attese a lungo, ma non sapeva quando o se saresti tornato, per questo decise di trasferirsi a Lothlórien, dove vivevano i suoi genitori >>, disse Arwen.
Qualcosa nel suo tono presagiva una cattiva notizia, ed Elrohir non era certo di volerla ascoltare.
<< Ti ha parlato di me? >>, chiese, percependo l'esitazione nella sua stessa voce.
<< No >>, rispose Arwen, << Non fino all'ultimo, quando mi disse che la sua famiglia era diretta ai Porti Grigi e che lei aveva intenzione di seguirla. Pensai di scriverti una lettera, ma non avresti comunque avuto il tempo di arrivare prima che lei partisse. Quando le chiesi se avevate avuto modo di parlarvi un'ultima volta, lei disse che, se il destino vi fosse stato favorevole, vi sareste incontrati nelle Terre Immortali >>.
Elrohir immaginò la voce melodiosa di Thiliel che pronunciava quelle parole aspre. Sapere che lei non c'era l'aveva deluso più di quanto avesse immaginato, ed Arwen parve leggerlo nei suoi occhi.
<< Mi dispiace >>, disse l'elfa, << Forse avrei dovuto dirtelo prima >>.
<< Non sarebbe cambiato nulla. Non biasimo te per non avermelo detto e non biasimo Thiliel per aver fatto questa scelta >>.
<< Credi che... La rivedrai? >>, chiese Arwen. Una nota di disagio nella sua voce rendeva chiaro quanto fosse consapevole delle implicazioni nella sua domanda.
<< Non lo so >>, rispose Elrohir, completamente onesto, << Ma da adesso la mia scelta è diventata soltanto più difficile: scegliendo una vita mortale, non rivedrò più Thiliel >>.
<< Hai tutto il tempo che ti occorre per fare una scelta consapevole >>, disse Arwen.
<< E tu? >>, si arrischiò a chiedere Elrohir, << Hai già deciso? >>.
<< Credo che partirò con nostro padre e, lo spero, con te ed Elladan. Non c'è nient'altro che mi tiene legata a questa terra >>, rispose Arwen.
Elrohir ammirava la sua risoluzione, ma c'era ancora tanto tempo a separarli dal momento decisivo e non riteneva prudente fare scelte affrettate. Tuttavia Elrohir tenne per sé le sue considerazioni e si limitò ad assistere agli ultimi minuti di luce, mentre il manto dell'oscurità calava su di loro.

Elrond attraversò i sentieri tra gli alberi illuminati dalla luce argentea delle lanterne, scegliendo il percorso più lungo e solitario per aver modo di poter riflettere in tranquillità. La presenza di Vilya con gli anni era diventata parte di lui, fino ad apparire quasi impercettibile, ma in quel momento Elrond la avvertiva con un'intensità tale da impedirgli di pensare a qualsiasi altra cosa. I consigli di Galadriel erano stati rassicuranti, ma per la prima volta Elrond aveva avuto l'impressione che neanche la Dama dei Galadhrim sapesse come agire. Tutti avevano avvertito qualcosa di insolito, tuttavia nulla al di fuori di visioni oscure e confuse aveva fornito loro altri indizi su quello che avrebbero dovuto affrontare.
Elrond aveva sperato di poter trovare delle risposte a Lothlórien, ma solo in quel momento si rendeva conto di quanto le sue speranze fossero state vane.
<< Galadriel e Mithrandir condividono le mie preoccupazioni, avendo percepito loro stessi l'inquietudine degli Anelli. Abbiamo concordato che, di qualunque cosa si tratti, non rappresenta un pericolo immediato >>, aveva detto quella sera ad Elrohir, poco prima di ritirarsi nella sua stanza.
<< Nient'altro? >>.
<< Temo di no. Ma Mithrandir ha ipotizzato che potrebbe trattarsi dell'Unico Anello >>.
<< E tu sei d'accordo con lui? >>, aveva chiesto Elrohir, senza neanche tentare di nascondere la sua paura.
<< So solo che spero sia in errore. Se qualcuno si impossessasse dell'Anello le conseguenze sarebbero inimmaginabili >>.
<< Vorrei tornare a casa >>, aveva detto Elrohir, dopo aver riflettuto per qualche attimo, << Se credete che non ci sia motivo di preoccuparsi subito mi fido del vostro giudizio, ma continuo a pensare che, se accadesse qualcosa, voglio che Elladan ed Estel siano con me. Arwen è al sicuro qui, e sono certo che nulla di spiacevole potrà mai accaderle finché sarà sotto la protezione di Celeborn e Galadriel, ma senza di noi Gran Burrone non gode della stessa sicurezza >>.
Elrond era stato positivamente sorpreso all'udire quelle parole. << Resteremo ancora qualche giorno, poi partiremo. Lascerò a te il piacere di informare tua sorella che ce ne andremo con la stessa fretta con cui siamo arrivati >>, disse, congedandosi da Elrohir con un accenno di sorriso.

L'ultimo giorno che gli elfi trascorsero a Lothlórien si concluse con una visita a Cerin Amroth, alla quale si unirono anche Celeborn e Galadriel.
Quel luogo, uno dei preferiti di Arwen, aveva visto il passare delle ere e conservava, tra i suoi alberi dalle forme uniche, dei frammenti di passato. Resti di quello che era stato il talan abitato da Amroth, signore di Lòrien, erano ancora visibili, ricoperti dalla vegetazione. Piccoli niphredil, fiori bianchi candidi come fiocchi di neve, punteggiavano il terreno e profumavano l'aria.
Elrohir osservò ed ascoltò con attenzione, per fissare nella propria memoria quei momenti e conservarli il più a lungo possibile. Aveva l'impressione che non sarebbe tornato presto a Lothlórien e voleva avere delle immagini da rievocare qualora ne avesse sentito la mancanza.
Elrond e Celeborn stavano conversando, parlando di un passato che Elrohir non aveva vissuto, mentre Galadriel ed Arwen camminavano fianco a fianco, come avevano fatto tante altre volte tra gli alberi di Lòrien.
Un giorno tutti loro se ne andranno, si ritrovò a pensare Elrohir. Potrei davvero restare qui sapendo che non li rivedrei più?.
Pensò a Thiliel, e subito dopo a Melwen. L'immagine della prima era sfocata, come se appartenesse ad un sogno, mentre la seconda era reale e viva, seppur lontana.
Elrohir sospirò. All'improvviso era impaziente di tornare ad Imladris, e sedersi di fronte al camino della Sala del Fuoco con Elladan ed Estel.

Si trattennero a Lothlórien per altri tre giorni, al termine dei quali si rimisero in cammino. I saluti furono tristi, e per qualche attimo Elrohir fu tentato di insistere affinché Arwen venisse con loro, ma presto capì che non sarebbe stato leale da parte sua chiederlo. Il posto di Arwen era Lórien, e così sarebbe stato finché lei non avesse deciso altrimenti.
La prima parte del viaggio si svolse senza impedimenti. Gli elfi procedevano a passo sostenuto, ma senza fretta. Le pause erano sufficienti a mantenere i cavalli in forze e quando le circostanze lo permettevano la compagnia si fermava per la notte.
Elrond camminava sempre in testa, come si addiceva ad un capo, mentre Elrohir aveva deciso di trascorrere il tempo a tentare di conoscere meglio i suoi compagni di viaggio. Sapeva quali erano i loro nomi, ma erano soltanto due o tre quelli che Elrohir poteva dire di conoscere davvero.
<< Devi sempre conoscere coloro che seguono la tua guida >>, gli aveva detto Elrond, << Un giorno la tua vita potrebbe dipendere da loro, e quel giorno vorrai sapere fino a che punto puoi fidarti >>.
Il suggerimento era stato piuttosto chiaro, ed Elrohir non esitò a seguirlo. Scoprì che molti di loro conoscevano lui ed Elladan soltanto grazie alle leggende sui Principi di Imladris, ed erano genuinamente curiosi di ascoltare le loro avventure. Elrohir si rese conto di avere molto da raccontare, ed allo stesso tempo di avere tanto da ascoltare. Ma su quelle piacevoli conversazioni calò il silenzio non appena gli elfi giunsero in vista del Passo Cornorosso.
Elrond si era fermato, e con lui anche tutti gli altri. Ad Elrohir bastò guardare la posizione del sole per capire il motivo dell'esitazione del padre. Proseguire il cammino a quell'ora del giorno significava che il sole sarebbe tramontato prima che gli elfi fossero riusciti ad arrivare dall'altra parte, mentre fermarsi lì per aspettare l'alba del giorno seguente significava rendersi un bersaglio facile in un luogo bel lontano dall'essere sicuro.
Gli elfi, in totale silenzio, attendevano ordini. Elrohir avanzò fino ad affiancarsi ad Elrond e disse, << Bisogna decidere in fretta >>.
<< Io ho già deciso >>, rispose Elrond, << Ma voglio conoscere la tua opinione. Cosa faresti se la scelta fosse tua? >>.
Il fatto che suo padre avesse chiesto la sua opinione non era del tutto inaspettato per Elrohir, ma il modo in cui Elrond aveva parlato gli suggeriva che quello che avrebbe detto sarebbe stato non solo tenuto da conto, ma avrebbe avuto un peso nella decisione finale. Per questo motivo, soppesò bene cosa dire prima di rispondere.
<< Io procederei adesso. Correremo dei rischi in entrambi i casi, ma restando qui renderemo più facile a chiunque avvistarci da lontano >>.
Elrond annuì. << Avrei detto la stessa cosa >>, rispose, << E credo che anche gli altri preferiscano agire così >>.
L'espressione sollevata degli elfi quando venne annunciato loro che avrebbero proseguito il cammino confermò che Elrond aveva ragione.
Quel giorno il vento sferzava sulle rocce aguzze, fischiando e sollevando vortici di polvere. Il sole proiettava lunghe ombre, che si inclinavano e deformavano quanto più il pomeriggio su avvicinava al termine.
Quando attraversarono il luogo in cui era avvenuto il rapimento di Celebrìan la notte era ormai calata e l'unica luce ad illuminare il loro cammino era quella della luna quasi piena. La tensione li accompagnò per tutto il tempo in cui si trovarono in vista di quell'area. Nonostante l'oscurità Elrohir sapeva esattamente dove si trovavano: ogni dettaglio era impresso a fuoco nella sua mente.
Il tempo trascorse lentamente, tra il rumore degli zoccoli sulla pietra ed il fruscio del vento.

Il sentiero tortuoso che costituiva l'ultima parte del Passo era il letto di un fiume ormai prosciugato, costeggiato da alte rocce ed alberi dal tronco sottile. Il paesaggio non era di aspetto più accogliente rispetto a quello che si erano lasciati alle spalle, ma per Elrohir era sempre un sollievo trovarsi lì, in quanto significava che la fine era vicina.
Tuttavia, quando gli elfi percorsero la svolta che li avrebbe condotti all'ultimo tratto di sentiero, qualcosa li portò a fermarsi di colpo. Una frana aveva bloccato parte del passaggio. Era accaduto altre volte che la caduta di massi ostacolasse l'attraversamento del Passo Cornorosso, soprattutto in seguito ad un temporale, pertanto nessuno ne fu sorpreso.
<< Potremmo aggirare la frana, ma sarà più facile farci strada tra... >>, tentò di dire Elrohir.
<< No dhìnen! >>, lo interruppe bruscamente Elrond. L'elfo era in ascolto, immobile e concentrato.
Elrohir si guardò intorno, cercando di cogliere qualsiasi movimento tra le sagome buie che costeggiavano il sentiero. Intravide qualcosa che si distingueva dal paesaggio immobile, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Elrond si frappose tra lui e l'ombra sospetta e disse, allarmato, << Abbassati! >>.
Il primo istinto di Elrohir fu quello di estrarre la spada, ma Elrond fu più rapido e, con uno strattone, lo costrinse a chinarsi sul dorso del cavallo. Un attimo dopo, una freccia sibilò nell'aria attraversando l'esatto punto in cui un istante prima si trovava la testa di Elrohir. L'elfo non osò muoversi per i secondi successivi, sentendo un brivido che gli correva lungo la schiena al pensiero di essere stato quasi colpito. Erano caduti in un'imboscata: gli orchi si erano nascosti tra le rocce, coperti dall'oscurità, e si trovavano in posizione rialzata rispetto agli elfi, i quali non avevano altra scelta che combattere. Anche agli occhi di Elrohir, che di solito disdegnava la sola idea di fuggire da un combattimento, la ritirata appariva come la scelta più sensata, ma in quel momento erano in trappola, non c'era nessun luogo in cui rifugiarsi.
<< Attaccate ai lati e non indietreggiate per nessun motivo, altrimenti ci circonderanno >>, disse Elrond. Gli elfi eseguirono gli ordini prima ancora che Elrond terminasse di pronunciarli.
Il primo attacco con le frecce aveva provocato almeno due morti tra gli elfi alla fine del gruppo, e quel numero sarebbe aumentato in fretta se qualcuno non avesse eliminato gli arcieri degli orchi al più presto. Quel compito così importante sarebbe spettato ad Elrohir, qualsiasi cosa ne dicesse suo padre.
Senza dare ad Elrond nessun preavviso, Elrohir smontò da cavallo e scattò di lato, nella direzione in cui sapeva si trovavano gli orchi. Era fondamentale che gli elfi riuscissero a spostare la battaglia su un terreno in cui avevano più libertà di movimento, ed uccidere gli arcieri avrebbe facilitato il compito a tutti, oltre a salvare delle vite.
Elrohir si arrampicò sulle rocce, tentando di essere rapido e silenzioso allo stesso tempo. C'erano due orchi appostati nella posizione più alta, che miravano agli elfi nella valle sottostante, ed altri tre sulla sponda opposta.
Avevano organizzato tutto nei dettagli, ma il vento li ha rallentati, pensò Elrohir, vedendo quanta attenzione gli orchi mettevano nell'atto di prendere la prima. L'elfo attese che fossero completamente assorti, poi estrasse il pugnale. Aveva scelto quell'arma più piccola in quanto la spada avrebbe intralciato i suoi movimenti ed avrebbe rischiato di urtare la pietra rivelando la sua posizione. Prese gli orchi alle spalle, dando loro a malapena il tempo di accorgersi di essere stati attaccati. Con la coda dell'occhio vide che due elfi, tra cui Elrond, si stavano occupando degli orchi dalla parte opposta del sentiero, mentre più avanti elfi ed orchi si stavano affrontando frontalmente. Elrohir rinfoderò il pugnale ed estrasse la spada, mentre si dirigeva verso il fragore della battaglia.

Quando Elrond perse di vista Elrohir dovette costringersi a non distogliere l'attenzione dal combattimento. Restavano ancora due orchi nelle vicinanze, mentre la parte centrale della battaglia si era concentrata altrove; per questo motivo Elrond ordinò all'elfo che era con lui di andare dove la sua spada sarebbe stata più utile e restò da solo ad occuparsi dei due orchi.
Elrond ne uccise uno con un singolo colpo di spada ben assestato, mentre il secondo si rivelò un avversario più abile. L'orco era alto e imponente, ma allo stesso tempo rapido e vigile. Elrond sapeva cosa fare: segnò mentalmente tutti i punti in cui avrebbe potuto colpire l'orco e, mentre incrociavano le spade, attese che uno soltanto di quei punti restasse scoperto per un istante, per sferrare il colpo di grazia. Ma c'era qualcosa che non aveva previsto: dalla mischia emersero altri tre orchi in soccorso del compagno in difficoltà. Probabilmente è il loro capo, altrimenti non cercherebbero di aiutarlo, pensò Elrond.
L'elfo fu costretto a fare un passo indietro. Non aveva previsto di doverne affrontare quattro allo stesso tempo, e già iniziava a pentirsi di aver mandato via l'unico aiuto su cui avrebbe potuto contare. Maledetto orgoglio, disse tra sé, quando vide che due degli orchi si preparavano ad attaccarlo alle spalle. Allora Elrond fece l'unica cosa che gli orchi non si sarebbero aspettati da lui. Si voltò verso la parete di roccia e saltò su un masso, così da trovarsi in posizione rialzata rispetto ai nemici. Come previsto, gli orchi furono colti di sorpresa ed agirono con un istante di ritardo. Elrond si voltò appena in tempo per schivare un colpo e, con un movimento fulmineo, tranciò di netto la mano dell'orco che aveva osato attaccarlo per primo. L'elfo si trovava in una posizione di vantaggio, ma stare così in alto significava anche avere meno libertà di movimento. Almeno così non mi arriveranno alle spalle, pensò. L'orco a cui aveva tagliato la mano si contorceva dal dolore mentre il suo sangue nero sgorgava a flutti. Normalmente Elrond gli avrebbe concesso il colpo di grazia, ma in quel momento non poteva permettersi di abbassare la guardia neanche per un istante: gli orchi attendevano soltanto quello. Il capo si fece avanti, forse preoccupato di perdere il rispetto dei suoi sottoposti se avesse continuato a lasciar combattere loro, ed Elrond colse al volo l'occasione. Finse di abbassare leggermente la guardia e, quando l'orco si illuse di avere un bersaglio facile, Elrond lo colpì di taglio, aprendogli uno squarcio nella gola.
Gli ultimi due orchi si lanciarono sull'elfo, che per i successivi minuti fu costretto a limitarsi a difendersi. Elrond lanciò una breve occhiata alle proprie spalle, dalla parte opposta del muro di roccia, valutando la possibilità di saltare giù. L'altezza era considerevole, ma avrebbe potuto farcela senza gravi danni. Tuttavia, nel momento stesso in cui Elrond fece quel pensiero, seppe che non lo avrebbe messo in pratica. Avrebbe combattuto fino all'ultimo, la ritirata non era un'opzione.

Gli orchi capirono di poter ancora sfruttare il vantaggio di essere in due contro uno e, mentre uno di loro teneva occupato Elrond, l'altro si arrampicava sullo stesso scomodo appiglio che aveva utilizzato l'elfo.
Elrond capì di dover agire in fretta. Azzardò un affondo, che l'orco riuscì prontamente a bloccare, e in quel momento, quando il nemico era sul punto di contrattaccare, Elrond estrasse il pugnale e lo conficcò nel suo fianco.
Senza perdere neanche un istante, si voltò verso il secondo, l'ultimo, orco, ma non fu abbastanza rapido. L'orco fece qualcosa che Elrond non si era aspettato: invece di attaccarlo con la spada, si lanciò su di lui con tutto il proprio peso, trascinandolo verso il vuoto alle loro spalle.
Con un'arma per ogni mano, Elrond fu costretto a lasciare andare il pugnale per tentare di trovare un appiglio, ma fu inutile. Caddero entrambi, Elrond rinunciò a tentare di frenare la caduta e, nell'istante prima di toccare il suolo, riuscì a trafiggere l'orco. Un attimo dopo, si schiantò contro uno spuntone roccioso. Il dolore si propagò su tutto il lato sinistro del suo corpo, da un taglio profondo sul palmo della mano al fianco, dove raggiungeva la sua massima intensità.
L'elfo restò senza fiato per alcuni istanti, ma si costrinse a rialzarsi per assicurarsi che l'orco fosse morto. Con grande sollievo constatò che la ferita e la caduta l'avevano ucciso sul colpo. Solo allora si concesse di fermarsi per riprendere fiato e valutare le proprie condizioni. Costole rotte, forse due. Il resto non è grave, pensò.


<< Adar! >>, la voce di Elrohir risuonò dall'alto. Quando Elrond tardò a rispondere, Elrohir insistette. << Stai bene? >>, chiese, e sembrò sul punto di cercare una via sicura per calarsi giù.
<< Sì, non preoccuparti >>, rispose Elrond, bloccandolo con un gesto. Per sottolineare la veridicità delle sue parole, rinfoderò la spada e risalì lungo la parete di roccia, aggrappandosi agli stessi spuntoni rocciosi che l'avevano ferito quando era caduto insieme all'orco. Elrohir si sporse il più possibile e tese una mano per aiutarlo ad arrampicarsi. Per Elrond ogni movimento significava una fitta di dolore un po' più intensa della precedente, pertanto fu grato dell'aiuto.
Una volta in cima, notò che la battaglia non era ancora terminata.
<< Perché hai lasciato il combattimento? >>, chiese.
<< Ho visto l'elfo che era con te tornare da solo, poi ho visto tutti quegli orchi venire da questa parte... Ed ho visto questo >>, concluse Elrohir, mostrando il pugnale di Elrond.
Elrond non poté negare di essere rimasto toccato dall'apprensione di Elrohir. Di solito era lui a preoccuparsi per i suoi figli, ed era strano vedere che quella volta i loro ruoli erano invertiti.
<< Non ripeterò mai più questa frase: sono contento che tu abbia disobbedito quando a casa ti ho detto di non venire >>, disse Elrond, ma prima che Elrohir avesse il tempo di rispondere aggiunse, << Torniamo a combattere >>.
Elrohir esitò per qualche istante, chiedendosi se suo padre fosse in grado di continuare a combattere, ma decise di non dar voce ai suoi dubbi. Sapeva che, in ogni caso, Elrond non avrebbe mai accettato di restare in disparte mentre i suoi uomini combattevano al suo posto. Quando arrivarono, la battaglia era quasi terminata, cosa di cui Elrohir fu grato.
Dovettero soltanto assicurarsi che gli orchi che cercavano di fuggire non andassero lontano, ma quello era principalmente un lavoro per gli arcieri.
Alle prime luci dell'alba l'ultimo orco fu ucciso. << Ancora una volta del sangue elfico bagna il Passo Cornorosso >>, disse Elrond, più a se stesso che agli altri, mentre osservava le gocce di sangue che cadevano dalla punta delle sue dita e si univano alla pozza rossa che si allargava sotto uno degli elfi caduti.
Le perdite erano sei in tutto, mentre tre erano i feriti, ma nessuno in maniera grave.
<< Govano i nothrim in adh i mellyn in mi Mannos >>,  mormorò Elrohir. In quel momento si era quasi pentito di aver voluto conoscere meglio i suoi compagni di viaggio: alla luce di quello che avevano condiviso, perderli era stato ancora più doloroso.
Mio padre starà facendo pensieri simili. Si sentirà in colpa per averli condotti in una trappola, pensò Elrohir. Ma non c'era tempo per indugiare sui sensi di colpa. Dopo aver pattugliato i dintorni per essersi assicurati di aver eliminato tutti i nemici e dopo aver fornito le prime cure ai feriti, gli elfi si rimisero in marcia.
<< A metà strada incontreremo Elladan. Non appena ci hanno attaccati l'ha saputo tramite me ed ha riunito alcuni uomini per venire in nostro aiuto. Sapeva che non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo per partecipare alla battaglia, ma... >>, spiegò Elrohir.
<< ...ma non sarebbe neanche riuscito a restare senza far nulla mentre noi eravamo in pericolo >>, concluse Elrond.

Quando Elladan aveva osservato il tramonto di quella giornata, non avrebbe mai immaginato che non molto tempo dopo si sarebbe ritrovato al galoppo nell'oscurità, con una ventina di elfi al seguito, per raggiungere il Passo Cornorosso il prima possibile.
La cavalcata fu lunga, e la distanza che lo separava dalla meta sembrava interminabile, ma infine, quando era ormai mattina, Elladan li vide. Per alcuni di loro questo è stato l'ultimo viaggio, osservò.
Sapeva che Elrohir stava bene, poteva avvertirlo, ma sentiva lo stesso il bisogno di accertarsene di persona.
<< Abbiamo affrontato di peggio in passato >>, fu la risposta di Elrohir. Ma Elladan non poteva essere ingannato da lui: era perfettamente consapevole di quanto suo fratello fosse scosso. Allo stesso tempo notò che Elrond era chiaramente sofferente.
<< Ci vaer? >>, chiese Elladan.
<< Costole rotte, niente di grave >>, rispose Elrond.
<< Non dovresti cavalcare >>, osservò Elladan.
<< È vero, ma non ho alternative. Starò bene a meno che qualcuno non decida di andare al trotto >>, disse Elrond.
Elladan dovette trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo.

La valle di Imladris fu una piacevole vista per i viaggiatori: significava che la loro terribile avventura si era finalmente conclusa.
<< Elladan >>, disse Elrond, << Precedici ed assicurati che Estel non sia presente al nostro arrivo. Non voglio che ci veda così >>.
Elladan obbedì. Arrivò a Gran Burrone di corsa, precedendo di gran lunga gli altri. Per prima cosa informò Glorfindel sull'esito della spedizione, poi chiese a Gilraen di portare Estel all'interno e restare lì fino a quando gli elfi non si fossero cambiati gli abiti sporchi di sangue.

Un'ora dopo, Elrond attraversava l'ampio salone che precedeva la Sala del Fuoco.
Dopo essersi preso cura degli altri, aveva dedicato del tempo a prendersi cura di se stesso, poi, dopo essersi assicurato che la sua presenza non fosse richiesta altrove, si era diretto dove sapeva avrebbe trovato Estel.
La Sala del Fuoco era tiepida e accogliente. Il piccolo Dùnadan era seduto sul pavimento, intento a giocare con dei cubetti di legno che uno degli elfi aveva intagliato per lui in maniera che si potessero incastrare uno sull'altro. Anche Gilraen era lì, con Elladan ed Elrohir.
Non appena Estel vide che Elrond era tornato, il suo viso si illuminò di gioia, lasciò cadere quello che aveva in mano e corse verso di lui.
Ma non fu quella la scena che portò Elrond sull'orlo delle lacrime. Fu una parola, molto breve, che Elrond aveva già udito innumerevoli volte, ma che non si sarebbe mai aspettato di sentire da Estel.
<< Ada! >>.
Elrond restò interdetto per qualche istante, incredulo di fronte alla totale spontaneità di Estel. Il bambino esitò, forse spaventato dalla prospettiva di un rifiuto. Ma quella era l'ultima cosa che Elrond avrebbe voluto: s'inginocchiò e strinse Estel in un abbraccio.
Nella sua mente riecheggiava ancora il fragore delle spade e l'odore del sangue, i suoi pensieri erano rivolti alle commemorazioni dei caduti che si sarebbero svolte quella sera, ma nonostante ciò, in quel momento Elrond si sentì sereno, quasi felice.

La mattina successiva, Gilraen rifletté molto su quanto era accaduto la sera prima.
Una parte di lei aveva temuto che, se Estel avesse iniziato a considerare Elrond come un padre, questo avrebbe significato perdere ogni legame rimasto con Arathorn. Ma lei stessa riconosceva quanto quel pensiero fosse irrazionale. Estel non aveva idea di essere Aragorn, figlio di Arathorn e futuro Capitano dei Dùnedain e non aveva nessun ricordo del padre, pertanto Gilraen non poteva volere che restasse fedele a qualcuno che per lui non era nient'altro che un nome. Quando Elrond era entrato nella Sala del Fuoco ed Estel era andato ad abbracciarlo, tutti i dubbi di Gilraen avevano cessato di esistere. Dapprima Elrond era parso sorpreso, e forse un po' preoccupato, ma poi aveva ricambiato l'abbraccio e Gilraen aveva visto l'orgoglio e la gioia nei suoi occhi.
Gilraen non aveva avuto bisogno di vedere altro per capire che la sua opinione in proposito era superflua.

Pochi giorni dopo il ritorno degli elfi da Lòrien, a Gran Burrone giunse una lettera da Annùminas. Gilraen si teneva regolarmente in contatto con i suoi familiari e con coloro che in passato erano stati agli ordini di suo marito.
Ma, quella mattina, giunsero notizie tanto inaspettate quanto terribili.
Troppo a lungo ho vissuto nella tranquillità e nella sicurezza di Imladris. Dovevo immaginare che la pace non sarebbe durata, pensò Gilraen.


Traduzione delle frasi in Sindarin:

No dhìnen!: Silenzio!
Govano i nothrim in adh i mellyn in mi Mannos: che tu possa ricongiungerti con i tuoi cari nell'aldilà
Ci vaer?: come stai?
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Jadis96