Fanfic su attori > Johnny Depp
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Autore: beornotobe    22/03/2016    1 recensioni
PROLOGO
Una ragazza.
Un viaggio studio.
Un ragazzo.
Una compagnia.
Un'organizzazione.
Un pericolo.
New York corre dei rischi.
La parola chiave è ...
ASDAR.
Periferia.
Edifici nascosti.
Quartier generale.
ATTENZIONE.
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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•Julia's pov• Me n'ero andata, la mia presenza non era gradita. Suvvia, non poteva essere tutto rose e fiori, io e Johnny non ci conoscevamo neanche da una settimana. Era ovvio che avrebbe detto cose solo ad Alice, non potevo pretendere di sapere tutto. Avrei voluto aiutarlo, ma lui non aveva voluto esserlo, dopotutto il danno lo faceva a lui stesso, pensai, seduta ad un tavolino distante da quello di loro due. Alzai lo sguardo dalla superficie marmorea del tavolino e vidi arrivare Alice verso di noi. "Allora?", chiese Sarah. "Nulla di grave", rispose lei. Immaginavo non volesse sbottonarsi di più, invece incominció a raccontarci. "Winona e Johnny hanno litigato perché lei non vuole assumervi come matricole", spiegó. "Assurdo", feci io. "Ma lui ha detto che qui comanda lui e perciò potete e dovete restare", continuó lei. "Non ha voluto che tu sentissi perché la questione riguardava voi", concluse lei. Io sorrisi. "Sta molto male?", domandai. "Quanto basta. Winona è una ragazza davvero gelosa e il motivo per cui non vuole che restiate potrebbe essere proprio quello, la gelosia", rispose Alice. "Lui glielo ha chiesto?", chiese Sarah. "Si, e lei ha risposto che non si trattava affatto di quello", scosse la testa Alice. "Non la conosco bene, perciò non potrei esprimere pareri concreti, ma secondo me abbiamo ragione a sospettare si tratti di quello. Da come si è comportata in questi giorni...", dissi io, pensandoci. "Già. Johnny non ce la fa più. Una cosa è essere fidanzati e quindi condividere, l'altra è essere completamente possessivi.", spiegó Alice. "Capisco...", annuii. "Lui dov'è?", chiesi poi, guardandomi intorno. "Dovrebbe essere rimasto al tavolino", fece Alice. "No, non c'è", osservai io. Lei si alzó in piedi e noi la seguimmo. "Dove si è cacciato?", fece lei, cominciando a cercarlo con lo sguardo ovunque. "Non lo so, cerchiamolo", feci io. Lo cercammo dappertutto, fino a quando ci trovammo davanti a una casetta di legno, in un angolo della terrazza, simile a quella dove sono soliti giocare i bambini, ma un po' più grande. "Cos'è?", chiese Sarah. "Il capo l'ha costruita per Johnny", spiegó Alice, "È il suo posto preferito", continuó. "Avrei dovuto pensarci prima, sicuramente sarà qui", fece poi, aprendo la porta. Entrammo. Lui era lì, seduto in un angolo, la spalla al muro, un'agenda in mano, la penna e una bottiglia di Rum accanto. "Ma cosa fai?", lo richiamó Alice. "Ma niente", rispose lui. "Stavo giusto scrivendo", aggiunse. "Ti dai anche alla scrittura adesso, non lo sapevo", fece lei. "Oh sì, mi aiuta molto", disse lui, lo sguardo sul foglio e la penna ferma nella mano destra. "È la festa di Spancer, Johnny. E tu, il vicecapo, nonchè uno dei suoi più grandi amici, te ne stai qui, a scrivere, per risollevarti da un'insulsa litigata? Ti facevo meno debole", lo sfottè Alice. Lui sollevó la testa. "Non è affatto segno di debolezza", rispose poi, allungando le gambe. "Perché non inviti qualcuna qui dentro?", fece lei, lo sguardo malizioso. "Piantala", disse solamente lui. "Julia", chiamó poco dopo. "Si?", dissi io, un po' sorpresa. "Devo parlarti", fece lui. "Va bene", annuii. Alice e Sarah lasciarono la casetta salutandoci. Me ne stavo lì in piedi e guardavo il soffitto. "Vieni qua a sederti", disse, con voce calma. "Dove?", chiesi io, ero stato vago. "Qui", indicó accanto a sè, continuando a scrivere. Mi sedetti lì, sul pavimento in legno. "Prima ci sei rimasta male?", mi domandó poi, afferrando la bottiglia dal collo e facendo un sorso. "Beh, non sono una persona che mente, quindi si. Ci sono rimasta un po' male...", confessai io, lo sguardo basso. "Alice ti ha poi spiegato perché ho preferito non sentissi subito?", fece. "Si", risposi io, "Ho capito, non preoccuparti", aggiunsi. "Non lo faccio, mi andava chiarire questo piccolo punto", spostó lo sguardo dall'agenda a me, e io feci altrettanto. Era la prima volta che lo osservavo così da vicino... Sentivo il profumo del dopobarba a pochi centimetri da me. Non credo fosse normale desiderare di fargli una carezza, infatti bloccai quell'istinto e abbassai ancora lo sguardo. Cosa mi prendeva? Seguì un silenzio quasi imbarazzato. "Desidera un po' di rum, signorina?", chiese a un tratto, la voce composta e suadente, quasi fosse un cameriere. "Si", risposi, divertita dal suo atteggiamento. Si alzó e aprì un mobiletto. Ne tiró fuori un calice e vi versó dentro il rum. "Avrei potuto bere benissimo dalla bottiglia", mi finsi scocciata. "Da ospitante sono in dovere di offrire il meglio", rispose lui, alzando le spalle. Mi alzai da lì e mi diressi verso la porta. "Non ti sembra il caso di tornare alla festa?", chiesi, girandomi. "Perché non restiamo qui?", fece lui, "Non ho la minima voglia di parlare con la gente", aggiunse. "Capisco... Neanche io, pensandoci. Non c'è una televisione, qualcosa che possa tenermi occupata?", chiesi io, risedendomi accanto a lui. "Non credo", rispose, scuotendo la testa. "Va bene, ne faró a meno", dissi io, incrociando le gambe. "Senti...", incominció lui. "Hai mai bevuto tanto?", mi chiese. "Intendi tanto da ubriacarmi?", risi. "Intendilo come vuoi", mi strizzó l'occhio. "Perché?", domandai io aggrottando le sopracciglia, insospettita. "Non lo so", rispose, "è la prima cosa che mi è venuta in mente". "Comunque no", dissi io, "non eccessivamente da non capirci più nulla". "Eppure quando ti ho vista per la prima volta ho pensato dovessi essere una ragazza piuttosto spericolata e senza regole" fece, socchiudendo gli occhi. "Davvero?", feci. "Si", fece. "E se lo fossi stata?", chiesi. "Penso mi sarebbe piaciuto", disse. Che cazzo stava dicendo, cos'erano quegli occhi? Perché il suo sguardo mi faceva puntualmente pensare al sesso? Dio. "Okay", risposi. "Credo che tu un po' lo sia", aggiunse. Io alzai le spalle: "Non saprei. Anche se non mi sono mai ubriacata?" Mi guardó negli occhi: "Anche se non ti sei mai ubriacata". I miei occhi si poggiarono sulle sue labbra, ma andarono subito oltre, sfuggenti. Sorrise appena. Fissai l'orologio, era più dell'una. "Io torno alla festa", mormorai. "Vengo con te", rispose, e ci alzammo. Francis, Sarah, Alice e Diana erano in pista. "Non mi va di ballare", dissi io. "Io non lo so proprio fare", rise. "Però avevo promesso a Spancer di suonare un po' con la band", disse sorridendomi e allontanandosi. Pochi minuti dopo lui e altri 3 ragazzi salirono sul palco. Suonavano del rock anni '90 che spaccava i timpani, ma era piuttosto gradevole. Quanto ci divertimmo io, Alice e Sarah. Tornammo nelle camere alle 3 di notte piuttosto sorde, ma contente.
  
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