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Autore: beornotobe    25/03/2016    1 recensioni
PROLOGO
Una ragazza.
Un viaggio studio.
Un ragazzo.
Una compagnia.
Un'organizzazione.
Un pericolo.
New York corre dei rischi.
La parola chiave è ...
ASDAR.
Periferia.
Edifici nascosti.
Quartier generale.
ATTENZIONE.
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi ero appena messa nel letto, ma non riuscivo a dormire. Alice si era fermata in camera nostra perchè non le andava di camminare fino alla sua e stava dormendo sul pavimento. Accesi la luce del comodino e mi misi a leggere un libro. Era così tardi, eppure non avevo per niente sonno. Ripensai a quando eravamo nella casetta, solo noi due. Aveva voluto chiarirmi il perché non voleva che io sentissi, e non me lo sarei mai aspettato. Non era così cattivo come pensavo quando ero arrivata all'agenzia. In realtà avevo smesso quasi subito di pensarlo, precisamente dal momento in cui mi aveva portato da mangiare nei sotterranei e mi aveva tolto quel fastidioso straccio dalla bocca. L'unica cosa su cui dovevo concentrarmi però in quel momento era addormentarmi o la mattina dopo sarei assomigliata a un cadavere, quindi spensi la luce e finalmente dormii. Il giorno dopo ci sveglió Francis che disse: "Primo giorno di addestramento, in piedi!", o meglio lo urló. "Ma che?", fece Sarah. "Si, da oggi comincia il vostro periodo in agenzia, di conseguenza dovremo addestrarvi a dovere", ci spiegó lui sorridendo. "Ma sono solo le 7 del mattino", mugulai, sotterrandomi il viso con la coperta. "Forza ragazze, Johnny vi aspetta", fece. Appena sentii ció mi misi a sedere, infilandomi le ciabatte. Andai in bagno a prepararmi, lo stesso fece Sarah, Francis ci aspettó fuori dalla porta. "Cosa faremo?", domandó Sarah, sbadigliando. "Non lo so sinceramente", rispose lui in tutta sincerità alzando le spalle. Ci guidó verso la palestra, una stanza molto grande che non avevo mai visto prima, con 2 pareti a specchio e alcuni attrezzi. C'erano Johnny e Alice seduti in un angolo su due sedie in plastica e stavano parlando. "Ehi Jo", salutó Francis. Lui ci guardó e lo salutò con un cenno del capo, lo stesso fece Alice, continuando il loro discorso. Finì in realtà poco dopo e Johnny si alzó da sedere, avanzando subito dopo e facendo un salto mortale. "Non sapevo fossi anche un atleta", commentai. "Qui bisogna saper fare un po' di tutto", rispose lui. "Se volete sopravvivere, dovrete imparare bene il mestiere", aggiunse, sorridendo. "Sei davvero molto incoraggiante", lo rimproveró Alice, scuotendo la testa. "Sto dicendo solo la verità", si giustificó lui. "Comunque, quella era solo un'esibizione, non pretendo impariate queste cose dal primo giorno", continuó, assumendo l'aria seria da insegnante. "Qual era allora il senso dell'esibizione?", domandai, sbadigliando ripetutamente. Notandolo guardó l'orologio: "Forse vi ho svegliate un po' troppo presto... Comunque, ritornando a noi: non c'era nessun senso, volevo solamente mostrarvi l'esperienza del vostro capo", spiegó, simulando un inchino. "Teoricamente il loro capo non sei tu", fece Alice. "Oh, suvvia, Tim non tornerà", sbottó lui, scocciato. "È sempre fuori in primavera", disse Alice. "Ma questa volta la missione in cui è coinvolto non è delle più semplici", fece Johnny, portandosi una mano al collo. "Intendi dire che neanche tu ci potresti riuscire?", chiese lei. "Si, di solito quando dico che è complicato significa che non sono sicuro di riuscirci personalmente", spiegó lui. "Indubbiamente hai portato a termine molte più missioni tu di Tim, quindi se dici così, beh, ti credo", disse lei. "Non capisco solo perché tu sia sempre e solo il vice", aggiunse. "Perché è arrivato prima di me, e inoltre suo padre è il fondatore di questo posto, Alis, te l'ho ripetuto troppe volte", fece lui. "Non è giusto", dissi io, pensando ad alta voce. "Cosa?", spostó lo sguardó su di me lui, non aveva sentito fortunatamente. "Niente, niente", risposi, diventando leggermente rossa. "Torniamo a noi", disse lui. "Vi ho chiamate per spiegare un po' i punti essenziali di questa vita". Si fermó per un attimo catturando la nostra attenzione e poi continuó, andando avanti e indietro con le mani dietro la schiena. Mi veniva da ridere. "Innanzitutto, voglio che vi sia chiara la funzione dell'ASDAR", annunció, fermandosi. "Siamo un' organizzazione segreta. Ormai non si può più dir così visto che siamo ricercati in ogni parte del continente, ma per ora chiamiamola in tal modo. Non siamo dei criminali, come forse avrete entrambe pensato, dopo il furto del quadro al quale avete assistito", deglutì, "Bensì dei giustizieri. Amo definirci così. La maggior parte della gente non è in grado di capire l'estrema importanza di certi pezzi da collezione. Il mondo si sta riducendo a una massa di ignoranza, pigrizia, disinteresse verso la cultura", fece una pausa d'enfasi, "Per questo motivo rubiamo ogni sorta di bellezza del passato e la portiamo qui, qui dove ogni ragazzo interessato all'arte, quella vera, viene ammesso e diventa uno di noi, senza bisogno di presentazioni. Chi è accomunato dalla stessa passione si capisce subito splendidamente", concluse, spalancando le braccia e lasciandole ricadere sui fianchi sorridendo. "Questo è tutto", disse, vedendoci ancora imbambolate ad ascoltare il suo discorso. Io lo ero per altri motivi, ma lasciamo perdere. Non è il caso di spiegare i ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla fronte, nè tantomeno la mano che torturava il mento... Proprio no. Cercai di dire qualcosa di sensato: "Penso che il vostro progetto sia a fin di bene, sia interessante e persino giusto, ma non avete paura della polizia?". Lui rispose: "La polizia sa esattamente che questo è il nostro quartier generale, ma ho già detto che non osa avvicinarsi, abbiamo armi molto potenti e non conviene", scosse la testa. "Comunque, tutto chiaro?", chiese. Rispondemmo di sì, non c'era molto da capire. "E stamattina perché siamo qui?", chiese Sarah. Lui disse: "Il mio principale obiettivo era spiegarvi lo scopo dell'ASDAR, poi quello che farete qui. Fatemici arrivare", ci strizzó l'occhio. "Allora, vi ingaggio come matricole. Siete molto giovani, se permettete inesperte, totalmente indifese e forse anche un po' paurose", sentenzió tutto d'un fiato. "Paurose assolutamente no", risposi io. "Quando sei arrivata qui ti sei messa a piangere, Julaii", mi ricordó. "Ma avevo quello straccio in bocca santo Dio, cosa avrei dovuto fare?", alzai gli occhi al cielo. "Aspettare che ti venissi a liberare", mi strizzó nuovamente l'occhio. "Veramente non l'hai fatto. Mi hai solo portato da mangiare" "Non la consideri un buon gesto? E poi ti ho tolto lo straccio", sorrise lui. "Okay, okay, hai ragione", convenni, abbassando lo sguardo, mi stavo purtroppo perdendo di nuovo negli occhi. "Allora, cosa faranno qui?", chiese Alice. "Alis cara", cominció, "le ragazze ci aiuteranno con la gestione dei dipinti recuperati e con il loro allestimento, ti pare una buona idea?". Lei annuì. "Per voi va bene?", ci chiese. "Spero di sì", risposi, e Sarah concordó. Si accese una sigaretta sorridendo. "Bene, direi che dobbiate cominciare nel pomeriggio, ora quell'ala è chiusa", fece, aspirando il fumo. "Ma dove lavori tu?", chiesi io, quella domanda mi sorse spontanea. "Giro dappertutto in agenzia... A parte quando vado in missione, lì sono fuori, ma sempre meno di due ore", spiegó, la sigaretta tra due dita. Lo stavo squadrando a dovere quella mattina, già. Davvero davvero a dovere. La sua domanda mi portó alla realtà: "Perché me lo chiedi?". Sobbalzai quasi e risposi su due piedi: "Perché vorrei avere un consiglio quando non so come fare". Lui annuì: "Non preoccuparti, puoi chiamarmi quando vuoi". "E adesso che facciamo?", chiese Sarah. "Beh, se volete c'è sempre la piscina, o il cinema, o che ne so, la sala giochi", si grattó il collo, facendo l'ultimo tiro e spegnendo la sigaretta calpestandola col piede. "Raccoglila", gli ordinó Alice. "Ma Alis, questa è la mia agenzia!", fece lui, un po' arrabbiato. "Non per questo puoi farci ciò che vuoi, o diventerà davvero un porcile. Sono sicura che tutti i mozziconi qui in giro sono tuoi, Jo", disse lei, fingendosi severa. Lui si chinó a raccogliere e buttó la sigaretta in un cestino al lato destro della porta, con un gesto teatrale. "Andiamo in piscina?", chiesi a Sarah. "Si", rispose lei. "Veniamo anche noi", fece Alice, prendendo Johnny sotto il braccio.
  
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