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Autore: White Trash    26/03/2016    2 recensioni
«E poi, diavolo, guardami in faccia quando ti parlo!»
Bill si fermò, quasi paralizzato e, con una lentezza inquietante, si voltò lentamente verso il rasta, gli occhi semi ricoperti dalla frangia.
«Sono cieco, razza di coglione».
Genere: Drammatico, Romantico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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13 minuti, aveva solo 13 minuti. E, doveva ammetterlo, in quel frangente si sentiva un vero coglione.
Si sentiva in colpa, si sentiva arrabbiato ed irritato da quello strano tizio truccato, con quel suo fare da stronzetto impertinente, accompagnata da quell'impercettibile amarezza nel sorriso, oltre che nello sguardo.
O per lo meno, a Tom così sembrò. Anche se, doveva ammettere anche questo, non era riuscito a guardarlo dritto negli occhi e, se lo aveva fatto, era stato solo di sfuggita.
Bill li teneva bassi e quando guardava, diciamo, qualcuno, i suoi capelli neri gli ricoprivano metà volto.
Tutti questi pensieri galoppavano nella mente del rasta, che intanto era entrato nell'istituto semi vuoto. Ricordava perfettamente la classe di Georg e Gustav, dopotutto era anche la sua vecchia aula.
Sorrise divertito quando il suo vecchio insegnante di matematica, quasi non si strozzò con il caffè alla sua vista.

"K... Kaulitz? Sogno o son desto?"
"No, professore, non torno a scuola, dica pure al suo psichiatra di stare tranquillo" sorrise questo malizioso, defilandosi prima che l'insegnante potesse riprenderlo.
In effetti Tom era stato uno studente pessimo. Odiava studiare, odiava gli insegnanti e odiava doversi svegliare presto la mattina. Odiava i banchi, perchè cazzo, persino quelli erano scomodi, con quelle sedioline per i pigmei!
Imboccò il corridoio a destra e l'odore di polvere e plastica lo invase, come ai vecchi tempi. Rallentò il passo per pochi secondi, poi corse spedito verso la classe del moro, roteando gli occhi nell'udire parlottare degli studenti a poca distanza da sè.
Si voltò un attimo, sperando di non essere pedinato dall'insegnante, quando ad un tratto si ritrovò davanti un altro corpo, che lo fece sbandare, facendolo quasi cadere a terra, goffamente.
Quello sì che era il mese degli scontri...
Tom si tenne il naso con la mano, riprendendosi dallo scontro con lo studente, che in realtà si dimostrarono essere due, tra l'altro maschi e a braccetto.
Ed ecco che la vecchia vena di bullo riapparve nel sangue del rasta.
"Razza di checche, non vedete che ci sta una cazzo di persona che sta camminando? Siete per caso cieche, cristo santo? Siete ritardati o cosa? Toglietevi di mezzo, va, che mi state anche facendo perdere tempo!", sbraitò il rasta, spintonando il più alto della coppia, che si irrigidì all'istante.
"Fottuti ragazzini imbranati..." borbottò Tom, superandoli a grandi falcate.
E nel farlo, udì  il ragazzo che aveva appena spinto, rispondergli a gran voce.
"Fri, ma chi cazzo si crede di essere quello li? Ehi, tu, nel caso non te ne fossi accorto il cieco ci sta e sono io! Problemi? Se domani mattina ti svegli uhm, diciamo, cieco, non venire da me a piagnucolare perchè i tuoi compagni di gioco ti prendono in giro perchè usi una bacchetta per camminare, ok?" sbraitò isterico questo, facendogli il verso.
"Come os... C... Che cazzo?" Tom deglutì, chiuse per un momento gli occhi, esasperato.
Non poteva essere, non di nuovo!
Si appuntò mentalmente: "Mese degli scontri e delle figure di merda"
Poi si voltò e, come aveva immaginato, quella voce proveniva da Bill che incazzato nero, parlottava animatamente con un ragazzino molto più basso di lui, biondo, che cercava di trascinarlo via, ma con scarsi risultati.
La scena era adorabilmente buffa, Tom doveva ammetterlo.
Incontrò per un attimo lo sguardo del biondo e si sentì davvero un coglione. Sbuffò sonoramente, poggiandosi entrambe le mani sulle strette treccine scure.

"Se... Senti, non so chi tu sia, ma ti conviene andartene, il mio amico la mattina è intrattabile e io non voglio morire per colpa della sua linguaccia biforcuta..." balbettò il ragazzo e in risposta il moro mise un carinissimo broncio, seguito da una linguaccia.
"Ehi, Fri, vacci piano, per interpellare la mia stupendissima lingua esigo una domanda in carta bollata e..."
Il rasta seguiva la conversazione scioccato, mentre ammirava il luccichio del piercing alla lingua di Bill. Era una situazione alquanto strana e, sì, anche comica, ma soprattutto strana.
I minuti erano diventati 5  e il moro non la piantava più di predicare su quanto fosse importante la sua lingua e che dopo la scuola se ne sarebbe andato ad allevare mufloni in Bangladesh pur di non vedere più la faccia di Friedrich che, per inciso non aveva mai visto, ma quelli erano solo "dettagli trascurabili"
"Dio, ma quanto è isterico?" pensò Tom, facendosi coraggio ed avvicinarsi così ai due, afferrando Bill per un polso.
Come si aspettava il moro si voltò verso di lui, con aria davvero innervosita.
"Ehi, ma si puo' sapere che cazz..."
Tom strinse maggiormente il suo polso, avvicinandosi pericolosamente al suo orecchio, spostandogli qualche morbida ciocca, dietro le spalle.
"Oggi si fa filone, raggio di sole...", sussurrò piano, lanciando un' occhiata complice a Friedrich, che deglutì.

-

Bill si stupì dell'estremo cambiamento che quella giornata aveva preso.
Era entrato in classe e aveva trovato Friedrich, seduto al banco che piagnucolava perchè non aveva studiato un cazzo di tedesco, come suo solito.
Bill si era seduto accanto a lui e gli aveva dato una pacca affettuosa sulla coscia, come faceva sempre.
“Dai, Fri, manco io ho studiato un cazzo!” disse il moro, sorridendo.
Poteva anche essere stupido, ma doveva ammetterlo, voleva un bene dell’anima al suo amico.
Quest’ultimo, stranamente non rise, ma anzi si voltò verso di lui e Bill si sentì i suoi occhi addosso.
“Bill, hai la faccia più cadaverica del solito e… E so cos’è successo con il professore e… Mi dispiace, io…”
Il moro lo aveva interrotto, non era abituato a parlare di queste cose con Friedrich. In realtà, quella era la loro prima discussione seria, discussione che terminò con un goffo abbraccio e qualche lacrima che Bill cercò di nascondere, ma che il biondo notò subito.
Poi ci fu l’incontro con quel ritardato che lo aveva letteralmente rapito.

*

“Ehi, tizio, se credi che verrò affetto dalla sindrome di Stoccolma ti sbagli, anzi ti dirò mi stai già sul cazzo!”
Borbottava Bill, mentre Tom, goffamente, lo afferrava spaventato per il polso ogni qual volta c’era da scendere un gradino.
E, puntualmente riceveva una gomitata da Bill che, irritato, sbuffava sonoramente, ripetendo in continuazione:
“So che c’è uno scalino, non sono mai caduto da quando non vedo, fly down amico, ok?”
E Tom puntualmente annuiva, ma poi all’ennesimo gradino lo riafferrava, sentendosi oramai un coglione di fama internazionale.
“Ehi, dolcezza, chiudere un po’ quella boccaccia no, eh? Non ci vedi ma compensi bene la mancanza della vista con triliardi di chiacchiere e lamentele…” disse Tom, ridacchiando.
Cosa che fece anche Bill, mollandogli un'altra gomitata nel fianco.
“Ok, ok, posso almeno sapere dove stiamo andando? Senti, se vuoi stuprarmi sappi che ho un’ arma e non ho paura di usarla…” borbottò, sollevando il bastone bianco, ordinatamente piegato, che penzolava dalla sua mano.
Il rasta inarcò un sopracciglio incuriosito, fermandosi un attimo.
“Cos’è?” disse, strappandogli il bastone di mano, cercando di  slegarlo.
“Ehi! Attento, devi aprirlo bene, se sbagli si apre di scatto e ti fai m…”
“Ahio!” gridò infatti Tom, mentre il bastone bianco si apriva e sistemava di colpo, colpendogli il dorso della mano.
“Ma che razza di… Fighissima macchina infernale è mai questa?” sussurrò Tom, illuminandosi e poggiando la rotella del bastone a terra.
“Bill sbuffò sonoramente, scrollando le spalle.
“E’ un bastone bianco, lo usiamo noi talpe per orientarci, ma è orribile e io lo odio e… Tom, dacci un taglio!”
Il rasta non lo stava ascoltando, era troppo impegnato a scorrazzare per il parco lasciando scorrere la rotella del bastone a terra, goffamente, ridendo come un idiota.
“Bill, sto coso è tostissimo! Aspetta, ora ti accompagno qui da me e…”
“Posso arrivarci anche da solo, aspirante talpa…” ridacchiò Bill e il rasta se lo ritrovò alle spalle, illuminato dal sole invernale.
“Ma… Come hai fatto?” chiese Tom, mentre accennava dei ridicoli passi di danza con il bastone”
“Ho seguito il suono della tua voce. Alieno, eh?” mormorò Bill, alzando un sopracciglio.
“Ora puoi dirmi perché mi hai portato al parco e, soprattutto, perché sei qui?”
Tom lo afferrò nuovamente per il polso e lo costrinse a sedersi di peso su una panchina, ridacchiando alle espressioni truci del moro, che accavallò le gambe indispettito.
“Volevo scus… Ehi, ma poi… Come fai ad usare il telefono? Cioè, cazzo, poi come fai a truccarti? E, uhm, ci sei su Facebook?”
Il rasta era curioso peggio di una scimmia e quel morettino tutto bronci e scrollate di spalle, non gli stava poi così antipatico.
Bill sorrise divertito, scrollando, infatti le spalle. Quante volte gli avevano fatto quelle domande? Un miliardo di volte, come minimo.
“Beh, so truccarmi perché ho seguito un corso di make up per non vedenti a Monaco, tra l’altro ero il più figo del corso, hm, per il cellulare uso una sintesi, se hai un IPhone puoi entrare anche tu nel mondo delle talpe e vedo che la cosa ti eccita molto… E sì, ci sono su Facebook, se mi dici almeno il tuo cognome ti aggiung…”

“FAMMI VEDERE IL TELEFONO!”, urlò Tom, scuotendo il moro che, ridacchiando, tirò fuori un nuovo modello di IPhone dalla tracolla, con una strambissima cover a forma di Vodka.
“Ubriacone…” borbottò divertito il rasta, afferrando il cellulare.
“Vecchia pettegola…” rispose a tono Bill, sbloccandogli il cellulare.
Fatto ciò, il telefono cominciò a parlare e Tom si illuminò per la seconda volta.
“Cazzo, è una figata assurda! Non sapevo che, insomma… Basta avere un IPhone e il gioco è fatto?”
Bill annuì piano, scuotendo la testa all’entusiasmo eccessivo del ragazzo.
“Sì, diciamo che sull’IPhone basta andare in impostazioni ed attivare la sintesi, mentre per gli altri telefoni bisogna scaricare dei programmi che fanno abbastanza cagare…” disse, gesticolando distrattamente.
Tom sembrava un bambino scemo mentre scriveva delle parolacce sul blocco note, facendole poi leggere alla sintesi.
“Nooooo, senti come dice bene cacca!”
Il moro si diede una manata sulla fronte, scoppiando suo malgrado a ridere.
“Dammi quel cazzo di telefono o me lo rincoglionisci!”
Continuò a ridere, mentre si riappropriava del suo cellulare.
Anche Tom rise, incrociando le braccia al petto.
“E come fai a usare il computer? Ah, e perché non c’è il tuo cane?”
“Uso una sintesi anche con il computer, i cosidetti screen readers… Per windows c’è una sintesi a parte, per i Mac c’è già il pr… Come fai a sapere di Rania, scusa?”
Tom si morse la lingua e ringraziò di aver accanto un ragazzo che non poteva vedere la sua espressione disperata.
“Ecco, io… Diciamo che è il motivo per cui ti ho rapito, ecco. Ho fatto una figura di merda allo studio, ho fatto una figura di merda oggi a scuola e ho ehm… Fatto una abnorme figura di merda quel Sabato che c’ho provato con te… Ma ehi, ero ubriaco e tesoro, se non sapessi che hai il pacco giurerei tu fossi una ragazza…”
Bill lo ascoltò interdetto, poi sgranò gli occhi, ma Tom non riuscì, nemmeno quella volta, a guardarli bene.
“Eri tu quel cretino? Cristo, mi hai fatto venire un infarto quella sera! Sapevo ci fosse qualcosa di familiare in quella voce!” disse in falsetto, coprendosi la bocca con la mano.
“Cristo, Bill, ma quanto sei gay da 1 a te stesso?” rise Tom, nonostante la propria confessione imbarazzante.
“Sono più o meno ai tuoi livelli, nemmeno tu mi sembri poi così etero…” borbottò il moro, alzando il nasino, con fare vanitoso.
“Bella battuta, ma tutti sanno chi sono e no, Tom Kaulitz è eterissimo e, soprattutto, non chiede mai scusa a nessuno! Perciò, tesoro, sentiti onorato”
“Tom Kaulitz? Non prendertela, ma non ho mai sentito parlare di te…” disse all’improvviso Bill, facendo quasi cadere la mascella al rasta.
“C… Come sarebbe a dire non sai chi sono?  Tom Kaulitz, il più figo, il latin lover, il bastardo?”
“Uhm… Nein” scosse la testa Bill, facendo spallucce.
Tom sgranò gli occhi, sorpreso.
“Ma dove cazzo vivi!?”
“A Berlino”, gli fece il verso Bill.
“Ok, ok, calmiamoci. Sabato non prendere impegni, ok? Sabato c’è una festa e tu devi assolutamente partecipare. Cristo, porta anche il tuo amico, siete fuori dal mondo o cosa?”
Bill si rabbuiò, scuotendo deciso la testa.
“Scordatelo, le feste dove vado io vanno sempre a finire male, puntualmente rimango da solo”
“Sciocchezze, Sabato vieni, niente storie!”
Annuì deciso Tom, nell’euforia del momento.
Se ne sarebbe pentito amaramente e Bill ancor di più, di aver accettato.

 

 

 

Note dell’autrice

 

Salve a tutte! Allora, saranno passati secoli sì, me ne rendo conto, ma quest’anno ho la maturità e il mio cervello non è in grado di fare più cose contemporaneamente. Mi spiace tantissimo, ma, insomma… Spero possiate perdonarmi!

Devo dire che questo è il mio capitolo preferito, l’ho riletto dopo mesi e ho riso da sola per tutte le stronzate che ho potuto scriverci. E’ uno dei miei capitoli preferiti perché spiega per filo e per segno gli ausili che i ciechi usano, dato che c’è una disinformazione da far paura e in molte storie che ho letto su questo sito ci sono cose sui ciechi che sono illegibili, direi aliene, ecco. Perciò questo capitolo è per sfatare un po’ certi miti e per dare le giuste informazioni, casomai qualcuna di voi dovesse perdere la vista, insomma, sapete già come muovervi.

LOL umore nero a parte, ringrazio tutte coloro che hanno recensito, vi amo, io… Io vi tromberei tutte, davvero, ma non lo farò perché sono una persona dai sani principi e bla, bla, bla.

Mi sto dilungando, quindi, niente…

 

Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate!

 

XX

 

   
 
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