Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.681 (Fidipù)
Note: Buona Pasqua a tutti! Bene, anche per le feste son qua a
rompervi. Contenti, vero? Dunque...che posso dire di questo capitolo? A
parte la citazione (rimaneggiata, ovviamente) a uno dei miei film
preferiti, che altro posso dire? Siamo arrivati al fatidico giorno
(fortuna che la storia non si sviluppa in un arco di anni, altrimenti mi
uccidevo seduta stante visto quando sono lenta a narrare) e...Mh. Sapete
che non so cosa dire? Anche perché sarebbe tutto altamente spoiler, e dato
che sono diventata una seguace dell'Astrucismo (Religione di Astruc), la
mia prima regola è "No Spoiler". No, scherzi a parte, non voglio
rovinarvi (di più) la lettura. Quindi, ringrazio tutti coloro che leggono,
commentono, inseriscono in una delle liste la mia storia e...al prossimo
capitolo!
Tikki si svegliò, avvertendo la
presenza di Plagg: era strano che il kwami nero giungesse fino a casa di
Marinette da solo, ma dubitava che a quell’ora della notte il giovane
facesse visita alla sua signora; attenta a non svegliare la ragazza, volò
oltre la botola e osservò il piccolo terrazzino leggermente illuminato
dalla luce lunare.
Plagg era seduto sulla balaustra di metallo, il musetto rivolto verso
l’alto: «Non è da te venire solo.» mormorò Tikki, planando al fianco del
compagno e osservandolo: «Anzi, tu non vieni mai da solo e se vieni è solo
perché Adrien si trasforma.»
«Volevo parlare di alcune cose.» dichiarò Plagg, voltandosi verso di lei e
abbozzando un sorriso: «Ma con quel gatto in calore è un po’ difficile.»
Tikki ridacchiò, portandosi una zampina al musetto: «Ma non sono le
femmine che vanno in calore?»
«In ogni caso, quello ha gli ormoni a mille.» sbuffò Plagg, scuotendo il
capo: «Tu lo vedi solo quando è con lei, non sai com’è…» si fermò,
muovendosi a disagio: «…da solo.»
«Eppure dovresti esserci abituato, quanti Chat Noir adolescenti hai
avuto?»
«Nel passato erano molto più tranquilli di questo.»
Tikki sorrise, alzando il faccino rosso verso il cielo e socchiudendo gli
occhi alla brezza notturna: «Perché sei qui, Plagg?»
Il kwami nero rimase in silenzio, abbassando lo sguardo e osservando i
pochi che si avventuravano per la città addormentata: «Secondo te, Fu ci
ha detto tutto?»
«In che senso?»
«Non so. E’ come se ci fosse qualcosa che dovremmo sapere…»
«Riguardo a Coeur Noir?»
«Sì. Mi sento come se fossimo in bilico su qualcosa: possiamo cadere ma
anche non farlo.»
«Siamo poetici stanotte.» mormorò la kwami, soppesando le parole
dell’altro: «E’ una sensazione che ho anch’io: Coeur Noir, secondo te,
potrebbe essere…»
«No. Assolutamente no. E’ morta da tempo ormai.»
«Ma non lo sappiamo per certo.»
«Tikki no!»
«E se fosse davvero lei?»
Plagg si alzò, posando le zampette sulle spalle dell’altra e fissandola
negli occhi: «No. Sappiamo benissimo che è impossibile: non è lei, Tikki.»
La kwami rossa sospirò, annuendo con la testa: «Sì, hai ragione. Non può
essere. Scusami, Plagg.»
«Tranquilla, Tikki.»
Sbadigliò, osservando i video sul web dei due eroi cittadini: il suo
gigante di ghiaccio, il suo golem, i suoi cristalli neri…
Tutti distrutti da quei due.
«Ladybug e Chat Noir…» mormorò, accarezzando l’immagine dei due eroi: «Mi
chiedo se saprete battere anche il mio prossimo giocattolino.»
«Ti vedo felice.» commentò Tikki, osservando la ragazza che si stava
preparando, canticchiando la canzone di Jagged Stone, che proveniva a
tutto volume dalle casse del pc.
«Stanotte ho preso una decisione.» decretò Marinette, prendendo un vestito
dall’armadio e provandoselo, gettandolo poi sul fondo del mobile e
afferrandone un altro: «La mia indecisione, il mio imbarazzo costante…beh,
tutto viene perché ho paura, no?»
La kwami annuì, osservandola scartare un altro abito.
«E quindi mi sono detta: perché avere paura di questi sentimenti? Io amo
Adrien, Adrien ama me e…» si fermò, muovendo la mano destra nell’aria:
«beh, tutto verrà da sé.»
«Marinette…» mormorò Tikki, volteggiando nell’aria e poi fermandosi
davanti al volto della ragazza: «Sono così fiera di te…»
«C’è veramente poco da essere orgogliosi: guarda quanto tempo ci ho messo
per prendere questa decisione.»
«Ma l’hai presa!»
«Bisogna vedere quanto durerà questa mia sicurezza.»
«Ogni volta che hai preso una decisione così, l’hai sempre mantenuta.
Ricordatelo.»
«Grazie, Tikki.»
Licenziato.
Wei osservò la busta che conteneva il suo ultimo stipendio, sapendo che
con quei soldi avrebbe dovuto vivere finché…
Beh, finché non avrebbe trovato un nuovo lavoro.
Fantastico. Meraviglioso.
L’alternativa sarebbe stata tornare in Cina, ma non voleva nemmeno
pensarci: la vita là era anche peggiore.
Doveva solo trovare un lavoro. Tutto lì.
E ci sarà stato qualcuno che voleva un ventenne cinese, che parlava
malissimo francese, ma in compenso lavorava come un mulo?
Sospirò, alzando lo sguardo da terra e osservando un anziano signore
camminare nella sua direzione: il passo era tremolante e la presa sul
bastone incerta; lo vide vacillare e, senza pensarci, corse e lo afferrò
prima che rovinasse a terra: «Bene sta?» scosse il capo, cercando di
ricordare come si diceva la frase corretta: «Sta bene?»
L’uomo, di sicuro cinese come lui, gli sorrise ringraziandolo
calorosamente: «Posso andare?» mormorò Wei, incerto sul suo francese: «Può
arrivare a casa?»
«Certo. Grazie mille, giovanotto.»
Il ragazzo annuì, riprendendo la sua strada e ignorando lo sguardo
d’interesse del vecchio.
Fu sorrise, fissando il ragazzo che lo aveva appena aiutato.
L’aveva trovato.
«Bro, ti prego, non lasciarmi.»
Adrien sospirò, alzando gli occhi al cielo e tirando fuori una camicia
dall’armadio: «Nino, seriamente, è la tua ragazza.»
«Sì, lo so.»
«E mi spieghi perché dovrei venire anch’io?»
«Perché ho paura di quello che potrebbe farmi se siamo soli?»
«Cosa potrebbe farti?» bofonchiò il biondo, gettando un’occhiata a Plagg
che, tranquillo, si sbaffava l’ennesima scatola di camembert: «Stuprarti?»
Silenzio.
Adrien scosse il capo, attivando il vivavoce e iniziando a vestirsi:
«Pensi che lo farebbe veramente?» domandò Nino dall’altro capo, con la
voce strozzata.
«Dipende. Dove andate?»
«Non abbiamo deciso niente, pensavamo…» il ragazzo si fermò, schiarendosi
la voce: «…beh, di fare un giro e poi andare in un locale. Qualcosa di
molto semplice.»
«Non pensare a quello che ti ho detto io, allora.» sentenziò Adrien,
osservando la sua figura allo specchio e scuotendo il capo, prendendo una
nuova camicia e ignorando il commento che Plagg bofonchiò: «Andrà tutto
bene, fidati.»
Sentì un sospiro dall’altro capo: «Massì, cosa vuoi che succeda.»
Wayzz volò fino all’ingresso, osservando il maestro rientrare: «Posso
sapere dov’è andato?» domandò, incrociando le zampette e seguendo
l’anziano fino al grammofono: «E posso sapere cosa sta facendo?»
«Coeur Noir è una minaccia.»
«Lo so.»
Fu si voltò verso il kwami, azionando il meccanismo e aspettando che lo
scrigno dei Miraculous uscisse: «Io non posso più tenere questo.»
dichiarò, alzando il polso e mostrando il bracciale al kwami: «E’ tempo
che mi metta da parte e che ci sia un nuovo portatore.»
«Maestro, non può…»
«Sarò una guida per tutti voi.» sentenziò Fu, senza guardare il kwami: si
tolse il monile e si voltò, in tempo per osservare Wayzz sparire in una
sfera di luce: «Perdonami, Wayzz, per non avertene parlato prima.»
mormorò, carezzando la pietra verde e poi prendendo una scatolina nera:
adagiò il bracciale della Tartaruga al suo interno, facendo scivolare le
dita sul monile e sorridendo mestamente: «Sei stato un fidato compagno, in
questi centonovant’anni. Ma è tempo che tu abbia qualcuno più giovane al
tuo fianco.»
«Andrà tutto bene…» bofonchiò il biondo, seduto a gambe incrociate, mentre
poggiava la guancia contro il pugno chiuso e osservava ciò che gli si
parava davanti: «Seriamente, quanto posso essere sfortunato per questo?»
sbottò, indicando il mostro di sabbia che stava creando caos per la
strada.
Ladybug sorrise al suo fianco, allungando la mano e accarezzandolo sulla
testa: «Non per girare il coltello nella piaga, ma…»
«Sì, sì. Lo avevi detto.»
«Il film salterà, ma possiamo andare a bere qualcosa, no? Possibilmente
qualcosa di caldo.»
«Se vuoi qualcosa di caldo ci sono io, my lady.»
La ragazza s’inginocchiò davanti al giovane, sorridendo e posandogli un
dito guantato di rosso sulle labbra: «Lo so, micetto. Ma al momento
abbiamo un nemico da sconfiggere…»
«Sbaglio o qualcuno sembra aver preso sicurezza? domandò Chat, issandosi a
sedere e sgranchendosi i muscoli delle spalle: «E non intendo solo perché
sei Ladybug, al momento.»
«Ti ricordi di quando andavamo al college e iniziai a parlarti in modo
normale?»
«Perché? C’è mai stato un momento in cui non balbettavi o creavi parole
assurde?»
«Bene. Bello, sapere che il coraggio che mettevo nel parlarti non
funzionava.»
«Sto scherzando, my lady.» dichiarò Chat, sorridendo: «Sì, ricordo che a
un certo punto hai iniziato a parlarmi in modo semi decente…»
«Ecco, ieri ho preso una decisione simile a quella che presi in quel
periodo.»
«Ovvero?»
Ladybug sorrise, voltandosi verso di lui e guardandolo negli occhi: «Non
voglio più essere intimorita da quello che provo per te.»
L’eroe le sorrise, passandole un braccio attorno alla vita e tirandola
verso di sé: «Mi piace come decisione.» dichiarò, chinando la testa e
sfiorando le labbra con le sue; la sentì posare una mano sulla sua spalla,
allungandosi per poter baciarlo meglio: la convinse ad aprire le labbra,
approfondendo il bacio, mentre le mani di lei scivolavano dietro il collo
e lo stringevano.
«Ah. Adesso è così che combattete i nemici?» domandò una voce divertita
che, entrambi, conoscevano bene: si staccarono velocemente e si voltarono
verso Volpina che, dalla cima del tetto ove stavano, li fissava divertita:
«Ciao LB. Micetto, è sempre una gioia per gli occhi incontrarti.»
«Volpina.» mormorò Ladybug, mentre l’altra saltava e atterrava a fianco
dell’eroina parigina: «Qual buon vento?»
«Te l’ho detto: conta su di me.» dichiarò la ragazza, indicandosi e
facendole l’occhiolino: «Se c’è un nemico, Volpina ti aiuterà!»
«Grazie.»
«E poi io non cerco d’infilarmi nella tua tutina, il che vuol dire tanto.»
«Ti odio.» dichiarò Chat, fissando male la ragazza in arancio e bianco,
che ricambiò il sorriso divertita: «Sei sulla mia lista nera, volpe.»
«Oh. Ho fatto arrabbiare il gattino nero. Come farò adesso? Come potrò
sopravvivere a ciò?»
«Io ti…»
«Fermatevi! O vi lego da qualche parte.»
«My lady…»
«Insieme!»
«Giuro, non potrei sopportarlo per più di due secondi.» Volpina indicò
Chat, scuotendo il capo: «Tu mi hai illuso quattro anni fa! Sembravi il
principe azzurro e invece sei…»
«Un modello, ricco, bello? Ah, e non dimentichiamoci: supereroe, idolo
delle folle…» buttò lì Chat, sorridendo affabile e evitando il colpo con
il flauto che Volpina aveva provato a infliggergli.
«Ora basta! Possiamo andare a occuparci di quella cosa là?» domandò
Ladybug, indicando la figura umanoide fatta di sabbia che, ancora,
distruggeva la strada sottostante.
«Disse quella che, fino a pochi secondi fa, aveva la lingua infilata nella
sua bocca.» commentò Volpina, indicando l’eroe in nero e saltando poi giù
dal tetto.
«Io avviso: se per caso la colpisco con il mio potere, non l’ho fatto
apposta.»
Wei si sdraiò sul divano, socchiudendo gli occhi.
Che giornata inconcludente.
Aveva sperato di poter cercare lavoro ma la città era stata bloccata per
via di un attacco e, così, era stato costretto a tornare a casa.
Bene.
Fantastico.
Si voltò, notando solo in quel momento la scatola nera poggiata sul piano
della sua cucina.
Non era sua.
Non l’aveva mai vista.
Si alzò, avvicinandosi e studiandola: era in legno scuro, laccato di nero,
e un simbolo rosso era inciso sul coperchio. La prese fra le mani,
costatandone il peso e poi, spinto dalla curiosità, l’aprì, venendo
avvolto da una strana luce che lo costrinse a chiudere gli occhi; quando
li riaprì, uno strano esserino verde era a mezz’aria di fronte a lui.
«Maledetto Fu! Ma tanto prima o poi ci rincontreremo e potrò dirti tutto
quello che penso.» sbuffò l’affarino, fissando poi lo sguardo su di lui:
«Il mio nome è Wayzz e sono un kwami.»
Volpina sorrise, osservando Ladybug aspirare il mostro di sabbia, dopo che
i loro attacchi erano andati a vuoto: «Utile il Lucky Charm.»
constatò, ruotando il flauto lungo e sorridendo alla ragazza: «Ha fatto
apparire un aspirapolvere.»
«Per una volta…» sentenziò la ragazza, finendo di aspirare il tutto con
l’apparecchio portatile che il suo potere aveva materializzato,
lanciandolo poi per aria e riportando tutto alla normalità: «Di solito non
è così efficiente, diciamo.»
«Ah no?»
Ladybug scosse il capo, avvicinandosi al suo partner: «Chat ne sa
qualcosa, vero?»
«Come dimenticare le biglie, l’asciugamano, poi cos’altro hai tirato fuori
dal tuo cilindro? Ah sì, la lacca, la scatola da scatola da scarpe…» si
fermò, scuotendo il capo biondo: «Una lista infinita di oggetti assurdi.»
«E adesso che si fa?»
«Tu non lo so.» decretò subito Chat, indicando l’eroina vulpina: «Noi
abbiamo un appuntamento.»
«Tranquillo, micetto. Non voglio rovinare il tuo rendez-vous.»
«Lo spero bene.»
«Ci vediamo lunedì a scuola, LB. Micetto.» dichiarò la ragazza, balzando
via e lasciando i due da soli.
«Non la sopporto.»
«Ma come? Non eri tu…»
«Non ricordarmi cosa ho detto in passato. Ora non la reggo.» dichiarò il
ragazzo, imbronciandosi e incrociando le braccia, fissando male il punto
in cui Volpina era sparita, mentre Ladybug ridacchiò, scuotendo il capo
corvino: «Che c’è?»
«Tu non hai idea di quanto sei adorabile quando fai così.»
«Meraviglioso. La mia ragazza pensa che io sia adorabile.»
«Ehi, è un complimento!»
«Adorabile è un complimento se rivolto a te.» sbuffò Chat, saltando sul
tetto e venendo immediatamente seguito dalla ragazza: «Ma se rivolto a
me…» si fermò, balzando in uno dei vicoli sottostanti e sentendo la
trasformazione sciogliersi: «…beh, è sminuirmi, my lady.» concluse,
alzando la testa e osservando l’eroina.
Ladybug alzò gli occhi al cielo e sbuffò; poi saltò e, come per Chat,
anche la sua trasformazione si concluse: «Cosa dovrei dirti allora? Che
sei bello, tremendamente sexy e che, per non so quanto tempo, ho avuto
problemi anche solo a dirti: “Ciao, figone, sono Marinette e vorrei
invitarti al cinema, ma sono talmente innamorata di te che non riesco a
parlarti senza che la mia bocca”?»
«Mh. Sì, direi che così è meglio.»
«Scusatemi.» mormorò Plagg, fluttuando fra i due: «Odio davvero
interrompere questi momenti in cui gli ormoni si librano in volo e tutto
quanto, ma qua noi abbiamo fame.»
«Maledizione!» tuonò, osservando la sua creatura venire aspirata.
Aspirata.
Strinse le mani a pugno, sentendo le unghie conficcarsi nella carne.
Un altro esperimento.
Un ultimo tentativo.
Adrien abbozzò un sorriso alla cameriera che lo guardava stranita,
sperando che con quello ignorasse l’ordine di formaggio e caffè: «Ah, può
mettere solo Camembert?»
«Solo Camembert?»
«Sì.»
«Camembert?»
«Già.»
«E’ possibile avere anche un po’ di biscotti?» mormorò Marinette,
intromettendosi e sorridendo dolcemente alla donna: «assieme al mio latte.
Grazie.»
La donna annuì, osservando poi Adrien e andandosene borbottando qualcosa:
«Non potevi mangiare biscotti come Tikki?» piagnucolò il ragazzo,
guardando male il kwami che faceva capolino dalla tasca: «O qualcosa di
più normale.»
«Voi miscredenti non capite la bellezza del Camembert.»
«L’unica cosa che capisco di quel formaggio è che puzza. Puzza tanto.»
«Adrien…» mormorò dolce Marinette, allungando una mano e toccando quella
di lui, subito le dita del giovane si mossero catturando quelle della
ragazza: «…mi dispiace per l’appuntamento.»
«Beh, non sei stata tu a far venire Sandman, no?»
«Però almeno sono riuscita a prendere la stoffa.» dichiarò giuliva
Marinette, spostando lo sguardo sulla borsa ai suoi piedi: «Sei sicuro che
ti vada bene quella tonalità di grigio? Se preferisci altri colori…»
«Mi fido della mia stilista preferita.»
«Pensavo fosse tuo padre, il tuo stilista preferito.»
«Vesto la marca di mio padre perché è l’unica che trovo in casa mia, ma la
mia stilista preferita è Marinette Dupain-Cheng.»
Marinette sorrise, allungandosi sopra al tavolo e baciandolo a fior di
labbra: «Grazie.» mormorò, mentre le guance le diventavano rosa; si voltò,
osservando la cameriera con i loro ordini e tornò al loro posto: «Mi
scusi.»
«Tranquilla, signorina.» dichiarò la donna, posando sul tavolo il piatto
di formaggio, i biscotti e le bevande: «A voi.»
«Grazie.»
«Ok, è tempo di mangiare.» dichiarò Adrien, osservando i due kwami volare
sul tavolo e iniziare a rimpinzarsi, mentre Marinette e lui li
nascondevano meglio che potevano: «Plagg, ti avviso, niente rutti.»
«Ci proverò.»
Aveva la risposta pronta da dare a quell’insolente di kwami e stava per
dirla, quando alcune urla e gente in fuga, lo bloccarono: «Cosa sta
succedendo?» si voltò verso Marinette e la trovò in piedi, che allungava
il collo per vedere meglio fuori dalla vetrata: «Non può essere un altro
attacco, no?»
«Non so dirti…»
La cameriera corse verso di loro, affannata e con lo sguardo stravolto:
«Ragazzi, presto! Dobbiamo andare via! Sembra sia apparsa una pianta
gigante in un parco qui vicino e i suoi tentacoli…» la videro scuotere il
capo e andare ad allertare gli altri clienti.
«Ok, è un altro attacco. Ma non ha niente di meglio da fare questo Coeur
Noir? Che so una partita a poker con gli altri super-cattivi? Una vita
vera?»
«Andiamo, dobbiamo trasformarci. Di nuovo.»
«Ho sempre sognato di fare un po’ di giardinaggio con piante mortali.»