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Autore: Crilu_98    28/03/2016    1 recensioni
Quali sono le radici dell'odio smisurato che Heriman prova nei confronti di Fabio? Chi è Myrddin Emrys? Come ha fatto Massimo a sfuggire alla morte a Fiesole? Le risposte a queste e ad altre domande della long "Hereditas".
1- Io avrei ucciso quel romano, lo avrei cacciato e braccato come una preda. Li avrei vendicati, tutti quanti.
2- Mi avevano detto che sarebbe stato semplice: ma la guerra, che sia una battaglia campale o un logorante compito di vedetta, non è mai semplice.
3- Nella mia mente non posso fare a meno di pensare come sarebbe stato se avessi tenuto Artorius con me: forse è per questo che la sua voce da neonato mi fa visita in sogno.
4- . Quella era la mia mappa, la mia garanzia di poter tornare a casa. Perché sì, un giorno io sarei tornata a casa.
5- Molti hanno paura di me e allo stesso tempo mi rispettano, come rispettano gli antichi dei di questa terra: qualcosa di troppo arcano e misterioso per riuscire a comprenderlo, ma che non si può ignorare.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
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Quando mi arruolai nell'esercito non avevo davvero messo in conto che di lì a pochi mesi avrei partecipato ad una delle battaglie più gloriose degli ultimi cinquant'anni.
Ero un ragazzino di diciassette anni a cui era appena cresciuta la barba e avevo chiara solo una cosa della mia vita: non avrei fatto il commerciante come mio padre, sempre perso dietro a merci e scartoffie, sempre chino sulle pergamene a far di conto, sempre in viaggio nel suo solito giro dei mercati. No, semmai quella era la vita di mio fratello: io volevo diventare un soldato e così sarebbe stato. Mio padre mi comprò un cavallo e una buona spada e con quelli mi diressi a Roma, dove fui arruolato senza troppe difficoltà. Come ho detto, mi sarei aspettato un lungo periodo di addestramento, o di essere inviato sul confine... Non di dover fronteggiare un'orda di barbari.
Analizzandoli a distanza di anni, i fatti sono abbastanza chiari ed ordinati: gli Unni decisero di spostarsi nelle valli dei Germani e dei Goti, i quali decisero a loro volta che l'impero di Roma non era abbastanza forte da reggere l'invasione dell'Italia.
E i primi scontri diedero loro ragione: il loro re, Radagaiso, condusse senza troppe perdite i suoi uomini fin oltre le Alpi, fino a cingere d'assedio Firenze.
Fu allora, nell'estate del 406, che il generale Stilicone reclutò quanti più uomini possibili per scontrarci con i Goti.
 
Marciammo per giorni ed infine giungemmo nei pressi di Fiesole: avvertiti del nostro arrivo, i barbari si ritirarono sulle colline e finimmo per accerchiarli. Ci fermammo alcuni giorni senza attaccare, aspettando che il loro incredibile numero fosse sfoltito dalla fame: sentivo l'eccitazione e l'ansia montare in me in egual misura.
La sera prima dello scontro decisivo mi scontrai con un soldato più o meno della mia età e finimmo entrambi a terra:
-Guarda dove vai!- sbottò lo sconosciuto, irritato. Era poco più alto di me e aveva una corporazione più snella, folti capelli neri e due magnetici occhi castani.
-Sei tu che mi sei venuto addosso.- replicai risentito, rialzandomi. Il ragazzo poggiò la mano sull'elsa della spada:
-Come?- ringhiò. Io alzai un sopracciglio, ghignando divertito: la mia peculiare caratteristica che faceva disperare i miei genitori e buona parte del paese, era proprio l'incapacità di prendere le cose sul serio.
-Che animo suscettibile! Cosa c'è, ti ho sgualcito la tunica?-
L'altro socchiuse gli occhi, studiandomi. Poi, senza preavviso, mi sferrò un pugno in pieno viso. Barcollai stupito:
"Dev'essere davvero un animo suscettibile!" pensai, con una punta di malignità. In breve ci ritrovammo a lottare avvinghiati come due leoni su una preda, tentando di scoprire ognuno i punti deboli dell'altro. Furono i nostri commilitoni a separarci, prima che l'intervento di qualche centurione ci condannasse ad una punizione esemplare.
-Vedi di non incrociare più il tuo cammino con il mio, Massimo Antonio Decio!-
Non sono mai riuscito a capire come conoscesse il mio nome.
-Sarò ben felice di accontentarti... Com'è che ti chiami?-
Il ragazzo sorrise sprezzante, sputando un grumo di sangue prima di voltarmi le spalle.
 
Mi avevano detto che sarebbe stato semplice: nemici esausti ed affamati, vantaggio strategico, un buon condottiero... Ma la guerra, che sia una battaglia campale o un logorante compito di vedetta, non è mai semplice.
Mi ero distinto tra le giovani reclute grazie alla mia forza, ma affrontare barbari ridotti allo stremo in campo aperto si stava rivelando un orrore difficile da superare.
Uccidere per non essere uccisi scuote anche l'anima di chi si credeva capace di superare tutto e nella battaglia di Fiesole imparai che nonostante la maestosità delle nostre città, nonostante la cultura, nonostante la grazia di Dio... Noi uomini lottavamo come animali.
E nei barbari ciò era evidente più che nei soldati romani: noi eravamo efficienti, compatti, mossi da una strategia comune; i Goti si gettavano urlando su chiunque non facesse parte del loro schieramento, uccidendo, mutilando, agitando asce e spade grandi quasi quanto me.
Uno di loro, che svettava sopra di me con tutte le spalle, mi attaccò da un lato caricandomi con una testata e spedendomi a terra. Mi ero appena liberato di un avversario difficile, ero esausto per il caldo, la fatica e anche per quell'eccitazione malata che invade un guerriero durante lo scontro: voltai il capo sorpreso e stordito, osservando con un certo distacco l'uomo che si avvicinava a grandi passi, roteando la spada. La fame lo aveva reso pazzo: digrignava i denti come un lupo e aveva gli occhi iniettati di sangue.
Stavo per morire. Cercavo di far realizzare alla mia testa che entro pochi secondi avrei smesso di respirare, vedere, toccare, sentire... Ma niente, ero troppo sovraccaricato di emozioni e sensazioni per rendermene conto.
Allungai la mano per raggiungere la spada, ma sebbene fosse a pochi passi da me era comunque troppo lontana, il barbaro mi avrebbe staccato la testa prima che riuscissi a rimettermi in piedi.
Pensai a mio padre, ai suoi rimproveri e al timore che aveva provato nel vedermi andare via:
"Avevi ragione, padre, ah!, quanto avevi ragione..."
Un coltello, lanciato da chissà dove, terminò la sua corsa nell'avambraccio del gigante, che ululò di dolore mentre la spada vacillava. Sbarrai gli occhi, colpito, e riacquistai lucidità: con una capriola balzai in piedi e raccolsi la mia arma... Solo allora mi accorsi che il mio salvatore era il ragazzo con cui mi ero picchiato la sera prima. Gli occhi ambrati mi squadravano con divertimento:
-Hai una faccia stupita, Decio!- ghignò. Prima che potessi rispondere, il barbaro si lanciò contro di lui con un grido belluino, deciso ad ucciderlo nonostante la ferita al braccio sanguinasse copiosamente. Bastò uno sguardo per metterci d'accordo: mi affiancai allo sconosciuto e dopo una lotta estenuante riuscii a far scivolare il barbaro sul terreno leggermente fangoso della collina. Senza esitare, l'altro affondò la spada nel suo petto, uccidendolo.
La battaglia attorno a noi infuriava e ben presto fummo separati, senza che fossi riuscito a ringraziarlo, o a chiedere il suo nome.
 
Lo rividi dopo pochi giorni, con una fasciatura sulla gamba e ancora sul viso i segni del nostro scontro. Mi chiamò da lontano ed accennò un saluto, zoppicando per raggiungermi.
-Sei sopravvissuto!- constatò con tranquillità.
-Anche tu.- replicai -Con qualche ammaccatura...-
-Non è niente!- sbuffò il ragazzo scrollando il capo. Sollevai un sopracciglio, perplesso: cosa voleva da me?
-Grazie per avermi salvato la vita, comunque...- dissi, titubante.
-L'avrebbe fatto chiunque.-
-Magari non proprio lo stesso uomo che la sera prima mi aveva massacrato di botte, però... Sì, probabilmente a ruoli invertiti anche io avrei aiutato un commilitone, anche se arrogante e suscettibile come te.-
Lui sbuffò.
-Come ti chiami?- proseguii, accettando la brocca di vino che mi offriva. I soldati romani erano quasi tutti ubriachi, avendo esagerato nel festeggiare la vittoria. Solo alcuni, solerti, stavano incatenando e conducendo via i numerosi Goti resi schiavi.
-Fabio Gallieno Umbro.-
-Da dove vieni?-
-Roma.-
-Oltre ad avere un pessimo carattere sei anche silenzioso, eh, Umbro? Poco male, dicono che io sia molto ciarliero, posso chiacchierare per tutti e due! Vengo dal sud dell'Italia, dalla Lucania, per la precisione e la mia famiglia...-
-Non ti è passato per la testa che le tue parole potessero non interessarmi?-
-Liberissimo di andare via e di lasciarmi a parlare al vento come un ubriaco o un pazzo. Ma ricorda: ce le siamo date di santa ragione e poi ci siamo guardati le spalle a vicenda. Potrebbe essere l'inizio di una solida amicizia, non credi?-
Fabio sbuffò ancora, ma sorrideva: col tempo mi sarei abituato a quel lato del suo carattere, e avrei imparato anche ad apprezzarlo.
-Sì, potrebbe essere...-
-Ah, perfetto: il mio primo vero amico nell'esercito! Ma ci pensi che un giorno, quando saremo vecchi potremo raccontare ai nostri figli di aver vissuto questo giorno? E lo ricorderemo solennemente con le lacrime agli occhi e....-
-Massimo-
-Sì?-
-Hanno ragione: parli veramente troppo.-
 
 
Angolo Autrice:
Prima di tutto, le mie famose e tanto apprezzate note storiche. Per facilitarmi il compito (xD) ho inserito qualche informazione nella storia: l'antefatto della battaglia di Fiesole fu veramente la migrazione degli Unni nella pianura ungherese e molti dei Goti sopravvissuti allo scontro furono resi schiavi. Sul resoconto della battaglia ci sono due fonti principali: Onorio, da cui ho preso spunto per questa one-shot, e Zosimo, più tardo e decisamente meno attendibile. La stima di Onorio si aggira intorno ai 200.000 barbari Goti a cui si aggiungono gli ausiliari visigoti ed unni... Secondo Zosimo non è da escludere, inoltre, che Radagaiso (il quale fu decapitato davanti alle porte di Firenze dieci giorni dopo, il 23 agosto del 406) fosse segretamente d'accordo con un giovanissimo Alarico per invadere la penisola. La maggior parte degli storici oggi rigetta questa teoria e ritiene che l'arrivo degli unni nei territori goti sia stato la spinta decisiva per l'azzardo di Radagaiso, che sperava di ottenere con l'invasione il tanto sospirato permesso di vivere nei territori dell'Impero. Ciò che non bisogna mai dimenticare (e su cui, a mio avviso, bisognerebbe riflettere) quando si parla di barbari, infatti, è che questi non volevano distruggere Roma, ma beneficiare del suo progresso...
Tornando ai nostri personaggi... Il primo incontro tra Massimo e Fabio non è dei migliori e fin da subito emergono i loro caratteri: beffardo e amichevole il primo, taciturno ed irascibile il secondo.
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!
A presto
 
Crilu
   
 
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