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Autore: Kimmy_90    01/04/2009    3 recensioni
Philosophi, Custodes: guerrieri e sapienti, condottieri cresciuti ed istruiti, usati, stressati, tirati oltre ogni limite. Bambini sottratti ai genitori per divenire macchine da guerra: Utopia o Distopia?
E se il tutto, che a stento si regge in piedi, crollasse a dispetto dell'uno?
E se l'uno fosse dalla parte del tutto?
Dove trovi la ragione, dal sempre fu o dal nuovo che porta terrore come solo questo sa fare?
E se la routine della guerra divenisse l'isto di una catastrofe?
Siamo in un altro mondo, signori, e qui non v'è magia alcuna: soltanto geni...
Geni e Demoni.
[Storia in revisione] [Revisionata sino al capitolo 10]
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Cristallo di sale' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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24. Contratto



La più forte delle anime cadde.
Il più forte degli dei la raccolse.

O magari il contrario.




E.
E.
E no.
E no, no. No.
E.
E.
Non doveva esserci una E.
Non doveva esserci una congiunzione.
Non doveva esserci nulla da congiungere.
E.
E.
Doveva esserci un punto.
E.
Doveva esserci un Taglio.
E.
Doveva essere infinitamente finito.
Doveva poter scrivere la parola fine con il suo stesso sangue.

E.

Era quella E.
Era tutta colpa di quella dannatissima E.




Piccolo mio.
Piccolo mio.
Due parole inutili, che non ho mai sentito prima d'ora.
Vai via, domandavo.
Piccolo mio. Mio cucciolo, mia creatura.
No.
Taci.
Taci.
Non è semplice vivere, piccolo mio.
Non sono il tuo piccolo.
Tu credi?

Non sono il piccolo di nessuno - e invece lo sei
Non ho legami - e invece ne hai
Lasciami andare - no
Voglio solo andare - no
Ti odio - sì
Ti prego - no
Non posso più decidere nemmeno della mia vi - non ti appartiene, piccolo mio.
Sì - no
Sì - no
Era l'unica cosa che avevo capito - no
Lasciami andare - no
Esci e lasciami - no
Cosa vuoi da me?



E.
E il dolore che riaffiora lento e inesorabile.
E.
E l'aria che brucia i polmoni.
E basta un respiro e un altro ancora.

E.

E il sangue che circola e sgorga e lambisce e le ossa che lacerano la carne e i nervi che urlano e imprecano e tutto e dolore e solo male fondamentalmente male e rotto e distrutto ed era alto alto alto ed era lontano e voleva essere basta e basta e non poteva e non reggeva e non sapeva e non capiva chi era e.
E.
E.
E aveva passato la vita a voler essere e.
E aveva sempre agito solo come Naruto e.
E aveva miseramente fallito e.
E quella cosa che aveva in corpo e.
E contava solo quella e non lui e.
E non funzionava e.
Ed essere non era bastato e.
E ogni volta che provava a ricordare qualcosa un muro e.
E.
E.

Lentamente.
Fra un gemito e l'altro.
L'acqua. Una goccia. Un'altra.

Basta l'inizio.
La diga cede alla prima crepa.

E.
Un attimo.
E.

La volpe si accoccola affianco al bambino.
Il demone carezza il volto dell'uomo.

Lui beve da quel fiume che irrompe.
L'acqua lo investe.
Ricordi.

Danni.

Conseguenze.


La volpe prende il bambino per la collottola. Lo sposta. Lo posa con dolcezza per terra.
L'uomo osserva il demone, colmo d'odio.
Il demone ringhia.
L'uomo ringhia.
La volpe pulisce il volto del bambino, con la lingua rugosa e calda.

Naruto ricorda.

L'uomo indietreggia.
Il bambino si sveglia.
Guarda l'uomo. Abbraccia la volpe.

Il senso manca.

Naruto non comprende.
Naruto percepisce.

Il demone si siede accanto alla volpe.
L'uomo si siede accanto al bambino.

Naruto percepisce.
Naruto percepisce definitivamente se' stesso.

Socchiude gli occhi.
Li richiude.

Naruto ascolta.



***



Due menti fuse ma sfuse.
La storia non doveva nemmeno essere raccontata, perchè già insita nella sua mente, nella sua carne, nelle pupille affilate sulle scarlatte iridi.
Due entità distinte.

Questo era l'importante.

Due entità distinte, e al contempo infinitamente legate.

 



***

 



La volpe non avrebbe mai compreso com'era stato possibile che l'uomo - essere misero, infimo, al pari delle formiche - fosse riuscito a catturarla. L'unica cosa che il demone aveva colto era stato l'infinito sconforto che la prigionia le aveva procurato.
Kyuubi era stata rinchiusa.
Kyuubi, che era il maggiore dei nove demoni che calcavano quelle terre.
Kyuubi, volpe a nove code, creatura al di sopra di tutte le creature.
Kyuubi, che nei tempi passati era stata il Kami per quegli stessi uomini che ora la rinchiudevano, grazie a non si sa quale portentoso stratagemma.
Ma la volpe scalciava, si dimenava, minacciava di liberarsi istante dopo istante: e, sebbene fosse stata, nelle ultime centinaia di anni, totalmente noncurante degli uomini, ora - lo sapeva lei come lo sapevano loro - sarebbe stata disposta a distruggere l'universo stesso per rendere il torto subito.



Dunque tu odi gli uomini.
Questo è vero.

Il demone sovrastò la volpe, fissando l'uomo negli occhi.



Kyuubi ricordava gli occhi ambrati d'una donna. Lo sguardo indeciso, la determinazione del volto spesso smorzata da una lieve paura.
Lo sguardo di chi gioca col fuoco, e non lo fa per sua volontà.
Lo sguardo di chi si è scottato con un fiammifero, ed ora è intento a lavorare con un lanciafiamme.



Tsunade.
Sì.
La philosophus.
Tsunade è una donna triste, bambino mio.
Smettila di chiamarmi così.



Fra ira ed agitazione, sommersa e soffocata dal suo stesso potere, ella cercava la fuga in ogni modo, ad ogni prezzo, per qualsiasi sacrificio.
Tsunade vedeva ciò.
E Tsunade non voleva giocare col fuoco.



Questi uomini, questi esseri, sono creature che non imparano.
Anch'io sono un uomo.
No, tu sei il mio bambino.

L'uomo si erse di scatto, sovrastando il bambino, pronto ad affrontare il demone per poter proteggere il suo simile.
Ma il piccolo pareva in armonia con la volpe.



Lei ricordava le urla di quella minuscola creatura in cui fu pressata.
L'oppressione che aveva provato sino a quel momento era nulla in confronto a quella nuova. Le catene che la legavano a quel corpo, così piccolo, fragile, infintamente mortale, erano mille volte più robuste di quelle che l'avevano trattenuta sin'ora.
Kyuubi ringhiava adirata mentre il piccolo gridava tutto il suo dolore al mondo.
E mentre le due anime compresse in un sol punto domandavano l'una pietà, l'altra vendetta, gli uomini, impassibili, continuavano il loro lavoro, perseguivano il proprio scopo.
Non solo noncuranti, ma nemmeno consci di cosa stessero facendo.
E del perchè.



Forte è il tuo cuore, bambino mio.
Non sono il tuo bambino.
Mi ci volle infinito tempo per poter allentare anche di poco la tua stretta.
Io non ho mai fatto niente.
Per alcuni tu eri Il Demone, sebbene tu non lo sapessi. Per altri tu non eri nulla. Per altri ancora, tu eri Naruto.
Konohamaru.
Sei stato la peggior prigione che un Kami potesse concepire.
Konohamaru.
Solo gli attimi di sconforto mi concedevano di respirare.
Konohamaru.
E' morto.
A causa mia.
Poichè Essere è quanto di più complesso ci sia al mondo.

L'uomo iniziò a respirare lentamente, ma con affanno. Camminò un po' indietro, barcollando, il demone che continuava a fissarlo negli occhi.

Io odio gli uomini, bambino mio.
Io sono un uomo.
Non ancora. Probabilmente mai.
Taci.
E' questo che desideravi, bambino mio. Poter parlare con me. Da infinito tempo. O erro?
No. E' vero.
Sei la mia trappola, ma al contempo io sono la tua.
Io ti odio.
Solo in parte.
... non cambia.
Io sono costretta all'esistenza entro di te, e così io ti costringo al vivere. Sinchè io intendo vivere, non saranno sufficiente ne' uno, ne' mille chilometri di caduta. Potrai soffrire, e soffrirai. Tanto quanto colui che l'isto seguente è morto. Ma non basteranno mai.
Così tu mi costringi ad una vita che non posso controllare e non intendo proseguire.
Non è nel mio volere.
Allora liberati e lasciami andare.
Questo va al di fuori delle mie e delle tue capacità. Te lo dissi prima: le tue catene sono infinitamente forti.
Io volevo morire.
Ma non smettere d'essere, solo smettere di vivere. Poichè tu vuoi decidere. Ah, grande è stato l'errore degli uomini a rinchiudermi in te.
Non cederò. Non più. Non ti lascerò il controllo.
Ne sono consapevole, bambino mio. Rare saranno le volte, semmai accadrà.
Cosa vuoi da me?
Nulla, bambino mio. Ormai più nulla.
Impossibile.
Oramai io ti amo.



Odiare gli uomini non le aveva permesso di non realizzare quanto il torto da lei subito ed il torto subito dalla creatura che la ospitava si equiparassero, nonostante questa creatura fosse un uomo a sua volta.
Continuava ad essere adirata, a voler scappare, e, più infuriava, più comprendeva che non avrebbe mai e poi mai abbandonato quella prigione.
Intanto, l'esserino che aveva consciuto urlante, agitato e colmo di dolore, cresceva.
E lei lo vedeva.
Colmo di volontà.
Bisognoso di riconoscimenti. Dovessero essere anche solo frustate.
Nonostante ogni tanto lei tentasse una fuga, lui la reprimeva sempre, senza nemmeno rendersi conto di cosa stesse sopraffacendo con quella sua infinita coscienza di se'.
Naruto Era.
Naruto era Sempre stato.
E l'unico momento in cui lei era riuscita a prevalere, era quando lui s'era perso nella battaglia, nella follia umana, nella sete di sangue, nella paura e infine nella morte. Solo allora aveva potuto provare a controllare quel corpo-prigione.
Solo allora aveva potuto sfogare una sola, minima parte della sua collera.
Attirata, in parte, da un demone suo simile; dall'altro lato, desiderosa unicamente di distruggere il mondo umano.

Ma era stato un attimo breve.
Naruto aveva stretto nuovamente, rapidamente e con infinita forza le catene.



Le due armi che portavi con te mi hanno sempre irritata.
Io le adoravo. Tu me le hai tolte. Mi hai tolto il mio legame con gli altri esseri umani.
Esatto.
Le voglio indietro.
Ora non puoi.
Le Pretendo.
Naruto. Tu non comprendi.
Io comprendo, setu ad essere in collera con un intero genere quando sono stati in pochi a farti del male. E sebbene tu abbia il coraggio di 'amarmi', ti ostini a crede che tutto il mondo sia tale a quelli che ti hanno rinchiusa.
Il fatto che un'altra Regio abbia fatto con Shukaku la stessa cosa.
Shukaku?
Il rosso. L'altro.
Devo vedere il Rosso.
Naruto.
Voglio le mie armi.
Non puoi tornare indietro. Ma sarò sincera, bambino mio. Io non posso nulla. Ne' scomparire, ne' fuggire, ne' prevalere su di te. E oramai ho perso interesse: nuocere a te non avrebbe senso. Tu comandi, nonostante sia stato il terrore di non farlo, la paura di non essere tu l'autore del tuo stesso comportamento, a farti fuggire da colore che io più odiavo.
Io comando.
Ebbene sì.
Tu sei il demone, l'ombra e il fantasma delle mie notti, la voce dei miei incubi, delle mie crisi, colei che mi ha portata alla tortura.
In parte, ma non del tutto. Col tempo impareremo a distinguerci meglio, anche se distinti già siamo.
Col tempo. Non ha senso.
Ne ha.
Voglio le mie armi.
Se intendi tornare indietro, torna.
.... .... Ma non posso.
Così è.
Cosa farò, adesso? Nulla.
Detestali quanto li detesto io.
No.
Lo sai cosa ti hanno fatto. Questo. Questo, ti hanno fatto.
... No.
Sì.
Non li posso detestare. Devo solo proteggerli. Da te.
Naruto, non hai ancora compreso cos'è successo?
... Sì, l'ho compreso. Ma ne' Sasuke, ne' Kiba, ne' Neji... nessuno di loro ha colpa.
E gli altri?

La volpe si era allontanata leggermente dal bambino, cercando la protezione del demone. Il bambino, a sua volta, s'era avvicinato all'uomo. Ma il piccolo non pareva intimorito dall'altra coppia, a cui invece volgeva le spalle: intento ad abbracciare la gamba dell'uomo, lo osservava dal basso.
La volpe si avvicinò lentamente, mentre il demone si metteva a sedere.

Io voglio Essere.
Sì.
Proteggimi. Lasciami in pace. Lascia che io trovi il modo di vendicarti, e ti vendicherò.
Hai i miei servigi, bambino mio.
Ma un giorno riprenderò in mano le mie armi.







***




Aprì lentamente gli occhi, colto dalla luce di un'alba che non aveva mai visto. Sull'orizzonte, pallido, giallastro, d'una terra di coltivazioni sconfinate, si levava il sole.
Un vortice di dolore. Una serie di infinite e lancinanti fitte, pulsanti, l'una dopo l'altra, ritmiche.
Semidisteso nella pozza del suo stesso sangue.
Non morto.
Quasi.

Ma ogni ricordo ed ogni idea era ora chiara in lui.

Provò a muoversi, senza risultato alcuno.
Socchiuse gli occhi, li riaprì.
Davanti a lui, un mondo sconosciuto.

La sua terra.

Il suo esilio.
Il suo rifugio.





Convergenza:
[...]6 TS biol., analogia di struttura o di disposizioni organiche che presentano organismi non discendenti da progenitori comuni: c. adattativa, evolutiva;
7 TS antrop., insieme di rassomiglianze e parallelismi esistenti tra elementi culturali elaborati da popolazioni diverse e lontane dovuti alla sostanziale unità del pensiero umano [...]

 


[noticina]
Joyce ritorna nei miei pensieri.
Altro capitolo che bramavo oramai da anni di poter scrivere.
Satification.
(so che siamo in parte OOC - so anche che è un caos, ma vabbè. Fa niente. Immagino abbiate compreso quanto sia contorta la situazione psicologica di questo mio disgraziatissimo personaggio. Anzi. Temo forse che in alcuni tratti io l'abbia affrontata in maniera troppo semplicistica. Onestamente non riuscivo a fare di più... questo capitolo è stato una vera grande sudata.)

   
 
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