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Autore: _ A r i a    29/03/2016    4 recensioni
{supernatural!AU | gli accenni di ship ci sono solo per chi li vuole vedere | questa storia partecipa alla challenge D'infiniti mondi e AU indetta da AleDic sul forum di Efp}
Dio, poi … esiste un Dio, qualcuno che regolamenta ogni nostra azione? Addentrarsi in discorsi come questo è sempre così estremamente rischioso, tanto da finire a camminare sul ciglio di quell’immensa voragine, oltre la quale si finirebbe per cadere nell’ineluttabilità di un salto mortale a capofitto, senza più ritorno … troppi sarebbero i se ed i ma, così infiniti che forse non si riuscirebbe più a ritrovare la via del ritorno, quella grazie alla quale ci si raccapezza, si ritorna al punto di partenza senza ulteriori intoppi.
Di analoga impostazione ma esito differente è la domanda sull’esistenza di creature divine … la loro realtà per molti risulta incerta, altri tuttavia giurano e spergiurano che siano veri in tutto e per tutto.
Molti continueranno a chiudere gli occhi o a voltare la testa da un’altra parte, tuttavia la figura che ora attraversa a piccoli passi la grande terrazza sembra essere lì proprio per smentire e fugare ogni dubbio di scettici e malfidenti.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una terrazza buia si affaccia su una notte ancora più oscura, sembra quasi essere senza fine.
Eppure la pietra bianca e marmorea di quell’architettura vittoriana si riflette lucente e cacofonica in quel nero così piatto, invariabile.
Piedi nudi ed incerti percorrono quello spazio di fredde lastre bianche, occhi rossi ed inquieti vagano da una parte all’altra alla ricerca di chissà cosa, forse solo di capire dove si trovi, forse in realtà non sta cercando proprio niente.
La veste candida si muove eterea nell’aria, mossa da venti d’incomprensibile provenienza. Sono caldi … dopotutto però chi mai sarebbe in grado di distinguere ancora il caldo dal freddo, il giusto dallo scorretto, il chiaro dallo scuro … chi mai potrebbe persistere in un’idea tanto sciocca, come quella di preservare una simile ideologia, tanto fittizia quanto surreale in un mondo che si presenta davanti agli occhi di chiunque come quello, oscurità che domina incontrastata in quel piccolo squarcio sul resto del mondo?
Mondo … che parola inesatta. Esiste un mondo? Com’è concepito? Qual è l’idea di esso, nella mente di qualunque comune mortale? Una massa policromatica di verde e d’azzurro, di mare e di foreste? Un agglomerato eterogeneo di rocce e di grattacieli, di persone che camminano lente sui marciapiedi di un’immensa metropoli e di taxi giallognoli che sfrecciano al loro fianco?
Quelle immagini non sono altro che erronee concezioni che appaiono agli occhi degli esseri umani, tuttavia questi ultimi non avranno mai la certezza assoluta che queste corrispondano alla realtà.
Dopotutto, chi mai potrebbe loro confermarlo? Esiste forse un giudice supremo, capace di distinguere quei concetti che agli occhi di chiunque appaiono sempre più così astratti, la differenza tra caldo e freddo, giusto e scorretto, chiaro e scuro?
Oh, se così fosse con ogni probabilità la sua figura dovrebbe corrispondere a quella di un essere divino, decisamente superiore a tutte le infamie di questo orrendo mondo.
E se invece quello che noi arditamente osiamo definire mondo dovesse ridursi a nient’altro che quella terrazza buia e dimenticata da Dio?
Dio, poi … esiste un Dio, qualcuno che regolamenta ogni nostra azione? Addentrarsi in discorsi come questo è sempre così estremamente rischioso, tanto da finire a camminare sul ciglio di quell’immensa voragine, oltre la quale si finirebbe per cadere nell’ineluttabilità di un salto mortale a capofitto, senza più ritorno … troppi sarebbero i se ed i ma, così infiniti che forse non si riuscirebbe più a ritrovare la via del ritorno, quella grazie alla quale ci si raccapezza, si ritorna al punto di partenza senza ulteriori intoppi.
Di analoga impostazione ma esito differente è la domanda sull’esistenza di creature divine … la loro realtà per molti risulta incerta, altri tuttavia giurano e spergiurano che siano veri in tutto e per tutto.
Molti continueranno a chiudere gli occhi o a voltare la testa da un’altra parte, tuttavia la figura che ora attraversa a piccoli passi la grande terrazza sembra essere lì proprio per smentire e fugare ogni dubbio di scettici e malfidenti.
Yuuto spiega le proprie candide ali nella notte infinita, mentre giunge davanti alla pallida balaustra.
Si siede su di essa senza un motivo apparente, o forse senza uno preciso, lasciando vagare i propri occhi nell’abisso della notte, cercando un qualche spiraglio di luce, una lama che infrange ogni barriera o dannata regola e conduce finalmente tutta l’umanità verso una nuova alba.
E invece no, non potrà mai avvenire nulla del genere, poiché ormai sono le Tenebre a farla da padrone, loro che impostano il loro gioco e che mettono le carte in tavola, loro che hanno deciso che d’ora in poi il mondo non sarà fatto di nient’altro se non di quella stessa oscurità.
A Yuuto quella decisione non era andata a genio, aveva creduto che fossero tutti dei folli, che quell’oscurità non avrebbe portato a niente di buono.
Verranno a prendere anche me, ricorda, più a se stesso che ad altri, sorridendo mestamente per l’ineluttabilità della faccenda.
Già quasi li sente, passi affrettati e indolenti, calcare ogni singolo movimento su quel terreno bianco come la neve.
Eccoli, sono dunque giunti a profanare il suo Paradiso, l’unico angolo di quiete rimasto su quel mondo regolato da costrizioni viziose ed asfissianti.
«Kidou Yuuto» si sente chiamare, anzi, oserebbe dire reclamare da una voce atona, priva di qualsiasi sfumatura.
L’ultimo angelo rimasto puro sulla Terra si volta lentamente verso quello che sa essere il suo aguzzino, quello che ucciderà definitivamente quanto di etereo ed incorruttibile ci sia mai stato in quell’esile corpo.
Sorride quasi dolcemente, dolcemente, all’intruso che ora tanto barbaramente invade il suo territorio, lo intossica con la sua sola e stessa presenza, rendendolo marcio, irrespirabile.
Una presenza alta e scura si erge ora dinanzi a lui, in tutto il suo tetro splendore, grandi ali da demone spiegate ampie nel vuoto, che quasi sembrano coprire la terrazza in tutta la sua mera lunghezza.
Yuuto non può negare a se stesso di trovare così … estremamente affascinante quello che ora si è ritrovato davanti, un demone, all’apparenza invincibile e potente, dalla fisionomia slanciata, le spalle larghe che sembrano poter avvolgere tutto il mondo se solo lo volessero, la pelle leggermente bronzea, temprata forse dalle leggendarie fiamme dell’Inferno stesse.
Ha occhi piccoli e neri … eppure sembra risiederci l’abisso da quanto sono profondi, quegli occhi. Ti fanno venir voglia di chiederti quali altri mondi abbiano visitato, quali altri orrori sia toccato loro in sorte di vedere.
E devono essere tanti, tanti davvero … perché quegli occhi sono in grado di trasmettere un’intensità ed una profondità di emozioni che davvero non ha eguali. Emozioni in gran parte negative, certo, tuttavia più li guardi e più non puoi fare a meno di chiederti se ci sia dell’altro, se vi si nasconda anche un qualcosa di positivo, per quanto questo possa essere piccolo.
Allora desideri affondarvi ancora di più, fino a non poterne più uscire, fino a non sapere più dove sia il fondo.
Il demone prende ad avvicinarsi lentamente all’angelo: non sa perché quest’ultimo abbia smesso di opporgli qualunque genere di resistenza, anzi per un breve seppur intenso sprazzo di lucidità gli è quasi sembrato che non abbia mai provato a combatterlo, così decide di non indugiare oltre.
Il suo è certamente tra i compiti più ingrati, recuperare tutti gli angeli caduti e rimasti sulla Terra e convertirli al verbo delle Tenebre, per poi portarli con sé, giù nell’abisso siderale, dal quale nessuno ha una neppur vaga possibilità di scampo.
Molti angeli, incredibilmente, sono riottosi, cercano in ogni modo di sottrarsi ai loro nuovi padroni; questo invece sembra proprio aver gettato la spugna, ogni speranza dissolta davanti ai suoi giovani occhi rossi in una nube fuligginosa.
Kageyama si domanda il perché di quell’arrendevolezza … deve ammettere di essersi trovato davanti ad un angelo –un ragazzo, dannazione– piuttosto affascinante, con quella costituzione così eterea e la pelle mortalmente pallida.
Forse, se si fosse ribellato, se avesse cercato in qualche modo di sottrarsi a lui … sarebbe stato tutto molto più divertente, no?
Ma che diamine va pensando?
Il suo compito è quello di corrompere l’anima di quel giovane, in fondo tanto meglio se non si ribella, questo rende le cose molto più facili e veloci da gestire … e il suo compito non si può affatto definire facile e veloce, considerando che deve andare in giro a tingere d’oscurità l’anima di tutti gli angeli rimasti sulla Terra.
Per una volta che gli capita una cosa facile …
Probabilmente ora la sua parte razionale desidererebbe delle spiegazione per quei futili pensieri di poco prima, tuttavia lui si decide a non ascoltarli, ora ha ben altro di cui occuparsi.
È ormai giunto davanti a quell’angelo: Yuuto stringe a sé la propria tunica bianca, tremando appena sotto le vesti.
Può fare l’impavido quanto vuole, eppure adesso non può proprio negare a se stesso di essere arrivato alla fine, al capolinea.
Vede l’ampio palmo del demone distendersi dinanzi ai suoi occhi inermi, avvicinarsi alle sue ali bianche ed integerrime ed accarezzarne il piumaggio, che quasi sembra essere stato intrecciato da altri della sua specie.
No, non toccarle!, pensa, dentro di sé, sebbene sia ormai cosciente che sia troppo tardi, troppo tardi per opporsi, troppo tardi per salvarsi.
Così ecco che le sue ali prendono a tingersi di quel nero, cupo come la notte infinita che ora regna sulla Terra, la sua Terra,un nero che ora sente penetrare fin negli angoli più profondi della sua anima, sporcarla senza rimedio alcuno, nessuna soluzione esistente, solo quella scontata arrendevolezza alla quale abbandonarsi senza più indugio alcuno.
Le ali divengono nere da capo a fondo, macchiandosi nella loro interezza.
Allora, solo allora, il demone si avvicina all’orecchio dell’angelo ormai corrotto, mordendolo e leccandolo mentre vi sussurra, con studiata voce suadente e al tempo stesso maliziosa:«Ora mi appartieni del tutto ~».
Yuuto sente aprirsi una voragine dentro di sé ed una proprio sotto di sé: nella prima è il demone a trascinarlo, giù, verso l’abisso che più temeva, mentre l’altra, nel suo petto, pare risucchiare e portare chissà dove il suo cuore.


L’Inferno è davvero un posto così … desolante. Yuuto non lo augurerebbe mai e poi mai a nessuno, neppure al suo peggior nemico, sul serio.
Peccato che il suo peggior nemico ci viva già, all’Inferno.
Kageyama, così ha scoperto chiamarsi il demone che, chissà quanto tempo fa ormai, l’ha privato della sua integrità morale di angelo, finisce di spolpare un ennesimo osso umano, rendendolo bianco e lucido nelle sue proprietà, per poi lanciarlo proprio nella direzione di Yuuto, con una certa voluttuosità.
Le fiamme rosse del regno degli inferi si stagliano cupe nel cielo nero come la morte … ci bruciano i dannati, in quelle fiamme, chiunque può sentirle, stridule, graffianti.
L’angelo compromesso se ne sta in un cantuccio, seduto rannicchiato su se stesso, le ginocchia strette al petto, le ali nere spiegate in modo da fargli scudo da qualsiasi genere di pericolo, sebbene sia piuttosto cosciente che nessuno laggiù gli farebbe mai del male, tranne Kageyama stesso, che si arrogato ogni diritto sulla sua esistenza molto tempo fa.
«Fa veramente schifo» sbotta il demone, con evidente riferimento all’osso scheggiato lanciato via poco prima.
Yuuto si limita a fare spallucce, non c’è davvero null’altro che si sente nella posizione di fare in un momento del genere.
Kageyama lo guarda di traverso, forse ha fatto qualcosa di sbagliato, lui non se ne accorto, davvero …
Kidou lo vede alzarsi dal suo trono di ossa, quasi riesce vederlo nella sua mente leccarle una ad una, con lentezza calcolata, pieno di godimento e malizia.
Ha visto quel trono erigersi davanti ai suoi occhi, costruirsi osso dopo osso, un femore qui, un’ulna di là …
Il suo signore si ferma a pochi passi da lui, afferrandogli il mento e costringendolo a guardarlo, di nuovo i suoi occhi rossi scivolano in quelle piccole pozzanghere nere.
È vero, è tutto così tremendamente reale, è suo, gli appartiene … e davvero non c’è modo alcuno in cui possa sfuggirgli.
Si sente sollevare da quelle mani viscide e sudice, che ha visto commettere ogni genere di peccato, che hanno indotto se stesso ed altri ad orrori inenarrabili, quelle mani che ora lo sfiorano, lo toccano, lo posseggono.
Yuuto deglutisce a vuoto, ormai non ha più voce per gridare in gola, inoltre se pure l’avesse sa che non riuscirebbe affatto a gridare, ora come ora; dopotutto, seppure con un’amare condiscendenza, sa già che sarebbe del tutto inutile.
Nessuno correrebbe mai in suo soccorso: per i demoni degli Inferi è lui ad essere nel torto, non certo che Kageyama, che da buon padrone non fa altro che prendersi ciò che, in effetti, gli spetta di diritto.
Poco importa che sia illegale: alla fin dei conti, chi più si cura di cosa sia lecito o meno, in quel regno d’abisso?
«Non dici niente al tuo padrone?» gli sussurra Kageyama, leccandoglielo come di sua consuetudine, sembra quasi che lo stia sbeffeggiando con ogni sua singola parola.
Reiji lo tiene leggermente sollevato, tenendo in una mano stretta a pugno quel che rimane delle sue vesti, un tempo candide ed ora ridotte così luride.
Non esiste niente di puro, all’Inferno.
«M - mio … mio Signore …» Yuuto si sforza di sussurrare, non sa nemmeno lui da dove riesca a trovare la voce necessaria per farlo, se sia la paura o l’istinto di sopravvivenza a permetterglielo, si sente la gola in fiamme e tutto il corpo dolorante.
Kageyama sogghigna, evidentemente questa volta deve proprio essere riuscito a soddisfarlo, valuta Yuuto tra sé.
«Non c’è nient’altro che avrei voluto sentirmi dire ~» gli conferma infatti poco dopo Kageyama, leccandosi le labbra, ancora una volta, pieno d’irrefrenabile piacere.
Ancora una volta si appropria di quello che gli appartiene, andando a sfiorare le cosce sotto la veste di Yuuto.
E davvero l’angelo caduto vorrebbe gridare … e ancora una volta si ritrova a valutare che le proprie grida non avrebbero esito alcuno.


Yuuto non ricorda più come sia caduto in quel circolo vizioso.
Ormai ha provato tutti i peccati esistenti, di quelli che gli angeli non potevano nemmeno nominare.
Erano troppo puri per poterlo fare; se avessero compiuto un’eresia del genere, se qualcosa come quello avesse provato anche lontanamente a raggiungere le loro labbra, essi sarebbero stati puniti duramente e nel peggiore dei modi.
Invece a Yuuto era andata proprio così: non era diventato nient’altro che un oggetto di desiderio alla più mera mercé di quel demone e dei suoi impulsi.
Non aveva mai voluto questo, nemmeno nel più fosco degli istanti della sua esistenza … eppure era lì, maledizione, incapace di sottrarsi a quella che per lui era ormai era tristemente divenuta una routine.
Si tortura le mani, le morderebbe perfino se solo avesse la matematica sicurezza che questo possa aiutarlo a sfuggire a tutto ciò.
Invece non ce l’ha e ovviamente, perdutamente, non gli rimane nient’altro che continuare a vivere nel suo stesso sfacelo, senza poter nemmeno sollevare un dito per potersi opporre.
Lui farebbe volentieri qualsiasi cosa in suo potere … tuttavia, concretamente, cos’è che gli rimane? Una qualche dignità da salvare? Certo che no, quella l’ha persa ormai da lungo tempo.
Allora, per cosa mai combattere?
Forse non è lui la chiave di quella vicenda, bensì quello che l’ha portato a ritrovarsi in quella situazione.
Le Tenebre lo reclamano … ma non era stato lui quello che si era sempre opposto strenuamente a quel dominio, cercando di lottare in ogni modo contro di esse e fornendo di nascosto sostegno ai suoi fratelli che, prima di lui, si erano ritrovati a soccombere ai piedi di quella forza incommensurabile?
Kageyama lancia un osso, che va a sommarsi alla catasta sotto Kidou: ormai, beffa delle beffe, ha fatto sì che anche l’angelo caduto avesse delle ossa su cui accomodarsi, proprio come aveva fatto per sé, con il suo trono.
Yuuto scuote la testa: per quanto detesti ammetterlo, nel suo gesto c’è una punta di rammarico.
«Ma come puoi vivere a questo modo?» sbotta infatti di lì a poco, incapace di trattenere l’odio e la desolazione nella propria voce.
Reiji si volta immediatamente ad osservarlo, non lo sentiva parlare da quella che gli era parsa una vita intera.
«Cielo, Kidou» commenta infatti di lì a poco, con uno spiccato e piuttosto pungente sarcasmo «era da molto tempo che non ti sentivo proferir parola ~».
Il ragazzo scuote la testa e butta fuori l’aria dalle labbra arricciate con frustrazione mentre si ostina a replicare:«Ti ho fatto una domanda, Kageyama, vedi bene di non ignorarla …».
«Altrimenti cosa fai?» Reiji sogghigna con perfidia, incapace di trattenersi, certo di avere già la vittoria in pugno con aria di superiorità e strafottenza «Ti metti ad urlare come una ragazzina? Credi davvero di poter sfuggire al mio potere in un tal modo? Tu sei mio, Kidou, vedi bene di non dimenticartene. Non vorrai davvero che ti punisca per un’inezia del genere».
Gli occhi di brace del ragazzo si rivolgono all’istante verso di lui, tuttavia questa volta rimane sul serio in silenzio.
Per un momento fin troppo breve Kageyama s’illude che il ragazzo gliel’abbia data vinta, che l’abbia lasciato vincere anche stavolta.
Eppure ormai dovrebbe conoscere Yuuto, dovrebbe sapere che con lui non esiste nulla di facile da raggiungere.
«Sto ancora aspettando una risposta» lo sente precisare, con qualcosa nella voce che identifica pericolosamente vicino all’acidità.
Si volta di scatto ad osservarlo, forse nessuno di loro due se lo aspettava, tanto che per un interminabile istante rimangono entrambi immobili, in attesa, nessuno dei due sa bene di cosa, ovviamente senza dire assolutamente nulla.
«E così vorresti sapere come faccio a vivere così, eh Kidou? E va bene, te lo dirò. Lascia che ti riveli una cosa, ragazzo: se tu non te ne fossi accorto io sono un demone e questo è il modo in cui i demoni stanno al mondo, pertanto non c’è altro modo al mondo in cui io possa vivere se non questo» si decide infine a spiegare, sforzandosi di mantenere per tutto il tempo della conversazione un’espressione impassibile ed il tono di chi sta dicendo un’ovvietà.
La risposta non sembra aver affatto convinto Kidou, che continua ad osservare Kageyama in modo estremamente critico.
«Ah, davvero?» lo sente obiettare ancora, tenace «E tu credi davvero di potermela dare a bere così? Che io in questi mesi non ti abbia osservato affatto e che non mi sia accorto di alcuni aspetti di te che nessun altro al mondo riuscirebbe a notare? Tu non sei questo, Kageyama, sei molto di più. Allora perché ti ostini a voler vivere in un modo tanto lurido …?».
Reiji lo fissa attentamente, sembra a corto di parole.
Perché, perché riesce a leggergli dentro così bene? Perché lui?
Sa che il ragazzo ha perfettamente ragione, tuttavia accordarglielo sarebbe davvero l’ultima delle sue umiliazioni e lui no, davvero, non può abbassarsi ad un livello del genere.
Così si costringe, suo malgrado, a prorompere in una risata apatica, piuttosto forzata.
Eppure lo fa, sul serio. Perché se c’è una cosa che ha imparato, in quella sua misera esistenza, è che siamo tutti tenuti a portare delle maschere, prima o poi.
E quella è la sua, dopotutto: un essere arcigno, arrogante, ignaro di sentimenti quali la dolcezza e la benevolenza.
Però, come aveva appena ammesso a se stesso, quella non era nient’altro che una maschera.
Neanche a farlo apposta, molti di quei sentimenti positivi aveva cominciato a provarli da quando aveva preso Yuuto sotto di sé.
Stupidi angeli, sempre così perfetti … non potrebbero averlo anche loro, qualche difetto?
Scuote la testa, sprezzante, mentre si lascia sfuggire un ennesimo –falso– verso di disgusto e ribatte:«Ragazzo, se non mi credi e non ti fidi di me e delle mie parole, beh, quella è l’uscita degli Inferi: prendila pure e vattene. Va’, ti dico: non è di elementi del genere che ho bisogno, al mio fianco».
Per un attimo che pare loro eterno entrambi rimangono lì, immobili, a fissarsi vicendevolmente, incapaci di fare o dire qualsiasi cosa.
Quando Kidou si rende conto della veridicità delle parole di Kageyama, tuttavia, esse finiscono irrimediabilmente per colpirlo in pieno, travolgendolo come fossero delle onde alte come palazzi.
Può andarsene da lì? Può … può davvero andarsene da lì?
Fissa attentamente Kageyama, cerca di comprendere se quello sia uno dei suoi ennesimi inganni o meno, senza sapersi decidere.
Può fidarsi di lui? Dopo tutto quello che è successo gli verrebbe spontaneo giungere alla conclusione che no, non può fidarsi di quel demone tentatore, che così tante –troppe– volte l’ha tratto in inganno.
Se potesse, cercherebbe di scrutare la sua anima nera, cercando di comprendere quali siano le sue reali intenzioni.
È una capacità che tutti gli angeli possiedono e della quale possono usufruire a loro più completo piacimento, sebbene si limitino a metterla in atto quando si ritrovano a dover giudicare gli esseri umani, in punto di morte, indagando nel più profondo della loro anima, sondandone ogni minimo centimetro alla ricerca anche del più insignificante briciolo di oscurità, parametro fondamentale che, se presente, nega a chiunque lo presenti l’accesso al Paradiso divino.
Yuuto ci è sempre riuscito, ad esplorare l’anima delle persone che si è ritrovato davanti, nella sua misera esperienza.
Con Kageyama no.
Non ce la fa, non ci riesce … e non tanto perché la sua anima è talmente nera e corrotta da non permettergli di accedervi, anzi, Yuuto già in passato si è ritrovato davanti persone dall’animo tremendamente compromesso che non meritavano l’accesso al luogo della provvidenza eterna, pertanto non è certo quello il problema.
Sinceramente non lo sa nemmeno lui, perché non riesce a leggergli dentro, tuttavia si è suo malgrado persuaso di una convinzione: per quanto quel demone si ostini a negarlo e a nasconderlo, dentro di lui continuerà per sempre a rimanere una seppur minima parte di luce, di bontà, che gli impedirà di essere del tutto malvagio per il resto della sua esistenza.
Una piccola lama di luce risiede sul fondo della sua anima, per quanto Reiji si ostini a negarlo; egli dunque non è estraneo a sentimenti quali la compassione e la benevolenza.
Dunque, se ora sta dicendo a Yuuto di andarsene, lo sta facendo unicamente per orgoglio, per continuare ad indossare quella dannata maschera di crudeltà ed indifferenza.
Anche se persiste nel nascondersi dietro quella immensa finzione, qualcosa di buono in fondo a lui ancora c’è, tuttavia non può permettere che quell’esistenza eterna di menzogne s’intacchi, che il suo orgoglio venga meno.
Vuoi andartene? Bene, fallo, sappi però che sono io a cacciarti, non certo tu che te ne vai di tua spontanea volontà.
Kidou scuote la testa.
Stupido orgoglioso.
Senza voltarsi, si muove di un piccolo, leggerissimo passo all’indietro.
Kageyama rimane fermo sul suo trono di ossa, non guarda in direzione di Yuuto, limitandosi a fissare vacuo un punto nel vuoto, assolutamente inesistente.
Kidou muove allora un altro passo.
Niente.
Ancora un passo.
Di nuovo, non accade nulla.
Yuuto prende un respiro profondo, in parte gli dispiace lasciarlo in quel modo, gli sembra una cosa così da vigliacchi; dall’altra però non fa altro che ripetersi che quella è l’occasione che attendeva da mesi … allora cos’è che lo ferma?
Non si starà lasciando andare a degli stupidi sentimentalismi? Lui?
E nei confronti di chi, poi? Di un demone che l’ha rapito e reso suo schiavo per tutto quel tempo?
Ridicolo.
Si volta di spalle, cominciando ad avviarsi dapprima lentamente e poi sempre più velocemente lungo la strada che porta all’uscita degli Inferi.
Non si volta indietro nemmeno una volta: se lo facesse dimostrerebbe a Kageyama, che lui stesso non è altro che apparenza e che sta fingendo, non ha tutto quel coraggio.
Così si mette a correre e se ne va, senza voltarsi.
Anche perché, con ogni probabilità, se si voltasse finirebbe per non andarsene più.
Mentre fugge dagli Inferi come un ladro, sente un pezzo di sé morire, restare per sempre incatenato in quell’abisso senza fine.
Non sa perché, forse è solo un’allucinazione, tuttavia per un istante che gli pare eterno quasi gli sembra di sentire Kageyama singhiozzare.

La notte è fresca e leggera, muove con leggiadria gli abiti che indossa, facendoli aderire perfettamente al suo corpo e a tratti addirittura solleticandolo.
Sono abiti bianchi, nuovi, puliti. Niente più stracci immondi a logorargli la pelle.
Yuuto si siede sulla sua terrazza, gli occhi ampi e rossi che vagano nell’infinità del cielo nero della notte.
Sembra quasi essere fatto da un velo sottilissimo, così facile attraversarlo …
Sono passati … mesi –o almeno lo crede– da quando è riuscito a fuggire dagli Inferi.
O meglio, da quando Kageyama gli ha permesso di farlo.
Se dicesse che gli capita di tanto in tanto di pensare a lui sarebbe la più grande delle sue bugie.
Non passa un singolo istante in cui non pensi a lui …
Le sue ali sono tornate candide come un tempo, tuttavia sulle punte persiste ancora del nero, a ricordargli dei peccati commessi e subiti, come se le avesse immerse in una boccetta d’inchiostro.
Inchiostro nero … come gli occhi di Kageyama …
Non l’ha più visto da allora, né Reiji ha mai reclamato il suo possesso su di lui.
L’ha solo lasciato fuggire … così, in un effimero attimo, concedendogli così la salvezza da quella condanna a vita..
Chissà dove sarà adesso, cosa farà, se sarà vivo, se sarà morto, se gli mancherò …
In realtà non desidera prendere in considerazione anche solo lontanamente l’ipotesi che Reiji potrebbe non essere vivo: durante tutto questo tempo ha scoperto che non è Kageyama ad essere orgoglioso, anche lui non scherza affatto.
Perciò, da bravo orgoglioso quale si ritrova ad essere, gli costa davvero una fatica ammettere che almeno un po’ è preoccupato per lui e che se davvero fosse morto non riuscirebbe a perdonarselo mai e poi mai.
Ha ottenuto la sua libertà, è stato il primo ed unico angelo che è riuscito a tornare indietro dagli Inferi … tuttavia, quale prezzo ha dovuto pagare, per ottenere quella libertà tanto agognata?
Sembra accorgersi solo adesso che la luna, piena e di un lucente colore lattiginoso, è ormai alta nel cielo, risplendendo in tutta la sua eterea bellezza.
Non sa perché, tuttavia gli viene praticamente spontaneo il paragone con le ali di Reiji e le proprie: il cielo nero come le ampie ali rivestite di squame del demone, la luna di quel colore niveo come le ali dell’angelo.
Kidou scuote amaramente la testa: sa che non dovrebbe pensare a lui, tuttavia, per quanto si sforzi, ogni suo tentativo gli appare miseramente, assolutamente vano.
I suoi occhi si perdono nella luna, vorrebbero annegarci dentro, essere risucchiati da quel mare perlaceo per poi non riemergerne mai più.
Chissà che, almeno così, tutte quelle sofferenze non finiscano davvero.
Una brezza leggera sferza la terrazza e Yuuto chiude gli occhi, appagato. Non gli importa più se il mondo finisca là o meno: ora sa che non sarà mai completo, senza la parte di sé che ha lasciato negli Inferi.





* AA *

Che persona deplorevole che sono …
Dunque, non so bene da dove cominciare, in questo angolino: non mi va di parlare di On time, non voglio fare promesse che so che poi non potrei mantenere. Equivarrebbe ad un inganno e sinceramente non credo che un colpo basso di questo genere sia necessario.
Non devo giustificazioni a nessuno, fatto sta che perlomeno alle persone che mi seguono e cui importa qualcosa di me (dubito che esistano, tuttavia nel caso preferisco precisare sempre) diciamo che non sto passando affatto un bel periodo per motivi miei personali che non starò certo qui a dire a tutto il mondo. Chi deve sapere sa, pertanto meglio così.
Sono anche ferma con la scrittura, non era esattamente il mio primo pensiero in un momento del genere … fatto sta che ho partorito comunque questo aborto letterario.
Diciamo che in gran parte è stato scritto anche e soprattutto come sfogo per tutto quello che sta succedendo ultimamente a me e alle persone a cui tengo, però ovviamente non è solo quello.
Alla fine pazienza se le supernatural!AU sono di una banalità assurda e se ne trovano a bizzeffe in ogni dove … l’idea non sarà tra le più originali, certo, fatto sta che perlomeno ho cercato di rendere i contenuti della quanto più soggettivamente mi è stato possibile, tanto più che è presente la mia ship prediletti, con tutti i problemi ad essa annessi e connessi.
Ora però viene lo sfogo quello vero, quello che mi preme di più.
Sono davvero desolata nell’annunciare che questo fandom sta lentamente ed inesorabilmente morendo.
Non trovo più storie che soddisfino la mia attenzione da molto, molto tempo, le recensioni sono scarne, prive di interesse, come se chi le scriva lo faccia solo per passare il tempo – o al massimo tanto per, d’altronde si sa come vanno queste cose, tanto non se la prende mai nessuno …
E invece no, la gente ci sta male, non è che siamo tutti automi senza cuore, abbiamo emozioni e sensazioni, giorni sì e giorni no, quindi non credo che bisognerebbe stupirsi se poi qualcuno finisce, sfortunatamente, per starci male.
La cosa che, sinceramente, mi disgusta maggiormente sono quelle persone che fanno determinate cose per il gusto proprio di farle, di attaccare le persone, di farle stare male. E vi giuro che esistono persone del genere, per quanto l’idea stessa di un concetto del genere possa essere aberrante e disgustosa, parlo per esperienza personale.
Non voglio fare la moralista, tanto più visto che so che i diretti interessati non leggeranno mai queste cose, o se lo faranno non comprenderanno che mi sto riferendo a loro oppure si lasceranno scivolare addosso le mie parole come se nulla fosse, dimostrando quanto poco effettivamente gliene importasse di tutto questo mio discorso.
So bene che quanto ho detto non cambierà assolutamente nulla all’interno del fandom, politiche molto più disdicevoli si sono ormai radicate all’interno di esso ed io non posso farci assolutamente niente per invertire la rotta di questa tendenza. Al massimo posso appellarmi agli autori ed alle autrici più esperti di me, incitandoli a fornire il loro contributo scrivendo e recensendo altre storie, così da fornire solide basi ai nuovi autori che entrano e si approcciano inizialmente al fandom. Lo so che ognuno ha i suoi impegni, però che ne dite di venirci incontro tutti insieme appassionatamente, mh? Uno di quei bei compromessi democratici che piacciono tanto a me.
Poi, ovviamente, è chiaro che io non sono nessuno e che dovrei essere l’ultima a dover parlare, però ripeto, non crediate che certe cose non le noti anche io. Ora la smetto di lagnarmi, non vorrei urtare ulteriormente la sensibilità di tutti quei lettori temerari che sono arrivati fin qui e stanno ancora leggendo tutti questi deliri.
In conclusione, sebbene credo che si fosse già ampiamente capito, questa storia è dedicata a Sissy, giacché è mio intenso desiderio ringraziarla per tutto quello che ha fatto, sta facendo e sono assolutamente certa che continuerà a fare per me in tutto questo tempo (sempre augurandomi che questa mia storia possa essere di suo gradimento, tutte le volte che ho provato a dedicargliene una non è che poi abbia ottenuto un chissà quale grande risultato, eh …).  Averti al mio fianco è il più grande sollievo che avrei mai potuto immaginare, sei davvero una persona speciale ❤ e certe persone lasciale parlare, alla fine non sono altro che invidiosi. Impareremo a infischiarcene, vedrai – dico “impareremo” perché sono perfettamente cosciente di avere lo stesso problema, eheh ^^ vederti ed abbracciarti in questi giorni che sono venuta a trovarti è stata davvero un’esperienza fantastica, se potessi rifarei tutto ancora e ancora ~  so che non c’è bisogno che ti dica tutte queste cose, tu sai già tutto perfettamente, però per me era importante farlo.
Se mai troverete errori mi appello alla vostra clemenza, ho scritto questa storia alle tre di notte, in una sorta di attacco di furore poetico … bah.
In un certo senso la storia può anche essere intesa come un filo che ripercorre le vicende di Kidou intesa anche molto platonicamente per quanto riguarda quello che succede nell'anime: Kidou che obbedisce agli ordini di Kageyama, che finiscono irrimediabilmente per trascinarlo in un impuro abisso pieno zeppo d'errori, fino a che tuttavia non decide di ribellarsi, sottraendosi così all'uomo e sfuggendogli ... sebbene questo non impedisca né all'uno né all'altro di continuare a pensarsi vicendevolmente. Queste però sono solo alcune mie insignificanti considerazioni, che possono essere giuste o sbagliate, non importa, sono dei pensieri che mi piace lasciare per invitare alla riflessione. So che chi leggerà li coglierà, non considero i miei lettori come degli sciocchi
~ 
Direi che per stavolta la chiudo qui, è anche troppo!

Pace e bene (il cambio di saluto questa volta era necessario, non c’è niente da fare)
Aria ~
   
 
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