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Autore: Touch the sound    29/03/2016    1 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 -Capitolo 21 - Restless beating.
 Quella sera Chris era tornato da lavoro molto più tardi del solito e non appena aprì la porta una strana musichetta gli arrivò alle orecchie. Era una melodia lenta e dolce, ma ricoperta dai mille rumori della natura. Lentamente si avvicinò al salone dove tutte le luci erano spente. Trovò suo padre seduto per terra con le gambe incrociate. Ad illuminare la sua figura, davanti a lui, aveva delle piccole candele accese che puzzavano incredibilmente. Lo guardò bene e si accorse che aveva gli occhi chiusi e le mani poggiate sulle ginocchia. Di tanto in tanto emetteva dei lunghi sospiri, espirando con la bocca. 
«Che cazzo stai facendo?» gli chiese sconvolto. Suo padre sembrò uscire all'istante dallo stato di trance in cui era sprofondato.
«Non farlo mai più, mi hai spaventato» disse portandosi una mano sul petto. 
«Sì, ma che stai facendo?»
Michael rimase seduto nella sua posizione.
«Mi sto purificando»
Il ragazzo non poteva credere alle sue orecchie. Non si faceva vedere per mesi e poi quando tornava gli appestava la casa con le candele e i sacchetti di rosmarino?
«E non puoi farlo da qualche altra parte?»
L'uomo scosse la testa.
«Devo farlo in un luogo a me familiare, in un ambiente che sento essere mio e in cui sono al sicuro»
Chris inarcò le sopracciglia. Stava già stilando una lista dei mille modi per sbatterlo fuori.
«Familiare, eh? Allora ti consiglio il bar in fondo alla strada, saresti molto più al sicuro lì, lontano da me» 
Michael sospirò con un sorrisetto che infastidì il ragazzo, ma mai come quello che disse dopo.
«Tu sei ancora piccolo, non le puoi capire certe cose»
«Dai, vattene» gli ordinò Chris incrociando le braccia.
«Non ancora, sono qui solo da mezz'ora e conto di restare per un paio d'ore» disse Michael richiudendo gli occhi.
«Fra mezz'ora farò una pausa per il frullato di barbabietole, carote, avocado, limone e un filo d'olio, il mio fegato ha proprio bisogno di depurarsi»
«È ovvio, un frullato ti salverà dalla cirrosi epatica» disse Chris ironico, ma suo padre non sembrò colpito dalle sue parole.
«Figliolo, io sono un uomo nuovo e come tale ho deciso di non bere più e tornare in questa casa come parte integrante della bella famiglia che siamo»
Chris non riuscì a trattenere una risata mentre si avviava in cucina. Di proposito, prese una birra e la sorseggiò lentamente mentre tornava nel salone. Suo padre aprì un solo occhio e poi sospirò.
«È così dissetante» esclamò il ragazzo prendendo un altro sorso.
«Ti sbagli se pensi di potermi tentare» mormorò Michael con un tono duro, poi riprese a meditare.
«Non era mia intenzione» rispose appoggiando pesantemente la bottiglia sul tavolino di fianco a lui. Si allontanò da suo padre e andò in camera sua. Quando aprì la porta si accorse che ai suoi piedi c'era un asciugamano arrotolato, messo lì a proteggere il piccolo spessore fra il pavimento e la porta. Guardò subito sua sorella che era sul letto a leggere.
«Non parlare, è qui da una vita e la puzza di rosmarino passa anche attraverso le pareti» disse Betsy, arrabbiata.
«Me ne sono accorto» 
«Dice che il rosmarino ha proprietà rilassanti e curative» borbottò la ragazza scuotendo poi la testa.
«Gli ho lasciato una birra a mezzo metro da lui, fra un pò vado a vedere quanta ne ha bevuta mentre non c'ero» disse Chris prendendo dei vestiti puliti dall'armadio. Betsy rise riprendendo la sua lettura non appena Chris uscì dalla stanza.
Quando il ragazzo, pulito e rilassato dalla precedente doccia, chiuse la porta del bagno alle sue spalle, storse il naso per quell'odore fin troppo forte di rosmarino a cui le sue narici non erano più abituate. Si passò una mano fra i capelli ancora bagnati mentre arrivava lentamente nel salone. Suo padre non c'era più, ma le candele erano ancora accese, quasi consumate del tutto. La bottiglia di birra era sparita insieme a lui.
«Figliolo, io sono un uomo nuovo» sussurrò imitando la voce di suo padre. 
«Ma vaffanculo» disse poi spegnendo le candele e buttandole nella spazzatura. Era stato fin troppo buono a pensare che Michael si sarebbe limitato solo a bere qualche sorso di birra, avrebbe potuto immaginarlo che se ne sarebbe andato. 
Aprì la finestra nel salone per mandare via quel tremendo odore, poi chiamò sua sorella che lo raggiunse in pochi secondi.
«Hai già mangiato?» le chiese aprendo il frigorifero.
«No, ma mamma ha comprato delle bistecche, poi ha detto che aveva sonno e non ha voluto cucinare» disse la ragazza sedendosi al tavolo. Chris le prese, le annusò e fortunatamente non avevano ancora un cattivo odore. Non come sua madre, che la puzza di marcio la si poteva sentire da lontano.
«Patatine fritte?» le domandò e lei gli mostrò un sorriso enorme. Dopo poco erano entrambi ai fornelli. Chris controllava di tanto in tanto il cellulare sperando di ricevere una chiamata o un messaggio da parte di Ricky, ma aspettò in vano tutta la sera. L'aveva sentito qualche ora prima, gli aveva solo detto che avrebbe mangiato una pizza a casa di Josh e poi aveva riagganciato. Chris aveva il presentimento che qualcosa non andasse. Non sapeva se era cominciato dal momento in cui l'aveva visto così nervoso per colpa di sua madre o se dipendesse da altro. Ma qualsiasi fosse la ragione, quell'angoscia non lo lasciava in pace. 

Appena finirono di consumare la loro cena, Chris prese i piatti dal tavolo ma Betsy lo fermò.
«Lascia, faccio io»
«Cosa? Tu?» le chiese Chris, sorpreso. Betsy annuì.
«Tu hai un'altra cosa da fare» disse la ragazza togliendogli i piatti dalle mani.
«Sono arrivate un mare di bollette ed è da troppo tempo che qualcuno non tiene il conto delle finanze»
Chris sorrise.
«Cominci a somigliarmi troppo, smettila»
Betsy scosse la testa e lavò le stoviglie, mentre Chris si metteva a lavoro. Con le mani ancora umide, la ragazza si sedette di fronte a suo fratello e lo osservò in silenzio. Era quasi invidiosa della sua meticolosità, faceva sempre quadrare tutto. Anche quando sembrava impossibile cavarsela, lui riusciva a trovare un modo per mettere le cose in ordine. Per Betsy sarebbe stato un onore somigliare a suo fratello.
«E... ho finito» disse Chris.
«Quelli per la spesa?» domandò Betsy e Chris le spinse sotto gli occhi i soldi che aveva chiesto. La ragazza li prese e li piegò infilandoseli in tasca.
«Quelli a cosa servono?» chiese indicando un bel gruzzoletto di soldi ancora sul tavolo.
«Sono tuoi, fanne quello che vuoi» rispose Chris alzandosi, non vedeva l'ora di andare a dormire.
 «Ma che... no, se non servono a te puoi anche metterli da parte» si oppose Betsy. Lei non aveva mai speso soldi in sciocchezze. Comprava solo il necessario per mangiare, per pulire la casa, per potersi lavare ogni giorno. Non le era mai passato per la mente di sperperare denaro in cose fondamentalmente inutili. Fino ad allora aveva sempre indossato vestiti vecchi, non era mai andata dal parrucchiere o comprato una bella collana. 
Chris scosse la testa e le baciò una tempia.
«Se non avessi potuto darteli, non l'avrei fatto»
Betsy si sentì un pò in colpa, non voleva prendere quei soldi che aveva guadagnato lui per comprarsi una cosa non per forza necessaria. 
Lo guardò meglio e il suo sguardo stanco la convinse ad annuire e ringraziarlo, voleva lasciarlo andare a letto. Avrebbe pensato il giorno dopo a cosa farne di quei soldi.

Il mattino seguente Chris venne svegliato da un forte rumore. Aveva così tanto sonno che sarebbe rimasto a letto anche se gli stessero buttando giù la casa, ma si alzò e uscì dalla sua camera. Il suo udito ancora poco attivo gli ordinò di andare verso il salone, quel rumore sembrava provenire da lì. Quando varcò la soglia, vide appena il viso di Jane che era oscurato da un cappuccio di una felpa di qualche taglia di troppo. La finestra era aperta e lei si stava alzando dal pavimento per chiuderla. Chris rimase immobile a guardare i suoi movimenti strani, circospetti. Quando riuscì a chiudere la finestra e tirare le vecchie tende, Jane si voltò e solo in quel momento si accorse del ragazzo.
«Chris, ma che sorpresa» esclamò di colpo. La sua voce risuonò nervosa, più acuta del solito.
«Ehm... a dire il vero questa è casa mia, dovrei dirlo io» disse Chris sconcertato. Non aveva alcuna idea di che ora fosse, nè perchè Jane fosse piombata in casa sua in quel modo.
«Ma certo, lo so... è carina» 
Chris scosse la testa. Era la prima volta che entrava in casa sua e con le luci così basse era quasi impossibile vedere qualcosa. In effetti, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe entrata in casa sua, per la prima volta, attraverso la finestra.
«No, non lo è» mormorò il ragazzo spostandosi dalla porta per accendere la luce.
«Potresti dirmi cosa ci fai qui, per favore?»
Jane sembrò combattuta, poi sospirò togliendosi il cappuccio.
«Mia madre è qui»
Chris le sembrò ancora più confuso dopo quella sua affermazione, allora decise di dargli qualche spiegazione.
«Ecco, vedi, io e mia madre abbiamo un rapporto molto strano» disse andando a sedersi sul divano, Chris la seguì ancora troppo stanco per rimanere in piedi.
«Lei è... è... una rompicoglioni, io non voglio incontrarla e quindi tu mi devi aiutare»
Chris ascoltò la sua voce supplichevole e percepì una profonda ansia nei suoi movimenti.
«Cosa dovrei fare esattamente?» le chiese.
«Tenermi un pò qui, quando vedrà che la evito del tutto andrà via»   
Chris avrebbe preferito mandarla via, non perchè non volesse aiutarla, ma perchè non voleva che restasse in casa sua. Odiava pensare che qualcuno venisse a conoscenza della sua situazione. Nasconderlo fra quelle quattro mura era come una protezione, uno scudo per fingere che andasse tutto bene. Però, dopo tutto quello che aveva fatto per lui, era il minimo che potesse fare.
«Va bene, puoi restare»
Jane lo ringraziò, poi si alzò dal divano e diede un'occhiata alla stanza. Le sembrò strano non essere mai stata a casa di Chris. In quei quartieri era praticamente l'unico amico che aveva, gli altri erano solo i suoi compagni di scuola che abitavano in centro e che vedeva raramente al di fuori dall'ambito scolastico. Lei non amava particolarmente stare di continuo con il suo gruppetto di cheerleader, o passare il tempo a corteggiare il più bel ragazzo della scuola. In effetti, quando spostò lo sguardo su Chris, pensò che lui era stato l'unico ragazzo per il quale aveva provato un interesse maggiore. Da quando lui le aveva rivolto la parola, le era sembrato che finalmente aveva trovato qualcuno con cui poteva portare avanti una conversazione. Chris era in grado di capire quel che diceva, non come tutti gli altri in cui era purtroppo inciampata.
«Perchè hai tirato le tende? Tu abiti in un altro quartiere e dubito che a quest'ora tua madre ti perseguiti» disse Chris sbadigliando subito dopo.  
«Ehm... io... non lo so, sono entrata in casa e l'ho trovata a dormire nel mio letto e quindi sono scappata, potrebbe essersi svegliata  e... Christopher, io non voglio ascoltare alcuna lamentela su quanto i miei capelli abbiano bisogno di un nuovo taglio, o su quanto indecorosi siano i miei vestiti, o ancora su quanto dovrei dormire di più perchè ho le occhiaie, oppure... ah, lo sai che mi dice sempre che dovrei farmi qualche iniezione di botulino? Io, che ho solo vent'anni» disse istericamente. Chris dopo quel discorso si era ripreso del tutto da suo stato di dormiveglia. Capì perchè non avesse alcuna voglia di incontrarla. 
«Beh... tranquilla, qui nessuno ti giudicherà se hai le doppie punte, probabilmente non ti noteranno nemmeno»
Jane fece spallucce e restò qualche secondo ferma, un pò imbarazzata. 
«Ehm... Vorrei riposare un pò, dove dormo?»
Chris sospirò alzandosi, le fece strada verso la sua camera.
«Nel mio letto» sussurrò per non svegliare Betsy che dormiva beatamente.
«Tu non vieni a dormire con me?» gli chiese lei ammiccando. Chris roteò gli occhi e scosse la testa.
«Non cambi mai, eh» 
Lei rise, poi si tolse le scarpe e i pantaloni. Chris decise di vestirsi mentre lei si preparava per coricarsi.
«Dove vai?» gli chiese Jane mettendosi sotto le coperte. Chris si infilò una felpa e tirò su il cappuccio.
«Sono le sei, vado a farmi una corsetta»
La ragazza si accigliò. Non ricordava che andasse a correre e nemmeno che si alzasse così presto per andarci. Decise di fregarsene e si accucciò al caldo. Chris si infilò le scarpe.
«Eri con... come si chiamava?» le domandò distrattamente.
«Se intendi Adrian, la risposta è sì» disse la ragazza sorridendo.
«Mi ha regalato una collana di diamanti, è bellissima anche se non so in che occasione potrei indossarla»
Chris sorrise appena, riflettendo sull'uso che avrebbe potuto farne lui. La ragazza se ne accorse e volle assolutamente sapere a cosa stava pensando.
«Io la venderei al miglior offerente, ma visto che tu non lo faresti nemmeno morta ti do un consiglio, mettila la prossima volta che scopate e non toglierla, è sexy e i diamanti gli ricorderanno quanto è ricco così magari non avrà nemmeno bisogno della pillola»
Jane rise al solo pensiero. Forse non era nemmeno una cattiva idea.

Di ritorno dalla sua estenuante corsa, Chris rimase per un pò fermo davanti casa sua. Aveva dimenticato come ci si sentiva a correre fino allo sfinimento. Era totalmente fuori allenamento, sentiva già i muscoli doloranti ad ogni movimento. Bevve un grande sorso d'acqua dalla bottiglia che portava sempre con sè, poi si accese una sigaretta e la fumò lentamente beandosi di quei pochi minuti di totale silenzio e pace. Quando buttò via il mozzicone, rientrò in casa e sua sorella era in cucina a bere una tazza di latte.
«Buongiorno» disse Betsy. Lui ripose con un cenno della testa.
«Perchè Jane è nel tuo letto?» domandò poi, curiosa.
«Resterà qui per un pò, per te va bene?»
La ragazza scosse le spalle e ritornò alla sua colazione. Chris andò dritto in bagno e si fece una doccia rapidissima. Doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi a lavoro. Mentre si vestiva gli tornò in mente che non sentiva Ricky dal pomeriggio precedente. Non era da lui scomparire per tutto quel tempo, di solito Ricky lo inondava di messaggi. 
Uscì di casa insieme a sua sorella, lei pronta per la scuola e lui per il lavoro. Si salutarono non appena Betsy salì sul pullman. Chris chiamò Ricky diverse volte, ma lui non rispose. Non voleva preoccuparsi, ma era parecchio strano. Decise comunque di aspettare l'ora di pranzo, avrebbe riprovato a chiamarlo.

«Non so che fine abbia fatto... io lo richiamo» disse nervoso.
«Ma smettila, vedrai che ti chiamerà lui» cercò di rassicurarlo Jane servendogli un piatto stracolmo di pasta. Chris la ringraziò, poi lei chiamò Betsy che arrivò subito dopo. Anche sua madre si sedette al tavolo con loro. Chris, già troppo nervoso, storse le labbra. Non riusciva a sopportare la sua presenza, e poi perchè pretendeva di riunirsi a loro se non era nemmeno in grado di cucinare un pranzo? 
«Chris, quelli li ho cucinati perchè tu li mangiassi, non perchè ci giocassi» disse Jane. Non si era nemmeno reso conto di quel che stava facendo, tanti erano i suoi pensieri.
«Non riesco a capire, perchè non mi chiama?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo e Betsy si intromise nel discorso.
«Ricky?» chiese. Chris annuì mentre con le dita tamburellava sul cellulare come se quel gesto potesse in qualche modo fargli arrivare un messaggio di Ricky.
«Sarà impegnato a fare qualcosa» disse la ragazza.
«Certo, starà facendo qualcosa che lo tiene impegnato da ieri pomeriggio, è ovvio» mormorò Chris.
«Dai, rilassati»
«Jane, se il tuo caro Adrian non si facesse sentire per un giorno intero tu come reagiresti?»
«Mi preoccuperei, ma solo perchè ha sessant'anni e quell'età è a rischio di infarto»
Chris scosse la testa e prese a mangiare in silenzio. Forse sarebbe dovuto andare a casa sua. Non voleva presentarsi lì senza essere stato invitato, di certo non aveva voglia di creare altri litigi, ma il comportamento di Ricky era troppo insolito. Forse si stava preoccupando per niente, ma non poteva fare a meno di sentirsi in ansia. 
«Ti capisco» mormorò sua madre. Chris pensò che forse era arrivato il momento di andarsene. Non riusciva a sopportare nemmeno la sua voce.
«Pensavo che Hector fosse meglio di tuo padre, ma è andato via anche lui... ero molto preoccupata i primi giorni»
Improvvisamente cadde il silenzio. La consapevolezza negli sguardi di Jane e Chris era palese. In fondo, nessuno dei due sapeva bene cosa fosse capitato davvero ad Hector, ma entrambi erano coscienti che Chris c'entrava qualcosa nella sua scomparsa e che probabilmente quell'uomo non era nemmeno più in vita.
«Grazie, mi dai così tanta speranza» sussurrò Chris, infastidito. La donna sospirò e finì lentamente il suo pasto. Dopo un pò Chris si alzò pronto per ritornare in officina. Jane lo accompagnò fuori.
«Vai davvero così di fretta?» gli domandò accendendosi una sigaretta.
«No, ma non riesco a stare qui... devo fare qualcosa altrimenti impazzisco»
«Tua sorella ha ragione, avrà un valido motivo se non si fa sentire»
Chris si passò una mano fra i capelli. Non poteva credere che si stesse innervosendo così tanto, ma temeva che qualcosa di brutto gli fosse capitato o che avesse avuto qualche discussione con sua madre.
«Sei proprio innamorato, eh?» 
Al ragazzo non sfuggì il suo tono beffardo.
«Sì, continua a prendermi per il culo» mormorò lanciandole uno sguardo inceneritore. La ragazza non gli diede peso e cambiò argomento.
«Senti... e Trevor?»
Chris sbarrò gli occhi. Aveva totalmente dimenticato di fargli una chiamata o di andare da lui. 
«Trevor... ehm, sta bene... credo» 
Jane lo guardò con le palpebre socchiuse, poi scoppiò a ridere.
«Wow, ti sei scordato del tuo migliore amico che ha rischiato la vita, fantastico»
Chris sbuffò.
«Non è morto, okay? Che vuoi che faccia? Tanto Trevor ha gli occhi da bambino indifeso, ma lo sappiamo tutti che è un animale... se la cava benissimo da solo» disse camminando verso la fermata dell'autobus. Jane lo seguì in silenzio. Durante l'attesa la ragazza non smise di guardarlo e ad un certo punto Chris, spazientito, si voltò verso di lei. Sentirsi osservato era una di quelle cose che poco sopportava.
«A che cavolo stai pensando?»
Jane sembrò felicissima di aver suscitato il suo interesse.
«Lo so che tu hai il cuore che pompa melassa per Ricky, ma a Trevor ci pensi?»
Chris si accigliò.
«A che devo pensare?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa.
«Ah, voi uomini avete il cervello freddo e duro come il marmo»
Chris cercò di difendersi, ma lei non glielo permise mettendogli l'indice sulle labbra e dicendogli di stare in silenzio.
«Non credi che anche lui vada preso di più in considerazione? È il tuo miglior amico, ti vuole più che bene, si può benissimo dire che vive la sua vita per stare dietro a te e tu che fai? Non ti preoccupi minimamente di lui perchè tanto hai un fidanzatino che pende dalle tue labbra, il che ti fa comodo visto che a lui basta una tua carezza per abbassare la guardia e starsene buono» disse quasi arrabbiata.
«Jane, pensi che io stia con Ricky perchè mi fa comodo?» le domandò sconvolto. Non aveva mai pensato una cosa simile, si sarebbe odiato da solo se mai gli fosse capitato di formulare un pensiero simile.
«Non lo so, ma di certo ti starebbe scomodo stare con Trevor... sai, nonostante lui ti ami da impazzire, non si farebbe fare il lavaggio del cervello da te, pensa con la sua testa lui»
«Che vuol dire? Io e Trevor siamo amici, è normale che il nostro rapporto sia diverso da quello che ho con Ricky e poi credi davvero che Ricky faccia tutto quello che gli ordino?»
Jane decise che non meritava nemmeno una risposta.
«Anche se non lo conosco bene, penso che Trevor meriti un trattamento migliore, pensaci bene»
Chris non disse nulla, la guardò mentre andava via. Quelle parole l'avevano messo improvvisamente di malumore. Sentiva quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco, e i pensieri sembravano rimbombare, peggiorando un mal di testa che persisteva ormai da ore. Nonostante tenesse davvero a conoscere le condizioni di Trevor, in quel momento il suo unico pensiero era Ricky. 
Guardando fuori dal finestrino dell'autobus notò che il cielo si stava lentamente incupendo, ciò non lo aiutava minimamente, peggiorava solo il suo stato d'animo. Aveva bisogno di sentire la voce del suo ragazzo, di sapere che stava bene, in fondo non gli importava molto del perchè non si fosse fatto sentire per tutto quel tempo. Provò a chiamarlo altre cinque volte, ma il cellulare risultava irraggiungibile, altre volte ignorava le chiamate. Non riusciva a capire. L'ultima volta che si erano visti non avevano litigato, di certo non gli era sembrato di buon umore, ma non si sarebbe mai aspettato che lo evitasse.  
Decise di chiamarlo un'ultima volta prima di entrare in officina, era anche presto per cominciare a lavorare quindi aveva ancora un pò di tempo. Anche quella volta Ricky non rispose. Gli inviò un messaggio, un semplice "Chiamami appena puoi", poi si infilò il cellulare in tasca e aspettò che arrivasse Michael. Dopo una manciata di minuti, però, in lontananza vide arrivare Sheryl. Ebbe tutto il tempo per osservare la sua raggiante bellezza. In quel tempo rigido e grigio, quella larga camicia color ciliegia e i suoi capelli ondulati sembravano portare con loro il calore di una giornata estiva. La ragazza si fermò davanti a lui allungandogli delle chiavi.
«Apri» gli disse sfilandosi gli occhiali da sole e appendendoseli allo scollo della camicia.
«Mio padre ha avuto un imprevisto, verrà fra un pò»
Chris aprì l'officina e si mise subito a lavoro. Aveva bisogno di distrarsi, di indirizzare i suoi pensieri verso qualcosa che non gli facesse esplodere la testa. Rimase in silenzio, concentrato. Sentiva gli occhi di Sheryl addosso, ma lo lasciavano totalmente indifferente in quel momento. Voleva solo finire quel lavoro e liberarsene il più in fretta possibile. Dopo circa mezz'ora, Sheryl si appoggiò alla macchina e sospirò.
«Cosa c'è?»
Chris alzò appena gli occhi su di lei dicendole che andava tutto bene.
«Dai, si vede lontano un miglio che qualcosa non va»
Chris sospirò.
«È solo una brutta giornata» mormorò. Sheryl lo guardò con attenzione, sembrava così teso e nervoso. Voleva aiutarlo in qualche modo.
«Sai, adesso che posso scegliere, penso che resterò qui... mi piace Scranton, stare a casa con mio padre non è nemmeno così tremendo come pensavo» disse la ragazza ricevendo un sorriso dal ragazzo.
«Ti fa piacere?» gli domandò.
«Sai com'è, non si vedono molte donne qui dentro»
«Ah, quindi è solo per le tette?» domandò Sheryl fingendosi offesa.
«E il culo, i capelli e le gambe... soprattutto quando metti quei pantaloni bianchi che avevi un paio di giorni fa»
La ragazza scoppiò in una risata, leggermente imbarazzata. Non che non si fosse mai accorta che lui la guardasse, ma che ricordasse anche cosa indossava era strano.
«Mi hai detto di essere fidanzato o sbaglio?»
«Sì, ma nessuno mi ha buttato l'acido negli occhi»
Sheryl non disse nulla. Si allontanò da Chris e si avviò verso l'uscita.
«Dove stai andando?»
«Ti offro un caffè, ma solo perchè mi hai riempita di complimenti» disse scomparendo poi dalla visuale del ragazzo che, con un sorriso sulle labbra, riprese a lavorare. In pochi minuti aveva portato a termine il suo impegno e proprio il quel momento Sheryl ritornò con due bicchieri pieni di caffè caldo. Bastò l'odore e un piccolo sorso per rilassare Chris che aveva i nervi a fior di pelle. Per sorseggiarlo in santa pace, si sedettero nello studio di Michael.
«E tua madre è d'accordo? Col fatto che vuoi rimanere qui, intendo» le domandò all'improvviso. 
«Ho diciotto anni ormai, non può impedirmelo» disse con un tono pacato.
«Voglio dire, io e lei abbiamo un bel rapporto, ma io ho un padre e vorrei poter restare più tempo con lui»
Chris abbassò lo sguardo per un pò. Inevitabilmente finì per ripensare all'orribile rapporto che aveva con i suoi. Anche se provava a negarlo, anche se aveva sempre finto di potersela cavare senza l'aiuto di nessuno, un pò gli sarebbe piaciuto poter avere un padre con cui condividere una passione, o una madre che lo svegliasse al mattino con la sua voce dolce e premurosa.
«Da quanto sono divorziati?» le domandò cercando di sembrare più delicato possibile.
«Penso da circa dieci anni... in realtà non ho molti ricordi di loro due insieme, ma è meglio così perchè fa meno male vederli separati»
Il ragazzo annuì, voleva saperne di più. Non era mai stato curioso, non gli interessava conoscere i drammi delle vite degli altri -gli bastavano i suoi-, ma Sheryl sembrava una di quelle ragazze che ha davvero tante cose da raccontare. Lei gli rese tutto più facile parlando prima che lui potesse chiederle qualcosa.
«Non vedevo papà da quasi due anni nonostante lui mi abbia sempre telefonato e chiesto di venire qui per stare insieme, ma io avevo sedici anni e preferivo uscire con i miei amici invece di andare in una città del tutto sconosciuta e dormire in casa di un... un uomo che non conosco»
Chris l'ascoltò attentamente. 
«Mia madre si è sposata con un altro uomo quattro anni dopo il divorzio, penso di conoscere meglio lui che il mio vero padre»
«Quindi ti trovi bene con lui?»
Sheryl annuì.
«È un pò rigido a volte, ma è una brava persona e tratta me e mia madre molto bene... Michael però è sempre mio padre ed è per questo che vorrei riallacciare il nostro rapporto»
Chris le sorrise e fu felice di ricevere la stessa espressione di gioia da parte di Sheryl.
«Tu, invece?» chiese poi la ragazza sistemandosi più comodamente sulla sedia.
«Io?»
Sheryl annuì.
«Hai l'aria di una persona piena di segreti»
Chris sorrise tenendo la testa bassa. Non sapeva se fidarsi di lei. Non era mai stata una di quelle persone che ha sempre il bisogno di dire la sua, non si era mai sentito in dovere di raccontare qualche dettaglio della sua vita, raccontare le sue storielle tragiche non era nelle sue corde. Semplicemente, non gli importava mettersi sempre davanti agli altri.
«Non so se si possano definire segreti»
La ragazza stette zitta, lo osservò mentre beveva il suo caffè. Chris non avrebbe preso l'iniziativa, non le avrebbe raccontato molto se non spinto nel modo giusto.
«Perchè lavori qui?» gli domandò, poi si accorse che formulata in quel modo quella domanda aveva poco senso.
«Voglio dire, come ci sei finito?»
In un primo momento Chris non seppe come rispondere. Voleva essere sincero, ma quella era la figlia del suo capo. Insomma, sapeva che non c'era nulla di cui preoccuparsi vista la simpatia che aveva sviluppato Sheryl verso di lui, ma cercò lo stesso le parole giuste prima di parlare. Non poteva dirle che si trovava lì perchè non sapeva più cosa farne della sua vita.
«Diciamo che avevo perso il lavoro e me ne serviva un altro, tuo padre è capitato solo al momento giusto» disse posando il bicchiere sulla scrivania di Michael.
«Facevi lo stesso lavoro prima?»
Chris scosse la testa.
«No, infatti penso che tuo padre abbia avuto parecchia pazienza con me»
La ragazza fece un movimento con le labbra che lo insospettì.
«Cosa?» le domandò, divertito.
«Niente, è che mio padre sembra contento di averti qui» 
Chris non riuscì a non esserne felice. Spesso negava a se stesso quanto fosse importante sentirsi apprezzato, ma le parole di Sheryl gli avevano fatto davvero piacere.
«Parla sempre di te, di sera mentre ceniamo mi racconta tutto quello che è successo durante il giorno, non vado a dormire se non ha finito di dirmi anche quante volte ti sei fatto male, quante volte ti sei lavato le mani... è quasi insopportabile, non fa altro che riempirti di complimenti, e il problema è che se si accorge che smetto di ascoltarlo si arrabbia»
Chris non riuscì ad interpretare il tono della ragazza, non capiva se fosse infastidita o solo sorpresa dal comportamento di suo padre.
«Forse vuole solo cercare un contatto con te, cerca di renderti partecipe della sua vita»
La ragazza rimase in silenzio pochi secondi, assorta nei suoi pensieri, poi alzò lo sguardo in quello del ragazzo.
«O forse voleva un figlio maschio» disse lasciandosi sfuggire un sorriso divertito. Chris sorrise a sua volta, poi si alzò pronto a ritornare a lavoro. Gli sarebbe piaciuto rimanere lì a chiacchierare amabilmente, ma non era proprio un bene farsi trovare da Michael a perdere tempo. Se proprio doveva ricevere dei velati complimenti, voleva almeno meritarseli.
La ragazza si affacciò dalla porta dell'ufficio richiamando l'attenzione di Chris con un fischio.
«Io ti voglio in tanti modi, ma non come fratello, che sia chiaro» disse con voce calma e rilassata, ma i suoi occhi sembravano volergli dire qualcosa in più, in un modo molto più esplicito. Chris non le rispose, scosse solo la testa con un sorriso sghembo. Non che potesse dire di conoscerla a fondo, ma era già abbastanza abituato alle sue paroline sussurrate, ai suoi sguardi eloquenti, al fatto che poteva essere ingenua e dolce un minuto prima e provocante quello dopo.   

Quella sera Chris rientrò in casa e la prima cosa che fece fu chiamare Ricky per l'ennesima volta. Sospirò gettando il cellulare sul divano quando, anche quella volta, l'altro non rispose.
«Ciao»
Chris si voltò per vedere Jane che, in pigiama e con i capelli legati, se ne stava appoggiata allo stipite della porta.
«Ciao»
«Ti preparo qualcosa da mangiare?» gli chiese, ma il ragazzo scosse la testa. Prima di tornare a casa aveva mangiato con Sheryl.
«Tranquilla, poi andare a dormire se vuoi» rispose andando verso il bagno. La ragazza lo seguì.
«Che c'è?»
Jane si sedette sul water mentre Chris si spogliava da quei vestiti sporchi.
«Vorrei chiederti scusa per quello che ti ho detto oggi, non sono affari miei se tu vuoi stare con Ricky oppure... non sono affari miei» concluse abbassando lo sguardo. Il ragazzo la guardò riflessa nello specchio davanti a lui. Sembrava sincera. Ma, in fondo, anche se non lo fosse stata, non avrebbe creato ancora altro scompiglio. La sua unica preoccupazione in quel momento era un'altra, e poi non era stato tanto terribile quello che Jane gli aveva detto. Non l'aveva presa come un affronto, anzi era contento che lei gli avesse esposto i suoi pensieri.
«Sei scusata»
Jane sorrise.
«Ricky ti ha risposto?»
«No e mi sto seriamente preoccupando»
Jane si avvicinò a Chris appoggiandogli una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo in qualche modo.
«Nel pomeriggio ho chiamato Trevor» disse poi.
«Davvero? Che ti ha detto? Come sta?»
«Sembrava stanco, ma ha detto di sentirsi meglio e che lo dimetteranno presto, forse dopodomani»
Chris rimase in silenzio per un pò con lo sguardo basso. Si sentiva così tanto in colpa per non essergli stato accanto in quel periodo. Trevor era abbastanza forte da poter affrontare quella situazione anche da solo, ma ciò non scusava il suo comportamento superficiale.
«Permaloso com'è, sarà sicuramente incazzato nero con me» mormorò con un sospiro.
«No, non sembrava incazzato, soprattutto quando gli ho detto che per colpa del lavoro a stento torni a casa per dormire» gli disse avvicinandosi alla porta.
«Il Chris che conosce lui l'avrebbe trovato il tempo»
Il rancore verso se stesso era percepibile e la ragazza non potè fare a meno di rendersi conto di quanto fosse stressante per Chris quella situazione.
«Trevor capirà, anzi, direi che lui ti giustificherebbe anche se non gli rifilassi scuse a caso» disse Jane sorridendogli. Il ragazzo annuì provando a convincersi di quello che aveva appena sentito. In effetti non c'era molto da preoccuparsi, Trevor gli avrebbe detto che era un pezzo di merda e poi sarebbe tornato tutto come prima. Però c'era sempre qualcosa dentro di lui che gli diceva di non adagiarsi troppo sulla cedevolezza di Trevor solo per allontanare i sensi di colpa.
Chris lanciò uno sguardo alla ragazza che in quel momento varcò la soglia e chiuse la porta.

Uscito dal bagno finalmente pulito, andò dritto in camera sua. Jane non era a letto, ma Betsy già dormiva. Avrebbe voluto parlare un pò con lei, chiederle com'era andata a scuola, cosa aveva fatto tutto il giorno, voleva solo assicurarsi che almeno lei stesse bene. 
Indossò qualcosa di comodo facendo attenzione a fare meno rumore possibile. Quando Jonathan era ancora vivo avevano fatto molta pratica. La pura di svegliarlo era sempre stata tanta, ma solo perchè dopo era impossibile fargli chiudere gli occhi di nuovo.
Uscì dalla stanza e entrò nel salone dove si aspettava di trovare Jane. Infatti era lì, seduta sul divano col suo cellulare in mano. Appena sentì il ragazzo arrivare si voltò verso di lui con un'espressione sconvolta.
«L'hai chiamato quasi quaranta volte» disse.
«È poco?» chiese Chris preso da un attimo di panico improvviso.
«Scherzi, non è vero? Cioè, quaranta telefonate sono davvero tante in un giorno solo»
Chris sospirò sedendosi accanto a lei. Finalmente riuscì a rilassare un attimo i suoi nervi.
«Dici che faccio bene se vado da lui»
Jane ci pensò, calcolando tutte le possibili opzioni.
«Secondo me dovresti aspettare ancora un pò, se anche domani non si fa sentire allora potrai andarci»
«Sì, lo so , tu hai ragione, ma io... sto andando fuori di testa»
Jane gli lasciò il cellulare, poi sembrò come illuminata.
«Ho avuto un'idea, perchè non provi a chiamare Angelo? Magari lui l'ha visto e può quantomeno tranquillizzarti»
Chris non ci pensò due volte, cercò il numero di Angelo e attese nervosamente la risposta dell'altro. Jane, rannicchiata in un angolo, ascoltò la breve conversazione. Non capì molto visto che poteva sentire solo la voce preoccupata di Chris, ma intuì qualcosa dalla sua espressione.
Chris riagganciò, sconfitto.
«Che ti ha detto?» gli domandò fin troppo curiosa.
«Che nemmeno lui l'ha sentito e che proverà a chiamarlo, ma ha detto che stamattina era a scuola e stava bene»
Jane sospirò, poi Chris la guardò per un'istante e ricordò il vero motivo per cui lei era in casa sua.
«Tua madre?» le domandò.
«Non so, mi ha mandato un messaggio per sapere dove sono, le ho risposto che sto seguendo un corso di yoga fuori città»
«E ci ha creduto?» 
La ragazza sembrava sconvolta quanto lui, ma annuì.
«È sempre stata una che non fa caso ai particolari che non le interessano, tipo i miei vestiti ancora nell'armadio e la piastra in bagno» pensò Jane ad alta voce. Chris rise alzandosi dal divano.
«Almeno cerca di trovarti un pigiama perchè quello che hai addosso lo mettevo a tredici anni ed è probabilmente la cosa più brutta al mondo, fa davvero schifo»
«Mi sta un pò piccolo, ma credo che me lo porterò a casa, è caldissimo» disse entusiasta . Chris provò a risponderle in qualche modo, ma gli mancarono le parole e decise di lasciar perdere.
«Vai a dormire, sembri così stanco»
Chris sembrò combattuto. Probabilmente non avrebbe chiuso occhio, ma doveva provare a riposare prima di arrivare al limite. Non poteva permettersi di crollare, doveva essere lucido e riposato per poter ricominciare tutto d'accapo alle luci della prossima alba.
Jane disse che sarebbe andata in bagno e poi l'avrebbe raggiunto. Quando Chris entrò in camera sua, dubitò prima di sedersi sul letto di Jonathan. Non aveva mai dormito su quel letto e l'idea non gli piaceva minimamente. Gli portava alla mente troppi ricordi e, pur sapendo quanto fosse impossibile, gli sembrava di poter sentire il suo odore sul cuscino. Gli sembrava di violare quello spazio che era solo di suo fratello, l'unico posto in cui rimaneva davvero solo con se stesso, dove dava vita ai suoi pensieri e i suoi sogni. Quel letto che fino a quel momento era rimasto intatto, era la cosa che più lo faceva sentire vicino a suo fratello. Se ne stava rendendo conto man mano che i secondi scorrevano, ma ciò un pò lo rincuorava. Era una bella sensazione.
Immerso nei suoi pensieri, quasi non aveva sentito la vibrazione del cellulare. Era un messaggio da parte di Angelo, gli diceva che Ricky non aveva risposto al telefono e che magari gli avrebbe dato notizie il giorno dopo. Lo ringraziò solamente, poi cercò il numero di Trevor in rubrica. Non sapeva se chiamarlo oppure no, era tardi e probabilmente dormiva. Decise di fare un unico tentativo. Pensò che forse Trevor era in un'estenuante attesa quando, dopo soli due squilli, gli rispose. Il ragazzo non parlò, Chris riusciva a sentire solo i suoi respiri pesanti, affaticati. Attese qualche secondo prima di dire qualcosa. La tensione che sentiva nello stomaco gli faceva tremare le mani, odiava aver sbagliato così tanto verso l'unica persona che non gli aveva mai voltato le spalle, nemmeno nel peggiore dei casi.
«Sei arrabbiato con me?»
Trevor non gli rispose. Doveva tentare ancora.
«Mi dispiace»
Quella volta Chris udì un soffio più forte, come una risatina trattenuta. A quel punto capì e riprese a parlare sempre a voce bassa.
«Scusami se non sono venuto da te, sono stato uno stupido, avrei dovuto almeno chiamarti e chiederti come stavi»
L'altro rimase in silenzio per l'ennesima volta. Chris roteò gli occhi sospirando.
«E mi manchi davvero tanto»
Trevor attese solo pochi istanti prima di rispondergli.
«Mmh, adesso va un pò meglio» disse con una voce un pò impastata, stanca. 
«Che cretino che sei» mormorò Chris, ridendo. Cominciava a sentirsi meglio.
«Sì, parla lo stronzo che se n'è fregato del suo miglior amico quasi morto»
Chris si morse le labbra per non rispondergli a tono. Aveva sbagliato, quindi doveva incassare i colpi in silenzio.
«Spero mi perdonerai se fra un paio giorno rimetterò piede nella tua vita» gli disse. Subito dopo senti il rumore delle lenzuola rigide degli ospedali, poi di nuovo solo il respiro leggermente affannoso dell'altro.
«Adoro quando lo fai... quando compari nella mia vita»
Chris sorrise al tono meno duro dell'altro. Non poteva negare che gli piacesse sentire Trevor che gli parlava in quel modo. In quel momento avrebbe solo voluto dirgli che gli voleva bene, ma non lo fece. Trevor cosa gli avrebbe risposto? Un falso "anche io" solo per non ripetergli che, a differenza sua, lui lo amava? Non voleva ritrovarsi in qualche imbarazzante silenzio.
«Se ci riesco, provo a comparire già domani, okay?»
«No... ehm... no, lascia stare, tanto torno a casa fra due giorni»
Chris si accigliò pensando a quanto fosse strano che lui gli dicesse quelle cose. Quella risposta lo irritò.
«Va bene... come vuoi» gli disse.
«Chris, posso chiederti un favore?» gli chiese Trevor subito dopo. 
«Certo»
Trevor ci mise un pò a rispondere, prese fiato lentamente. Chris non capiva bene il motivo di quel suo respiro così pensate, ma sembrava che anche la sua voce fosse indebolita. Sperava che non stesse soffrendo troppo, che le ferite infertegli dal padre fossero meno dolorose, almeno sopportabili.
«Dormi con me, non riattaccare»
Chris sorrise appena mettendosi più comodo sotto le coperte calde. Sentiva che era arrivato davvero il momento in cui il suo corpo era riuscito a calmarsi dalla frenesia e dallo stress accumulato durante il giorno. Poteva finalmente dormire, alle sue mille preoccupazioni ci avrebbe pensato l'indomani.
«Dormo con te, non riattacco»
Nel momento in cui chiuse gli occhi, sentì la porta della camera aprirsi e chiudersi un attimo dopo. Sentì Jane che si metteva a letto, e con i respiri man mano più lenti e regolari di Trevor, riuscì ad addormentarsi.





CHE FINE HA FATTO RICKY? È ANCORA VIVO? I SUOI CAPELLI FARANNO ANCORA SWISH? LO SCOPRIREMO NEL PROSSIMO CAPITOLO!
Ritorno in me e come sempre mi scuso tantissimo se non ho postato prima, ma sono stata molto impegnata e non ho avuto tempo ç.ç Chiedo perdono! Non vi chiedo di lasciarmi una recensione perchè so che non lo farete *piange*, ma va bene così, vi voglio bene lo stesso u.u
Alla prossima :3
  
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