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Autore: steffirah    02/04/2016    1 recensioni
Che sia un momento di sconforto, solitudine, dolore, ci sarà sempre. Che sia la prima esperienza, una bella, una spiacevole, una inaspettata, l'amore li accompagnerà in questa crescita. Perché c'è speranza, in qualsiasi mondo o universo alternativo, e non dovrebbe mai andare perduta.
[one-shots basate sulla Rinshi week dal 7 al 13 novembre 2015]
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin Okumura, Shiemi Moriyama
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"La vita va avanti." Forse si, ma è difficile farlo dopo aver scoperto che tutto il tuo passato non è altro che una menzogna. Una bugia ben orchestrata per tenerti all'oscuro di tutto. Perché certo, può capitare che dopo ben 15 anni tuo padre ti riveli che in realtà tu sei il figlio di Satana. Insomma, a chi non è mai capitato? Roba da tutti i giorni, no? Ah, e a ciò aggiungiamo lo scoprire che tuo padre è un esorcista. Così come tutti i preti che ti hanno cresciuto. E così anche tuo fratello minore, che sapeva ma taceva "per il tuo bene". Poi un giorno tuo padre muore. E tu sai che è colpa tua - non c'è bisogno che te lo ricordino gli altri. E allora, per onorare la sua memoria, per espiare il suo peccato ti dici: "Diventerò una persona migliore. Smetterò di ribellarmi, sarò diligente, diventerò forte e vendicherò la sua vita." Ma non è facile. La vita è sudore, è fatica, devi quasi ammazzarti ogni giorno per avere in cambio cosa? Un fratello - più piccolo di te, e ci tengo a precisarlo - che si comporta come se fosse tua madre.
Immaginiamo la scena: ti stai davvero impegnando, ce la stai mettendo tutta per essere serio, paziente, studioso e così via; insomma, ti sforzi per diventare un diavolo di angelo e poi cosa? Ragazzi più grandi di te vengono a sfotterti, parlando male del tuo caro padre, della tua famiglia, di tutto ciò che per te contava di più al mondo. Cerchi di fartelo entrare da un orecchio e uscire dall'altro, ma nel momento in cui mettono in gioco tua madre, definendola una puttana, dopo che non hai mai avuto modo di conoscerla... Beh sommando il tutto, credo sia ovvio che una persona al momento psicologicamente instabile, delusa da tutto e da tutti, con tanta rabbia repressa, finisca per esplodere. Così fai casini. Rompi qualche osso e, com'è giusto che sia, vieni punito.
La mia fortuna è che la mia punizione si limita a "ti è vietato uscire dalla tua stanza se non per mangiare o andare in bagno". So che non mi è andata male, peccato che trasgredire le regole sia scritto nel mio dna. Forse sono masochista, mi piace essere punito. O forse voglio soltanto essere libero e disfarmi di tutta quest'immondizia.
Poiché tre giorni da bravo ragazzo sono troppi per me - la punizione dovrebbe durare una settimana, durante la quale dovrei studiare tutto il tempo a casa... figuriamoci! - approfitto di una missione di Yukio per uscire dal dormitorio. A contatto con l'aria fresca prendo un bel respiro, allargando le braccia. Aaah, ora si che si ragiona! Faccio una linguaccia all'edificio polveroso che sto per lasciarmi alle spalle e m'allontano in fretta, dando inizio alla mia breve fuga. So che non posso stare via a lungo, altrimenti mi scoprirà. Tra l'altro, non devo farmi notare. Soprattutto, niente risse. Per questo motivo preferisco saltare da un tetto all'altro o gironzolare nei luoghi più scuri e desolati della città. Una cosa che spero è di non incrociare demoni per la strada, altrimenti sono fritto. Cioè, come sempre ho la mia Kurikara con me, ma non posso sguainarla. Purtroppo le mie fiamme blu non si possono definire discrete.
Alla fine mi scoccio persino di errare, come un gatto randagio, così mi stendo sul terrazzo di un edificio, guardando le nuvole susseguirsi velocemente nel cielo. Strano a dirsi, ma il vento pare abbastanza forte lassù. Se solo riuscisse portarmi via... Lontano da qui, dove nessuno mi conosce... Dove non possono giudicarmi...
Chiudo gli occhi, respirando lentamente, lasciandomi carezzare dal flebile calore del sole autunnale. Totalmente immerso nei miei miseri pensieri non mi accorgo che qualcun altro mi sta facendo compagnia. Sento la sua presenza, così apro le palpebre, specchiandomi in due occhioni curiosi, verdi come le foglie di un faggio.
Sarebbe stato un primo incontro molto romantico se mi fossi lasciato andare, se non avessi reagito, se le avessi ceduto le redini del gioco. Ma non è da me, così dopo che lei mi sorride angelicamente, augurandomi buongiorno, scatto a sedere, sbattendo la fronte contro la sua. Gridiamo entrambi per la botta, poi lei comincia a piagnucolare, portandosi una mano alla zona colpita.
«Ti ho fatto male? Scusa, non volevo.»
Mi avvicino  cautamente, esattamente come un gatto che esplora il territorio e cerca di fidarsi di un umano. Lei mi rassicura con uno sguardo, abbassando poi la mano. Così facendo scopro del sangue. Impallidisco.
«Mi dispiace!»
Cerco disperatamente un fazzoletto nelle mie tasche, ma lei mi anticipa, prendendolo dalla borsa che portava con sé.
«Non fa niente. Ero già ferita, ma con la frangetta non si vedeva. Non potevi saperlo.»
Il suo sorriso, così cordiale e gentile, la sua voce, così calda a cristallina, i suoi gesti, misurati ed eleganti, stonano totalmente con la mia persona. Mi sento chiaramente a disagio, messo sotto prova, ma al contempo rilassato, come se con la sua sola presenza riuscisse a quietare il mostro che sono. Che potere ha? È una sorta di demone anche lei? Nah, impossibile. Ma può anche essere, visto che adorano ingannare la gente - ero l'unica eccezione probabilmente, dato che non riuscivo assolutamente a mentire. Già mi stavo pentendo della fuga. Un attimo. Perché mi sento così in colpa adesso?
Incontro gli occhi puri e sinceri di questa ragazza. Sto per indagare sul cosa ci faccia in questo luogo reietto, quando mi anticipa.
«Tu invece stai bene? Ti ho visto qui steso a terra e per un attimo ho pensato che fossi...», indugia, piccole lacrime si addensano nei suoi occhi. Abbassa la testa, mormorando: «Non sarebbe strano, considerando tutti i demoni che si nascondono nelle ombre.»
«E nel cuore delle persone.», aggiungo, amareggiato.
Lei annuisce, sommessamente, per poi guardarmi sbigottita.
«Eh? Un attimo, tu... Tu riesci a vederli?!»
«Già.», taccio, chiedendomi come posso riuscire a non spaventarla.
«Sei... Sei stato ferito?»
Il suo titubare mi colpisce, non riesco a non rivolgerle un sorriso - evitando di mostrare le zanne, ovviamente.
«No, peggio direi.»
«Peggio?», chiede spaventata.
Allunga una mano, posandola sul mio braccio, al cui contatto sussulto lievemente. È normale che nonostante gli strati di vestiti io riesca a percepire il suo calore?
«Mi dispiace.»
La sua sincerità fa male. È la prima volta che sento un tono tanto accorato, ma sono consapevole che è dovuto unicamente al fatto che non sa ancora chi sono. Non posso traumatizzare anche lei con la rivelazione sulla mia nascita.
«Tu invece che ci fai qui?», mi interesso, spostando l'argomento altrove.
Lei sembra agitarsi.
«Ah, io... Non saprei come spiegartelo. È una storia strana. Potresti prendermi per pazza.»
Sorrido sghembo, chiedendomi se sia scappata o cosa.
«Puoi dirmelo, rimarrà un segreto tra noi se vuoi.», le prometto e lei ridacchia nervosamente.
«Non è questo, soltanto che... Non so cosa ci faccio qui.»
La guardo stranito, lei mi scruta attraverso la frangetta.
«Ricordo soltanto d'essere andata a letto e prima di addormentarmi qualcosa, dentro di me, mi ha suggerito che avevo una sorta di "missione" da compiere. Quando ho aperto gli occhi mi sono ritrovata qui e ho visto te. È tutto ciò che ricordo.»
La sua voce affievolisce e non sono molto convinto. È troppo assurdo, ma al contempo non credo stia mentendo. Non so se fidarmi o meno.
«Cioè... Mi stai dicendo che questo sarebbe un sogno?» Leggo l'incertezza dei suoi occhi che riflette la mia. «Tu mi stai sognando?!»
Forse sto dando in escandescenze. Questa cosa ha del paranormale! Poi ci rifletto. Il figlio di Satana che si impressiona per queste cose? Vorrei ridere di me stesso.
«Non ne sono sicura. Ma non riesco a ricordare di più.» Scuote la testa, il suo tono è mortificato. Le sue corte ciocche bionde le frustano delicatamente le gote come conseguenza del suo movimento.
«Non importa.», dico, sia a lei che a me stesso.
«... Non mi trovi strana?», chiede insicura.
Stendo lievemente le labbra, divertito.
«Un po', ma se non lo fossi non saresti interessante.» In ritardo mi rendo conto di quello che ho appena pronunciato.
Lei sbatte le ciglia, come se stesse cercando di assimilare le mie parole, incredula. Poi mi allunga una mano, sorridendomi amichevolmente.
«Moriyama Shiemi!»
«Eh?»
«È-è il mio nome!»
Mi incita a stringerle la mano e dopo un attimo di esitazione la accontento.
«Okumura Rin.»
«Piacere di conoscerti, Rin!»
Questa ragazza... Come può essere così schietta e impersonale?
La guardo con diffidenza, ma so già la mia mente malefica cosa sta pensando. Mi piace. Ovviamente mi riferisco al suo essere così diretta, tralasciando futili convenevoli. Anche perché non che io me ne intenda granché.
«Il piacere è mio, Shiemi.» Nel sentire il suo nome pronunciato senza onorifici il suo sorriso si allarga ancora di più. Non ritenevo umanamente possibile poter sorridere così apertamente, ma non la trovo né spaventosa né inquietante. Tutt'altro. Mi stringe il cuore, ma non fa male. Cerco di non farci caso.
«Quindi, qual è la tua missione? Se vuoi posso aiutarti.»
«Ehm, ipotizzavo dovessi occuparmi di te, guarirti da qualche ferita, ma a quanto pare mi sbagliavo...» Mi osserva con attenzione, prima di sussurrare: «A-a meno che... Non si tratti di altro.»
«Altro?», ripeto confuso.
«Si, ad esempio... Una ferita invisibile.»
«Esistono ferite invisibili?!», reagisco di nuovo in maniera esagerata. Devo imparare a contenermi.
«Lo sono le ferite del cuore.»
Mi guarda dritto negli occhi. Come posso ritrarmi a quello sguardo così... Protettivo e invitante? Rassicurante? E al contempo preoccupato?
"Bingo."
«C'è qualcosa che ti rattrista?»
«Mettiti comoda Shiemi, non sono un paziente facile da analizzare.», scherzo. «Ah e non sono nemmeno molto collaborativo, ma farò uno sforzo per te.»
«Lo apprezzo. Ti ascolterò finché vorrai.»
Mi sorride incoraggiante e io comincio a confessarmi - mi ricordava un po' mio padre, ma perlomeno con lei potevo parlare più liberamente, anche accennando alle mie paure più recondite.
Vi è mai successo di sentirvi bene con una persona? Talmente bene che anche se non la conoscete, anche se a malapena sapete il suo nome, vorreste parlare con lei ancora, e ancora, e ancora, ininterrottamente, magari fino all'alba? Ecco cosa sto provando adesso con questa ragazza. Se potessi le racconterei della mia intera eppure breve vita, perché mi fido istintivamente di lei. E di norma il mio istinto ha sempre ragione. Ma purtroppo mi ritrovo a dover sintetizzare partendo dagli ultimi eventi più catastrofici.
Pensavo potesse gridare, scappare, terrorizzata. E invece l'unica reazione che ricevo da parte sua sono lacrime. Decine, centinaia, scivolano copiose sul suo mento, gocciolando poi sulle sue tremanti mani. Smetto di raccontare, presumendo la stia turbando.
«Shiemi? Se sei spaventata lo capisco, io-»
«No...», mi interrompe, la sua voce rotta, infranta, un prezioso vaso in mille pezzi. «Mi  dispiace.»
Sgrano gli occhi. È incomprensibile. Perché reagisce così? La afferro per le spalle, avvicinandomi al suo viso.
«Per cosa Shiemi? Sono un mostro! Sono il figlio di Satana!»
Lei non risponde, prende a singhiozzare, le sue spalle sussultano sotto i miei palmi.
«Non è giusto...»
Non capisco. Perché parla così? Perché non mi disprezza? Perché non va via?
Sto per perdere la pazienza. Il suo atteggiamento mi infastidisce, mi rende felice. È una felicità a cui non sono abituato.
«Diamine, perché non lo accetti? Le vedi le mie zanne?! Le mie orecchie appuntite?! La mia coda??! Ti sembro un comune essere umano? Mi stai forse compatendo?» Le faccio domande a raffica, fuori di me. A un certo punto credo di non sentirmi più. Vedo solo i suoi occhi liquidi riflettere la disperazione sul mio volto. No. Tutto questo è sbagliato.
«Ti accetto, Rin.», mormora dopo poco, zittendomi con un flebile alito di vento lenitivo. «Ti guardo. Ti vedo. E ti accetto, per quello che sei. Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto sopportare. Deve essere stato un dolore fortissimo, vivere così, per non parlare del ritrovarsi orfano all'improvviso. Non posso neppure immaginare ciò che si prova. Anche io ho dovuto patire le mie pene, e ancora oggi ne pago le conseguenze. Ma se ci rifletto non è nulla rispetto a -»
Smette di parlare. Ci metto un po' a capire che non è lei ad aver taciuto volontariamente; sono io che le ho chiuso la bocca, posando le mie labbra sulle sue. Che cavolo mi afferra?!
Faccio un balzo indietro, col cuore in gola. Non mi riconosco più. Come ho potuto comportarmi così sconsideratamente? 
Lei mi fissa paonazza, incredula, impietrita, le labbra dischiuse, gli occhi sbarrati. Non capisco nemmeno se respira, ma non la biasimo. Suppongo d'aver assunto la sua stessa posa, troppo sconvolto da me stesso. Cosa accidenti mi è venuto in mente? È proprio questo il problema! Non ci ho pensato! Minimamente! L'idea di baciarla non aveva sfiorato neppure il più lontano dei miei pensieri! Ma allora cosa mi ha spinto a farlo? A farle dono del mio primo bacio? Devo riparare, in un modo o nell'altro.
Mi sblocco, ma continuo a percepire i miei arti rigidi come quelli di un robot.
«Ah... Ecco... Io... Non so cosa... Cioè...»
Non riesco a formulare una semplice frase! Quanto sto messo male?! Cos'ho che non va?! E non mi dite "amore a prima vista"! Potrei vomitare, queste cose non accadono. Perlomeno, non alla prole degli Inferi!
Non so come ci riesca, ma ritrova la compostezza prima di me. Gattonando lentamente mi si avvicina, quasi stesse misurando ogni passo. Buon per lei che io non abbia la forza di muovere un muscolo.
Arrivata di fronte a me mi guarda con i suoi occhioni ricchi di speranza, dal basso della sua altezza.
«Rin, non fa niente. Ma quanto meno adesso... Ti senti meglio?»
Ci penso su. Non ho neppure bisogno di rimuginare, conosco fin troppo bene la risposta. Incredibile, mi sento così leggero, così...
«Si, molto meglio.»
Che potere ha usato su di me? Non riesco a capire. Non me ne capacito. Questa voce insicura, tremolante, esitante, mi è totalmente sconosciuta.
Lei sospira, portandosi la mano destra sul cuore.
«Meno male. Allora ci sono riuscita.»
«A fare cosa?», esterno i miei dubbi, dimenticando immediatamente il mio precedente agire.
«Ho portato a termine la missione.»
Sorride soddisfatta, io la osservo perplesso. Non mi sono mai considerato normale - soprattutto a causa della mia forza bruta e rabbia repressa. Ma le sue reazioni non sono da meno.
«Tu... Eri preoccupata per me?»
«Io continuo ad esserlo. Ma il vederti così risollevato mi rassicura. Significa che almeno un minimo sono riuscita a farlo per te.»
Le sue parole scorrono nella mia mente limpide come una sorgente d'acqua pura, attraversando il solco dei miei timpani fino a raggiungere la pozza del mio oscuro cuore. Mi sento poetico. E io non lo sono mai stato in vita mia. Probabilmente Yukio ne sarebbe soddisfatto.
«Si è fatta ora.», dichiara all'improvviso, alzandosi.
Sbarro gli occhi. Non può essere. Non può andare via così presto!
Salto in piedi, ponendomi davanti a lei. A stento mi trattengo dall'afferrarle le braccia per trattenerla. Non voglio costringerla a restare. Non voglio forzarla a fare nulla per me. Non voglio che mi consideri asfissiante, pesante, ma al contempo non voglio sparisca per sempre. Non ora che ho finalmente trovato una... Amica, presumo.
«Devi andare?» La voce mi si mozza in gola. Sono triste. Tristissimo. E non ne capisco il motivo, la causa scatenante. È come se avessi bisogno della sua presenza. Come se fosse per me vitale. Non voglio separarmi da lei. È piacevole averla al mio fianco.
Ma lei fa un cenno affermativo, desolata, e io comprendo che devo lasciarla andare.
«Ci rivedremo?», indugio, vedendola svanire.
«Sicuramente.», afferma, sicura di sé.
Poi mi sorride apertamente, le sue guance arrossate, mentre agita una mano in segno di saluto.
«È stato un grande piacere averti conosciuto, Rin. Mi ha resa davvero felice.»
«Anche a me. Sono felice, Shiemi», sussurro con voce rotta al fantasma che resta di lei.
Mi hai reso una persona migliore.
Grazie.

All'epoca ero soltanto un ingenuo egocentrico preso unicamente da se stesso. Mi autocommiseravo, mi autopunivo per ogni azione malvagia fatta o soltanto meditata. Così, non mi rendevo conto che attorno a me c'erano anche persone che non giudicavano dall'apparenza. Persone che guardavano nel cuore degli altri, e ci vedevano del bene anche se apparteneva a una bestia. Una di quelle persone, la migliore che avessi mai avuto modo di conoscere - si chiamava Moriyama Shiemi. 




Angolino autrice:
Ehilà! Oh cielo, da quanto tempo non aggiorno. Linciatemi pure, perché credo che da oggi sarà ancora più difficile T.T Mi sembrava giusto avvisarvi.
Voglio solo dire un grazie a coloro che leggono e portano tanta pazienza. Vi sono debitrice.
Con affetto,
Steffirah
  
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