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Autore: queenjane    03/04/2016    1 recensioni
La storia di una donna coraggiosa e del suo viaggio nella vita, amori e lotte e personaggi.. Un'epoca suntuosa e perduta, dalla Francia degli ultimi re passando per le terre del Grande Nord, ecco Catherine e la sua storia.. Chiamata dragone,amore, lady Morgan e beloved
immortal..molte vite in una.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Solo trentatré mesi di età dividevano i due fratelli, tranne che Catherine era più scatenata e vivace di lui, Luois d’Alençon. Catherine, detta la petite di Gabrielle, occhi di fumo, la pelle scura che tendeva a scurirsi appena toccata dal sole, la bambina perdeva regolarmente cuffie e cappelli.
I due fratelli erano inseparabili, la madre non se ne adontava, tanto li avrebbe poi separati la vita, raddrizzarli a frustrate e botte come suggeriva la suocera  non le pareva d’uopo, al diavolo lo scandalo, due fratelli, l’erede  ed una inutile femmina così legati, per non parlare della madre che non li spediva ad una balia od in convento o in  collegio, Gabrielle stava zitta e Regnier, suo marito e loro padre, l’assecondava, era quasi ridicolo per l’amore che le portava.
Era bella, la contessa Gabrielle, radiosa ed assoluta, tranne che non era solo quello, insieme, in privato, ridevano , lui cupo, lunatico, inflessibile IN PRIVATO era, appunto, un altro, ligio al dovere ma con un sorriso in più, tra un ritorno e l’altro, Polonia e Fiandre a sfare, la guerra di successione austriaca  non dava requie, ritiri apparenti e nuove e continue ostilità.

Nella primavera del’45  il re era andato nelle Fiandre, il giovane conte lo accompagnava.
Era con Lui, a Fonteroy, da dove avevano invaso i Paesi bassi austriaci e le Province unite. Un’estate di popolarità, per le Roi, oltre che quella dell’avvento di Madame de Etiolles, al  secolo Madame di Pompadour, che Voltaire avrebbe fatto rimare con Amour, borghese salita al titolo di amante reale..intanto, nel settembre 1745, Regnier era diventato generale
..Gabrielle, la tua dolcezza unica, seta fumo, cristallo, dentro acciaio e armonia, incomparabile, fino al grande vuoto, la scoperta che DIO non ascoltava ME, per sopravvivere, mi toccò diventare pietra e ghiaccio, di un cinismo unico e leggendario Ti ho amato Gabrielle, fino al delirio 
 
Nel marzo del 48, iniziarono le trattative di pace e don Juan Fuentes, osservatore del  re Carlo III di Spagna, osservò che “il Borbone volle fare la pace non da commerciante, ma da re”, tutto sarebbe tornato allo status quo ante, il re di Francia rinunciava ai Paesi bassi a favore di Maria Teresa, Maaschrict andava agli inglesi e Nizza e la Savoia al Regno di Sardegna, annullando le conquiste di anni, Federico II mantenne la Slesia, Maria Teresa ebbe riconosciuti i diritti sovrani, con poche concessioni territoriali …


Intanto, i due fratelli erano cresciuti.
-Bilancia meglio il peso, così!- le mostrò il movimento, le luci  e le ombre che battevano sui visi, lui aveva i capelli dorati come il padre, erano vicini al laghetto a confine delle tenuta.
--Divertita?A posto?-La canzonò
–Tu continueresti fino a  domani, ma le bambole no?
- Mi annoiano, vedi il lato positivo, signor fratello, ti affini, monsieur le Comte Luois -
Peggio di un maschio, era da un anno che andavano avanti, un loro segreto, lui aveva ceduto, come sempre, stufo di richieste e piagnistei, salvo scoprire che era infaticabile.
–Louis-
-CAT-
-Per te questo ed altro-
Poi- Tanto ti diverti e ti sei evitato una punizione-
Era quasi affogata per andarli dietro quella primavera, e lo aveva coperto, barattando il segreto con quello.
“Va bene, ma poi non devi piangere o andare a lamentarti….Devi combattere, come un drago, intesi, Cat…

E lei aveva mantenuto, incredibile come, quando voleva qualcosa, puntasse sul bersaglio, taceva  e non si lamentava, anche se la prendeva in giro, era davvero brava, una piccola Amazzone in fieri, un drago, una tigre.


 
Quando eravamo piccoli, io cinque anni, lui andava per gli otto, ci arrampicavamo sugli alberi, lui tirava sassi con una fionda, ad un cane una mucca o all’orizzonte, non voleva, io insistevo, alla fine diceva sempre di sì, la mia preferenza per lui era quasi scontata, la sorpresa era come non si scocciasse di avermi sempre dietro.
“Cat, ecoute una storia”, se le inventava, o riprendeva quelle di nostra madre …
 
Quando si scocciava o litigavamo,non esistevano santi, me le dava quante ne reggevo e io ricambiavo con solerzia, peccato perdessi quasi  sempre,  le gambe e le braccia piene di lividi, lui nero per i morsi e i calci tributati, magari mi aveva strappato una ciocca di capelli …Io sparivo per un po’, lui uguale, poi bastava un sorriso, una parola, giocare a scacchi o toccare il suo cavallo, Zephyre per passare sopra la questione. I nostri genitori si amavano, altro che, tranne che mia madre era una “ribelle”, lui un soldato, gli faceva sì sì, poi agiva come reputava più opportuno e lui …dipendeva. Spesso si metteva a ridere, sennò si incupiva e lei lo portava nelle loro stanze..
 
Non sempre, non comunque, dopo me erano nati altri due fratellini maschi, Leon era morto a tre mesi, Nicholas ad un anno, lei  ci sorrideva  sempre vedendoci, apriva le braccia, ma spesso e volentieri era  Papa a stare con lei, io stavo con Luois. Diceva che ero un uragano, una scocciatura, tranne che ero la sua migliore amica, eh?, il reciproco affetto era un sostegno.

Mio fratello,il mio amico, il mio eroe, la prima perdita atroce ..
Una bambina, colma di grazia, con nuovi ardimenti e antiche paure, ogni stagione aveva i suoi riti e le sue meraviglie.
In primavera le corse sui prati, disboscando poi le aiuole di rose e narcisi per sua madre.  Con il fratello gareggiavano a chi resisteva il più a lungo possibile su un muretto, a braccia aperte. 
In estate (per evitare altri accidenti, le aveva insegnato a nuotare), in Normandia  era il gusto del sale sulla pelle, contare le barche che rientravano le sera, le stelle. In autunno affidava messaggi agli stormi di uccelli migratori, in inverno osservavano le fiamma che guizzavano, rabbia alla rabbia e cenere alla cenere. Intanto, come  volevasi dimostrare, Catherine continuò ad esercitarsi con la scherma (e dopo ho continuato, per anni, in segreto le mosse).
E la curiosità di conoscere, avida e golosa, l’amore per i libri di viaggi e le lingue straniere.
 
-TU SEI UN MASCHIO MANCATO!Altro che storie, aveva arrotolato le gonne e montava ad uomo
-Poi non ti venire a lamentare se cadi e ti fai male
—Va bene, ma ti risulta l’abbia fatto ultimamente?- Con sufficienza.


….Novembre 1749, i lutti e le sciagure toccarono il generale, perse moglie e figlio per la difterite, una  catastrofe che lo svuotò, facendolo diventare di ghiaccio e pietra senza veri sorrisi o tenerezza.
.”…Basta  chiedere, non torneranno più, capito, vuoi capire?
”NO”
”Sei stupida o cosa, ai funerali c’eri..”
”BASTA!” Questa era Isabel, l a nonna materna, la madre di Gabrielle, la prese per mano, preoccupata che la bambina non piangesse, fosse fredda e  muta dopo quei discorsi …
… Nei tempi remoti, viveva nelle terre di Tule, che dicevano essere l’ultimo confine conosciuto degli antichi regni, viveva, appunto un drago, verdi come smeraldi le sue scaglie, rossi gli occhi, una coda lunga venti metri, con ali per volare da un confine all’altro del regno, ne era il custode, un guardiano. Era immenso, forse il più grande esistito in quei luoghi, e nel passato e nel futuro..- La storia del dragone la inventammo io e Luois insieme, il suo ultimo dono, per me, il tradizionale attacco era quello, la mia fiaba per la buonanotte..
… un novembre da in incubo, il generale aveva pianto, spaccato non so quanti mobili in biblioteca, dopo avere sfilato la fede dalle dita gelide della contessa, straziato, impotente, per sempre fedele a Gabrielle, in quella vita e in quelle che sarebbero venute. Avevo approfittato del caos per andare da lui.
-Ehi-
Sfiorandogli un braccio segnato dai salassi, la stanza puzzava di malattia, il tavolo vicino alla finestre era pieno di medicinali, ampolle e bacinelle, il fuoco così caldo da svenire, nell'aria resti di pestiferi infusi.
Era dimagrito da fare paura, il viso bianco come cera, carta, un petalo di camelia contro i candidi cuscini. Il mio amato, vivace fratello, appena l’ombra del bambino vivace e robusto che era ..
-Vuoi che apra le tende? Vuoi dell’acqua?-
Due cenni di assenso, i capelli biondi intrisi di sudore contro la mia spalla, mi permetteva di aiutarlo, era davvero messo male.
-Che è successo? Non mi hanno mollato un momento, poi eccoti qui. La mamma? Come sta?
- Si sta rimettendo-Gli servii la balla, pronta, diretta, ma lui non era stupido, osservò che ero vestita di grigio, il colore del lutto per un bambino e inventai che era morta una parente, era lucido e ci credette, o finse di crederci, non mi chiese specificazioni.
Luois si stava imbarcando sulla leggendaria nave degli Argonauti, non verso il regno di Colchide, verso il vello d'oro, ma verso l'Ade, verso il fiume Lete, un sorso delle sue acque tutto fa scordare.- Cosa che devi fare anche tu, mi annoio senza di te, di guarire quel peccato l’avrei riscontato dopo, decisi, con gli interessi, le penitenze del prete e le sue bastonate, che importava.
-Anche io mi annoio-Un piccolo sorriso - Almeno quando sono sveglio.. E dormo tanto.- Ti racconto una storia-Le dita intrecciate, avevo scalciato le scarpe e mi ero stesa accanto a lui, sul fianco,la testa contro la mia spalla.- Anche se in genere è il contrario-
Sorrise.
- Dunque, nei tempi remoti, nelle terre di Tule, che dicevano essere l’ultimo confine conosciuto degli antichi regni, o nel Catai, decidi tu, vivevano un re ed una regina, lui si chiamava Regnier e lei Gabrielle- Annuendo, gli carezzai una ciocca fradicia di sudore, asciugando quello sul viso con la manica.- Lui domava i cavalli, come Ettore di Troia, combatteva tutte le guerre, vincendole sempre, mentre la regina ….-Parole su parole, tutte le avventure di questa vita così lunga le ho vissute per te? Volevamo vedere il mondo, conoscere nuovi posti, essere  parte del tutto, uniti come due foglie su uno stesso ramo.... ci sono riuscita, un poco?la morte di Luois è stata uno strazio, una eterna amputazione..
-I principi erano due, un maschio ed una ragazzina che a sentire lui era un maschio mancato, ehi, che ridi, comunque l’erede si chiamava Luois come te, era inimitabile, uno spadaccino di primo rango, nessuno lo batteva con la fionda, tirava i sassi come un …. Mito e aveva un grande coraggio-Che mi inventavo?
- Cioè, quando il re era assente, invasero il regno, ma il principe combatté, trasformandosi in un drago possente, verdi come smeraldi le scaglie, occhi rossi, lunga venti metri la coda, ringraziando la principessa sua sorella, che aveva trovato l’incantesimo, lui la proteggeva, però almeno a quelle cose badava lei- Una pausa, intanto voleva un altro bicchiere d’acqua e glielo diedi, poi mi strinse, da capo, avrei giurato che capisse più di quanto volesse ammettere, e viceversa,per me- Comunque, alla fine, lo chiamarono dragone, tanto era intrepido e potente. Ti piace lo so, quindi che è quello sguardo?
- Hai scordato una cosa, questa la preciso io. – Le parole roche, mi sfiorò la guancia.- La principessa, Catherine, all’occorrenza poteva diventare il dragone della leggenda, non era un maschio mancato, semmai era una Amazzone, per combattere, fosse successo qualcosa al principe, ma anche no, in caso contrario, era brava, il vero drago era LEI-
-No-
Allora mi stava davvero dicendo addio ….
- Sai, magari, il principe diceva che doveva combattere sempre, con onore, per proteggere chi amava, senza arrendersi mai, alla fine diventerai il dragone della leggenda, IL VERO DRAGONE – Ripeteva, ma era lucido, presente a sé ..Un cenno, poi era stanco e non ne poteva più, ma dai rumori capii che non potevo filarmela  e mi nascosi sotto il letto, sparendo per ore, approfittando di un cambio per andare via
- Muoviti o ti beccano -Era ancora più diafano nello scarto di poche ore, ancora lo salassavano e stava sempre peggio.– Ciao a presto, rimettiti, ti voglio bene-
-Ciao, ti voglio bene, a presto … dragone, Catherine.. Addio-
Chiaramente, ne presi per quella sparizione, frustate, dato che non riferivo dove mi fossi infilata, tanto … se ne andò quattro giorni dopo, la febbre alta ed in delirio, quando ero in procinto di andarmene, novella sposa, il discorso cadde su quei giorni e Isabel mi raccontò che parlava di un dragone combattente.
Di scenari incantati e regni lontani.
Quando seppi delle segrete qualità di Xavier e Juan, mio marito e mio suocero, nessun dubbio, nessuna esitazione nel scegliere il mio epiteto, dragone, quando dissero che ero pronta. Sapendo, allora come poi ed adesso, nella distanza, che avrebbe definito quella storia una pazzia assurda, tranne che mi avrebbe seguito. Alla fine, l’ho sempre portato dentro di me. Lui era un combattente nato, non aveva paura di battersi e solo la morte lo ha sconfitto, nessun rimpianto, devo ricordarmelo, mio prediletto eroe, mio fratello ..
 
 
Ripresi a parlare dopo venti giorni, giusto un po’, per non far diventare matta Isabel,  mia nonna materna, che era venuta a stare da noi, lui era andato a fare un giro delle guarnigioni, mentre io mi abituavo, si fa per dire..il risveglio era una tortura, li sognavo e li rivolevo, poi smisi di piangere, a che mi serviva? Mio padre era sempre in caserma o alla  reggia, vedermi lo riempiva di dolore, però che colpa avevo, di somigliare a mia madre, tranne che negli occhi, che erano i suoi?  SOLA, e avevo otto anni…
Sentivo che il generale beveva fino a stordirsi, cercando conforto in altre braccia, altre storie, avventure mercenarie, le era sempre stato fedele e ora?Definirmi silenziosa, scorbutica e lunatica era un eufemismo, lui invece era impeccabile nel gestirsi la carriera e la vita a corte. Presi tutto quello che potevo, sia di lui che di lei, oggetti, temevo che li avrebbe fatti sparire, come avrebbe voluto fare con me. Zephyre divenne il mio cavallo.
Tuttavia, gli occorreva un figlio maschio e doveva risposarsi, impegno che lo entusiasmava poco, in quel novembre 1750, appena il tempo di finire il lutto stretto.E mia madre è stato il suo primo e ultimo amore.
Gabrielle Marie de Saint Evit, la sua amatissima, la sua immortale, mito immutabile e perfettibile, visto che non era perfetta.
 
 
 
Lei si chiamava Marguerite Louise, un buon partito, sia in termini di dote, che educazione ed avvenenza fisica, impeccabile dama di Corte e padrona di casa, quieta come uno specchio e molto dolce.
Ebbero il buon gusto di chiedermi come volevo chiamarla e io.”Madame “.
Va bene, ero gelosa e amareggiata, chiusa nel mio mondo, libri, libri, cavalli… Educata questo sì, alla fine, io per mio padre ero invisibile, ma lei … preferivo non essere considerata che oggetto di pena.
Era dolce, tranne che questa delicatezza  non serviva per un maschio, le stagioni successive erano state punteggiate da continue gravidanze e aborti  e da  QUATTRO femmine, che con me erano cinque…
Da mia madre aveva avuto tre maschi, il confronto era continuo e ne usciva perdente ..
Basti dire che, toltasi la vera della contessa Gabrielle per le seconde nozze, l’aveva indossata tre giorni dopo, da capo e sempre la portò, anche quando Marguerite ebbe il sospirato maschio ..
Mio padre rimase gelido, scostante, adempiva ai suoi doveri, come di firmare i suoi dispacci, impersonale, ecco, come la penna d’oca che scorreva sul foglio, per firmare il suo nome, come il seme sparso nel grembo della moglie.
La passione e il desiderio  li riversava sulle sue amati, dormendo un sogno senza stelle o sogni.
 
Dai diari di Xavier Fuentes”.. Era il’51, quando il generale ci invitò a casa  sua, per qualche mese. E la conobbi, pareva una piccola ninfa dei boschi, tornava da cavallo, gli orli sfilacciati ed un sorriso segreto.
Ci osservava, quando tiravo con mio padre (voleva poi imitarci, seppi dopo, poi), discreta e silenziosa, e la sorpresa quando mi rispose in spagnolo, me lo ha insegnato mia nonna materna, anche lei è spagnola, come voi. Magari poteva fare pena, ma io non ne avevo, c’era altro cui pensare. I Fuentes erano agenti diplomatici, fini osservatori , viaggiatori  o spie, dei bari-varie definizioni, ognuna poteva andare bene
…”
 
Xavier e suo padre erano unici al mondo, come me..per loro non contava essere uomini o donne, quanto il valore di una persona, la mia defunta suocera aveva coadiuvato suo marito nei suoi compiti di agente segreto, una Amazzone, per capirci, ritirandosi poi quando ritenne di avere fatto abbastanza. Comunque, la ragazzina scontrosa, arrabbiata e solitaria, che si imponeva la freddezza, non voleva più amare nessuno, trovò l’escamotage..Destino, vocazione, caso … quien sabe, non importava non importa..Diventai il dragone, agente, baro o spia, un’occasione di…….Rischio, pericolo, azzardo, segreti…(in fondo, ho perso tanto ma ho anche avuto tanto…).
Comunque, quella storia l'avrei saputa dopo e vissuta poi.
 
Sii obbiettiva, non adularti, con questo specchio, sì sei …non male. Capelli scuri, al naturale, lineamenti regolari, occhi chiari, le mani sottili, alta circa un metro e settanta… come mia madre. Non occorrono ritratti, ti basta guardarti… ibri, segreti, ribellioni, per anni, nel chiuso delle mie stanze ho continuato ad allenarmi, assalti e parate, un libro sulla scherma come maestro, montando a uomo quando potevo, come prima, cadendo con il rischio di rompermi qualche osso…
Forse  ha ragione Isabel quando dice che arginarmi è arduo, alla fine, mi ha cresciuto lei, Luoise dietro alle gravidanze o a Corte, tuo padre sullo sfondo, preferiva spedirmi dai Saint-Evit… Possibile che tu tenga tutti a distanza? Mia nonna, l’età ed i lutti l’avevano forse ammorbidita, almeno un poco…
Mille e mille volte a dirmi di lei, libri, Zephyre,  i segreti.
Le punizioni erano diminuite, una ragazza non conta a casa di un militare…Capendo, poi, con il senno della presunta maturità, che le perdite lo avevano straziato e disperato, per andare avanti dovette diventare duro e scostante, senza tenerezze.
Chè lui non è sempre stato così, quando loro c’erano,mi prendeva sulle spalle, mio fratello accanto che saltava da un punto all’altro del cortile, merende, biscotti e cioccolato, le sere in estate prendendo fresco alla fontana, osservando la luna e le stelle..
Tanto altro, ma ora è inutile, pensa ai Fuentes di Ahumada, rocca costruita dopo Poiters,un punto strategico per le vie dei commerci e dei pellegrinaggi,  il titolo di marchesi dato da Carlo Magno. Un Fuentes era entrato a Granada, al seguito dei  Re cattolici, un altro era salpato con Pizzarro per conquistare l’impero azteco. Carlo V vi soggiornava sempre, recandosi in Spagna, amando cacciare in quelle foreste,uno era stato confessore di Filippo II, un altro viceré del Perù, altri due, padre e figlio, governatori di Milano…. accumulando titoli e fortuna..Un giovane uomo avido di gloria e avventure, come i miei cugini, altri gentiluomini di Versailles, boh…che aveva di differente? incanto…
Mi hanno chiamato rosa rosarum, ninfa in versione di bruna, onori per la mia vanità di allora, ero cresciuta, che ne sapevo io, gli sguardi scivolavano addosso, la prontezza di offrire una coppa di champagne, dopo le cacce di autunno, le gonne fangose, mi pareva di essere un oggetto di caccia e non sbagliavo di tanto l'interpretazione. Mio cugino George, nell’autunno del ’55, mi aveva strappato un bacio, ero arrossita, i libri non ne parlavano, i discorsi erano altri…Le relazioni, il buon gusto, fermezza e pettegolezzi, a corte avevano riso fino alle lacrime sapendo che Maria Teresa aveva istituito una commissione di castità, quando il suo stesso marito la tradiva e giocava d’azzardo, un massone ed un libertino.”Siate pratica”, ancora mia nonna, adesso era così  cinica da essere quasi simpatica.


Dagli appunti del Generale, mio padre..”Fatica, odio, il rancore contro la sorte e Gabrielle, tutte le notti passate a bere, giurando che non avrei amato più, il tempo aveva lasciato solchi sul viso, volendo dimenticare. Non mancavo ai miei doveri, alle feste, mai tuttavia cominciavo in ritardo le mie giornate, nessun indizio apparente delle mie gozzoviglie..
 
-Pensavo ad uno dei vostri cugini, siete cresciuti insieme-La ragazza chinò la testa sulla tazza di caffè, le parve un poco arrossita –Grand Maman, l’ho conosciuto quando ero bambina,  nel ’51-
- Ottimo partito, si è proposto, vostro padre ha accettato, avete quattordici anni, età più che adeguata per un marito, lui non è troppo avanti con l'età, l’aspetto è gradevole. Settembre arriverà presto, sarete una sposa bellissima….Mi correggo, è giovane e bello, non ha avuto il vaiolo…si può andare, come esemplare … che hai da ridire, avanti?—
Mi pare che lo stiate paragonando ad un cavallo,!—
-Mmm, guarda che è spiacevole se il marito è troppo vecchio o l’aspetto è sgradevole, è sempre dovere, capiamoci, ma pesa meno… E NON TI STROZZARE CON QUEL CAFFE’!!!-
pausa- Anche a Luois sarebbe piaciuto-
La ragazza scrollò le spalle, enigmatica, un ricordo che fioriva alla mente..
Gabrielle si era opposta fermamente all’idea del marito di spedire Luois a fare il valletto du chambre a otto anni, come lui, aspetta che abbia dodici anni, lui le aveva dato retta. Una delle poche volte che sulle questioni serie,  il generale avesse mutato parere..
 
Ricordo quando dovevo essere presentata a Corte, le lezioni ricevute su come camminare, inclinare il mento e disporre mani e gomiti, l’apprendistato dei giochi di carte e dei balli.
Soprattutto i tre inchini, da cui pareva dipendere tutto il mio futuro, il primo  a cominciare dalla porta del salone, il pesante strascico addosso, in direzione della regina, la timida e silenziosa principessa polacca, tradita e esautorata.
Dovevo essere graziosa e nobile e umile nelle mie riverenze, come prescritto da Madame de Genlis nel suo “Dizionario … sull’etichetta della Corte”, rilevato che “la riverenza doveva esprimere la donna nella sua interezza”.
Scemenze, mia madre era vissuta bene lo stesso, senza occuparsi di quelle serie e buffe questioni.
Su come l’aspetto di ogni nuovo acquisto venisse analizzato.Se l’epidermide della candidata fosse davvero così nivea da reggere il confronto con la camicia di bianca  battista, rivelata sulla schiena attraverso i lacci del vestito deliberatamente allentati..
Me la ero cavata ma nel settembre 1756 ero una tenera principiante, sposata, con tanto di anello e benedizione, che non sapeva che attendersi dalla PRIMA notte.
Gli dissi che ero incompetente, in materia, sapevo le lingue, amavo i libri, cavalcavo ed alla peggio sapevo tirare, peccato che quelle nozioni mi servissero a ben poco.. Le candele creavano golfi d’ambra e luce sul suo viso, aveva sorriso, suggerendo di rilassarci, speravo di non provare troppo dolore e  intuivo che non era un novizio in quelli affari. Era bello, il solo erede di suo padre, con un titolo ed un patrimonio da capogiro, peccato che non mi esimesse da quell’obbligo.
“Chiudi gli occhi e pensa ad altro” Luoise, una campionessa di mortificata rassegnazione. Avrebbe dovuto esserci mia madre, altro che storie, comunque, rilassiamoci, che gli piacevo era sicuro, almeno da come mi fissava. Mi parlò di Ahumada, dei dintorni, del villaggio, un orfanotrofio gestito dalla Chiesa e sovvenzionato dai Fuentes, grandi guerrieri dotati di misericordia, cacciatori ineguagliabili, un capanno di caccia vicino alle origini del Moguer, insomma mi descriveva i posti, meglio di un bardo.
Poi fu tutto semplice, bello, al bando le divagazioni poetiche, il rombo del desiderio e dell’abbandono, le dita sulla geografia dei rispettivi corpi, nessuna forzatura, fu graduale e ..il dolore non fu maggiore di quello di una ruzzolata a cavallo.
La dolcezza sensitiva della pelle, appena di una mandorla salata, la trama di ossa e muscoli, la tensione era finita, la ragazza era una moglie, una donna… Aveva badato a  non essere impaziente, proteggendomi la prima di innumerevoli volte, in quella vita che sarebbe stata tanto lunga, come poi avrei fatto io, in altri modi e termini, nonostante le divagazioni, la stanchezza,  i giorni della dimenticanza e dell’abbandono …
Il re aveva onorato la regina sua sposa, la principessa polacca, ben sette volte, la loro prima notte insieme, generando poi dieci figli in altrettanti anni, quando poi si “dimise”dal servizio, rise quando glielo dissi e lui …. Ero una principiante, ma gli piacevo, gli ero proprio piaciuta …



 
1757.
Vorrei essere morta.
Cristina, un nome che è un dolore …
Luglio, un caldo atroce, le rose si essiccano sugli steli, tutto è arido e senza vita, solo il rombo ossessivo delle cicale rompe il silenzio.
È nata tanto presto, è vissuta solo una settimana, è un angelo nel grembo del Signore.
Non mi consola, io sono sua madre.
Mi sono alzata, contro ogni prescrizione, andando a rintanarmi in un posto isolato.
Al diavolo tutto, voglio essere solo lasciata in pace.
Qui mi trova un ragazzino, di nemmeno cinque anni, Felipe Moguer, il figlio che mio marito ha avuto da una contadina delle sue terre prima del matrimonio, uno sfogo di lussuria, allora era solo un ragazzo alle prese con i primi pruriti.
È  la sua miniatura, sarei stupida a ignorare la verità, lo sanno tutti e .. mi scruta, in silenzio, da quanto è qui?
Occhi e capelli scuri, il naso perfetto di Xavier, suo padre e mio  marito, snello e dinoccolato, la dimostrazione della sua fertilità, il suo segreto orgoglio.
Non sono stata gelosa di lui, è successo tanto tempo fa, prima che ci fidanzassimo, oggi mi sento peggio a vederlo, se possibile.
Non è colpa di Felipe, sono io che mi sento a pezzi, un’incapace.
-Per voi, signora Marchesa- Porgendomi una rosa bianca miracolosamente  sbocciata.
- Mi spiace per la vostra perdita, anche se è un angelo resterà sempre nel vostro cuore.
- Grazie, Felipe.
- Sapete, a volte è bello lasciare andare i fiori nell’acqua..
Un  bambino solitario, poetico, molto intelligente, anche troppo.. poi si sarebbe fatto strada nella vita, sia in senso metaforico che letterale, ma allora era solo un ragazzino con le iridi color miele.
Anche io ero una ragazzina, allora, stremata dal dolore.
Aprii le braccia e si lasciò stringere perplesso.
 
-Va bene, grazie. Sono davvero splendide  le corolle che danzano sull’acqua.
 
Attraverso gli occhi di Felipe, ricordai una storia, quella millenaria, appunto, della rocca dei Fuentes, sulle cime spinose dei Pirenei ma anche quella della nascita di un ragazzino, di un vanto e di uno splendore riflesso, così come è stata tramandata da mio marito, Xavier, e da suo padre, Juan, una storia che si inserisce tra le pietre color miele appena venate dall’edera della rocca, lui si chiamava Felipe Juan Moguer, un Fuentes, tranne che nel nome, come lo sarebbe stata mia figlia se fosse vissuta.
 Ma sia io che Felipe eravamo due diversi ..


Esco a cavallo in un’alba luccicante, lanciandomi a caso per i sentieri, fino a raggiungere le foci del torrente Moguer.
Le acque, rese scarne dalla siccità, luccicano come peltro, sfiorate dal sole nascente..
 Le  cime acute dei Pirenei, con le sfumature delicate delle nevi e dei ghiacciai, aroma di pino.
Smonto e lego il destriero, il silenzio rotto dal mio respiro, mi chino sui talloni e bevo dalle mani a coppa, il corpo straziato, ancora, dal dolore del recente parto ma non mi interessa.
L’immagine riflessa è quella di una ragazzina, con la pelle levigata dal sole, scure ciocche di capelli e solenni occhi chiari che poi, con delicatezza, lascia andare una rosa bianca nella corrente, lo stesso gesto poi  compiuto in ogni successiva estate, fino all’ultimo respiro.
Non sono morta, e non ho dimenticato.
 
 
   
 
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