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Autore: Osage_No_Onna    03/04/2016    2 recensioni
[STORIA SOSPESA A TEMPO INDETERMINATO, PASSIBILE DI CANCELLAZIONE]
Buonsalve Folk. Mi sento tutta agitata: questa è la quattordicesima storia che pubblico qui ed ho già esperienza, ma... se vomitaste nel leggerla, capirei perfettamente.
Passando alla trama: Hoshiko Kazama, una ragazza delle superiori definita "strana", prodigio del pattinaggio e della ginnastica artistica, che non ha ricordi, viene posseduta dalla musica e piange sangue, ma si consola guardando il cielo insieme al suo spirito, Ayumi.
Jin Takeuchi, voce maschile –ma non troppo- del gruppo HFive, dal comportamento calmo e strafottente.
Kyndrha, misteriosa e serissima Sacerdotessa Victrix che salva gli spiriti del mondo.
Un Deck specialissimo, chiamato Deck Galattico.
Un Numero ancora più speciale: 108 Guerriero Stellare Tamburino dei Sogni.
La Musica del Cuore.
Eleanor e Jack Knight, madre e figlio che vedono gli spiriti e visualizzano il passato delle persone.
La sorte dell' Universo o, forse, di più Universi.
Una storia di dolore e di speranza, di ponti abbattuti alle spalle e di strade da ritrovare.
Dedicata ad Asutoraru e alla mia migliore amica CrazyGirl_98 che mi ha "gentilmente minacciato" di metterla.
Si ringrazia Riyu Saotome per i disegni della Corte Astrale!
Grazie a tutte! ^_^
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Asutoraru /Astral, Nuovo personaggio, Sorpresa, Yuma/Yuma
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Avviso


Cari lettori, vi devo informare, non senza una punta di rammarico, che (com’è successo per “Kokoro no Kiseki” in precedenza) anche questa storia verrà SOSPESA a tempo indeterminato, se non addirittura cancellata.
Per quanto riguarda l’ultimo punto sono ancora molto indecisa sul da farsi, per cui non so darvi ancora indicazioni precise su quel che farò, tuttavia è sicurissima la sospensione.
Probabilmente (o anche no) vi starete chiedendo il motivo di questa decisione.
È molto semplice: questa storia mi (e vi, o almeno per quei pochi lettori e recensori) accompagna da ormai tre anni (durante i quali sono passati dalla quarta ginnasio alla seconda liceo, lol), ma ormai non solo la spinta creativa dei primi anni si è in parte persa (basti pensare che l’ ultimo aggiornamento risale a più di un anno fa), la storia non mi piace più come prima e, pur avendo tempo per poterla continuare, non mi va più di farlo.
Mi sono inoltre resa conto di aver gettato troppe carne al fuoco (e di aver incasinato troppo la nostro protagonista) e di non saper sciogliere l’ intreccio, ormai diventato un vero e proprio nodo di Gordio, in modo soddisfacente.
- A meno di non chiedere l’ intercessione del deus ex machina, come ha fatto il caro Euripide a suo tempo.-
Dopo queste doverose precisazioni (citazione necessaria) intervallate da tanti altrettanto necessari incisi, vi lascio con questa One-Shot che si ricollega alla trama principale, rappresentandone un Missing Moment, nonché Slice of Life, forse fin troppo semplice e deprimente. (Lo so, sono scandalosa.)
Non abbiate però paura per la nostra Hoshiko, perché presto (si spera) ritornerà…
PS: Scusatemi per tutte queste citazioni classiche, ma mi vengono spontanee!
PPS: Per quanto riguarda KnK, giuro che sto scrivendo il capitolo. Ma è molto lungo e non so nemmeno io quando lo finirò.
PPPS: Come al solito, perdonatemi i periodi ciceroniani.

 
***
 
 
The stranger and the silver garden


Medea[1] alzò gli occhi sui corpicini straziati dei propri figli, il pugnale ben stretto in mano, gli occhi gonfi e rossi per le lacrime e quel sorriso aperto e sadico, sulle labbra grosse e rosse come rubini, che le squarciava il volto: aveva finalmente attuato la sua vendetta, ma a che prezzo!
Aveva dovuto uccidere le creature che lei stessa aveva generato, quelle che aveva cullato e covato nel suo grembo per nove mesi, per amore delle quali aveva sopportato le doglie del parto e aveva seguito Giasone a Corinto cadendo dagli astri al fango, passando da figlia di re a straniera senza uno straccio di diritto, sola ed emarginata come un cane rognoso, diversa in aspetto e carattere dalle donne corinzie.
Ma che lui la tradisse risposandosi con la principessa… Eh no, quello non lo poteva proprio patire!
“Lo faccio per i nostri figli e per te, per garantirvi un futuro e una parentela regale.”
Belle scuse! Era solo a causa sua se aveva commesso tale delitto, dopo aver chiesto perdono alla sua famiglia per il suo orribile tradimento: non avrebbe potuto tollerare oltre l’offesa subita, né la visione dei suoi avversari che ridevano della sua debolezza, che prosperavano a suo scapito. E per rigirare il coltello nella piaga a suo marito non avrebbe lasciato nemmeno la consolazione di seppellire le sue creature: lo avrebbe fatto lei stessa, con le sue mani, quando, scesa dal carro del Sole, avrebbe toccato una terra più pura
[2].
Il suo sorriso si allargò ancora di più mentre sciacquava le mani, ripulendole da quel sangue innocente: probabilmente nessuno di quei poveri agnellini sottomessi delle donne della città avrebbe mai osato tanto.
Ancora più probabilmente i rimproveri del marito sarebbero stati questi, le avrebbe rinfacciato la sua scelleratezza e il suo animo barbaro.
Ma ormai non le importava più nulla.
Aveva inseguito la chimera di una vita felice con Giasone e ne aveva ottenuto questo spettacolo raccapricciante.
Stupidi sogni di giovinezza.
Come in un lampo profetico, la maga realizzò che la sua vita da allora avrebbe perso quasi del tutto la felicità che pure le era stata elargita tanto generosamente negli anni degli infanzia per poi riacquistarla chissà quando.
Forse in un giorno lontano della sua vecchiaia, quando esule sarebbe ritornata in Colchide dopo l’ ennesimo errore e si sarebbe riconciliata con il padre.
Sarebbe stato bellissimo se quel giorno fosse davvero giunto.
Ma ormai non le importava più nulla.
Nel momento stesso in cui la maga alzò gli occhi lo fece anche Hoshiko, con l’animo in subbuglio: aveva quasi dimenticato di essere seduta nella scintillante monorotaia dai sedili rossi e neri, con un libro in mano, fino a quando la voce gracchiante e insonnolita dello speaker annunciò la sua fermata.
E, mentre si alzava svogliatamente richiudendo il suo volume di tragedie e riponendolo nella sua borsa di jeans, anche Ayumi si materializzava fuori dalla spilla a forma di stella alpina che la ragazza teneva appuntata sul petto.
Lacrime rigavano il suo volto visibile solo a pochi, lacrime di cui Hoshiko però nemmeno si accorse perché ancora troppo immersa nei suoi pensieri.
Erano le tre di un pomeriggio fin troppo caldo: i cani uggiolavano per la calura, gatti pigri e pasciuti si godevano il bel tempo sonnecchiando e l’ unica presenza che teneva compagnia alla ragazza, a parte gli sfortunati di ritorno da qualche commissione o da un’ allegra scampagnata, era l’ ombra corta che camminava insieme a lei, quasi al suo fianco, sottolineando la sua solitudine.
Come al solito, le venne voglia di fare il “gioco dell’ indifferenza” e annullò tutti gli stimoli sensoriali: il cicaleccio delle comari che avevano avuto il coraggio di mettere il naso fuori; il bisbiglio dei necrospiriti di quella zona; il rombo delle auto che procedevano nel vialetto; la luce abbagliante del sole del pomeriggio; la puzza della plastica che qualcuno stava imprudentemente bruciando e il nero del fumo creato dai gas di scarico.
Non si curò del mondo e, come al solito, anche il mondo non si curò di lei.
Era un circolo vizioso che ormai andava avanti da quasi tre anni: se il mondo la trattava con distacco e sdegno, perché non ripagarlo con la stessa moneta?
A tredici anni aveva realizzato con dolore che nessuno, là fuori, avrebbe mai teso una mano per asciugare le sue lacrime, perché una creatura pericolosa come lei non lo meritava… anzi non meritava nulla, se non, nel migliore dei casi, compassione e pietà.
Quando finalmente aveva digerito quel boccone amaro, allora si era creata la sua armatura.
Ed era solo in virtù di quella che era riuscita a tirare avanti senza troppi problemi.
Tuttavia ormai quella corazza si stava arrugginendo e lei stava ritornando ad essere un esserino fragile, proprio quello che avrebbe voluto segregare in fondo al cuore.
La verità era che tutto ciò faceva un male cane e lei non poteva, e forse nemmeno voleva più, continuare così.
Ma come al solito continuò il suo gioco stringendo i denti e sperando che prima o poi sarebbe arrivato il momento del suo riscatto: solo allora avrebbe indossato il più bello dei suoi sorrisi e sarebbe uscita da quel guscio.
Perché lei non era capace, nonostante tutto, di vendicarsi come aveva fatto Medea, con la quale sentiva molta affinità e di cui ricopriva il ruolo suo malgrado: la speranza era ancora viva nella parte del cuore che volgeva al suo interno
[3].
Quasi avesse indovinato i suoi pensieri, Ayumi le sorrise, non vista, tra le lacrime.
Anche lei stava ripensando ai suoi passati guai, alla fiducia che la regina Lyra le aveva dato e a quell’ opportunità che le era stata data e che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi scappare, per la quale doveva pianificare e giocare bene tutte le sue mosse e le sue carte.
Le due avevano un animo molto simile e forse non c’era nemmeno troppo da stupirsene.
Per nessuna delle due la vita era stata la vita era stata un giardino d’ argento
[4], però forse, prima o poi, vi sarebbero giunte… E qualora fosse successo, quando sarebbe successo, le loro ferite avrebbero smesso di bruciare.
 
[1.022 parole]

 
 
[1] Si parla della famosa maga della Colchide che aiutò Giasone e gli Argonauti a conquistare il Vello d’ Oro, ma le vicende narrate di seguito seguono grossomodo gli eventi narrati nella tragedia Medea di Euripide.
[2] Sia la richiesta di perdono alla famiglia che la “terra più pura” sono mie aggiunte. (Euripide, se mi senti da lassù, non bestemmiare. E trattieni pure Ariosto, già che ci sei.)
[3] Vedere capitolo 9.
[4] Per le vicende di Ayumi, vedere “Shooting Stars”.
   
 
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