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Autore: ilcielopiangequalchevolta    03/04/2016    2 recensioni
A volte, per ricominciare da capo e ammettere i propri sbagli, è necessario scappare per poi tornare indietro.
Sabrina Vacciello è una ragazza timida, abituata a contare esclusivamente sulle proprie forze e con un grande segreto sulle spalle. Ha una sublime conoscenza delle lingue e tanta voglia di viaggiare; comunque partire e abbandonare tutto è difficile, così si ritrova bloccata in Italia fino ai vent'anni. Un giorno una domanda la sprona ad allontanarsi dal suo paese per riscoprire sé stessa.
Proprio Sabrina si scontra con James Harrison, un ricco imprenditore dall'animo saccente. Quando l'amore si interpone prepotentemente sulla sua strada, egli deve solo farsi trasportare dalla magia di questo sentimento.
James vuole avvicinarsi a Sabrina, l’unica donna che riesce a fargli battere il cuore, però lei non è ancora pronta a lasciarsi il passato alle spalle e a gettarsi in quel turbine di emozioni quale è l’amore. O forse si?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-CAPITOLO 5              NOW THAT I'M AROUND YOU, I'M DEFINITELY BETTER

SABRINA’S POV   
Rotolai tra le lenzuola per un tempo indeterminato e caddi in uno strano stato di dormi-veglia. Ero semicosciente. Immaginavo i meravigliosi taxi gialli, sentendo i clacson provenienti dalla mia finestra; avvertivo il fruscio della seta, quando muovevo alcune parti del mio corpo; udivo la vecchietta del piano sovrastante al mio camminare per casa con il suo passo cadenzato e, ammettiamolo, strascicato data la sua età. Mi crogiolai nel torpore stupendo che la posizione assunta poco prima mi donava e sorrisi, percependo i muscoli tendersi e rilassarsi ad ogni mio gesto. Mi rasserenai definitivamente e rimasi immobile senza un briciolo di forza per spalancare le palpebre. Le gocce del rubinetto del bagno che perdeva mi quietarono e alzarmi dal mio dolce materasso fu impossibile.    

Aprii effettivamente gli occhi, puntandoli direttamente sulla radio sveglia sul comodino della mia camera, alle sei meno un quarto. Mugugnai innervosita, sapendo che non sarei riuscita a dormire ancora. I capelli sparsi sul mio collo mi pungolavano la pelle, nonostante ciò ero troppo pigra per controllare se avessi al polso un elastico. Il cotone del cuscino era eccessivamente caldo per il mio umore lunatico e la coperta donava al mio corpo troppo calore, così decisi di scacciarla con un movimento repentino della gamba, salvo poi essere abbracciata dal freddo mattutino di quella città. Rimpiansi di aver indossato la mia striminzita camicia da notte e riafferrai con stizza il piumone.

Il nucleo di tutto il mio malumore era un pensiero costante e fisso. Più cercavo di allontanarlo dalla mia mente,  più ritornava con il suo viso candido, la sua bocca sottile e rosea, il volto incorniciato da filamenti scuri, i suoi due pozzi color oceano. Strinsi stufa le mani in due pugni, emettendo a denti stretti  un suono indefinito. Non sopportavo più di starmene nel letto rimuginando, inevitabilmente, al mio breve dialogo con James. Forse, tutta quella frenesia, era dovuta alla consapevolezza di aver trovato un potenziale nuovo amico di sesso maschile, oltre a Ryan. Certo era che non dovevo montarmi la testa: io e lui potevamo essere solo e soltanto amici! Anzi, probabilmente, neanche quello. Lui era un cliente del ristorante, dove io lavoravo come cameriera. Nulla in più, nulla in meno! Rinfacciavo tanto a Lexy di andare in iperventilazione ogni volta che si trovava catapultata davanti ad un uomo, ma io non ero da meno!

Decisi di farmi una doccia e regolai il getto dell’acqua. Mi lavai con il mio fidato bagnoschiuma alle fragole e lo shampoo alla vaniglia. Quando terminai, mi vestii immediatamente per ridurre al minimo le possibilità di ammalarmi. Coprii le mie gambe con un paio di jeans chiari e super attillati, ai quali abbinai una maglia che mi lasciava scoperto l’ombelico e, di conseguenza, il piercing. Adocchiai, nell’anta sinistra dell’armadio, le mie solite All Star bianche e le acciuffai velocemente per poi infilarmele ai piedi.  

-Ma ti rendi conto che siamo a fine novembre e che vestita così ti prenderà un accidenti?- urlò la mia coinquilina, vedendomi conciata in quel modo. Arrestò repentinamente la sua camminata verso la cucina e si portò le mani congiunte alla bocca. Sobbalzai leggermente, non avendo avvertito i suoi passi concentrata come ero ad evitare di far bruciare il latte.
-Buongiorno anche a te, tesoro!- sbottai, regalandole una linguaccia infantile subito dopo essermi voltata nella sua direzione -Comunque non preoccuparti, so in che periodo siamo: per uscire metterò un cappotto e a locale ci sono sempre i riscaldamenti accesi, quindi non c’è da preoccuparsi...- spiegai brevemente, versando il liquido dal pentolino alla tazza.
-Okay…perché ti sei messa così in tiro? È merito di un certo imprenditore super figo?- mi domandò, osservandomi scrupolosamente con le sopracciglia aggrottate e puntando, alla fine, il suo sguardo indagatore nel mio.
-A lavoro fa troppo caldo e sudo ad andare sempre da una parte e l’altra del locale. In questo modo sto più fresca!- enunciai, annuendo pensierosa per donare maggior enfasi alle mie parole.

JAMES’ POV
Ero sempre fermamente convinto che fossero passate delle ore ed invece grugnivo irrequieto, leggendo la radio sveglia e accorgendomi che erano passati solo pochi minuti. Cambiavo posizione, variavo il modo  di poggiare la nuca sul cuscino ed ero arrivato persino al punto di fissare il soffitto sconfitto per cercare di annoiarmi ed indurmi al sonno. Alla fine, tutti i miei sforzi non aiutarono poi molto la situazione e,  ogni volta, ero più sveglio ed arzillo di prima. Di quel passo, sarei crollato sulla mia scrivania in azienda.

Con una camomilla non cambiò niente. Ritornai in camera distrutto, soprattutto psicologicamente, dato che fisicamente potevo vestirmi ed andare in discoteca anche in quello stesso momento. Avevo una strana sensazione alla gola, non sapevo come comportarmi. Il corpo di Sabrina si materializzava nella mia mente ogni istante in cui provavo ad abbandonarmi tra le braccia di Morfeo, i suoi occhi nocciola mi invitavano a seguirla proprio come una musa, le labbra schiuse mi richiamavano come le sirene con le navi dei pescatori e l’insieme era irresistibile. Non potevo stare calmo e quieto. Era snervante, volevo fare dei sogni d’oro e staccare un attimo la spina dalla realtà, ma evidentemente qualcuno aveva altri piani per me quella notte.

Riuscii a spegnere il cervello verso le quattro e mezza, quando ormai le speranze erano distrutte, quando avevo optato per vestirmi e compiere qualcosa di producente per il mio lavoro.

 La mattina seguente, però, la stanchezza mi piombò addosso peggio di uno tsunami. Il bip fastidioso della sveglia si insinuò nelle mie orecchie violentemente e mi pungolò le tempie. Mi diressi a lavoro, barcollando e assomigliando ad uno zombie malconcio.  Quella cameriera era diventata quasi un’ossessione, a tal punto da sconvolgere la mia quotidianità, e decisi di mettermi all’opera il prima possibile, recandomi al solito bar.

Udii l’ormai noto tintinnio dello scaccia pensieri attaccato alla porta. Non ero l’unico ad aver ascoltato lo scampanellare dell’oggetto incollato all’entrata, poiché Sabrina stava guardando nella mia direzione e, appena i nostri occhi si incrociarono, li distolse arrossendo. Giocò distrattamente e nervosamente con alcune ciocche di capelli e si dondolò sui talloni.

 Il mio corpo si mosse prima che il cervello gli diede l’impulso e mi ritrovai ad avanzare verso di lei con la strana sensazione di non poter resistere un secondo in più senza sentire la sua voce. Lei irradiò un caldo e sincero sorriso che ricambiai.
-Ciao dolcezza!- salutai voluttuoso.
-Salve, James.- rispose, mentre i suoi zigomi si imporporavano di nuovo di bordeaux e puntò lo sguardo sull’ambiente circostante. Il genere di ragazze con cui ero solito stare non avrebbero mai adottato quel suo comportamento. Lei era diversa: non si rendeva conto del potenziale che aveva, del forte ascendente che possedeva sugli uomini.
-Com’è andata a lavoro oggi?- chiesi per intavolare una conversazione e lievemente interessato per davvero.
-Bene…a te?- ammise contenta, intanto che le sue mani si rilassavano impercettibilmente e si poggiavano lentamente sul legno scuro del bancone.
-Non male, ma adesso che ti vedo va decisamente meglio!- affermai compiaciuto, sfoderando le solite carte per fare il casca-morto. Le donne erano senza sosta in cerca di complimenti e tutte abboccavano a qualche moina. Portai il mio viso a pochi centimetri dal suo e lei si allontanò come se potesse scottarsi. Sabrina scosse la testa incerta e continuò ad arretrare.
-Ehm…io ora devo lavorare, puoi chiedere a Ryan o ad Alexis per la tua ordinazione.- concluse e, alla velocità della luce, voltò le spalle e mi lasciò stupito.

 Mi girai ed osservai il locale frastornato, domandandomi cosa avessi detto per farla scappare. Lei era totalmente indifferente alle mie frecciatine.
 Dopo il nostro breve dialogo, la vidi portare qualcosa ai clienti sorridendo cordialmente, a tutti tranne che a me. Era una ragazza come un’altra e mi stava tormentando troppo! Dovevo concludere alla svelta la faccenda, conquistandola, ottenendo ciò che volevo e andando avanti.

SABRINA’S POV
Quando notai James, il mio cuore mancò alcuni battiti. Quel giorno era particolarmente attraente: aveva dei jeans scuri abbinati ad una camicia a righe infilata nei pantaloni e ad un cappotto beige. Sul viso, però, alleggiava un’espressione di stanchezza ed i suoi magnifici occhi celesti erano leggermente arrosati. Volevo parlare con lui e non potevo permettere che le mie paure me lo impedissero. La sua voce era melodiosa e fissavo le sue labbra che si piegavano per suo volere allo scorrere delle parole. Sorridevo grata per quella visione e mi beavo alla vista della sua bocca incresparsi in alcune smorfie.

 Mi ritrassi, basita e confusa per una manciata di secondi, appena cercò di avvicinarsi pericolosamente a me. Lo liquidai con una scusa alquanto banale e fuggii in bagno per calmarmi.

“Adesso che ti vedo va decisamente meglio”.

Quella frase mi perseguitava. Semplicemente bastava una battutina mirata e credeva che io cadessi ai suoi piedi, baciandogli le scarpe. Era questa la reputazione che avevamo noi femmine: sgualdrine alla mercé del primo che capitava a tiro. Di certo non mi sarei abbassata a quei livelli ed ovviamente non sarei stata un’altra delle sue ragazze senza cervello.    
NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Allora, in primis cosa ne pensate del capitolo? Lo so, ci ho messo un po' per aggiornare, ma la scuola mi sta uccidendo. Purtroppo per me da domani inizierà l'inferno e rimarrò bloccata alla mia scrivania tutti i giorni temo. La causa? Lo studio, ovviamente! Penso proprio che per un ulteriore aggiornamento ci vorrà venerdì se tutto va bene. Spero, come sempre, che la storia vi appassioni e non annoi e che riesco a farvi immedesimare nei personaggi.  Alla prossima, spero! Ciao SS.
 
   
 
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