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Autore: Rachel_Daae    04/04/2016    2 recensioni
G-Dragon, Taeyang, Seungri, T.O.P e Daesung sono più di cinque semplici ragazzi. Sono anche più di semplici cantanti o super star. Ho immaginato un mondo in cui i cinque amici devono la loro celebrità ad un passato oscuro e ad un contratto che li lega indissolubilmente ad un'entità che li controlla e che dona loro ciò di cui hanno bisogno e anche di più. ||
"Un'anima entro la mezzanotte di sabato prossimo. Sei giorni di tempo, non potete tardare." || Monster AU.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buon lunedì! Non mi sono dimenticata di voi, ma ho preferito prendermela comoda e considerare lunedì passato come un lunedì di festa, quindi pubblico oggi, sperando di non aver perso lettori :P
Ecco il capitolo che ho faticato di più a scrivere. Come al solito, quando si tratta di personaggi che amo, scavare nella loro psiche e dar loro il giusto peso narrativo non è facile. Spero che riusciate ad innamorarvi di Top anche voi! 
Comunicazione urgentissima: questo è l'ultimo capitolo che avevo già pronto, da oggi in poi la pubblicazione purtroppo andrà a quando avrò scritto, dato che ho anche iniziato a studiare per gli esami di Maggio e che, per quanto mi piaccia passare del tempo coi BigBang e con voi, mi preme di finire l'università. 
Grazie a tutti per la pazienza, spero di ripagare il tempo che spendete per me. Come al solito se volete lasciatemi una recensione, una critica, un'osservazione...
Vi abbraccio!



 
Persecuzione
T.O.P
 
Aveva lasciato Daesung a casa con Taeyang. Il ragazzo di sicuro avrebbe saputo meglio di lui come prendersi cura di Dae e Top era abituato a lasciare ad ognuno dei suoi amici la propria parte di lavoro. Sapeva benissimo fino a che punto arrivavano le sue capacità. Sapeva quando era ora di passare il testimone a qualcun altro. C’era stato un passato in cui ogni minima ingiustizia, ogni minimo smacco, ogni minimo problema era percepito come un ostacolo da superare ad ogni costo, da accompagnare alla sua fine. Ma adesso no. Top aveva raggiunto quella disillusione tipica di chi ha visto il mondo, tipica di chi capisce nel profondo come realmente vanno le cose. Vedeva i suoi limiti e li rispettava con la calma di cui era capace.

Gli piaceva prendersi cura dei suoi amici e non c’era momento in cui si sentisse inutile. Non che avesse mai più sentito un qualche sentimento vero e proprio da dopo la transizione. Era stato tutto così doloroso che gli unici sui veri ricordi della vita da umano erano la frustrazione e l’agonia. Agonia che presto si era trasformata in qualcosa di più leggero, come la carezza lieve di sua madre quando era andata all’ospedale e lo aveva trovato totalmente cambiato. Dopo la carezza era venuta la consapevolezza, poi più nulla. Il vuoto di una vita senza bisogni, senza stimoli. Una vita che non era nemmeno vita. L’unica cosa che teneva Top attivo era il gruppo.

Lui lavorava spesso da solo. Si sentiva meglio quando stava con se stesso, ma comunque i ragazzi contavano moltissimo su di lui. Daesung aveva bisogno di lui. Top era l’unico in grado di percepire il suo disagio. Dei tanti sentimenti che poteva assimilare, il dolore di Daesung era il più forte, il più penetrante, quello più difficile da ignorare. La prima volta che l’aveva sentito, aveva anche percepito l’urgenza di scoprire di cosa si trattasse e senza un motivo plausibile, si era trovato in un bosco, ritto in piedi davanti ad un bambino bocconi sul terriccio ed il fogliame freddo ed umido. Un Daesung completamente ricoperto di sangue e in lacrime.

Da quel momento Top aveva smesso di domandarsi come mai quel dolore lo avesse colpito così tanto da portarlo sotto gli alberi illuminati dalla luna piena e si era limitato ad agire. E quella settimana Daesung aveva avuto bisogno di nuovo di lui.

Top era un po’ più tranquillo sapendo che il suo amico era affidato a Taeyang. Il ragazzo aveva poteri straordinari e più di una volta era tornato utile in situazioni simili; senza considerare poi la tempra che Tae aveva e l’immensa pazienza che dimostrava con gli hyung ed i maknae. Daesung si sarebbe ripreso nel giro di qualche ora, di questo Top era certo.

Quanto a lui, non aveva bisogno di nessuno. Si prendeva cura di se stesso da solo, esattamente come faceva il suo leader. Non mangiava, non beveva, non dormiva. Lui sentiva e basta. A differenza di G-Dragon, ghiotto di sentimenti ed emozioni, Top poteva solo percepire. Era condannato ad un’esistenza fatta di immensi vuoti all’altezza del petto, talvolta riempiti di sentimenti altrui, come il dolore di Daesung, l’insoddisfazione di Seungri o la vivacità di Bom.

Bom. La sua noona. Un occhio esterno non lo avrebbe mai detto, ma lei era più grande di lui di quattro anni. Il suo aspetto tradiva una gioventù che non aveva più, che in qualche modo bene si accoppiava con la serietà di lui. A vederli assieme si sarebbe detto che il più grande fosse lui, dal modo in cui si prendeva cura di lei quando erano assieme, al lavoro o in tour. Faceva in modo di farsi vedere dai paparazzi insieme a lei all’aeroporto, le teneva la mano sul palco mentre cantavano, la guardava con occhi brillanti mentre la voce di lei usciva cristallina dalle labbra carnose ed echeggiava ovunque, la prendeva in giro per la sua goffaggine. Top aveva persino scoperto che i fan si aspettavano davvero che prima o poi lui e Bom si mettessero insieme, nonostante gli impegni e le regole contrattuali della YG che proibivano ad entrambi di frequentare qualcuno (a maggior ragione all’interno della compagnia stessa). E allora aveva deciso di usare la figura di Bom come deterrente. Non che non avesse mai provato ad amarla sul serio. C’era stato un periodo, un momento particolarmente buio della sua nuova esistenza, in cui aveva bramato fortemente l’amore ed era stato davvero intenzionato a mettere la parola fine a quell’assenza di sentimenti. E Bom era capitata per caso sulla sua strada e gli era sembrata perfetta a ricoprire quel ruolo che tanto aveva idealizzato. Era bellissima ed innocente e… non era abbastanza. Non gli aveva lasciato nulla. Nessuna fame fisica, nessun bisogno di stringerla a sé, di condividere con lei le parti più intime della sua anima persa per sempre. A lei non mancava nulla. Quello manchevole era lui e gli ci vollero mesi e mesi per rassegnarsi alla tristezza della sua condizione. Non provava attrazione per nessuno e per niente, se non per la vita pura e fine a se stessa. Per questo era rimasto al fianco di Bom e aveva continuato quella farsa che lo salvava spesso da situazioni spiacevoli. Non si era mai esposto troppo, aveva sempre lasciato il beneficio del dubbio. Non si poteva dire se quei due si frequentassero davvero o se fra loro ci fosse solo semplice amicizia.

 
***

Delle tante sensazioni che Top aveva il privilegio di assimilare, le uniche che non aveva mai più sentito erano le proprie. Ancora e molto spesso si chiedeva se semplicemente il suo essere non avesse scisso la parte di sé che produceva sentimenti da quella che li percepiva per cancellare la seconda. Le persone provavano emozioni e basta. Lui probabilmente donava le sue agli altri quando ne avevano bisogno e così non aveva tempo per saggiarle. Non c’era altra spiegazione.

E quando aveva sentito l’agonia di Daesung, la notte in cui lo aveva soccorso fuori da quel locale, subito dopo l’inizio della caccia all’anima, aveva capito che doveva trovare al più presto l’amico e portarlo a casa per poi lasciarlo lì. Il troppo dolore lo stravolgeva sempre, per questo aveva cercato l’amico, lo aveva soccorso ed infine lo aveva abbandonato alle mani di Taeyang.

Ora camminava nella notte, cercando di smaltire quella fortissima sensazione di sofferenza presa a prestito da un corpo che non era il suo e che, purtroppo per lui, provava fin troppe sensazioni forti.

A volte era come ubriacarsi. Troppa gioia o troppa agitazione lo facevano andare su di giri. Troppa tristezza o troppa sofferenza lo facevano pensare di essere tornato alla sua fine. Quando poi tutto tornava al proprio equilibrio, anche il vuoto tornava a farsi sentire pesante all’altezza della voragine dove una volta c’era stato il suo cuore.

Sorrise un po’ fra sé. Gli piaceva analizzare la propria condizione e ci pensava spesso quando faceva quelle passeggiate da solo. Non era umano, non era nemmeno come Daesung, Seungri e Taeyang. Aveva un corpo, sì, e anche perfettamente funzionante, ma non gli apparteneva più dei costumi di scena o degli stupidi brillocchi che indossava per girare i video musicali. Non era un dannato come G-Dragon, ma la sua anima era comunque dispersa in chissà quali meandri, nelle mani del Capo. Magari su uno scaffale altissimo nel suo regno. GD era l’unico ad avere delle risposte precise in merito alle domande che i ragazzi spesso si facevano sul Capo. Era l’unico a sapere dove vivesse, e quali realmente fossero le sue intenzioni. A Top più che agli altri era proibito pensare o parlare del Capo. Come i suoi amici era legato a lui da quel dannatissimo contratto, ma la nuova vita che il Capo gli aveva dato lo escludeva da qualsiasi rapporto con il mondo dei demoni e dei dannati, seppure la sua anima, quella del bambino che era stato, un giorno, sapeva, lo avrebbe condotto al suo padrone.

Le strade di Seul erano trafficate di mezzi e di persone. Top finse a più riprese di sentire freddo, si strinse nell’inutile cappotto, si sistemò sulla bocca la mascherina antismog. Anche lui, come gli altri, doveva simulare un’esistenza umana. Gli veniva da ridere ogni volta che pensava alle migliaia di ragazze che di notte gli parlavano attraverso un poster appeso accanto al letto, o cantavano le sue poche linee di rap, o lo osannavano come una divinità, come la più bella cosa che potesse capitar loro. Alcune volte, preda della noia, si era persino avventurato in qualche casa a sentire i pensieri delle malcapitate e a percepire il loro amore incondizionato per lui. Lo trovava assurdo, ma parecchio lusinghiero. Gli piaceva l’idea di essere amato soltanto per essere qualcuno che non era. Da quando aveva intrapreso anche la carriera di attore (un mero premio da parte del Capo per essersi occupato di una questione al posto suo), la situazione non aveva fatto altro che peggiorare. O migliorare, dipendeva dai punti di vista. Il grande Top dei BigBang, il ragazzo bellissimo ed oscuro, quello che pareva tanto serio ma che si divertiva a gongolare sul palco, ad infastidire i suoi amici. Quello che si vergognava della sua totale mancanza di coordinazione nel ballo e che poi aveva fatto della sua incapacità l’arma per ingraziarsi i fan facendo il cretino e l’imbranato (anche quello un dono da parte del Capo). Top che amava il proprio profilo Instagram e lo riempiva di foto. Top che si faceva chiamare fantasma, come se fosse divertente. Si doveva proprio ammettere che, dei cinque, era quello che meglio si era adattato alla celebrità e alla finzione.

Una ragazza gli sorrise, ma lui non ricambiò. La vide con la coda dell’occhio. Forse lo aveva riconosciuto, forse no, restava il fatto che, quando si erano incrociati sul marciapiede, lei gli aveva regalato un dolcissimo bouquet di spensieratezza e se lui avesse incrociato gli occhi di lei, probabilmente le avrebbe fatto dono di tutta la tristezza che gli albergava dentro in quel momento. “Consideralo un dono dal tuo oppa, ti ho risparmiato della sofferenza, vai a casa e goditi la tua famiglia” pensò, senza darsi la pena di farlo ad alta voce. Tanto non lo avrebbe sentito. Lui non avrebbe permesso che lei si fermasse a chiedergli un autografo o una foto assieme e voleva evitare di doverla manipolare per allontanarla o indurla a lasciarlo in pace.

Quello era il modo in cui ricambiava l’amore delle sue fan: evitando loro la sua oscura influenza.

I suoi amici l’avevano ribattezzata “empatia”, ma a Top suonava come una presa in giro. Non c’era nulla di empatico nella sua natura, nemmeno la maniera in cui i sentimenti degli altri abbattevano ogni volta la porta del suo cuore morto e del tutto assente, nascosto chissà dove, senza chiedere alcun permesso, per poi andare ad influenzarlo nelle sue azioni. Non era una cosa che Top poteva controllare. Stringere la mano a qualcuno significava sentire tutto ciò che sentiva quella persona, indipendentemente dalla propria volontà. Ed era per quello che si era offerto di aiutare Seungri con l’autocontrollo. Anche l’amico rischiava di soffrire ogni volta che, bevendo sangue, si lasciava annegare nei luoghi più reconditi dell’animo della sua vittima. Per quello che ne sapeva Top, al suo maknae non era più successo uno spiacevole inconveniente di questo tipo e ciò significava che i suoi insegnamenti, insieme a quelli di Tae, avevano avuto successo.

A nulla era servito per Top provare su se stesso le stesse tecniche. Per quanto ci provasse, non riusciva ad impedire alla gente di scaraventargli addosso i sentimenti in eccesso. E comunque, se anche ci fosse stata una soluzione al suo problema, Top non avrebbe potuto metterla in atto, o avrebbe dovuto rinunciare ad aiutare i suoi amici. Si sarebbe abituato alla lontananza da Daesung, non avrebbe mai capito la sua natura di lupo, così diversa e distante dalla propria, così pura e legata al mondo e alla Terra da riuscire ad appassionarlo e a ricordargli quanto bello fosse ridere per davvero, vivere serenamente.

Con l’empatia, Top poteva fare moltissime cose. Allontanare le fan insistenti, aiutare una persona sofferente, convincerne un’altra ad essere felice. Certo, il prezzo da pagare era alto, ma a lui importava poco ormai di quella voragine in petto. La sua anima era perduta, tanto valeva approfittare di quello che c’era.

Continuava a sentirsi desolato a causa di Dae. Arrestò di colpo l’andatura decisa, provò a sentire la brezza invernale sul viso, ma tutto quello che riusciva a captare era il lieve tocco dell’aria che gli soffiava piano addosso. Neanche il tempo atmosferico riusciva a smuoverlo davvero.

Da qualche giorno, più precisamente da quando era stato in quel vicolo ed aveva trovato la ragazza con la gola squarciata, la giaccia insanguinata di Daesung ed il suo cellulare abbandonati sul cemento umido, sentiva la presenza dell’anima pura che faceva al caso suo. Si era sorpreso che fosse così chiara e limpida. Fin troppo facile da trovare. Ma aveva capito perché l’amico era scappato: non voleva ucciderla. Era davvero preziosa, più di qualsiasi altra anima avessero mai irretito e offerto al Capo. Non potevano permettersi di perderla.

Era andato un paio di volte in avanscoperta. Fra tutti e cinque, Top era quello meglio in grado di rendersi invisibile ad occhio umano. Si faceva vedere se lo voleva e spesso lo faceva, come in quel momento, ma quando ne aveva bisogno poteva semplicemente smettere di esistere ad occhio umano.

Non aveva dovuto avvertire G-Dragon e gli altri. Ci era andato e basta. Aveva seguito il richiamo ed era finito davanti a quella casa in pieno centro. Una specie di oasi serena nel caos della città.

Ci era andato e vi aveva trovato qualcosa di sorprendente. Qualcosa di talmente puro e bello da spingerlo a tornare a più riprese nel buio ed alla luce del sole. Qualcosa di così consolante da spingere i suoi passi a dirigersi per l’ennesima volta verso quel piccolo paradiso.

Tutto pur di liberarsi del bruciore di quell’anima che mancava all’appello da ormai troppi anni.
 
***
 
La stanza era buia, ma Top riusciva a vedere benissimo ogni cosa al suo interno. La finestra e la tendina a motivi di piccole automobili dalle quale filtrava la luce fioca della luna, la libreria ad altezza di bambino, con i volumetti disposti in modo disordinato a casuale, i pupazzi e le macchinine sparsi sul tappeto morbido, il tavolino basso con la seggiolina, le decine di pastelli colorati e fogli pasticciati e il letto nel quale Yeon-Hoon dormiva serenamente.

La prima volta che i suoi occhi abituati all’oscurità avevano visto quell’arredamento si erano sorpresi. La stanza di un bambino. Non poteva essere. Eppure il suo senso infallibile lo aveva portato lì. I ragazzi non potevano immolare un bambino al Capo, questo Top lo sapeva benissimo. Ma doveva esserci una motivazione, se era finito proprio in quella stanzetta.

Yeon-Hoon era un bimbo sveglio. A Top piaceva, gli ricordava la sua infanzia, i tempi in cui ancora era umano e rideva e amava i suoi genitori e sua sorella, quando poteva giocare con Ji-Yong e sognare di diventare famoso. Per questo era tornato a trovarlo più volte in quei tre giorni.

-Hyung, sei tu? – seguita da un frusciare di coperte e di lenzuola, una vocina nell’oscurità accolse Top.

– Speravo tanto che tornassi…-

Anche a Yeon-Hoon piaceva Top. La prima volta che avevano parlato, quando Top si era manifestato, il bimbo non aveva avuto paura. Lo credeva un angelo mandatogli dalla nonna defunta per fargli compagnia. Al ragazzo non era servito nemmeno mutare il proprio aspetto, perché il bimbo non lo aveva riconosciuto come la super star.

Top non poteva essere il suo angelo e non poteva di certo essere il suo hyung, ma non aveva potuto evitare di rimanere affascinato da quel concentrato di vitalità e innocenza ed era andato a fargli compagnia di nuovo. Se quella era l’anima da sacrificare, di sicuro Top avrebbe faticato a raccogliere il coraggio per prenderla.

E comunque restava il fatto che era impossibile per loro sacrificare un bimbo di cinque anni. Piuttosto che farlo, il ragazzo avrebbe rinunciato alla sua carriera e avrebbe reso il corpo al Capo per poi andare a raggiungere la sua anima fra le fiamme dell’inferno.

Una pressione al petto allarmò il rapper. Possibile che si fosse affezionato al piccolo? Lui che non provava sentimenti suoi, si era davvero dispiaciuto all’idea di non vedere più Yeon-Hoon, di non parlare più con lui, di non sentire cosa aveva da raccontargli, cosa aveva fatto la sua mamma, cosa gli aveva insegnato il suo papà e cosa avesse fatto sua sorella maggiore per farlo andare a letto arrabbiato o in lacrime? Solo l’idea di non avere più con sé i suoi amici lo sconsolava così tanto. L’idea di non sorreggere più Daesung, ad esempio, o di vedere Seungri soccombere al proprio istinto, Taeyang morire come un umano qualsiasi e G-Dragon bruciare per sempre nella dannazione della solitudine. Quelle erano le prospettive che lo allarmavano. Quelle e da qualche giorno anche l’idea che Yeon-Hoon fosse la vittima prescelta.

-Hyung…?- il bimbo lo chiamò un’altra volta. Top si mosse appena e passò accanto alla finestra in modo che la luna illuminasse i suoi lineamenti. Il piccolo tirò un sospiro di sollievo quando lo vide apparire, gli regalò un sorriso ancor più luminoso, calciò completamente le coperte e si mise in piedi sul lettino a braccia spalancate.

-Sei tornato! Posso abbracciarti oggi?-

Top gli sorrise furbo e lo sfidò: - Vuoi provare?-

Yeon-Hoon non se lo fece ripetere. Prese una piccola rincorsa dalla testata del letto e fece un balzo in direzione di Top. Il piccolo corpicino trapassò completamente l’imponenza del ragazzo. Fu come se il corpo di Top non avesse consistenza. Yeon-Hoon gli passò attraverso, ma poco prima di andare a rovinare sul pavimento, la mano di Top si mosse veloce e lo resse delicatamente. Il bimbo trattenne il fiato per la sorpresa, poi scoppiò a ridere.

-Yeon-Hoon!- lo rimproverò sussurrando – abbassa la voce. Non potrò più venire a trovarti se i tuoi genitori ti trovano qui a ridere e a giocare da solo durante la notte!-

-Scusa, hyung. Mi diverte troppo- il bimbo si giustificò, poi divenne improvvisamente pensoso e grattandosi il capo disse: - continuo a chiedermi come mai…-

-Come mai, cosa?-

-Ma come mai…come mai questo! Quando io cerco di abbracciare te non posso farlo e quando cado tu mi afferri. Sicuro di non essere davvero un angelo?-

-Ne sono abbastanza sicuro, sì. - Top rise.

Yeon-Hoon era davvero un bimbo sveglio. Ancora non si fidava completamente di quello che Top gli raccontava. Non credeva che Top non fosse un angelo. Anzi, pensava che fosse Top quello che non era consapevole della propria natura. Secondo il piccolo, il ragazzo non si rendeva conto di essere un angelo ed era più che intenzionato a dimostrarlo.

Top lo rimise a letto e gli rimboccò le coperte. Per quanto fosse manchevole di emozioni proprie, non poteva fare a meno di prendersi cura di Yeon-Hoon, come non poteva fare a meno di soccorrere Daesung e, talvolta, di cercare un contatto fisico con Bom. Si sedette sul letto accanto al bambino e gli parlò con calma, cercando in un angolo del suo essere la propria empia per potergli infondere un po’ di stanchezza e indurlo a dormire serenamente.

-Come è andata la giornata?-

Il piccolo alzò le spalle e si lasciò coccolare dal tepore, inconsapevole del fatto che fosse proprio il suo angelo a causargli quel cambiamento da iperattività a sopimento. – Bene, hyung. Non mi posso lamentare…- un’altra caratteristica del piccolo era che spesso parlava da adulto. Top si era già troppo “affezionato” a lui per indagare anche sulla sua situazione familiare. Magari era costretto dalle circostanze a comportarsi da piccolo uomo, magari soffriva e non lo dava a vedere, magari lui era l’unico con il quale riusciva ad essere il bambino che era. Di sicuro Top, da Yeon-Hoon, assorbiva un gran senso di pace e di innocenza.

Sentiva emozioni che non sentiva da troppo tempo, ben diverse dall’affetto incondizionato di Bom, dalla comprensione di Tae o dalla disperazione che spesso rubava a Daesung per farlo stare meglio. Yeon-Hoon gli ridava le sensazioni che aveva provato da piccolo e il minimo che Top potesse fare era stargli accanto, fingersi il suo hyung e aiutarlo ad essere sempre sereno, come meritava di stare. Anche se questo costava a Top un sacrifico tremendo e la prospettiva che probabilmente, di lì a qualche giorno, il Capo si sarebbe nutrito dell’anima del bimbo.

Il piccolo riprese parola, ancora pacatamente cullato dalla vicinanza del ragazzo: - Min-Ha ancora non vuole giocare con me…- disse un po’ sconsolato. – Dice che sono piccolo e stupido.- si rattristò.
Top non provava più emozioni ma aveva dei ricordi e sapeva benissimo come fosse avere una sorella maggiore che cresceva più in fretta di lui e lo lasciava indietro, lo escludeva dalla propria vita perché troppo piccolo e soprattutto perché maschio. La sua, di sorella, era ormai sposata ed aveva un figlio. Top non li vedeva spesso, ma se fosse stato umano avrebbe tenuto a suo nipote quanto al piccolo che ora si stava addormentando lì nel lettino accanto a lui. E forse era meglio così. Sarebbe stato molto meglio sia per sua sorella che per suo figlio, se entrambi fossero rimasti alla larga da lui e da tutta la dannazione che portava con sé. Sarebbe stato meglio anche per Yeon-Hoon, se Top non fosse mai andato in avanscoperta quella notte.

Min-Ha, la sorella quattordicenne di Yeon-Hoon, non era tanto diversa dalla sua. Top sorrise al piccolino nel tentativo di confortarlo, poi gli venne un’idea:

-Senti, ho avuto una pensata. Se io adesso andassi di là e le facessi prendere un bello spavento, pensi che poi torneresti a dormire? Non posso rimanere qui ancora molto e tu hai bisogno di dormire.-
Il piccolo parve pensarci su un pochino, poi annuì soddisfatto. Gli mostrò persino un sorriso. Di sicuro era un bimbo responsabile ed intelligente, ma persino su di lui l’idea di uno scherzo era efficace.
Top si alzò lentamente. Finse di raccogliere le energie, come un mago prima di tirare fuori un coniglietto dal cilindro. Fece l’occhiolino a Yeon-Hoon che gli sorrise emozionato. Si incamminò verso la parete della stanzetta. Dall’altra parte dormiva Min-Ha, nel suo letto spazioso e coperta da un piumone rosa, con la testa adagiata sul cuscino e la foto di G-Dragon appesa al muro sopra al comodino; Top passò attraverso la parete esattamente come Yeon-Hoon aveva trapassato il suo corpo quando aveva cercando di abbracciarlo.

Il bimbo rimase in ascolto e per un po’ non sentì nulla, nemmeno un minimo rumore di passi. Il suo hyung era davvero bravissimo a non farsi scoprire. Poi, come lo scoppio di un fulmine a cielo sereno, la voce di Min-Ha andò a riempire la casa. La ragazza aveva cacciato un urlo così disperato ed improvviso da spaventare persino Yeon-Hoon che era in ascolto e si aspettava una reazione dalla sorella. Si sentì anche un tonfo sordo, come di qualcosa che veniva lanciato attraverso la stanza. Probabilmente Min-Ha, dopo aver acceso la lampada sul proprio comodino, si era spaventata così tanto da aver afferrato l’oggetto e averlo scagliato contro Top.

Intanto il ragazzo era già comodamente seduto sul letto accanto a Yeon-Hoon ed entrambi trattenevano una risata di complicità per il misfatto.

Yeon-Hoon aveva ottenuto una piccola vendetta nei confronti di sua sorella e ora Top poteva sentire la sua emozione e l’esaltazione per il favore che il suo hyung gli aveva fatto. Era davvero una sensazione forte, quella che Yeon-Hoon gli trasmetteva, e a Top piaceva così tanto che quasi si sentiva in colpa per avergliela rubata, per aver partecipato a quel momento speciale con lui. In fondo Top non era un angelo e non avrebbe portato niente di buono nella vita del piccolo.

Un rumore di passi affrettati e un vociare allarmato lo risvegliarono dai suoi pensieri. Top guardò il suo piccolo amico e per un istante il bambino gli restituì la stessa preoccupazione che aveva visto negli occhi dello hyung.

La porta della cameretta si aprì mentre una donna in vestaglia e pantofole faceva capolino. – Hoonie, stai bene?-

Il bimbo finse di essersi svegliato da poco e si stropicciò gli occhi in modo teatrale. – Che cos’è tutto questo baccano? Perché Min-Ha gridava?-

-Non lo so, amore. Papà è andato a controllare, io sono venuta a vedere se stai bene tu.- la donna era visibilmente preoccupata.

Yeon-Hoon smise di guardare la madre e si mise a cercare con lo sguardo il suo amico. Top era sparito, non c’era traccia di lui nella stanzetta semibuia. Il bimbo non avrebbe saputo dire esattamente in che momento era sparito. Quando la madre era entrata stanza, lui era ancora lì, ma meno di un secondo dopo il bambino non aveva più percepito la sua presenza.

La donna si avvicinò al letto, si chinò e lasciò un lieve bacio sulla fronte del piccolo. – Ora torna a dormire, probabilmente Min-Ha ha avuto un incubo e niente più. - uscì lasciandosi dietro una scia di affetto materno che Top poté percepire anche se in quel momento era nascosto tra le pieghe dell’oscurità della cameretta.

La vocina di Yeon-Hoon raggiunse Top prima che potesse uscire dall’oscurità.

-Hyung, l’abbiamo fatta a tutti quanti! Possiamo rifarlo, per favore?-

-Non oggi, Yeon-Hoon-. Il bimbo si rabbuiò.

-Devi già andare via?-

Top annuì serioso. – Devo tornare a casa. E tu mi avevi promesso che ti saresti messo a dormire.-

Yeon-Hoon parve rassegnarsi e si distese meglio nel suo letto. Top allora gli si fece accanto e lo guardò appena, quel tanto che gli bastava per infondergli il sonno necessario a farlo dormire per tutta la notte. Sorrise mentre gli occhietti del piccolo si appesantivano e si chiudevano e il respiro di Hoonie si faceva pacato e regolare.

Il ragazzo sussurrò un impercettibile “Buona notte” e sentì l’impronta lieve di uno strano senso di colpa per quello che stava per fare. Tese le orecchie e captò i genitori di Yeon-Hoon confabulare fra loro, dopo aver calmato la figlia maggiore.

-Ho avuto paura, hai visto anche tu il telegiornale! Quella ragazza è sparita, e se ci fosse qualche maniaco in giro?-
-Come al solito esageri. In città succedono queste cose di tanto in tanto. Una sparizione non significa nulla, meno ancora che i nostri figli corrono dei rischi. Hai sentito Min-Ha. Ha solo visto qualcuno nella sua stanza…-
-E se ci fosse stato davvero qualcuno? Non mi sento sicura. Voglio che i nostri bambini stiano bene.-
-Non c’era nessuno e l’hai visto anche tu. Min-Ha ha sognato e basta.-

Naturalmente Top sapeva di cosa stavano parlando. La ragazza non era sparita. Daesung l’aveva uccisa. Se nessuno aveva trovato il corpo era stato merito suo. Ora l’anima della giovane era nelle mani del Capo, che non l’aveva disdegnata anche se non si trattava dell’anima pura che esigeva ogni anno a pagamento per i privilegi che donava. Top aveva fatto il lavoro sporco, aveva coperto Daesung e poi si era anche concesso quella piccola pausa con Yeon-Hoon, la prima volta che era entrato in quella cameretta. E il bimbo davvero lo credeva un Angelo.

Se sapesse, se immaginasse. Se immaginassero tutti, cosa in realtà sono, non mi darebbero così tanta fiducia. E in fin dei conti non me la merito nemmeno.

Top guardò ancora Hoonie che dormiva serenamente. Sarebbe potuto essere il suo fratellino sul serio, suo nipote, magari suo figlio, se la vita gli avesse offerto qualcos’altro. Ma la sua strada era andata ad incontrare quella di G-Dragon, ormai più di dieci anni prima, e insieme a lui quella del Capo e quindi Top non aveva nient’altro da offrire a Yeon-Hoon, né a Bom, né a nessun altro umano.
Contava solo il gruppo. Contava solo la missione.

-Mi dispiace.- sussurrò. Poi con estrema facilità lo estrasse dal lettino e sparì nel buio della notte con il corpicino ancora addormentato ed inconsapevole del proprio destino fra le braccia.
 
***
 
Choi Seung-Hyun lasciò questo mondo in solitudine, nessuno a mostrargli la strada.
Condannato a fare da guida ai perduti, condannato alla morte eterna. Seung-hyun divenne T.O.P.




 
Anche questo capitolo è terminato! Ditemi che ne pensate, fatemi sapere se il "nuovo personaggio" vi piace e magari se avete qualche idea su cosa accadrà poi.
Come sempre ringrazio Rebellefleur_ per le belle parole e perché mi segue sempre e colgo l'occasione per mandare un abbraccio a lei e a Meraki che si merita più Seungri possibile :P
  
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