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Autore: Sisko31    04/04/2016    0 recensioni
Lia è una ragazza difficile. Da quando era bambina non ha fatto altro che passare da un affidamento all'altro. Ha un gran talento per finire sempre nei pasticci. Samantha e Vitto, i genitori affidatari, non ne possono più. Da domani frequenterà un istituto per ragazzi difficili. Lia rifiuta ma il suo migliore amico Carlos la convincerà a provare la nuova esperienza. Nell'istituto fa conoscenza con un certo Rossini, detto "Red", un tipo prepotente e testardo. I due si scontrano spesso ma col passare del tempo Lia scoprirà che "Red" ha un enorme segreto. Un segreto che cambierà per sempre la vita di tutti e due.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alle sette in punto la porta d'ingresso si aprì e dei passi pesanti entrarono in cucina.
-Lia! Vieni qui! Immediatamente!- gridò.

 Cazzo, era proprio nero dalla rabbia. Sorrisi tra me e me e scesi le scale con la faccia più triste della terra. Forse, vedendomi triste e dispiaciuta, si sarebbe calmato. Mi sbagliavo di grosso. Girai l'angolo. 

Eccolo lì in piedi, mani sui fianchi e sguardo truce.
-Ragazzina stavolta sei nei guai seri. E togliti quella faccia dispiaciuta. Lo sappiamo perfettamente che ti piace torturarci con i tuoi stupidi passatempi-. 

Ok, la faccia della ragazzina dispiaciuta non aveva funzionato. L'avevo usata già troppe volte. Ero stufa di dovermi nascondere e trovare delle stupide scuse per tutto ciò che per loro non andava. 

Volevano vedere com'era la vera Lia? E va bene. Alzai la testa e sfoggiai il sorriso perfetto. Era ora di finirla. Lo fissai ancora per qualche istante e poi attaccai.

-Hai ragione Vittorio. Non me ne frega un cazzo di quello che pensate. Mi piace mettermi nei guai e farvi dannare. Mi ci è voluto un bel po' di tempo per portarvi all'esasperazione ma finalmente ce l'ho fatta. Le valigie sono pronte. Quando mi riportate in casa famiglia?-

Samantha aveva il volto che trasudava delusione. Quando mi avevano preso gli assistenti sociali gli avevano detto che ero una ragazza difficile da gestire ma si erano detti che ce la potevano fare. Ora, guardandola di sfuggita, capii che non era più tanto sicura della loro scelta. 

Intanto Vittorio mi squadrava dalla testa ai piedi e d'improvviso scoppiò a ridere. Mi stupii. Perché cazzo ride? E' impazzito? L'avevo portato così tanto all'esasperazione che era lo avevo portato alla pazzia? Tra una risata e l'altra disse:

-Tu credi davvero che ti rispedisca indietro così potrai divertirti a torturare un'altra povera famiglia? O diventare una delinquente a tutti gli effetti? Ma per favore- e giù a ridere di nuovo. 

 Non capivo se mi stesse prendendo in giro o se stesse facendo sul serio. Me ne stavo zitta a guardarlo. Non riuscivo a fare altro. Spostai lo sguardo su Samantha e lei guardò me con gli occhi fuori dalle orbite. Era sorpresa quanto me. 

Finalmente, dopo svariati minuti di pazze risate, si calmò. Si ricompose e divenne l'uomo che avevo visto rincasare. -Io e Samantha abbiamo deciso di mandarti in un centro per ragazzi con seri problemi sociali- dichiarò tutto d'un fiato. 

Mi ci volle qualche istante per comprendere quello che aveva appena detto. E quando capii non riuscii a dire nulla. Aprivo e chiudevo la bocca come un pesce rimasto senza ossigeno. Questo era puro sadismo!

 Ripresa dallo shock cominciai a gridare
-Cosa? Io non sono pazza! Solo perché non voglio una famiglia non vuol dire che ho seri problemi sociali! Non l'ho mai avuta e mai la vorrò! E voi non potete costringermi, non siete e non sarete mai i miei genitori! Quindi smettetela di comportarvi come se lo foste. Io non ho bisogno di nessuno tanto meno di voi! Io non ci vado!-

Ecco, l'avevo detto. Finalmente quel peso che mi gravava sul petto l'avevo tolto. Samantha distolse lo sguardo Le lacrime agli occhi. Al contrario Vittorio mi guardava così intensamente che avrebbe potuto vedere tutto ciò che mi passava per la testa se si concentrava ancora un po'. 

-Tu hai bisogno di una raddrizzata ragazzina e di certo noi non possiamo dartela. Quindi ci penseranno quelli del centro. Hai fatto bene a preparare le valigie. Partiamo domani mattina-. 

La stanza cominciò a girare. Non sapevo se ero più arrabbiata o stupita. Vomitai tutto quello che avevo mangiato la mattina. Nessuno mi aiutò a tenermi in piedi. Presi un fazzoletto e mi pulii la bocca e corsi in camera mia. Il mio zaino era pronto sul letto. 

Lo presi e mi infilai fuori dalla finestra, gettai lo zaino a terra e scesi aggrappandomi all'albero che stava affianco alla mia finestra. Raccolsi lo zaino e cominciai a correre. Non ci sarei mai andata in quel posto per pazzi. 

Dopo quindici minuti di sana corsa finalmente arrivai nel posto più sicuro che conoscevo. Mi fermai ansimante davanti a una porta rossa con un grosso batacchio arrugginito. Bussai più volte finché Dolores non aprì la porta.
-Ahi chica che succede?- chiese sorpresa di vedermi. Dolores era l'unica donna che in tutti questi anni si era avvicinata di più alla figura di madre. 

Con il fiatone riuscii a formulare solamente un flebile
-Carlos?- 
La donna si girò e sbraitò
-Carlos Josè Martinez vieni subito aqui!- 
Carlos arrivò lamentandosi come al solito
-Oye mamá no soy sordo!-

Portava solamente i pantaloni della tuta. Probabilmente si era appena fatto una doccia. Vedendomi sulla soglia si guardò attorno alla ricerca di una maglietta. Il suo affanno era esilarante. 

-Lia, che ci fai qui a quest'ora?- Era diventato rosso come un peperone. 

-Sam e Vittorio vogliono mandarmi in un manicomio-. Dolores e Carlos spalancarono occhi e bocca. 

-Oh Santa Vergine! Ma tu non sei pazza. Dove sono? Ci vado a parlare io- 
mamma Dolores, così voleva che la chiamasi, prendeva sempre le mie difese. Ormai ero di famiglia. 

-Un attimo. Non ingigantire le cose come tuo solito. Esattamente, di che si tratta?- Trovata la maglietta Carlos aveva ripreso anche la sua lucidità mentale. 

Possibile che doveva sempre prendere le mie parole con le pinze? Mi sedetti sul divano e Dolores mi portò un bicchiere d'acqua. 

-Oggi Sam mi è venuta a prendere in centrale e ha detto che quella era l'ultima volta che mi mettevo nei casini. Vittorio è tornato a casa e urlando mi ha detto di fare le valigie perché domani parto e vado in questo centro per ragazzi con problemi socialmente seri-.

Lo guardai con occhi imploranti.
-Io non ci voglio andare. Non ho seri problemi sociali. Io non voglio avere una famiglia. Gliel'ho detto ma loro non capiscono- piagnucolai. 

Si sedette di fianco a me e mi mise un braccio sulle spalle e mi tirò a se.
-Ohi Lia. Vedrai che non è nulla. Posso sapere dov'è questo centro e venirti a trovare. Non sarà così brutto. Dopotutto sei stata in casa famiglia per quasi tutta la vita. Di peggio credo esista solo il carcere- scherzò. 

Ma io non ridevo. Okay, ero stata spostata come un pacco postale da una città all'altra per tutta la vita ma non era stato così traumatico come entrare in un centro di recupero.
-Carlos, io non voglio andarci. Posso rimanere qui per stanotte?- chiesi senza mezzi termini. Dormivo più a casa sua che nelle case in cui venivo mandata. 

Avevo addirittura una stanza mia. Beh, non proprio. La sorella di Carlos era partita per l'università e mi aveva lasciato la stanza. 

Il poveretto sospirò alzando gli occhi al cielo
-Va bene ma domani torni a casa e vai in questo posto. Io ti seguirò e vedrò dov'è così potrò venirti a trovare-. 

E non c'erano ma che tenevano. Quando Carlos Josè Martinez prendeva una decisione nessuno poteva fargli cambiare idea. 

Provai a ribattere ma lui mi premette una mano sulla bocca.
-Non provare a dire di no. Tu ci vai-.
Gli tolsi la mano dalla mia bocca con uno strattone. L'odiavo quando faceva così.
-E va bene. Ma tu mi verrai a trovare ogni volta che puoi e se il posto non mi dovesse piacere tieni la stanza in ordine- dissi esasperata. 

-Vedrai Lia, tutto si aggiusterà. La Santa Vergine sa quello che fa- mi rassicurò Dolores accarezzandomi i capelli. 

  
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