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Autore: Darkrystal Sky    06/04/2016    0 recensioni
MULTI-CROSSOVER FIC Conoscete tutti la storia di Edward e Alphonse Elric, ma quanto cambierebbe questa se le persone che hanno incontrato durante il loro viaggio non fossero le stesse? Se il Viaggio tra Dimensioni parallele fosse di dominio pubblico e il Multiverso fosse al centro di una faida millenaria?
La storia di Fullmetal Alchemist come non l'avete mai vista.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Roy Mustang
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Colui che sfidò il Sole

Nothing's gonna keep you down
Even if it's killing you
Because you know the truth
Listen up listen up
There's a devil in the church
Sixx A.M. - ‘This is Gonna Hurt’

La piazza era gremita di gente festosa e sorridente, come se fosse di un giorno di festa. Quella mattina la radio locale aveva annunciato che padre Anderson avrebbe compiuto miracoli davanti alla chiesa e i cittadini avevano immediatamente chiuso bottega e si erano recati in massa di fronte al sagrato. Ed e Al erano in mezzo alla folla, più incuriosita che intimorita dai due strani viandanti: una coppia di bambini aveva addirittura cominciato ad arrampicarsi sull’armatura, prima che i loro genitori li richiamassero. Non che Alphonse avesse disprezzato la loro compagnia.
“Al, guarda” fece il fratello maggiore, accennando ad alcune figure a bordo piazza: erano soldati di Amestris, con indosso una variante nera dell’uniforme militare, di norma blu. Se ne potevano contare una mezza dozzina, posizionati intorno alla piazza, e sembravano confusi dallo strano raggruppamento di persone. “Nel peggiore dei casi…” cominciò, ma fu interrotto da un’esplosione di voci esultanti proveniente dalla folla intorno a loro: padre Anderson era uscito sul sagrato e stava salendo su un palco di legno, accompagnato dalle due suore della sera prima e da Esther, che tuttavia non indossava più gli abiti clericali ma un semplice ed elegante abito bianco. Due uomini portarono sul palco, davanti ai quattro, una larga e pesante cassa di legno, prima che il prete facesse un segno con la mano per zittire la folla.
“Cosa sta facendo?” chiede Edward, che non riusciva a vedere bene il palco a causa della ressa.
La suora con i capelli neri e gli occhiali allungò ad Anderson un bicchiere trasparente e vuoto. L’uomo lo prese e, con un brevissimo lampo di luce rossa e uno sbuffo di fumo, esso si riempì di un liquido rosso, probabilmente vino. La folla accolse l’atto con un applauso scrosciante, mentre Anderson proseguiva e ricavava una gigantesca statua raffigurante Dio da un piccolo ceppo di legno. Anche in questo caso, il miracolo era accompagnato da lampi rossastri.
“Hai visto?” fece Al.
Edward annuì.
“Si tratta senza dubbio di alchimia, anche se non rispetta il principio dello Scambio Equivalente”.
Improvvisamente la folla si zittì di nuovo: Esther aveva allungato a padre Anderson un microfono, che fece rimbombare la sua voce in tutta la piazza.
“Cari fedeli, un Emissario del nostro Signore mi è di nuovo apparso portando la lieta novella: oggi Egli consentirà ad un suo discepolo di tornare a camminare tra noi!”
“Ehi, ehi! Stiamo scherzando? Lo sta per fare adesso?” esclamò Edward, scioccato. Cercò di arrampicarsi sull’armatura di Al, ignorando le proteste del fratello minore, per vedere meglio il palco. Dalla posizione rialzata poteva finalmente vedere la cassa di legno per quello che era: una bara. “Stiamo scherzando…?” ripeté il ragazzo, in egual misura sorpreso, inorridito e affascinato.
Padre Anderson alzò le mani al cielo e cominciò a cantare una litania, a cui presto si unirono  anche le persone della folla, chi con le braccia tese in maniera simile al prete, chi con le mani giunte in preghiera. Un denso fumo che profumava d’incenso si sparse rapidamente nella piazza, limitando notevolmente la visibilità. Lentamente, il fumo si diradò e quando padre Anderson fu di nuovo visibile, fece un cenno con le mani per fermare la litania. Un altro gesto e due uomini aprirono la bara sigillata. Edward trattenne il respiro, sentendo il cuore battergli forsennatamente nel petto: la copertura di legno saltò via ed Edward vide Esther portarsi le mani al viso e lanciarsi verso la bara con un sorriso gioioso. Una figura umana si alzò a sedere, guardandosi intorno disorientata, e la ragazza gli gettò le braccia al collo.
“Ce l’ha fatta…?” mormorò Al.
Edward riprese a respirare: no, c’era decisamente qualcosa di strano. Padre Anderson aiutò il ragazzo a mettersi in piedi: aveva i capelli castani che ricadevano scomposti sul viso, e indossava semplicemente una camicia bianca con pantaloni scuri eleganti e scarpe nere. L'abbigliamento di un morto. Timidamente, il ragazzo sollevò una mano per salutare la folla, che esplose in un baccano di esultazioni ed applausi.
“Voglio vederci chiaro” annunciò Edward, mentre i cinque si ritiravano all’interno della chiesa. “Vieni con me, Al!” esclamò, scendendo dalle spalle del fratello e cominciando a camminare a lunghe falcate in quella direzione.
Dopo un attimo di frastornamento, l’armatura seguì di corsa il ragazzo: i due si avvicinarono alla chiesa, ma invece di proseguire verso l’entrata principale dell’edificio, girarono attorno fino a trovare uno degli ingressi secondari. La porticina di legno li portò in un corridoio che proseguiva in due direzioni diverse.
“Separiamoci qui, vediamo di trovare Anderson alla svelta… o anche quel ragazzo” suggerì Edward, prima di allontanarsi di corsa lungo il corridoio.
“Insomma, che bisogno c’è di tutta questa fretta?” sospirò Al, camminando in direzione opposta.
 -
Anderson si lasciò cadere sulla poltrona del suo ufficio. Dalla finestra riusciva a scorgere la piazza che si andava svuotando.
“Ho visto quei ragazzi nella folla” disse alla suora con i capelli neri e gli occhiali, che al momento era l’unica nella stanza con lui. “Conto di averli tra i nostri fedeli molto presto.”
“Non ne sarei così sicura” esordì improvvisamente sorella Heinkel irrompendo nella stanza. “Ho appena avuto la conferma da uno dei miei contatti: ho fatto bene a non fidarmi del ragazzino”.
Anderson si alzò in piedi.
“Cosa vuoi dire?”
“Capelli e occhi color dell’oro, un cappotto rosso sangue, viaggia insieme ad un’armatura… La descrizione combacia perfettamente con quella di…” Allungò al prete un giornale piegato che aveva portato con sé. L’articolo risaliva a qualche settimana prima. Nel leggerlo, il volto di padre Anderson si contrasse in un’espressione di puro odio, prima che l’uomo sbattesse il giornale con forza sulla propria scrivania.
“Dove sono in questo momento?” sibilò con rabbia.
“Sono stati visti infiltrarsi all’interno della chiesa pochi minuti fa.” Heinkel fissò il prete. “Quali sono gli ordini, signore? Li facciamo sparire?”
“No, se facessimo così, avremmo il dannato esercito alle porte in pochissimo tempo.” Anderson sorrise, ma, a differenza dei precedenti, questo sorriso era sinistro e quasi maniacale. “Non sono mai stati qui” disse lentamente.
Heinkel annuì, poi estrasse da sotto il cappotto una pistola e lasciò la stanza.
“Yumiko” chiamò il prete. La suora coi capelli neri e gli occhiali alzò la testa. “Vieni con me, abbiamo dei miscredenti da portare davanti a Dio”.
La suora non disse nulla, ma annuì a sua volta.
-
Edward sbucò nella navata principale della gigantesca chiesa. Sembrava totalmente deserta, eccetto per una figura solitaria che puliva compulsivamente l’altare con uno straccio. A Edward bastò vedere un lampo di capelli rossi per identificare Esther, ancora in abiti civili, e con un sorriso estatico dipinto sul volto. Con un colpo di tosse attirò l’attenzione della ragazza, la quale si voltò e sorrise ancora più vivacemente quando lo riconobbe.
“Hai visto? Padre Anderson è davvero il portavoce di Dio! Il mio duro lavoro e dedizione sono stati finalmente ricompensati!” esclamò con le lacrime agli occhi.
Edward si strinse nelle spalle.
“Non ne sono sicuro, potrebbe anche essere una messinscena molto complessa”.
La ragazza strinse i pugni e lanciò un’occhiata furiosa a Edward.
“Ha riportato in vita Dietrich, l’hai visto anche tu! Saresti in grado di fare una cosa del genere?!”
Ed fece un’espressione scettica. Sospirò e da una tasca interna del cappotto prese un taccuino dall’aria vissuta, lo aprì ad una pagina alla quale era stato inserito un segno di stoffa e cominciò a leggere.
“35 litri d’acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1,5 chili di calce, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio... più altri 15  elementi in minima quantità” concluse chiudendo il taccuino, sotto lo sguardo confuso di Esther. “Un corpo umano adulto è composto dagli elementi che ti ho appena elencato, ma nonostante le nostre conoscenze nessuno è ancora stato in grado di compiere una trasmutazione umana. Manca ancora qualcosa, e di sicuro non sarà pregando o restando in attesa che arriveremo alla verità, ma cercando. Per un alchimista, e quindi uno scienziato, come me, è impossibile credere ad una cosa incerta come l'esistenza di Dio...”
“La tua è una semplice bestemmia!” lo accusò Esther
“...Ed è paradossale che proprio noi siamo quelli che si avvicinano di più al potere di un Dio” proseguì Ed, avvicinandosi all’altare, dietro al quale si trovava una gigantesca statua di Dio seduto su un trono con in mano un piccolo Sole. “Anche il Sole che tiene in mano il tuo Dio non è altro che una massa di gas ad alta temperatura. L’unico inconveniente è che se ti avvicini troppo rischi di rimanere bruciato...” concluse amaramente, sotto lo sguardo furioso di Esther.
-
Al camminò a lungo nei corridoi senza incontrare anima viva: sembrava che non fosse rimasto nessuno nell’edificio sacro. Non riusciva a fare a meno di sentirsi fuori luogo, ma finalmente, da una porta socchiusa sentì una voce.
“…pietà di me, custodiscimi con il potere che ti è stato dato, affinché io trionfi confondendo i miei nemici, rinvigorendo le mie forze…” Qualcuno stava pregando, ma dal tono della voce sembrava più seccato che altro. “Quante baggianate!” esclamò infine la voce, mentre Al apriva cautamente la porta e faceva capolino in quella che sembrava una piccola cappella. In quel momento, un fascicoletto sbatté sul muro a pochi centimetri dalla testa del ragazzino, che trasalì e si voltò nella direzione dalla quale era stato lanciato il libriccino. Limpidi e grandi occhi castani lo squadrarono con curiosità.
“Dietrich!” lo riconobbe Al.
Il giovane fischiò con ammirazione, poi sorrise e si avvicinò ad Al.
“Sei proprio gigantesco te, da dove diavolo sei sbucato?” domandò il ragazzo con tono divertito. Al notò che il ragazzo era a piedi scalzi sul freddo pavimento di pietra della cappella. Muovendosi a passi leggeri intorno ad Al, Dietrich studiò i dettagli della sua armatura. “Quella croce di Flamel sulla tua spalla… Sei un alchimista, vero?” gli chiese, indicando il simbolo dipinto in rosso sulla spalla dell’armatura, lo stesso simbolo che Ed portava sul suo cappotto. “A Istvàn non si pratica l’alchimia, soprattutto non in chiesa. Che cosa ci fai qui?”
Invece di rispondere e lasciarsi distrarre, Alphonse pose a sua volta una domanda.
“Sei davvero stato riportato in vita?”
Il ragazzo alzò le spalle e si lasciò cadere all’indietro su una delle panche della cappella.
“Credo di sì. Insomma, mi hanno detto che ero morto, mentre ora sono qui. Sto ancora cercando di farmene una ragione.”
“Cosa ricordi della tua morte?” insistette Alphonse.
“Molto poco. So che stavo manovrando una macchina in officina, ero solo, e poi... Poi ricordo una grande luce... Una musica eterea... E poi ero su quel palco fuori dalla chiesa.” Dietrich si passò una mano tra i capelli e rise, imbarazzato. “Che storia ridicola, eh? Ti capisco se non ci credi...”
“A quanto pare, non ci credi nemmeno tu” lo interruppe Alphonse. “È ciò che ti hanno detto di dire?”
Dopo un paio di secondi, durante i quali il ragazzo guardò Al con espressione basita, sul viso di Dietrich si dipinse un sorriso ostile, gli occhi assottigliati e fissi sull’armatura.
“Oh?” fece semplicemente, con tono divertito, ma prima che uno dei due potesse dire altro, si sentì un cigolio e il rumore secco di una pistola che veniva caricata. Alle spalle di Al comparve sorella Heinkel. Nella mano stringeva una pistola, e la teneva puntata contro la fessura dove l’elmo si connetteva al resto dell’armatura.
“Dietrich, allontanati” disse la donna, lo sguardo pieno d’odio fisso su Alphonse.
Il ragazzo, la cui espressione inquietante era già svanita come fumo, fece qualche passo indietro, sorpreso.
“So-sorella Heinkel?” chiamò Al, confuso. “Mi dispiace, volevo solo parlare con Dietrich prima che partisse per il suo pellegrinaggio, ero...”
“Non fare il finto tonto, sappiamo chi siete” lo interruppe sorella Heinkel. “Padre Anderson non tollera la presenza di militari nella sua città, specialmente se sono Alchimisti di Stato. Voi miscredenti siete la piaga contro cui padre Anderson sta combattendo la sua crociata. Avete fatto un grave errore a venire a Istvàn. Ora dovete morire.”
“Aspetti!” cercò di dire Al.
“Non temere, tuo fratello ti raggiungerà molto presto.”
-
Edward ed Esther sentirono distintamente il rumore di uno sparo provenire da una delle cappelle dietro l’abside della chiesa.
“Cos’è stato?” fece la ragazza, spaventata.
“Al!” esclamò immediatamente Edward, correndo verso la direzione del suono, che sembrava provenire da una porta non distante dall’altare. La porta era chiusa ma il ragazzo sfondò il legno con un calcio e si precipitò nella cappella adiacente, entrando nella stanza dalla parte opposta alla porta da cui era entrato Alphonse. Esther lo seguì a ruota.
“Dietrich!” esclamò la ragazza, correndo verso il giovane che dava loro le spalle.
Edward invece spalancò gli occhi nel vedere il corpo di Al, supino a terra, con l’elmo che era saltato dalla parte opposta della stanza. Sorella Heinkel aveva ancora la pistola dalla canna fumante in mano. La rivolse contro Edward e con la mano libera fece un gesto verso Esther e Dietrich, che erano stretti in un abbraccio.
“Esther, Dietrich, andatevene! Di questo eretico mi occuperò io.”
Non si accorse che, alle sue spalle, il corpo di Al si era rialzato da terra.
“Che spavento che mi sono preso” esclamò l’armatura priva di elmo.
Heinkel si voltò e rimase senza parole: l’armatura era vuota, dentro non c’era nessuno! Eppure parlava e si muoveva come se niente fosse.
“Tu sei…” cominciò Dietrich, ma fu interrotto dal grido terrorizzato di Esther alla vista innaturale che le si presentava davanti.
Approfittando del caos generale, Edward raccolse da terra l’elmo dell’armatura e, stringendo saldamente il pennacchio, lo fece roteare e lo lanciò con forza sulla testa della donna con la pistola, che cadde a terra priva di sensi.
“Strike!” esultò Edward.
“La mia testa!” esclamò Al con tono offeso, raccogliendo al volo l’elmo che era stato lanciato in aria.
Con un tonfo, Esther venne meno e scivolò a terra. Dietrich raccolse il corpo della ragazza e, senza degnare i due ragazzi di un’altra occhiata, corse fuori dalla porta dalla quale Alphonse era entrato.
“Che guaio…” sospirò Al, rimettendosi a posto l’elmo. “Cosa facciamo, fratellone?”
Ed scavalcò la donna sdraiata a terra, mettendosi di fianco ad Alphonse di fronte alla porta socchiusa.
“Direi che non abbiamo molta scelta”.
I due fratelli imboccarono nuovamente il corridoio e lo percorsero alla cieca finché, con un bagliore rossastro, una porta non apparve dal nulla alla loro sinistra. Edward sorrise.
“Un invito ad entrare…” rise, spalancando la porta, che dava su di una scalinata che scendeva sottoterra. La scalinata si fermava davanti ad un’altra porta, che dava su di un’immensa cripta sotterranea, il cui soffitto era sostenuto da quattro file di colonne. In fondo alla stanza c’era un palco rialzato dove stavano padre Anderson e la suora coi capelli neri e gli occhiali. Il prete sogghignò e con l’imposizione delle mani richiuse la porta dalla quale i due ragazzi erano entrati: il muro tornò liscio come se non ci fosse mai stato un ingresso. Edward non si fece sfuggire il bagliore della pietra che l’uomo portava al dito.
“Vi è stato offerto alloggio e ospitalità, la possibilità di abbracciare la nostra Chiesa e lasciarvi alle spalle i vostri peccati” dichiarò. “E voi come avete ripagato tutto ciò? Mentendo e ingannando, come si addice a voi luridi vermi, cani dell’esercito”.
“Senti da che pulpito!” replicò Ed. “Non stai facendo la stessa cosa? Non stai ingannando la popolazione di Istvàn?! I tuoi miracoli non sono altro che trasmutazioni alchemiche!”
Anderson digrignò i denti, furioso.
“Il mio potere deriva da Dio Onnipotente! Nessun alchimista potrebbe fare quello che è stato concesso a me! La vostra arte è sottomessa alla Legge dello Scambio Equivalente, non è così?”
“D’accordo, questo te lo concedo, ma io ho un’altra teoria.” Edward indicò l’anello che l’uomo portava al dito. “C’è un modo per aggirare questa Legge, anche se fino ad oggi è rimasta una leggenda: la Pietra Filosofale. È quell’anello, non è così?” Gli occhi di Edward brillavano di meraviglia. “Finalmente…”
Inaspettatamente, Anderson esplose in una risata maniacale.
“Anche se fosse come dici tu, questo anello è un dono dell’Emissario di Dio, ed è attraverso quest’oggetto sacro che riesco a compiere la Sua volontà”. Con un gesto dell’uomo, il pavimento della sala si tramutò in sabbia, dopodiché Anderson si lasciò cadere dal palco, davanti ai due alchimisti. Impugnava due corte spade piatte che a un esame più attento si rivelarono baionette. “Il mio nome è Alexander Anderson, portavoce del Verbo di Dio, ex-cavaliere dell’esercito del Re di Aerugo, e oggi sarò il vostro giustiziere. Che Dio abbia misericordia di voi. Cenere alla cenere. Polvere alla polvere. Noi, che siamo solo polvere, torneremo alla polvere”. Mentre recitava queste parole come un mantra, aveva spostato le spade a formare una croce davanti a se. “Amen” concluse, e si lanciò contro Edward, che fece appena in tempo ad abbassarsi per evitare le lame che altrimenti avrebbero staccato in modo netto e pulito la sua testa dal collo, ma che si limitarono a tagliargli una ciocca di capelli.
“Wow, d’accordo!” esclamò Edward. “Un avversario difficile da affrontare a mani nude” commentò sardonico.
Il ragazzo batté i palmi delle mani tra loro e li posò a terra. Senza servirsi di alcun cerchio alchemico, dalla sabbia si sprigionarono lampi bluastri di energia. Una lunga lancia si trasmutò tra le mani di Ed, che la usò per respingere l’attacco successivo del prete. Anderson era esterrefatto: non aveva mai visto nessun altro compiere trasmutazioni alchemiche semplicemente battendo le mani, ma non si lasciò turbare da questa rivelazione. Con un lampo di luce rossa, una delle sue spade si trasformò in un vortice di metallo acuminato che si diresse verso il ragazzo, ma fu bloccato da un muro di pietra che si formò a metà strada. Anderson si voltò e vide che il secondo alchimista, il ragazzo in armatura, era riuscito a disegnare un cerchio alchemico sulla pietra di una delle colonne. Con rabbia, Anderson lasciò andare l’impugnatura di quella che ormai era un’aberrazione di metallo ed estrasse una nuova spada da sotto il proprio cappotto, lanciandosi questa volta contro Alphonse.
“Non ci provare...” fece Edward, correndo dietro all’uomo. Il suo obiettivo era quello di farlo cadere utilizzando il manico della propria lancia. Anderson però sembrava aver previsto questa mossa, perché con un’abile movimento taglio in tre pezzi l’arma trasmutata. Edward rimase basito a fissare l’inutile pezzo di metallo che gli era rimasto tra le mani.
“Non sei tu che possiedi un’arma prodigiosa, Alchimista di Stato!” sputò Anderson con disprezzo, calando entrambe le spade su Edward con un movimento a forbice.
“Fratellone!” gridò Alphonse, allarmato.
Ci fu un clangore metallico che risuonò sinistro nella cripta, e ancora una volta Anderson sussultò, stupito: Edward aveva fermato le spade semplicemente interponendo il proprio braccio destro. La luce rossastra di cui si illuminò l’anello fu l’unico avvertimento prima che diverse picche di vetro spuntassero dalla sabbia, Edward arretrò di scatto, ma una di esse riuscì a dilaniare la stoffa sulla gamba sinistra. Tuttavia, non una sola goccia di sangue fu versata.
“Il tuo braccio, la tua gamba…” Anderson fissò il ragazzo con gli occhi ridotti a due fessure.
“Osserva attentamente, Anderson...” Ed si afferrò il cappotto stracciato e tirò per lacerarlo completamente: il braccio destro del ragazzo, così come la sua gamba sinistra, non erano di carne e ossa, bensì completamente di metallo. “Questo è ciò che succede quando si sconfina in un terreno sacro dove gli uomini non sono ammessi. Questo è il corpo di chi ha tentato una trasmutazione umana... Il corpo di un peccatore.” Lasciò cadere il cappotto a terra. “Attento, Anderson, che a giocare a fare Dio potresti ritrovarti come me” concluse il ragazzo con un sorriso triste.
“Una protesi meccanica, un automail” mormorò Anderson. “La trasmutazione umana è il più proibito dei tabù dell’alchimia, ma tu... hai osato violarlo! E per punizione ti sono stati sottratti due arti!” Edward ricambiò lo sguardo di Anderson con determinazione. “Per questo motivo ti hanno affibbiato quell’appellativo” proseguì l’uomo, guardando il ragazzo con disprezzo. “Edward Elric, l’Alchimista d’Acciaio!”
Il silenzio che seguì fu interrotto dal suono di un’esplosione, e il muro dietro il quale stava la scalinata dalla quale erano scesi i ragazzi venne ridotto in polvere, lasciando entrare nella cripta un piccolo manipolo di preti e suore armati di fucili e pistole, guidato da sorella Heinkel.
“Padre Anderson!” chiamò la donna, vedendo in che condizioni era il campo di battaglia.
L’uomo si ritirò velocemente sulla piattaforma sopraelevata. Passò accanto alla suora coi capelli neri e gli occhiali, che aveva estratto una katana ed era in posiziona, pronta per lanciarsi su Ed e Al. I religiosi accerchiarono i ragazzi formando un semicerchio tra loro e l’uscita. Anderson ghignò, soddisfatto.
“Cenere alla cenere” commentò, prima di urlare: “Fuoco!”
Una fitta sventagliata di colpi partì in direzione dei ragazzi.
 
  
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