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Autore: Cathy Earnshaw    06/04/2016    1 recensioni
La Terra dei Tuoni è un luogo popolato da creature magiche ed immortali, e una convivenza pacifica non è facile. L'equilibrio è fragile, la pace è labile e soggetta alle brame di potere. E quando i Draghi attaccano la capitale del Regno dei nani, questi reagiscono con violenza, ponendo i presupposti di una nuova guerra.
Nota: Tecnicamente "La guerra dei Draghi" è il prequel di "La Cascata del Potere", anche se la scrivo ora, a "Cascata" conclusa. Le trame non hanno grossi punti in comune, perciò l'ordine di lettura non deve essere necessariamente quello temporale.
Buona lettura!
Cat
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Capitolo 6
Città di fuoco
 
 
Nastomer avrebbe voluto continuare a scuotere il capo, ma la speranza di spannare la situazione era ormai sfumata da un pezzo. Era a letto a rimuginare da un pezzo quando aveva ricevuto la visita di quello strano elfo che andava sempre in giro con Horlon. Aveva bussato, aveva atteso educatamente che il proprietario della stanza si alzasse e aprisse la porta. E poi, con una professionalità che faceva a pugni con i capelli scarmigliati e con l’aria stanca, gli aveva comunicato il desiderio di Sire Horlon di introdurlo al Consiglio Ristretto. Dopo ampi giri di parole si era anche offerto di accompagnarlo alla sala riunioni del Consiglio e Nastomer aveva accettato. Aveva la sensazione che quello strano elfo non si sentisse molto a suo agio in sua compagnia, ma aveva mantenuto la parola e la mattina dopo l’aveva accompagnato fino all’accogliente sala che ospitava gli incontri del Consiglio Ristretto. Ed ora era lì, sommerso dall’ostilità dei tre nani, che lo guardavano in cagnesco, dall’incredulità degli umani e di Glenndois, che non sapevano se ridere o piangere, dalla più totale indifferenza di Frunn, e dalla inopportuna ilarità di Horlon. Nastomer non era del tutto convinto che il Re non avesse architettato tutto per farsi due risate alle spalle dei nani.
«Bene, sono felice che siamo tutti qui» esordì Horlon congiungendo le mani sulla tavola davanti a sé.
Nastomer colse l’occhiata obliqua che Frunn lanciò al suo Re e non riuscì a trattenere un risolino, guadagnandosi una gomitata discreta di Storr. Non poteva farci niente, più passava il tempo e più si convinceva che Horlon fosse svitato come un tappo, e che il suo povero segretario ne fosse vittima consapevole. Un po’ tutto il Consiglio ne era vittima, più o meno consapevolmente.
«Di certo c’è aria di novità, Sire Horlon, anche se non mi è chiaro perché abbiate l’aspetto di un bambino con un giocattolo nuovo tra le mani» intervenne Richard con un mezzo sorriso.
«Perché gli è riuscita la sorpresa, mi pare evidente» commentò Glenndois.
«Vorresti spiegarci?» domandò Erina.
Nastomer dedicò un’occhiata alla Regina dei maghi. Che titolo assurdo per una persona che di magico non aveva nulla… Erina aveva l’unico merito di aver sposato Storr, e di essere bella, più bella di qualunque essere umano Nastomer avesse mai visto. Ma la sua bellezza aveva qualcosa di stonato, di distante. La sua presenza lo metteva sempre a disagio, e quel giorno non faceva eccezione.
«Non c’è molto da spiegare» disse l’elfo. «Mi sembrava solo logico che un alleato prezioso come Tom dovesse presenziare alle nostre riunioni.»
Un pugno di Kirik si abbatté sul tavolo.
«E ti è sembrato logico invitarlo prima di parlarne con noi, giusto?»
Nastomer si sforzò di restare impassibile. Se lo ricordavano, vero, che lui era lì, presente, e che li stava ascoltando?
«Mi è sembrato logico dopo aver parlato con lui, ed è una cosa che consiglio di fare anche a te.»
«Non accetto consigli da un elfo che agisce nel più totale disinteresse dei suoi alleati!»
«Anche Tom è mio alleato, il più prezioso» ribatté tranquillo Horlon.
Kirik balzò in piedi e piantò le mani sulla tavola.
«A che gioco stai giocando?» sibilò sporgendosi verso di lui.
Horlon sostenne in silenzio il suo sguardo, con un mezzo sorriso sulle labbra. I nani ai due lati di Kirik erano rigidi, ma non sembravano propensi ad assecondare le escandescenze del loro Imperatore, notò lo stregone. Era in caso che fosse lui ad intervenire, forse? Storr gli posò una mano sul braccio e scosse lievemente la testa.
Dopo un lunghissimo silenzio teso, Kirik si lasciò ricadere sulla sedia e incrociò le braccia.
«E sia… maledetto elfo egocentrico» ringhiò.
Horlon ridacchiò e l’atmosfera si distese. Nastomer si rese conto di avere trattenuto il respiro solo quando prese aria di nuovo. A giudicare dalla reazione del resto del Consiglio non dovevano essere nuovi quei battibecchi.
«Ora che la mia richiesta è stata accolta, possiamo iniziare la riunione?»
Kirik grugnì qualcosa di indistinto e annuì.
«Bene» intervenne Storr. «Se ci siamo acclimatati, direi di passare alla lettura dei rapporti…»
 
«Allora? Come ti sembra?» domandò Horlon.
Storr aveva invitato tutti a pranzare nei suoi appartamenti, ma i nani avevano declinato. Nemmeno Frunn sembrava troppo contento, ma non si era opposto con molta decisione, così si era ritrovato lì, trascinato dal suo Re.
«Che cosa?» rispose Nastomer.
«Il Consiglio.»
Il ragazzo si rabbuiò. Cercava una risposta diplomatica, ma l’elfo sapeva che non sarebbe stata facile da trovare. Il Consiglio era una pesante perdita di tempo che disgraziatamente non si poteva evitare, e tutti ne erano tragicamente consapevoli.
«Dai, di’ quello che pensi.»
Nastomer gli lanciò un’occhiata storta, poi fece un sorriso amaro.
«I nani sono sempre così?»
«Anche peggio.»
«È per colpa mia che non siete sul campo di battaglia accanto ai vostri uomini?»
Horlon incassò la critica implicita. Si guardò intorno per accertarsi che nessuno a tavola stesse prestando attenzione a loro.
«Non esattamente. Il problema è che un drago si sposta troppo velocemente perché riusciamo ad essere sempre nel posto giusto al momento giusto. Soltanto i maghi legati all’Aria riescono a spostarsi scomponendo loro stessi nel vento, e al massimo possono portare una persona con loro. L’unica cosa che potevamo fare era dislocare plotoni nei punti nevralgici della Terra dei Tuoni perché fossero pronti ad intervenire in qualunque momento, e da qui gestire le operazioni…» esitò. «È ovvio che una scelta del genere non giova al morale degli uomini, ma l’alternativa è spostarci a caso, correndo avanti e indietro all’inseguimento di Bearkin.»
Nastomer non aveva alzato gli occhi dal piatto.
«Va tutto bene?»
Il ragazzo annuì.
«Stavo pensando che dovrei poterlo fare anch’io. Spostarmi come i maghi d’Aria, intendo.»
«Dopo proviamo» mormorò Storr, all’altro lato dello stregone.
Horlon e Nastomer sobbalzarono.
«Stavo origliando» precisò.
«Quando io sarò diventato uno stregone decente cosa faremo?» domandò il ragazzo.
«Cercheremo di abbattere più draghi possibile» disse Storr.
«Cercheremo di imporre una tregua» corresse Horlon.
Storr ghignò.
«Siamo lì.»
L’elfo sospirò.
Erina stava tentando di intavolare una conversazione con un reticente Frunn, che – Horlon notò – non aveva mangiato quasi nulla. Era prevedibile, i momenti sociali non erano nelle sue corde. Avrebbe fatto meglio a lasciarlo andare a pranzo dove preferiva. Chissà per quale ragione semplicemente non gli diceva di no quando non gli andava di fare qualcosa…
«Lon? Mi stai ascoltando?»
L’elfo si riscosse. I grandi occhi obliqui di Storr ammiccarono.
«Cosa?» farfugliò. «Mi hai chiesto qualcosa?»
«Stavo raccontando a Tom di quando mi sono risvegliato, ma tu ti sei imbambolato a fissare il piatto di Frunn.»
Horlon si passò le mani sul viso.
«Scusatemi, dove dovevo intervenire?»
«Dovevi salvarmi dalle acque gelide» disse Storr con un sorriso.
«Sono lì seduto sulla scogliera a riflettere sul senso della vita, quando improvvisamente sento gridare. Per un attimo resto perplesso e penso di essermelo sognato… insomma, era notte fonda, e quella zona era abbastanza deserta già di giorno!»
«Era Storr?» domandò Nastomer.
«Eccome! Quello sciocchino aiutava i suoi genitori, che campavano con il mercato del pesce, con le battute di pesca notturna, e cercando di sistemare una rete era caduto in acqua. Il mare era uno specchio piatto quella notte, ma per qualche ragione Storr si fece prendere dal panico e cominciò ad annaspare…»
«Vorrei vedere te! In piena notte, al largo delle coste del Mare del Sud, da solo! Non si vedeva un accidente! Avevo otto anni, lo sai?» intervenne l’interessato.
«Dettagli. Ad ogni modo, mi tuffai per andare in suo soccorso, ma non era molto vicino alla scogliera, così avevo qualche dubbio di poterlo raggiungere in tempo. Improvvisamente il mare cominciò ad agitarsi, e le onde mi ricacciarono indietro, verso le rocce. A quel punto quello in difficoltà iniziai ad essere io! E poi l’acqua fu attraversata da un lampo di luce, e tutto tornò calmo. Quando riuscii a raggiungere Storr, lui era in salvo sulla sua barca, e piangeva come una fontana. Da quel giorno ha cominciato a governare l’Acqua. Le cose sono andate così.»
Horlon posò la forchetta con cui stava giocherellando. Intercettò lo sguardo di Frunn, che lo fissava, ignorando completamente Erina.
«Certo che se la racconti così mi fai sembrare un vero idiota» sbottò Storr.
Horlon si strinse nelle spalle.
«Sei tu che mi hai chiamato in causa. Guarda Glenn, per esempio: lui evita sempre di chiedere il mio intervento nei suoi racconti perché sa che non gli gioverebbe.»
Tutti risero e Glenndois annuì.
«A buon rendere, Lon.»
Un battere furioso alla porta spense di colpo tutte le risate.
«Avevo ordinato di non disturbarci» mormorò Erina.
«Salvo emergenze» aggiunse Storr.
 
Nastomer camminava nervosamente avanti e indietro. Nel trambusto che era seguito all’irruzione del messaggero, lui era stato messo in disparte, congedato come il più inutile dei servitori. Spleen era stata attaccata. La città non era caduta, ma il fuoco stava facendo danni. Si diceva che gli elfi avessero abbattuto un drago, ma non c’erano ancora notizie certe.
Nastomer sapeva che Spleen era la seconda città elfica per importanza, ma la reazione di Horlon, Glenndois e Frunn gli era sembrata eccessiva fino a quando Richard non gli aveva ricordato che a Spleen vivevano la moglie e la figlia di Glenndois.
Al solo pensiero di Rowena si sentiva scaldare le guance. L’aveva incontrata alla festa organizzata da Erina pochi giorni prima e ne era rimasto affascinato: univa l’aspetto delicato di una dama elfica alla combattività di un guerriero, e per quanto aggressive o graffianti potessero essere le sue parole, la sua voce le avrebbe sempre pronunciate con lo stesso tono adamantino.
Gli elfi, naturalmente, si erano precipitati là. Perché lui invece doveva restarsene lì a soffrire senza poter fare nulla?
Sentiva l’energia magica ribollirgli nelle vene, assecondando il suo battito accelerato. Prese un respiro profondo e si lanciò alla ricerca di Storr.
 
Quando i suoi piedi toccarono di nuovo terra, Horlon mollò la presa sul mago che l’aveva trasportato. I draghi stavano ancora sputando fuoco su Spleen, difficile capire quanti fossero. Il rosso delle fiamme riluceva contro il nero delle nubi di fumo.
«Frunn!» ordinò «Fiondati al Palazzo del Governatore e non uscirne per alcun motivo!»
«Ma…»
«Ora!»
Frunn esitò ancora un momento, poi obbedì.
«Lon» chiamò Glenndois. «Cosa vuoi fare?»
«Non lo so, dare una mano in qualche modo. Vieni da questa parte, il fronte è ad Est.»
Non poteva pensare a Nana, non poteva pensare alla sua Ailyn. Frunn stava andando da loro, se ne sarebbe occupato lui. Doveva pensare alle fiamme che stavano divorando la città, doveva pensare a quei dannatissimi draghi.
 
Nastomer irruppe come un uragano nelle stanze private di Storr. Una ragazza balzò in piedi dal divanetto su cui era accoccolata, lasciando cedere il ricamo che teneva tra le mani.
«Chi siete?» balbettò.
Poi sbiancò ed aggiunse:
«Oh, scusate! Non vi avevo riconosciuto!»
Nastomer si rabbuiò. Non era abituato a sentirsi trattare con tanto rispetto.
«Scusa, non volevo spaventarti. Sto cercando Storr» disse.
La ragazza raccolse il suo ricamo e lo posò sul divanetto.
«Aspettate qui solo un momento» disse con un inchino.
Nastomer la osservò allontanarsi, con graziosa fretta. I capelli chiarissimi, quasi argentei le fluttuavano sulle spalle. In pochi attimi comparve Storr. Teneva aperta una mappa tra le mani.
«Tom!» disse. «Che succede?»
«Devo andare a Spleen. Devi insegnarmi a spostarmi come i maghi d’Aria.»
Il mago lo guardò per un momento con aria diffidente.
«Cosa ci devi fare là?»
«Voglio dare il mio contributo, è ovvio!»
«È ancora troppo presto.»
Nastomer scosse il capo, sentendo la frustrazione ribollire.
«Mi dici sempre di ascoltare il mio istinto magico, no? Bene, è quello che sto facendo, e mi dice di combattere!»
Storr esitò.
«Sei certo che non sia piuttosto il desiderio di mettersi alla prova?»
«Non ho mai desiderato una cosa del genere!» Nastomer si passò le mani sul viso. «Sento che se non sfogherò un po’ dell’energia che ho accumulato finirò per impazzire…»
Il mago lo fissò per un lungo momento, infine chinò il capo.
«Sta bene, Tom. Aspettami un attimo qui.»
Nastomer osservò Storr che scompariva nelle sue stanze, con il cuore che batteva all’impazzata.
«Perché volete farlo?» domandò la ragazza con i capelli d’argento facendo capolino nel salotto.
«Perché lo devo fare, sono qui per questo» rispose. «Sarei uno stregone inutile se non aiutassi le persone che mi hanno aiutato, non credi… non penso di conoscere il tuo nome» disse dubbioso.
«Non lo conoscete. Sono Selene» disse con un inchino.
«Mi hanno presentato talmente tante persone, ultimamente…»
Si interruppe quando Storr ricomparve sbattendo la porta alle proprie spalle. Aveva le guance arrossate e lo sguardo cupo. Assicurò la spada alla cintura e disse:
«Andiamo, prima che ci ripensi. Selly, riconduci tua zia alla ragione, per favore.»
La ragazza annuì.
«Buona fortuna» sussurrò prima di scomparire.
 
Horlon trascinò Glenndois a terra con sé quando un drago passò rasente le loro teste.
«Perché accidenti non se ne vanno?! Se ne vanno sempre quando qualcuno inizia a reagire!»
«Mi auguro che non abbiano intenzione di distruggere tutto!» mormorò Glenndois, traendosi in piedi. «Andiamo. Ho un bruttissimo presentimento.»
Corsero a perdifiato, schivando persone in fuga e uomini del plotone del Capitano Soren. I maghi tentavano di spegnere gli incendi, gli elfi tentavano ogni tipo di attacco ai draghi. Ogni tanto, qualcuno li chiamava e cercava di bloccarli, ma non avevano bisogno di parlarsi per sapere quale linea tenere: nessuna distrazione e diritto al fronte.
«Guarda là!» gridò Glenndois.
Horlon trattenne il respiro. Un immenso drago dorato era precipitato, distruggendo una parte della periferia di Spleen. Il Re si sentì stringere il cuore.
«Allora è vero, ne hanno ucciso uno…»
Un altro drago passò sulle loro teste, inseguito da scie di energia.
«I maghi stanno cercando di metterlo in fuga o di ucciderlo?» aggiunse.
«Lo trovo poco rilevante!» rispose Glenndois.
Il grosso del plotone era radunato presso i quartieri più esterni.
«Sire! Generale!»
Un elfo correva verso di loro.
«Capitano Soren! Com’è la situazione?» domandò Glenndois.
«I maghi e i miei arcieri sono riusciti a tirarne giù uno, ma da morto ha fatto quasi più danno che da vivo. Ora stanno tenendo a bada gli altri due, ma bisogna trovare il modo di farli sparire. La città è piena di focolai!»
«Come siete riusciti a colpirlo?» domandò Horlon.
«Frecce potenziate con la magia» spiegò il Capitano Soren.
Horlon annuì.
Come faceva suo fratello ad essere così calmo? Lui stava letteralmente impazzendo. Sperava solo che Rowena e Ailyn fossero al sicuro, e che Frunn le avesse raggiunte e fosse sano e salvo con loro.
 
Nastomer controllò ancora una volta che le placche di cuoio della sua armatura fossero fissate bene.
«Dovresti davvero portare una spada» disse Storr guardando storto il pugnale che il ragazzo portava legato alla cintura.
«Tanto non la saprei usare, sarebbe solo un impiccio.»
Mark dell’Aria si avvicinò e posò una mano sulla spalla di Storr.
«Siete pronti?»
Storr prese un respiro profondo.
«Sì, siamo pronti» disse.
Mark si rivolse a Nastomer.
«Ora ascolta: arrivare fino a Spleen non sarà semplice come lo è stato poco fa spostarsi da un capo all’altro di questo cortile. Qualunque cosa accada, non distrarti. Non perdere di vista la meta che vuoi raggiungere. Se tu dovessi avere dei dubbi di direzione, non dovrai fare altro che seguire la scia magica che mi lascerò alle spalle. Tutto chiaro?»
Nastomer annuì. Si era bevuto ogni parola della spiegazione di Mark ed era certo di potercela fare. “Consapevolezza”aveva detto Horlon. Beh, lui non era mai stato consapevole dei suoi poteri come in quel momento.
«Andiamo» disse.
Mark socchiuse gli occhi e lo stregone sentì l’aria pizzicare di magia. Poi, da un momento all’altro, lui e Storr erano scomparsi.
Nastomer si affrettò a seguirli: chiuse gli occhi, si concentrò sulla vena di magia pulsante e mise a fuoco la meta. Bastò desiderarlo perché la sua persona si facesse improvvisamente incorporea e la terra scomparisse da sotto i suoi piedi. Adorava viaggiare in quel modo, lo faceva sentire leggero come una piuma. Si concentrò sulla scia magica lasciata da Mark e puntò verso Nord-Ovest, verso Spleen. Miglia e miglia che avrebbe coperto in pochi minuti. Per la prima volta assaporò davvero le potenzialità che essere uno stregone gli conferiva.
 
Rowena pestò i piedi. Sapeva di essere infantile, ma non le importava nulla. Sua madre prima e  Frunn poi, l’avevano rinchiusa contro la sua volontà, impedendole di dare il proprio contributo alla battaglia che si combatteva fuori da quel palazzo.
«Ci sono mio padre e mio zio là fuori, Frunn!» sibilò. «Come puoi chiedermi di restare qui mentre loro rischiano la vita?»
Frunn si limitò a fissarla, con la mascella contratta e lo sguardo cupo, come faceva dall’inizio della sua sfuriata.
«Frunn! Vuoi reagire?!»
L’elfo si spostò alla finestra e guardò fuori, con la fronte corrugata.
«Smettila di parlarmi come se io fossi contento di essere qui» disse soltanto.
Rowena ammutolì. Gli si avvicinò lentamente e seguì il suo sguardo. La città andava a fuoco. In molti punti colonne di fumo nero si alzavano verso il cielo.
«Se anche tu vuoi dare una mano, perché siamo qui?» mormorò.
Frunn si guardò alle spalle, come ad accertarsi che fossero soli. Poi si chinò verso di lei e sussurrò:
«Perché il Re me l’ha ordinato. E per quanto l’idea di non potergli restare accanto in un momento come questo mi dilani, mi rendo facilmente conto di non essere minimamente preparato ad affrontare questo tipo di situazioni. Finirei per essere solo un impiccio. Ti invito, pertanto, a considerare la tua posizione: come pensi che potrebbero concentrarsi, tuo padre e tuo zio, se ti sapessero in pericolo?»
La voce tremante di Frunn prima ancora che le sue parole colpirono Rowena. Naturalmente aveva ragione, Frunn aveva sempre ragione, e lei era sempre troppo impulsiva.
«Come fai ad accettarlo così passivamente?» gli domandò.
«Disciplina. Ma non ribellarsi non rende la cosa meno dolorosa.»
Rowena chinò il capo. Le risposte serafiche di Frunn erano, in qualche modo, tranquillizzanti.
 
Nastomer posò i piedi a terra proprio accanto a Mark e a Storr. Quando mise a fuoco la città desiderò non essere mai partito, ma fu solo questione di un attimo. Grida ed esplosioni saturavano l’aria insieme al fumo degli incendi.
«E adesso?» domandò Mark.
«Il messaggero diceva che il fronte è sul lato Est della città se non sbaglio» disse Storr.
«Andiamo ad Est, allora» rispose Nastomer.
Attraversarono la città correndo a perdifiato, mentre sulle loro teste un drago continuava a sputare fiamme. Nastomer percepiva la presenza di quelle creature come qualcosa di familiare. Sentiva tutta l’antichità della loro esistenza e si domandò se il suo potere e il loro avessero qualche affinità. Non aveva mai riflettuto troppo sul fatto di doverne abbattere uno, prima di quel momento. Ci sarebbe riuscito? Sperava che in qualche modo la sua magia provocasse una reazione istintiva al momento opportuno.
Avvistò Horlon e Glenndois da lontano ben prima di raggiungerli. Tra le fila degli arcieri, tendevano il proprio arco senza battere ciglio, come fossero stati gli ultimi tra i sottoposti del Capitano Soren. Ma dopo aver scoccato, Horlon li notò e abbandonò la posizione.
«Che cosa accidenti ci fate qui?!» latrò.
«Il signorino ha insistito» disse Storr.
Horlon guardò Nastomer con gli occhi sgranati.
«Sei uscito di senno?»
«Può darsi. Come posso rendermi utile, visto che sono qui?» domandò.
«Ci sono due draghi. Valuta un po’ tu, l’importante è che li faccia smettere» intervenne Glenndois.
Nastomer deglutì. Non aveva idea di cosa fare, in realtà. Forse bastava desiderare che qualcosa accadesse…
Alzò le braccia. Cosa poteva essere più efficace contro un drago? Scelse l’Acqua. Socchiuse gli occhi, mise a fuoco l’obiettivo, come gli aveva insegnato Storr. Poi colpì. Senza badare troppo ai dettagli, si limitò a liberare l’enorme energia che premeva per uscire. Così, un raggio magico proruppe dalle sue mani, obbligando il drago nero che planava su di loro a scartare di lato. Gli elfi scoccarono le loro frecce, i maghi attaccarono e il drago schizzava a destra e a sinistra nel tentativo di schivare gli attacchi. Nastomer lanciò un nuovo incantesimo, mirando un po’ meglio, e riuscì a colpire il drago di striscio. La creatura ruggì, sputando fuoco, poi virò verso la città.
«Lo inseguo?» domandò lo stregone.
«No, credo se ne vadano» disse Glenndois.
Il ragazzo osservò il drago ferito volteggiare attorno al suo compagno, prima battere entrambi in ritirata.
«Incredibile» mormorò Storr. «Ti rendi conto di che attacco abbiamo improvvisato, Tom?»
Nastomer lo guardò, stranito.
«No, veramente» ammise.
 
Horlon trasse un sospiro di sollievo guardando i due draghi allontanarsi. Sotto di loro, i bagliori del fuoco e il fumo gli facevano bruciare gli occhi.
«Lon…?» disse Glenndois.
«Sì, Glenn. Vai pure da loro» disse.
Per lui non era ancora tempo di abbandonare il campo. Doveva fare qualcosa per aiutare a sistemare quel disastro prima di poter sfogare l’impulso di precipitarsi al Palazzo del Governatore. Tanto tempo prima aveva scelto la Corona, e il suo posto era nella città di fuoco.
   
 
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