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Autore: antigone7    08/04/2016    2 recensioni
Delia ha sedici anni, un carattere sfrontato e solare, una parlantina un po' eccessiva, un mucchio di nuovi amici e un solo acerrimo nemico: Matt Patterson è l'unica persona che fa uscire il suo istinto omicida. Crescendo, però, si accorgerà che l'odio è un sentimento troppo spesso sottovalutato e che, a volte, le cose non sono esattamente come potrebbero sembrare a prima vista.
Avevo davanti due occhi grigio-azzurri che mi scrutavano sospettosi; e io, dannazione, avevo un debole per gli occhi grigi. Inoltre, il portatore di questi occhi era un ragazzo alto, biondo e davvero, davvero molto bello. Mi sembrava di avere di fronte il Principe Azzurro in persona: mancavano il cavallo bianco e il mantello celeste e, forse, gli avrei detto di chiamarmi Cenerentola.
Come ho già specificato, però, questa mia prima impressione durò un attimo. Il tempo che lui aprisse bocca e avevo già cambiato totalmente idea. Probabilmente avrei dovuto capirlo già dal suo modo di guardarmi, sdegnato e infastidito, o dalla posizione svogliata con tanto di mani nelle tasche dei jeans, che era un completo stronzo.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marie's and surroundings'
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4.  Prom (mistakes) and Summer (funs)


Su una cosa Patterson aveva ragione: l’interesse per la nostra fantomatica liaison durò al massimo un paio di settimane, dopodiché le voci su noi due si erano già dissolte, sotterrate dal nuovo e più interessante gossip del momento. L’unica che continuò a guardarmi con sospetto per qualche tempo in più fu proprio Lauren Garreth, che ogni volta che ci incrociavamo mi lanciava occhiate di fuoco e di disprezzo, sempre scortata dal gruppo di fedeli oche che la seguivano ovunque nei corridoi, tra le quali ovviamente c’era la minacciosa biondina con cui avevo avuto a che fare quel lunedì mattina. Infine, pure la Garreth dovette farsi una ragione del fatto che tra me e Matt non c’era nient’altro che il nostro odio reciproco e che, se qualcosa c’era stato alla festa di Ramirez, era acqua più che passata. In effetti, se lo capirono i suoi due neuroni significava che era una cosa proprio evidente: dopo le ultime strane parole che mi aveva rivolto nell’aula di scienze, Patterson prese nuovamente ad ignorarmi come aveva - quasi - sempre fatto e io feci altrettanto con lui, ancora infastidita dai suoi subdoli giochetti da quattro soldi, che lo portavano un giorno a guardarmi con disprezzo, il giorno dopo a chiedermi di diventargli amica e il giorno dopo ancora a trattarmi come se fossi invisibile. Quel ragazzo avrebbe mandato ai pazzi chiunque.
Evitai di farmene un problema. Era vero che avevo la scorza sufficientemente dura da sopportare quei pochi giorni di pettegolezzi e occhiate sbieche in corridoio - Patterson aveva avuto ragione anche su questo, maledizione - e, quando l’attenzione su di me calò, a malapena me ne accorsi.
In quel periodo, infatti, cominciai a frequentare Steve Teller, un ragazzo piuttosto carino di un anno più grande di me. Mi piaceva parecchio, anche se probabilmente non ero innamorata pazza di lui, e feci un errore piuttosto banale: persi la mia verginità con lui una settimana prima del prom. Lo sbaglio colossale, a discapito di ciò che si potrebbe pensare, non fu tanto quello di andarci a letto - la mia filosofia era che presto o tardi avrei dovuto avere la mia prima volta e Steve fu comunque abbastanza dolce, anche se non particolarmente bravo a letto - ma fu proprio quello di farlo prima del ballo di fine anno. I maschietti, si sa, aspettano con ansia il prom per concludere qualcosa con la ragazza di turno, e io detti a Steve l’opportunità di non dover essere per forza carino con me fino a quell’evento.
Ma procediamo con ordine.

Il ballo, programmato per il primo venerdì sera di giugno, era l’evento che, ovviamente, ogni ragazzo della scuola aspettava con ansia.
Io mi frequentavo con Steve da un mese circa e, per l’appunto, eravamo già d’accordo per andarci assieme quando, un pomeriggio in cui mi ero recata a casa sua per fare gli ultimi compiti di algebra, decisi malauguratamente di concedermi e di perdere quindi ogni ascendente su di lui. Le mie amiche rimasero piuttosto stupite dalla velocità con cui avevo deciso di compiere quel passo ma per me non era niente di troppo importante: ero abituata, già da quando vivevo in California, a saltellare da un ragazzo all’altro senza troppa serietà, flirtando con uno e perdendo la testa per un altro per due settimane dimenticandomi poi il suo nome in un battito di ciglia. Trovarmi interessata a Steve per più di un mese per me era già un bel passo avanti e mi risultò naturale fare sesso con lui non appena me ne sentii pronta.
Forse fu affrettato, ma io non me ne pentii, e così mi ritrovai, il venerdì del ballo, fasciata nel mio abitino al ginocchio color verde bosco, con i capelli biondo cenere che mia mamma mi aveva aiutato a pettinare da un lato, pronta e trepidante ad aspettare il mio accompagnatore. Steve arrivò, elegante nel suo completo noleggiato al negozio, alle otto in punto, salutò cortesemente i miei genitori, mi accompagnò alla sua auto e - mi accorsi - non mi diede nemmeno un misero bacetto sulla guancia. Ci rimasi un po’ male per questa sua apparente freddezza, ma evitai di farglielo notare e raggiungemmo in uno strano viaggio silenzioso i miei amici alla palestra della scuola.
Dave e Audrey erano già lì, avevano deciso all’ultimo di fare coppia tra di loro invece di venire entrambi da soli, dal momento che lui non aveva voluto invitare nessuno, mentre lei si era ritrovata più o meno sommersa di inviti da chiunque tranne che dal ragazzo che le piaceva, e aveva preferito infine David. Josh era con Isabel, una ragazza che frequentava da qualche settimana ma per la quale, come al solito, sembrava non provare un gran trasporto. Per ultima, ovviamente in ritardo, arrivò Jude accompagnata da Derek, un tipo timido e non molto appariscente che le faceva il filo già da un po’, ma che si era deciso a invitarla ad uscire solo approfittando dell’ultima festa dell’anno.
Prima ancora che arrivassero Jude e Derek, però, Steve era già sparito dai miei radar.
“Dov’è Steve?” mi chiese David infatti, mentre chiacchieravamo.
Mi guardai intorno per cercarlo, ma di lui non c’era traccia. “Non saprei... Sarà andato a cercare i suoi amici per salutarli.”
“Ah. Tutto bene tra voi, invece?”
Avrei dovuto insospettirmi a quella domanda: David ha sempre avuto una sorta di sesto senso per queste cose. Invece scrollai le spalle, indecisa sulla risposta da dare.
“Credo di sì. È un po’ strano ultimamente, ma magari sono solo paranoie mie.”
“Non mi sembri una da troppe paranoie.”
Sorrisi. “Hai ragione, non lo sono per niente.”
Dave si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla guancia. “Comunque sei uno splendore stasera, Deels, per come la vedo io Steve sarebbe un pazzo a snobbarti.”
“Grazie McPharrell, anche tu non sei niente male.”
Arrivarono Jude e Derek e di Steve ancora non c’era l’ombra, si ripresentò solo un po’ più tardi, con un punch per me, dicendo che si era allontanato per andare a prendermelo.
Alzai le sopracciglia. “Sei stato via venti minuti.”
“Ho incontrato dei miei amici. Balliamo?”
Tempo di una canzone e Steve si era nuovamente dileguato con una scusa, lasciandomi sola seduta a un angolo della palestra, mentre i miei amici si divertivano ballando tra di loro. Poi Dave venne a chiedermi di danzare e commentammo per un po’ la povera Isabel che guardava storto Jude e Josh che ballavano insieme, evidentemente gelosa del loro affiatamento. Steve tornò giusto per una capatina, dopodiché ballai di nuovo con David, con Josh, con Audrey, e persino con un tizio del mio anno di cui non ricordavo il nome.
Mi divertii comunque molto quella sera, nonostante la sparizione misteriosa di Steve e nonostante Lauren Garreth che, eletta reginetta del ballo, ebbe l’accortezza di passarmi accanto lanciandomi un’altezzosa occhiata da manuale, come se a me potesse fregare qualcosa della sua incoronazione.
Poco più tardi, mentre mi avviavo al tavolo del punch per versarmene un nuovo bicchiere, capii finalmente cosa diavolo avesse fatto il mio ragazzo per tutta la serata: lo vidi in un angolo poco illuminato della sala che ballava con Chantal Sterling palpandole il culo, mentre lei gli stava abbarbicata addosso quasi soffocandolo.
Ora, ripeto, non sono mai stata una romanticona e probabilmente all’epoca non ero nemmeno innamorata di Steve. Ciò non toglie che un cuore ce l’avessi pure io e vedere quella scena davanti ai miei occhi e davanti agli occhi di tutta scuola me lo fece sanguinare dolorosamente. Perché forse non durò a lungo, ma fu doloroso: Steve era un ragazzo che mi piaceva, era sempre stato carino con me, mi portava al ballo e poi si faceva la Sterling così, davanti a tutti?
Ferita, la mia prima reazione fu quella di voltarmi, uscire dalla palestra e camminare in giro per i corridoi, fino a trovare un angolo abbastanza lontano dalla confusione; mi sedetti sui gradini della scala che portava al piano di sopra e rimasi lì, intenzionata a lasciare che il mio cuore sanguinasse ancora un po’, in pace. Ma il mio piano era evidentemente destinato a non avere successo, visto che dopo pochi minuti fui disturbata: udii dei passi provenire dalla mia destra e interrompersi giusto un attimo prima di sentire l’ultima voce che avrei voluto in quel momento, a parte forse quella di Steve.
“Gray?”
Alzai la testa che avevo lasciato scivolare sulle ginocchia piegate.
“Patterson.”
Lui esitò, poi si avvicinò e si sedette accanto a me sulle scale.
“Nessuno ti ha invitato a sederti,” gli feci notare con un tono piatto, ma senza muovermi di un millimetro.
Matt non si scompose alla mia freddezza. “Non mi pare di aver letto il tuo nome su questo gradino.”
“Nemmeno il tuo, se vogliamo dirla tutta, eppure ti sei comunque seduto qui.”
“Già. Proprio dove sei seduta tu. Le coincidenze, eh?”
Sbuffai, roteando gli occhi: quel ragazzo era nato per rendere la mia vita un inferno, non c’erano dubbi.
“La festa fa schifo, non trovi?”
Alzai le spalle, poi risposi sinceramente. “Io mi sono divertita.”
“Ed è per questo che sei qui da sola, seduta su un gradino, a piangerti addosso?”
“No, è perché un quarto d’ora fa ho beccato il ragazzo che frequento e con cui sono venuta al ballo in atteggiamenti piuttosto intimi con Chantal Sterling. Ma così imparo che non è il caso di fare sesso con qualcuno una settimana prima del prom, se non voglio fargli perdere tutto l’interesse nei miei confronti e ritrovarmi in una situazione del genere. Con te, peraltro.”
Finii la filippica senza mai riprendere fiato, poi mi girai verso Matt, che mi guardava interessato e con un sopracciglio leggermente alzato.
“Chantal Sterling non mi sembra questo granché,” commentò infine, con tono definitivo.
Mi scappò un sorriso. Non sapevo se Matt l’avesse detto con l’intenzione di farmi tornare il buon umore, di fatto però ci era quasi riuscito.
“In effetti… Almeno se fosse stata Lauren Garreth me ne sarei fatta una ragione più facilmente.”
“Neanche la Garreth è questo granché. E parlo con cognizione di causa.”
Gli tirai un pugno fiacco sul braccio. “Angelina Jolie ti basta o neanche lei è alla tua altezza, principino?”
“Angelina Jolie è ok.”
Scossi la testa, non si smentiva mai. “Lauren Garreth è appena stata eletta reginetta e mi è passata accanto squadrandomi come se fossi un insetto.”
“Di già? Mi sono perso l’incoronazione, la mia serata non vale niente.”
Lo guardai di nuovo, assottigliando gli occhi. “Ce l’ho ancora con te per la faccenda della festa, non credere che me ne sia dimenticata.”
“Me ne farò una ragione.”
“Ti sei comportato da grandissimo stronzo, Patterson.”
“Davvero?”
“Sto ancora aspettando le tue scuse.”
“Buon per te.”
Mi venne fuori dalla gola un suono gutturale simile a un ringhio.
“A cuccia, Gray,” commentò allegro Matt, facendomi se possibile incazzare ancora di più. “È Teller quello con cui sei venuta al ballo, vero?”
“Sì, perché?”
Quello che accadde dopo fu talmente veloce ed inaspettato che non ebbi minimamente il tempo di reagire. Matt mi si avvicinò, mi appoggiò una mano sul volto facendomi girare verso di lui e posò le labbra sulle mie.
Mi stava baciando, che cazzo.
Sentii le sue labbra schiudersi appena sulle mie e il suo respiro sfiorarmi la guancia; ebbi a malapena il tempo di elaborare la cosa che si era già allontanato di qualche centimetro. Lo guardai con tanto d’occhi, incapace di muovermi.
“Che cazzo fai?” gli chiesi in un sussurro strozzato, il cuore incastrato in gola per la sorpresa.
Patterson mosse impercettibilmente la testa verso la sua sinistra, indicandomi il corridoio di fronte alle scale su cui eravamo seduti. Mi girai, ancora confusa, e vidi in piedi lì davanti Steve, fermo a una decina di metri di distanza da noi, che ci osservava stupefatto almeno quanto me. No, forse non così tanto, ma sembrava parecchio incredulo anche lui.
Mi voltai di nuovo verso Matt, boccheggiando, poi mi alzai e andai istintivamente da Steve.
“Senti…” cominciai indecisa, non sapendo come spiegargli ciò che aveva appena visto.
“Te la fai con quello?” mi chiese lui, con un’espressione schifata e quasi oltraggiata a dipingergli il viso.
La rabbia prese il sopravvento su di me: si permetteva pure di fare l’offeso dopo quello che aveva fatto tutta la sera alle mie spalle? Bella faccia tosta, davvero.
“E tu, te la fai con la Sterling?” gli ritornai la domanda, acida, mentre incrociavo le braccia al petto.
Steve sbiancò, colto in fallo. “Cosa stai…? Non è vero, io…”
“Risparmiati le scuse, Teller, vi ho visti, e non credo di essere l’unica. Direi che siamo pari, chiudiamola qui.”
Lui non trovò niente da obiettare, incassò il colpo e si girò, allontanandosi con la coda fra le gambe.
A quel punto, ancora parecchio incazzata, mi voltai verso Patterson che se ne stava tranquillamente seduto sulle scale, come se il caso non fosse il suo.
“E tu…” iniziai, camminando decisa nella sua direzione. “Credevo di essere stata abbastanza comprensibile, l’altra volta, nel chiarire che non voglio per nessuna ragione al mondo avere più a che fare con te. Ti diverte tanto starmi tra le scatole?”
“Ti ho fatto un piacere, piccoletta, puoi anche ringraziare.”
“Come? Sei… Sei davvero incredibile!” sbottai, a corto persino di insulti.
“Lo so, grazie,” sorrise lui.
“Senti un po’, Patterson, io non so quali siano i tuoi problemi, ma se pensi che questo tuo atteggiamento da gran

Matt mi interruppe con un gesto secco della mano e mi parlò sopra.
“Alt, ferma, tregua! Non cominciare con la solita tiritera, non ho tutta la notte. Mi hai dato una mano a scaricare la Garreth e io ti ho aiutato a vendicarti di quel tipo, ok? Siamo pari. Puoi evitare di farti venire un infarto.”
“Io non…”
“E comunque mi dovevi un bacio finto.”
“Non ti dovevo un bel niente!”
Matt si alzò e scese quei due o tre gradini che ci separavano, mettendo fine alla mia momentanea situazione di superiorità in altezza.
“Ah no?” commentò tranquillo, pulendosi il retro dei pantaloni con le mani. “Mi pareva di ricordarmi così. Mi sarò sbagliato.”
“Io ti odio, Patterson. Davvero.”
“Prego, Gray. È stato un piacere,” rispose lui, mentre si voltava e prendeva il corridoio per allontanarsi.
“Vaffanculo!” gli urlai dietro, ormai ben oltre il limite della mia sopportazione.
Matt si limitò ad alzare una mano a mo’ di saluto, senza nemmeno guardarmi.

Le vacanze estive arrivarono qualche giorno più tardi, per il bene della mia sanità mentale: incrociare tutti i giorni a scuola Teller e Patterson non mi faceva per niente bene, né a me né al mio fegato.
Avevo raccontato brevemente ai miei amici ciò che era successo con Steve al ballo, tralasciando però tutta la parte su Matt. Mi faceva incazzare il solo pensarci, e mi vergognavo anche un po’, senza sapere perché, per tutta la faccenda. A quanto pareva, nemmeno Steve aveva raccontato in giro del mio bacio con Matt, dal momento che non mi ritrovai sommersa di pettegolezzi come mi sarei aspettata: evidentemente anche lui si vergognava del palco di corna che mi aveva messo con la Sterling, perché, nei giorni successivi, quando lo incontravo in corridoio si limitava a cambiare strada abbassando la testa. Forse non aiutava nemmeno il fatto che i miei amici lo guardassero come se fosse merda secca, a dirla tutta, ma avevano i loro buoni motivi per farlo.
Patterson, invece, aveva ripreso a salutarmi, ma riceveva da me solo occhiatacce cariche d’odio e qualche insulto colorito. Persino Jude un giorno mi chiese perché ce l’avessi tanto con lui; le risposi solo con un “è un cretino” che chiuse definitivamente ogni possibile discussione sull’argomento.
Avevo assolutamente bisogno di distrarmi. L’arrivo delle vacanze mi concesse, grazie al cielo, di farlo.
Luglio lo passai perlopiù a dormire, mangiare e divertirmi in giro con i miei amici. Per la maggior parte del mese di agosto, invece, tornai in California con i miei genitori, e passammo le ferie a casa della sorella di mio padre. Rividi molti dei miei vecchi compagni di classe, passai le mie giornate in spiaggia, e godetti anche di un’avventura estiva con un ragazzo della mia precedente scuola che mi piaceva da un pezzo. Non potevo chiedere migliore distrazione.
Sempre in quel periodo, poi, feci un’altra cosa che mi rese piuttosto orgogliosa di me stessa: un pomeriggio particolarmente caldo entrai in un salone di parrucchiere a caso e chiesi alla ragazza che mi guardava stupita con le forbici in mano di dare un taglio netto ai miei capelli. Ne uscii con un caschetto piuttosto corto e una tinta color cioccolato che si intonava bene alla mia abbronzatura estiva. A mio padre per poco non venne un colpo quando mi vide, mia madre invece sembrava divertita, e i miei amici mi fecero un sacco di complimenti stupefatti.

Tornai a Winthrop una decina di giorni prima dell’inizio della scuola e, ovviamente, dovetti darmi da fare coi compiti che avevo snobbato per tutta l’estate.
Rividi anche i miei amici in quei giorni e venni informata delle ultime novità piuttosto succose: Jude aveva perso la verginità con Derek Finn, il ragazzo con cui era andata al ballo qualche settimana prima. Me lo raccontò Audrey un pomeriggio di inizio settembre in cui uscimmo io e lei.
A detta di Aud, Jude e Derek sembravano stare davvero bene insieme e questo, secondo David, creava non pochi fastidi a Josh, che invece pareva infastidito dall’affiatamento dei due, ed era saltato di ragazza in ragazza per tutta l’estate uscendo meno del solito con il resto del gruppo.
“Non capisco perché,” mi disse Audrey mentre ce ne stavamo sedute su un muretto di un parco poco lontano dal centro città, “secondo Dave Josh sarebbe infastidito da Jude che fa coppia fissa con Derek. È stato proprio lui a presentarlo a Jude, se non sbaglio.”
Sospirai, scuotendo la testa: Audrey era l’ingenuità fatta a persona per quanto riguardava questo genere di cose, non c’era niente da fare.
“Vedi, credo che Dave intendesse dire…” cominciai paziente a spiegarle.
Aud mi interruppe. “Quello non è Matt Patterson?”
Sussultai, sorpresa, e seguii lo sguardo della mia amica, fino ad arrivare al marciapiedi dall’altra parte della strada: lì c’era, appunto, Patterson, appoggiato mollemente al muro con una sigaretta in mano. Guardava distrattamente il cemento della strada di fronte a sé, lasciando che la sigaretta si consumasse da sola tra le sue dita.
Magnifico, pensai scoraggiata. Sono in città da meno di quarantott’ore e tra tutti dovevo incontrare proprio lui.
“Cosa starà facendo lì da solo?” mi chiese Audrey, ovviamente incuriosita dalla sua natura di ficcanaso professionista.
“Si sarà finalmente deciso a fare un giro tra i comuni mortali,” commentai caustica. “Cerchiamo di non farci notare, Aud, preferirei non doverlo affrontare almeno fino all’inizio della scuola.”
Matt non ci notò, anzi. Continuò a restare fermo in quella posizione, l’unico impercettibile movimento che potevamo notare era il leggero strofinio stanco del suo piede sull’asfalto del marciapiedi.
Era assurdo vederlo così, mi sembrava di spiare qualcuno in un momento di intimità: ebbi l’impressione di vederlo nuovamente senza maschera, quasi spoglio in quella sigaretta lasciata a consumarsi e quel lieve dondolio della punta del piede. Avevo già avuto, alla festa di Ramirez, l’impressione di coglierlo in un raro momento di onestà e limpidezza, ma era durato un attimo e avevo sempre pensato di averlo immaginato. Eppure quel pomeriggio, di nuovo, pensai fugacemente che Patterson doveva essere molto più di ciò che dava a vedere.
Quando la sigaretta che aveva in mano era praticamente finita, Matt spense il mozzicone, lo gettò su un posacenere appoggiato alla finestra e si voltò rientrando nell’edificio alle sue spalle da una porta di servizio.
Io e la mia amica restammo entrambe in silenzio per qualche secondo finché Audrey non si batté improvvisamente una mano sulla coscia, facendomi sobbalzare penosamente, tanto ero persa nei miei pensieri.
“Quella dev’essere la porta sul retro del Green Cafè!” esclamò, come se le fosse tutto improvvisamente chiaro.
La guardai confusa e lei si spiegò. “Mi avevano detto che Patterson lavorava lì, quest’estate, ma ci sono stata e non l’ho mai visto, perciò pensavo fosse una bufala. Probabilmente lavora in cucina, per questo non è mai in sala.”
“In cucina a fare cosa?”
“Boh, può fare un milione di cose diverse. Prepara i panini, fa gli ordini per i pranzi, pulisce, lava le stoviglie…”
“Lo sguattero?” chiesi dubbiosa: non ce lo vedevo proprio uno come Patterson che lavorava come lavapiatti, senza considerare tutti i soldi che doveva avere la sua famiglia.
Aud alzò le spalle. “Magari voleva un lavoretto estivo.”
“Sarà,” borbottai io, ancora poco convinta. “Forza, andiamo a salutare Jude, mi ha detto che oggi pomeriggio è a casa.”

Anche la visita a Jude ebbe un risvolto inaspettato, almeno per me.
Quando suonammo, venne ad aprirci la porta un bellissimo ragazzo, evidentemente più grande di noi, che indossava solo dei pantaloncini da basket. Mi scrutò stupito, poi spostò lo sguardo sulla mia amica dietro di me e sorrise.
“Ehi, ciao Audrey,” la salutò allegramente, spostandosi per farci entrare.
I miei ormoni si erano agitati al suo sorriso, quindi lo sorpassai continuando a guardarlo curiosa. Chi diavolo era quel figo da paura che girava mezzo nudo a casa di Jude? C’era qualcosa che non quadrava, Derek non me lo ricordavo affatto così.
“Ciao Kerr,” rispose lei, svelandomi finalmente l’arcano.
“Kerr?” chiesi io, priva di pudore come al solito. “Sei il fratello di Jude?”
“Yep,” rispose lui facendomi un occhiolino che quasi mi stese. “E tu devi essere…”
“Delia,” mi presentai io, riprendendomi, sfoderando un sorrisone e porgendogli la mano.
“Giusto, Delia. La californiana.”
“Già. Ma puoi chiamarmi Dee, se vuoi,” gli dissi ricambiando l’occhiolino di poco prima.
Audrey seguiva lo scambio di battute esterrefatta: era abituata a vedermi flirtare con i ragazzi, ma evidentemente non si aspettava di trovarmi così spigliata anche di fronte al fratello maggiore della nostra amica.
Kerr fece un sorrisone e mi lanciò uno sguardo divertito che, purtroppo, è lo sguardo che si riserva precisamente all’amichetta della propria sorellina piccola. Maledizione.
“Vi chiamo la piccolina,” ci disse poi, confermando il mio pensiero di poco prima. Dopodiché si sporse per le scale e sbraitò alla sorella che eravamo arrivate, dal piano di sopra ci giunse ovattata la voce di Jude che rispondeva con qualcosa di incomprensibile per chiunque.
“Ha detto che potete raggiungerla in camera sua,” disse invece Kerr, tornando a guardarci.
Io e Audrey ci lanciammo uno sguardo stupito.
“Tu hai capito cos’ha detto?” chiesi a Kerr mentre già salivamo i primi gradini.
Lui ridacchiò. “Comunichiamo così da sempre, certo che capisco.”
Entrai nella camera di Jude con un’espressione ancora adorante in volto.
“Hai un fratello così tremendamente figo e non mi dici niente?”
Jude mi guardò come se avessi sbattuto la testa molto forte. “Figo? Kerr?”
“Perché, hai altri fratelli?”
“Tu sei sciroccata, Dee. Sei già stata altre volte a casa mia, non…”
“Infatti!” esclamai io enfatica. “E me l’hai sempre tenuto nascosto.”
“Perché fa il college a New York, non è quasi mai qui. Intendevo dire che è pieno di foto di Kerr a casa mia, è impossibile tu non le abbia viste.”
“Certo che le ho viste, ma siete piccoli in quelle foto!” le spiegai, e sottolineai le mie parole indicando con la mano una cornice sulla libreria in camera sua: nella fotografia al suo interno c’era uno sdentato e sorridente bimbo di cinque anni che teneva in braccio una piccolina di qualche mese appena.
“Adesso è davvero stupendo!” conclusi, puntando uno sguardo sognante sul soffitto.
“Stupendo? Devi farti fare un controllo alla vista, Dee…”
“Cosa? Audrey, di' qualcosa!” dissi, cercando aiuto nell’unica altra persona in quella stanza che non aveva patrimonio genetico in comune con il ragazzo di cui stavamo parlando.
Audrey intervenne. “Beh, è carino, ma credo tu ti sia più che altro fissata sulla mancanza di vestiti nella parte superiore del corpo, Dee.”
Jude ridacchiò. “Ovvio. Hai un problema ormonale, tu!”
“E comunque ti somiglia un sacco, Jude, hai poco da sminuire,” continuò Aud, indicandola.
Lei sbuffò, ma adesso che avevo modo di pensarci pure io senza i pettorali di Kerr davanti, dovetti concordare che era vero.
Mi buttai sul letto divertita. “Bene, ora che abbiamo stabilito ciò… Io e i miei ormoni possiamo raccontarvi di Marc se tu,” dissi indicando Jude, “mi racconti tutto di Derek.”
Jude arrossì imbarazzata, mentre Audrey spalancava gli occhi.
“Ti sei fatta Marc? Quel Marc che ti piaceva a Oakland?”
Annuii soddisfatta. “Beh, praticamente abbiamo flirtato tutta la mia prima settimana lì, ma lui non si è avvicinato finché, un venerdì sera, il suo amico Lenny non ci ha provato con me e…”
Cominciai a raccontare tutto srotolando la mia solita parlantina e sorridendo.
Ero felice: stava per iniziare un nuovo anno a Winthrop e io avevo delle amiche splendide con cui condividere le mie psicosi e da stordire con la mia logorrea. Non potevo essere più fortunata di così.










Hola! Sono di nuovo qui senza grossi ritardi, se qualcuno davvero segue questa storia deve cominciare a ringraziare gli dei dell'Olimpo per la mia strana puntualità! Ma non formalizziamoci, vado al punto che è meglio.

Non ho molto da dire, forse vi aspettavate qualcosa di più da questo capitolo, ma per i tempi che ho io di solito direi che siamo già ben che avanti! Il bacio c'è stato, un po' stitico e fatto per un motivo particolare, ma c'è stato. Ricordatevi che Delia NON ha raccontato ai suoi amici dell'accaduto, questo vi servirà a capire un po' meglio il personaggio, che non è così lineare come poteva sembrare a prima vista (e chi mai lo è?). D'altronde, chi di voi ha letto anche Of all the people in the world (la storia su Jude ambientata nel futuro, cliccate il titolo per aprirla) sa che Jude, diversi anni dopo, sospetta qualcosa ma non sa niente di cose accadute tra Delia e Matt.
Per quanto riguarda Matt Lo Stronzetto, invece, penso che si comincerà a capire molto di più sul suo carattere a partire dal prossimo capitolo, che, per la cronaca, è probabilmente il mio preferito finora. Ma non faccio spoiler.
Mi piacerebbe da morire psicanalizzare uno per uno i miei personaggi, cosa che non posso fare bene nella storia perché parlo solo con la voce di Delia, ovviamente. Ma dubito che ve ne freghi qualcosa. Qualcuno di voi vuole dirmi che ne pensa? Li trovate coerenti? Ci tengo tantissimo alla caratterizzazione, e la storia ha una trama che dura diversi anni, quindi i personaggi matureranno... Spero di riuscire a mantererli coerenti pur nella crescita. Fatemi sapere che ne pensate.

Ho BISOGNO delle vostre recensioni, gente, faccio per la prima volta davvero questo appello, perché so che qualcuno c'è e sta leggendo. Le recensioni, anche quelle critiche, sono il sale per chi pubblica qui, servono per continuare ad avere la giusta spinta e l'ispirazione per scrivere.
Grazie mille a chi segue la storia, un bacione grosso a tutti quelli che leggono! Bye bye.
  
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