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Autore: Oblio    08/04/2016    1 recensioni
Perché una storia dovrebbe parlare di mondi fantastici, regni dimenticati e regine cattive? Forse perché è vera.
Forse, perché questa storia racconta di come la vita di un adolescente può venire sconvolta in pochi attimi, quando incontra una misteriosa ragazza con un mantello rosso.
C'era una volta un ragazzo senza o magari con troppi nomi che, in una città dimenticata da Dio, doveva fare i conti con un mistero che avrebbe portato fin troppo lontano da casa, dove un regno in attesa di essere rivendicato lo attendeva.
C'era una volta Vincent Gloria Blake, il principe senza nome.
Genere: Angst, Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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------angolo dell'autore:
Salve a tutti. Questo è un piccolo capitolo che fa da prologo a tutta la storia.
È scritta secondo il punto di vista di uno dei personaggi principali, nonché il mio preferito, che arriverà nel sesto capitolo.
Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate in una recensione :)
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Si strinse nel mantello rosso, raccogliendo tutto il coraggio che aveva. Cercava di misurare il respiro: il minimo rumore sarebbe stato fatale.
Lui era lì, e non ci avrebbe messo molto a trovarla.
Passi pesanti, goffi, i passi del mostro sempre più vicino.
-è solo uno di quegli strani giocattoli incantati che camminano da soli- tentò di tranquillizzarsi.
Lì, sotto la scrivania dove si era rifugiata, il mondo sembrava aver iniziato a contare i secondi che le restavano.
Di fronte a lei degli scaffali con strani oggetti; sembravano palle di vetro in cui il tempo aveva relegato con qualche sorta di maledizione l'inverno di molti reami.
Ecco dunque i piccoli regni di "Philadelphia", "Los Angeles" e "Parigi", sotto la  cupola dei quali continuava a vorticare neve. C'era anche un'altra palla di vetro, questa volta più grande, in cui però non c'era neve. Sotto ad essa un cartellino recante il prezzo probabilmente. "Riverwood" lesse Jack socchiudendo gli occhi, quando i passi non si fecero tuoni per quanto erano vicini.
Prese la palla di vetro in vendita: in caso fosse sopravvissuta, le sarebbe piaciuto avere un nuovo oggetto per la sua collezione. Gli umani erano interessanti, anche se ora avrebbe dovuto pensare ad un piano per uscire da lì.
Ma... nulla. Nessuna idea, e, mandata un ultima preghiera al Cielo, uscì dal suo nascondiglio. Il pugnale sguainato.
-gnam gnam- ruggì l'altro con voce metallica.
Jack comprese che quello non poteva essere un giocattolo.

Il mostro la fissava, le iridi vitree.
-che occhi grandi che hai...- sussurrò quando il muso di lui le sfiorò il viso.
Il pugnale era a terra, caduto dall'altra parte della stanza quando era stata disarmata.
-è per guardarti meglio mia cara- rispose lui avanzando ancora.
Le tende della bottega erano chiuse e solo da una piccola feritoia che il mostro stesso aveva creato con gli artigli entrava un sospiro di sole. E giunse sotto quella luce fioca, rivelandosi a Jack in tutta la sua bruttezza; il muso da ratto, sormontato da corna caprine, gli occhi piccoli piccoli e rossi come due rubini. Il corpo era invece quello di un uomo, o almeno sembrava, di un uomo gigantesco e peloso, quasi come una delle creature di cui Jack aveva letto solo nei libri.
-Per quanto il tempo è eterno, io non ho fatto nulla!- disse Jack fingendosi sicura. Arretrava.
-davvero?- lui aprì di colpo le grandi ali nere che aveva sulla schiena e come vento spazzò via i cocci di vetro per terra. -non hai esattamente un viso innocente-
-ah sì? E che cosa sembro allora?-
Il mostro spalancò gli occhi e i due piccoli fuochi quasi accecarono Jack.
-la mia cena-

Armata di quello che aveva tutta l'aria di essere un mestolo dall'elsa a forma di mucca, Jack cercava di difendersi. Menava fendenti all'aria, alternandosi agli affondi del mostro, finché lui non osò troppo e riuscì a graffiarle la spalla.
Faceva male, come il fuoco. Arretrò.
Un mestolo: non aveva possibilità.
Le restava solo un'ultima carta da giocare, ma l'idea non le piaceva troppo.
 Le bambole non le erano mai piaciute e durante l'infanzia si era dilettata con la lettura di ogni genere di libro.
"In caso l'avversario sia in vantaggio, provare la fuga distraendolo con quel che si ha a disposizione" ricordava ancora di aver letto da qualche parte.
-meraviglioso- pensò. Quel che aveva era un mestolo. Ma doveva provare.
Lanciò la sua gloriosa arma in faccia all'avversario e, prima di vederla rimbalzare e cadere senza troppa gloria, corse verso il "reparto alimentari".
Il mostro rimase attonito un momento, per quel gesto forse stupido o forse geniale, finché non riuscì a capire che la sua preda si era allontanata.
-non capirò mai voi figli di Kaos.- scuoteva la testa sorridendo.
Lui avanzava con passo claudicante, scrutando dietro ogni scaffale ricco di scatole e scatolette.
Sembrava ormai essersi abituato alla vista dei "cerealiametáprezzo", finché Jack, dietro all'ultimo scaffale, non fece cadere una di quelle qualunque-cosa-fossero.
Il mostro si fermò; gli occhi chiusi. Fiutava l'aria.
-già già. Così curiosi, così sapienti, così stupidi. Non capirò mai i figli di Kaos- accelerò il passo.
Ma questa volta Jack era pronta. Il pugnale, ritrovato, di nuovo stretto nella mano.
- e io non capirò mai voi Piegualdi- urlò mentre in fretta lo accoltellava alla spalla.
L'argento, il sangue della luna, avrebbe dovuto indebolirlo. Jack era pronta a vederlo agonizzare sul pavimento della bottega, ma non successe nulla.
Superato il trauma di ho-un-pugnale-nella schiena, il mostro si girò verso di lei. Lo sguardo incolore, mentre si strappava il pugnale dalla carne, subito guarita.
Sorrideva ancora. Jack odiava quel sorriso.
-Per quanto il tempo è eterno, non è possibile...-
-oh tesoro, dovrai fare molto più di questo per liberarti del Lupo cattivo!-

Correva, correva accanto al vento che voleva scoraggiarla. Il cappuccio scarlatto calato sugli occhi.
La porta della bottega si era richiusa sbattendo dietro di lei, fino a cadere, rotta, con altrettanto rumore, sfondata dal mostro.
Sentiva il suo respiro sul collo, il suo odore accanto al suo viso. La sua ombra.
Sapeva che i Piegualdi potevano correre anche quattro volte più velocemente degli umani, ma voleva sfidare il Cielo per l'ennesima volta.
No, non poteva arrendersi così. Non era arrivata fino a quel punto per venir sbranata da un Piegualdo.
Non aveva perso tutto, anche Peter, per questo.
-corri, corri cappuccetto rosso- la incitava lui.
Il sole era alto su di loro, tra le nuvole della città, quasi volesse assistere allo scontro.
Correva, correva a gara con il fato.
Un cartello, "benvenuti a Riverwood".
Si era persa. Le ceneri non funzionavano lì, "da quella parte".
Voleva solo mettersi in salvo ora. Voleva andare a casa.
Un altro cartello, "Little Street".
La via si aprì davanti a lei, ricca di gente che passeggiava, camminava o correva. Gli umani erano sempre di fretta.
Eppure nessuno sembrava notarla.
Nessuno vedeva lei o il suo inseguitore. Nessuno la sentiva urlare.
Correva, a volte inciampando per rialzarsi in tutta fretta.
L'alito fetido del mostro le intorpidiva la vista.
-è per farti dormire meglio, bambina mia-
Ma Jack trovò il tutto soltanto disgustoso.
-aiuto!- provò ancora ad urlare a chi le stava intorno. Ma nulla. Nessuno la vedeva.
La sua voce moriva nel loro silenzio.
Nessuno la vedeva, fino a quando lei non vide lui.

Un tuono, che Jack scambiò inizialmente per un ruggito del Piegualdo. Il vento soffiò sul piccolo regno di Riverwood con arroganza. Jack chiuse gli occhi.
Qualcuno nella via perse dei fogli, altri si tennero il cappello con la mano. I capelli di lui si scompigliarono..
Jack corse ancora, finché per l'ennesima volta non inciampò in qualcosa.
Cadde, atterrando di nuovo sullo stranissimo terreno di Altromondo.
Davanti a lei, lui.
Lo guardò e lui guardò lei. La vedeva.
-aiutami...- riuscì a sussurrare, quando il mostro arrivò proprio accanto a lei.
Il ragazzo di Altromondo aveva gli occhi sbarrati. Probabilmente non era usuale per un ordinario vedere un'ombra, ma lui reagì stranamente bene.
Tolse la strana sacca che portava legata alle spalle ed avanzò verso di lei e verso il mostro.
Jacqueline lo guardava, ancora a terra.
-ehi, lasciala stare!- disse il ragazzo convinto.
Il mostro allora volse il suo sguardo a lui e Jack pregò che non lo uccidesse. 

Ma prima che lei o l'Ombra potessero fare qualcosa, il ragazzo di Altromondo usò l'insolita arma che teneva tra le mani, la sacca appunto, e la lanciò contro il Piegualdo.
Jack si ricordò del mestolo e si chiese se non fosse normale ad Altromondo usare oggetti in modo non-convenzionale. Ma non importava.
Sacca o no, il mostro si era distratto.
Jack si affrettò ad alzarsi.
Il ragazzo la guardava.
-grazie Scacciaincubi-.
   
 
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